07 Medioevo
07 Medioevo
Rappresentazione
delle cosiddette
“lande desolate e
aride”
Giotto
Fuga in Egitto: paesaggio rupestre, architetture arroccate sulle alture
La Fuga in Egitto di Giotto e bottega nel transetto destro della basilica inferiore di Assisi
Giotto: il miracolo
dell'assetato: scabro
paesaggio rupestre
1267
Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini (1330)
Beato Angelico deposizione: paesaggio agricolo oltre le mura (1432-1434) _dettaglio
Marina di Ambrogio Lorenzetti (XIV sec.)
Dissodamenti individuali e sistemazioni estensive della collina
Allegoria degli Effetti del Cattivo Governo in Campagna (dettaglio) (1338-1339)
Ambrogio Lorenzetti
Ambrogio Lorenzetti Buon governo al tempo dei comuni_Siena 1338
De ruralium commodorum 1039 Piero de Crescenzi Bolognese
Risultato di un’attenta lettura di trattati latini sull’agricoltura della ne della Repubblica
e dell’Impero Romano.
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EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO AGRARIO DAI TESTI, DALLE
RAFFIGURAZIONI E DAI SEGNI NEL PAEAGGIO
Piero De Crescentii_Le Stagioni
Piero De Crescentii
In Pianura Padana furono realizzati i primi argini del Po, origine di quelli attuali.
SEGNI PERSISTENTI nel paesaggio. Villafranca Veronese IMPORTANTE INTERVENTO NEL PAESAGGIO. DIVISIONE IN
APPEZZAMENTI. MANSO (UNITA’ DI MISURA UTILIZZATA IN ETA’ CAROLINGIA) Per ogni manso un’abitazione
Abbazie e monasteri Abbazia di Montecassino
L'abbazia di Montecassino è un monastero benedettino sito sulla sommità di Montecassino, nel Lazio. Fondata nel 529 da
San Benedetto da Norcia sul luogo di un'antica torre e di un tempio dedicato ad Apollo, situato a 519 metri sul livello del mare,
ha subito nel corso della sua storia un'alterna vicenda di distruzioni, saccheggi, terremoti e successive ricostruzioni.
Ordine Cistercense
L’ordine Cistercense nasce e si sviluppa dal ceppo benedettino (ORA ET LABORA). Perciò sia la spiritualità che la
struttura urbanistica delle abbazie hanno come punto di riferimento l’ordine Benedettino. Il capitolo 66 della Regola
afferma: “Possibilmente il monastero deve essere costruito in modo da potervi trovare quanto è necessario, cioè, l’acqua,
un mulino, un orto e reparti per le varie attività, così che i monaci non debbano girovagare fuori: ciò infatti non reca
alcun vantaggio alle loro anime”.
Monastero Benedettino di Praglia tra i colli Euganei
Monasteri Cistercensi erano in pianura
GIARDINO MONASTICO_Certosa di Pavia
BARCO PAVESE Castello + giardino + cappella/certosa (monastero)
Castello di Pavia iniziato nel 1360 per volontà dei Visconti, Signori di Milano, fu completato nel 1366 con un giardino,
concepito come “luogo di delizia” destinato allo svago della corte. Da qui, su iniziativa di Gian Galeazzo Visconti, prese avvio
la formazione di un grande parco riservato ai principi, per la caccia e lo svago, e soprattutto per rappresentare la
magnificenza della dinastia e stupire per l’estensione e per la ricchezza della fauna e della flora. La grandiosa
sistemazione paesistico-ambientale attuata nel Parco Visconteo visse, nella completezza delle sue funzioni e nell’integrità
delle sue diverse parti, solo poco più di un secolo. La stessa sopravvivenza del Parco fu spesso messa alla prova
nell’occasione di saccheggi, assedi e battaglie che rivelarono la sostanziale debolezza del suo sistema difensivo affidato
a un muro troppo esteso per essere adeguatamente presidiato e troppo esiguo per resistere alle nuove armi da
fuoco. La Signoria fu così impegnata a restaurare edifici danneggiati e a ricostruire porzioni di muro abbattute. Questa tutela
materiale era affiancata da uno straordinario sistema di tutela ambientale a garanzia della perpetuazione dei valori
naturali di cui l’area del Parco era stata arricchita dalla sistemazione viscontea."
Certosa(di(Pavia(
TEORIA GIARDINO MONASTICO_Abbazia di San Gallo (Svizzera)
Il monastero venne fondato nel 612 come eremo e prese il nome da San Gallo, un monaco irlandese. San Gallo fu discepolo di San Colombano. Il monastero, dopo la morte di
San Gallo andò in rovina, ma il Conte di Waltram di Turgovia nel 719 incaricò il monaco benedettino Otmaro di ripristinarne la funzionalità. Otmaro lo ricostruì radicalmente ex
novo come abbazia, provvedendo a che i monaci colombaniani potessero viverci in comunità, ed adottò per loro una regola mista, che nel 747 venne trasformata in regola
benedettina abbandonando quella adottata da san Colombano, il che lasciò poi degli strascichi che sfociarono in una congiura contro l'Abate Otmaro, che nel 759 accusato di
adulterio, fu esiliato e condannato a morire di fame. Nel 719 Otmaro fu il primo Abate dell'Abbazia. In essa furono poste in custodia le reliquie di San Gallo.
Durante il regno di Pipino il Breve venne fondata la famosa Scuola di San Gallo, Scriptorium in cui le arti, le lettere e le scienze fiorirono.
Ai giorni nostri rimane poco dell'originale monastero medievale. La maggior parte delle strutture, compresa la Cattedrale, vennero progettate in stile tardo barocco, e costruite tra
il 1756 ed il 1768.
https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_San_Gallo
Ordine Benedettino
Abbazia di San Gallo
IX secolo
La pianta di San Gallo è una famosa pianta medievale di un'abbazia datata
agli inizi del IX secolo. È conservata alla Stiftsbibliothek Sankt Gallen, Ms
1092.
https://it.wikipedia.org/wiki/Pianta_di_San_Gallo
Ordine Benede no
Planimetria schema ca
della Abbazia di San Gallo
IX secolo
Chiostri
Cimitero
Frutteto e orto
con piante
orticole,
aromatiche e
medicinali
Chiostri
Hortus conclusus
http://www.naturaearti cio.it/
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CERTOSA di SAN MARTINO (Napoli)
http://www.naturaearti cio.it/
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IL CHIOSTRO MEDIOEVALE RIVISITATO IN CHIAVE CONTEMPORANEA:
sostenibilità degli interventi
La percezione dello
spazio è complessa e
multiforme, la circolarità
dell’impianto che rimanda
al concetto di orto-
Paradiso è compenetrata
dalla presenza dei ruderi
antichi, resti di colonne e
frammenti di materiali
antichi e da due vecchi
cipressi posti a
conclusione del percorso
che parte dal cancello
d’ingresso realizzato nel
2007 da Jannis Kounellis
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Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Pergole rustiche di castagno di viti e rose ‘Alberic Barbier’ sempreverdi con ori bianchi.
Il muro di con ne dell’orto è ricoperto da aranci, limoni e pompelmi.
Lo spazio centrale con una vasca circolare è sottolineato da una pergola che diventa il nodo principale del giardino.
Dal centro stretti percorsi pavimentati di mattoni suddividono l’orto in dodici settori, dove la coltivazione ordinata in settori
circolari disegnati da una la di mattoni, utili a delimitare i diversi tipi di ortaggi, è inframmezzata da alberi da frutto, bordure di
rosmarino, salvie, agapanti.
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Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Dal centro stretti percorsi pavimentati di mattoni suddividono l’orto in dodici settori, dove la coltivazione ordinata in settori
circolari disegnati da una la di mattoni, utili a delimitare i diversi tipi di ortaggi, è inframmezzata da alberi da frutto, bordure di
rosmarino, salvie, agapanti.
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Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Due vecchi cipressi sono posti a conclusione del percorso che parte dal cancello d’ingresso realizzato nel 2007 da
Jannis Kounellis
Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Pergole rustiche di castagno di viti e rose ‘Alberic Barbier’ sempreverdi con ori bianchi.
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Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Abbazia cistercense di Santa Croce di Gerusalemme, Roma, P. Pejrone
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia _ G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia _ G. Clement
L’architetto del paesaggio francese Gilles Clément nel 2005 ha progettato nell’Abbazia cistercense di Valloires, Argoules, (Piccardia), il
chiostro vegetale e le collezioni botaniche. Per ra orzare la connessione tra la facciata principale dell’edi cio e il parco è stato tracciato
un asse lungo il quale sono stati inseriti giardini regolari che si conclude nel chiostro vegetale, nel quale sono state riprese le
dimensioni del chiostro quadrato dell’abbazia ricostruita nel 1741. L’intenzione era di progettare un giardino utilizzando un linguaggio
espressivo contemporaneo e rielaborando alcuni elementi storici del giardino monastico. Lungo l’asse centrale si dispongono in
successione il roseto, un giardino formato da quattro quadrati erbosi quadripartiti che determinano una griglia di parcelle quadrate
coltivate con rose, piante medicinali e ortaggi, il prato inteso come spazio vuoto che richiama il silenzio della meditazione e il chiostro
vegetale. Lateralmente allo spazio centrale si dispongono il Talus Blanc, una scarpata con piante erbacee a ori bianchi, e, su una
successione di terrazzamenti, le isole delle collezioni botaniche di arbusti resistenti al freddo dell’Europa orientale, Asia e America del
vivaista Jean-Luis Cousin e il giardino d’acqua con piante per luoghi umidi e con grandi foglie, costituito da uno stretto canale delimitato
da lastre di pietra collegato con il Riverel, un canale costruito dai monaci.
Le collezioni occupano il pendio collinare formando l’Île de Ronces con arbusti spinosi, l’Île d’Hiver con arbusti con la corteccia colorata,
l’Île Dorée con arbusti a foglie giallo, l’Île en herbe formata da graminacee.
Il chiostro vegetale, immagine complementare del chiostro minerale, uno spazio vuoto caratterizzato dalla fontana centrale
“consacrato allo spirito della luce interiore” all’interno dell’abbazia, è scandito da siepi regolari di tasso piantate con un sesto
d’impianto che riprende l’interasse dei pilastri del chiostro diversamente dal roseto, i compartimenti sono disegnati sul fondo di
ghiaia.
Il giardino è stato realizzato a basso costo per l’esiguità dei fondi disponibili, gli elementi vegetali hanno perciò un ruolo architettonico che
struttura gli spazi; per i percorsi e le scale sono stati utilizzati legno e ghiaia.
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Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia _ G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia, chiostro vegetale – G. Clement
Abbaye de Valloires,
Argoules, Piccardia,
Francia, chiostro vegetale
– G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia, scarpata bianca– G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia,
roseto– G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia,
roseto– G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia, roseto– G. Clement
Abbaye de Valloires, Argoules, Piccardia, Francia,
roseto– G. Clement
Luogo di fondazione del più antico Orto Botanico Hortus Sanitatis della Scuola
Medica Salernitana
Il Giardino della Minerva si trova nel cuore del centro antico di Salerno, in una zona
denominata nel Medioevo “Plaium montis”
Il “viridario” (giradino ornamentale) fu proprietà della famiglia Silvatico sin dal XII
secolo. In seguito, nel primo ventennio del 1300, il maestro Matteo Silvatico, vi istituì
un Giardino dei semplici, antesignano di tutti i futuri Orti botanici d’Europa.
Dall’opera di Silvatico, intitolata Opus pandectarum medicinae, ricaviamo la prima
descrizione del Giardino: «...ed io ho una colocasia, a Salerno, nel mio giardino,
presso una fonte cospicua». In questo spazio di straordinario valore culturale, oggi
identi cabile, appunto, nell’area del Giardino della Minerva, erano coltivate alcune
delle piante da cui si ricavavano i princìpi attivi impiegati a scopo terapeutico.
Matteo Silvatico vi svolgeva, inoltre, una vera e propria attività didattica per mostrare
agli allievi della Scuola Medica le piante con il loro nome e le loro caratteristiche
(Ostensio Simplicium).
Nel 1666 don Diego del Core «...vi è una loggia parte coperta a lamia a vela sostenuta
da pilastri e parte scoperta e pavimentata attorno, coi suoi pezzi d’astrico del quale
si gode il mare e i monti circonvicini, con una fontana in destra di essa con acqua
perenne...vi è un muro che regge la fontana, ma che è malmesso e potrebbe crollare
danneggiando la loggia...in esso vi è una porta che con sette gradi si cala nel
giardino il quale consiste in un luogo piano, ha due piedi di co, due di cetrangolo e
vite che facevano pergola sopra otto pilastri di fabbrica, ma presente si vedono per
terra perchè sono marciti i legnami che formavano la medesima, altri pilastri parte
sono cascati e parte lesionati.» Viene menzionata anche la peschiera e la scala che
conduceva al secondo livello del giardino. In questo vi sono altri alberi di co ed una
fontana che alimenta la vasca sottostante. La proprietà, quindi, alla metà del
seicento, nonostante i molti guasti, mostrava già l‘aspetto che attualmente connota il
luogo.
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Un complesso sistema di distribuzione
dell’acqua, composto da canalizzazioni, vasche e
fontane (una per ogni terrazzamento), denota la
presenza di fonti cospicue che hanno permesso,
nei secoli, il mantenimento a coltura degli
appezzamenti. Il sito è inoltre dotato di un
particolare microclima, favorito dalla scarsa
incidenza dei venti di tramontana e dalla
favorevole esposizione, che, ancora oggi,
consente la coltivazione di specie vegetali
esigenti in fatto d’umidità e calore.
I Silvatico giunsero a Salerno, da Tosciano Casale. La
famiglia, molto antica ed in uente, iscritta nel Seggio del
Campo, espresse già un medico agli inizi del XII secolo:
Giovanni Silvatico, milite e barone.
Tra il XIII ed il XIV secolo, si distinse Matteo Silvatico, insigne
medico della Scuola Salernitana e profondo conoscitore di
piante per la produzione di medicamenti. Il manoscritto
Pinto riporta la notizia che la casa dei Silvatico si trovava nei
pressi della chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Matteo godette d’ampia fama, tanto che il re di Napoli,
Roberto d’Angiò, lo volle tra i suoi medici personali,
concedendogli, poi, il titolo di miles, come segno di
gratitudine e liberalità. Con tale titolo compare in un
documento stilato tra l’arcivescovo di Salerno e la
confrater nita dei Crociati. Giovanni Boccaccio,
probabilmente lo conobbe presso la corte del re Roberto,
dedicandogli poi, nel Decamerone, la X novella della IV
giornata.
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L’opera principale del maestro Silvatico furono le Pandette (Opus Pandectarum Medicinae), un lessico sui
semplici per lo più d’origine vegetale. Il manoscritto fu completato nel 1317 e dedicato al re di Napoli
Roberto d’Angiò. Un secolo e mezzo dopo Angelo Catone Sepino, medico personale di Ferdinando I
d‘Aragona re di Napoli, reputò l’Opera estremamente interessante, tanto da curarne la prima edizione,
stampata a Napoli nel 1474. Nel secolo successivo le Pandette furono ripubblicate più volte con l‘aggiunta di
indice e additio. Le Pandette, nell’edizione a stampa veneziana del 1523, sono composte da 721 capitoli: di
questi 487 trattano di vegetali, 157 di minerali, 77 di animali e 3 descrivono semplici dei quali non siamo stati
in grado di dare una de nizione. I 487 vegetali sono denominati con 1972 nomi (tra latini, arabi e greci), con
una media di 4 sinonimi per pianta.
I capitoli delle Pandette si aprono con il nome del semplice, segue poi l’elenco dei sinonimi (latini, arabi e
greci), la descrizione morfologica desunta da autori illustri (per lo più Dioscoride e Serapione il giovane) o
dall‘esperienza personale, la complessione (cioè la “natura” del semplice) e si chiudono con l’elencazione
delle proprietà terapeutiche.
La denominazione del capitolo è un primo indizio evidente di quanto la cultura orientale abbia in uenzato
l‘opera di Silvatico: dei 487 capitoli che riguardano le piante, 233 (il 42,9%) sono de niti con un nome di
origine araba, 134 (il 27,6%) con uno di origine greca e soltanto 120 capitoli (il 24,6%) sono denominati
tramite un termine latino. Quest’in uenza risulta ancora più chiara se si considera il signi cativo numero di
capitoli dedicati alle specie di origine esotica. Su di un totale di 484 piante da noi identi cate, 67 (il 13,8%)
sono esotiche. Tale in usso è uno degli aspetti più singolari e irripetibili dell‘Opera.
Nessun altro trattato europeo compendierà tanti nomi arabi per de nire piante di origine mediterranea.
Tra i meriti che vanno riconosciuti al lavoro di Silvatico, va sottolineato il rigore scienti co adoperato nella
descrizione e nella elencazione delle proprietà dei semplici vegetali; nulla traspare cioè della tradizione
magico-superstiziosa propria di altri testi.
E' interessante in ne notare la grande attenzione dedicata dall'Autore agli organi ipogei della pianta (radici,
rizomi, bulbi, tuberi ecc.).
Nelle descrizioni essi sono sempre citati e la loro forma spesso in uenza il nome stesso della pianta, così
come, da Linneo in poi, sarà il ore ad in uenzare la nuova nomenclatura binomia.
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Asparago
«Quando si seppelliscono le corna di ariete in terra, nascono gli asparagi - Serapione su autorità di Galeno
dice che la sua prima virtù è desiccativa - sblocca l’otturazione dl fegato e dei reni con il seme e la radice -
Galeno, nel “De cibis”: diuretico e poco nutriente».
[cit. Mattheus Sylvaticus, Opus Pandectarum Medicinae, Venezia 1523, c. 563, Naliop]
L'asparago ha proprietà diuretiche, depurative e dimagranti. Principi attivi: aminoacidi, vitamina C, sali
organici vari. Troppo nota per essere descritta, questa pianta ci o re la deliziosa verdura primaverile e le virtù
salutari delle sue radici. Le proprietà dell'Asparago sono eminentemente diuretiche; esso è utile quindi per
tutti quei disturbi in cui la ritenzione di acqua nell'organismo provoca scompensi. Le radici dell'Asparago
giovano ai malati di cuore per eliminare l'acqua che ristagna nei tessuti per mancanza di un vigoroso circolo
cardiaco, agli idropici e agli obesi. Le preparazioni a base di Asparago sono tuttavia sconsigliabili a chi so re
di in ammazioni renali.
http://www.giardinodellaminerva.it/
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Verbena
Si utilizza internamente, sotto forma di macerazione o infusione, per stimolare l'appetito e la
secrezione di succhi gastrici; cioè, come pianta amara e astringente. La macerazione si
prepara con 3 cucchiaini di prodotti secchi per ogni 2 tazze d'acqua; l'infusione va fatta con
2-5 g. per ogni tazza. La verbena è un eccellente stimolante degli scambi metabolici interni;
agisce contro l'esaurimento nervoso, l'insonnia e l'emicrania. È un buon diuretico, che viene
utilizzato in caso di disturbi renali o epatici. È anche espettorante. In applicazione esterna,
serve per preparare i gargarismi e per curare le eruzioni cutanee.
Citazioni
«Dioscoride: una specie è la cresta di gallo ed è supina (sul terreno?) l’altra è la berbena detta
gallinacea ed è eretta e perciò si chiama orthos come appare nel capitolo denominato
orthomia - foglie biancastre incise come il drio ma più strette - steli lunghi un cubito e più,
angolosi - radici sottili e lunghe - semi neri - Plinio: la usavano i sacerdoti per le puri cazioni -
ore bianco - foglia rugosa - nel «pasionario» sta scritto che se il medico visitando il malato
porterà la verbena e chiederà al malato come sta, se il malato risponde «bene» guarirà, se
«male», morirà».
[cit. Mattheus Sylvaticus, Opus Pandectarum Medicinae, Venezia 1523, c. 288, Gerebotanium]
La descrizione morfologica e i nomi utilizzati per de nire il semplice suggeriscono di
identi care, per questo capitolo, più specie vegetali. La specie de nita da Silvatico come
Cresta di gallo dovrebbe essere la Verbena supina L.; quella detta Gallinacea, invece, la
Verbena o cinalis L.
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Acanthus mollis L. - Acanto comune
Utilizzata in passato per le sue mucillagini, per esempio in uso esterno contro distorsioni
ed ustioni. tra gli ambiti di applicazione omeopatica si trova l'iperattività delle ghiandole
sebacee del cuoio capelluto.
Citazioni
«Erba - foglie grandi come il caule (= cavolo), ma incise - molti ori spinosi conclusi».
[cit. Mattheus Sylvaticus, Opus Pandectarum Medicinae, Venezia 1523, c. 107, Branca
ursina]
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Contraria contrariis curantur
La terapeutica medievale salernitana e gli studi di Botanica medica, si fondano essenzialmente sulla
“dottrina dei quattro umori” basata a sua volta sull‘antica “teoria degli elementi”. E’ con Pitagora di
Samo ed i suoi seguaci della scuola di Crotone che si perfeziona, verso la metà del VI secolo a.C., la
dottrina collegata al concetto di “armonia” che regge e governa la composizione della materia;
un’armonia non statica ma che si trova in un continuo equilibrio instabile, risultato dell’antagonismo
bilanciato di forze opposte che sono insite nelle cose. L’armonia che regge l’Universo regge anche
l’Uomo, dandogli la salute, e il turbamento di questo equilibrio provoca la malattia. Ma l’in uenza dei
Pitagorici sulla Medicina va oltre. Per loro, la vita è costituita da quattro elementi: terra, aria, fuoco e
acqua, cui corrispondono quattro qualità: secco, freddo, caldo e umido. Gli umori (sangue, bile nera,
bile gialla e egma) corrispondono ai quattro elementi (aria, terra, fuoco e acqua) e possiedono le
stesse caratteristiche. Gli umori e, quindi, gli elementi sono poi in rapporto diretto con le cosiddette
“qualità primarie” da loro possedute: caldo, freddo, umido, secco. «[…] Quattro sono gli umori del
corpo: sangue, egma, bile gialla e bile nera. Il sangue è umido e caldo, il egma freddo e umido, la bile
gialla calda e secca, la bile nera secca e fredda […]» . La combinazione di questi quattro umori
determina il “temperamento” dell’individuo, le sue qualità mentali e il suo stato di salute. E’ la teoria
degli umori, che dal 500 a.C. dominerà pressoché incontrastata sino alla rivoluzione di Virchow del
1858! Il corpo umano è quindi governato dalla presenza di questi quattro umori, ed un loro disequilibrio
genera nel paziente lo stato patologico. La malattia, intesa come abbondanza di un umore nei confronti
degli altri, deve quindi essere contrastata usando un prodotto (sia esso “semplice” o “composto”) di
natura opposto all’umore in surplus. Da ciò deriva l‘importanza di classi care i “semplici” vegetali con
lo stesso criterio utilizzato per lo studio degli umori dell’uomo. Ci saranno perciò semplici caldi e umidi,
caldi e secchi, freddi e umidi e freddi e secchi. Ma, accanto a questa prima suddivisione, se ne a anca
una seconda di uguale importanza, che, attraverso la “gradazione”, ne precisa la potenza d‘azione
siologica. Il “grado” è, tra l’altro, il criterio di classi cazione principale dei semplici utilizzato nel
Graduum simplicium, detto anche De simplici medicamine, di Costantino Africano († 1085). Si tratta
«[...] della quantità in cui la medicina è calda, fredda, secca o umida. Vi sono quattro gradi. Il quarto è
quello in cui la medicina è così calda che non si può più [agire] senza uccidere. Essa ucciderebbe chi
ne facesse uso in grande quantità. […]» Le aiuole del primo terrazzamento, già suddivise in quattro
“spicchi” grazie ai due vialetti ortogonali preesistenti, ben si prestano per tale rappresentazione
didattica. Si può così spiegare le fondamenta teoriche della cura vigenti presso la Scuola Medica,
confrontando inoltre il criterio di classi cazione medievale con quello moderno per famiglie, di origine
linneiana.
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Giardino botanico medioevale Palazzo Madama, Torino
Iardinum domini + hortus + viridarium
I muri racchiudono il giardino proteggendolo dalle minacce esterne.
GIARDINO MONASTICO: PROGETTI ELABORATI DA STUDENTI
Il convento dei Cappuccini a Voltaggio (Alessandria) tesi di laurea specialistica in architettura del paesaggio di E. Bisio
Il convento dei Cappuccini a Voltaggio (Alessandria) tesi di laurea specialistica in architettura del paesaggio di E. Bisio
Il convento dei Cappuccini a Voltaggio (Alessandria) tesi di laurea specialistica in architettura del paesaggio di E. Bisio
Il convento dei Cappuccini a Voltaggio (Alessandria) tesi di laurea specialistica in architettura del paesaggio di E. Bisio
il giardino monastico del dAD _ Obiettivi
Gli spazi aperti del dAD sono costituiti dal chiostro compreso tra il Palazzo del Vescovo, l’ala seicentesca e il nuovo edi cio, progettato da Ignazio
Gardella, e dal giardino pensile delimitato dagli alti muri dal contenimento su Stradone Sant’Agostino e Piazza Sarzano. Nel convento di San
Silvestro il chiostro, il giardino pensile e i terrazzi erano di grande importanza in quanto erano l’unica possibilità per le monache di clausura di
uscire all’esterno per attività ricreative e per la cura del giardino. Le parti architettoniche sono state oggetto di un intervento di restauro che ha
consolidato le parti esistenti e ha ricomposto le strutture distrutte utilizzando materiali e tecniche non invasivi, mettendo in luce i resti archeologici e
rispettando l’impianto planimetrico rilevato nella cartogra a storica; mentre per quanto riguarda l’inserimento della vegetazione è mancato un
progetto paesaggistico, basato sulla rilettura del giardino conventuale e sull’analisi del ruolo funzionale degli spazi aperti all’interno del
dipartimento. La vegetazione è stata inserita in modo casuale senza alcuna relazione con i caratteri del chiostro e del giardino pensile con un
risultato di scarsa qualità; inoltre una manutenzione poco quali cata e l’invecchiamento della vegetazione hanno notevolmente impoverito gli spazi
aperti. Le proposte progettuali per la riquali cazione degli spazi del chiostro e del giardino pensile, indicato nella cartogra a storica come “villa” -
spazio con caratteri di orto-giardino in cui si coltivavano ortaggi ed erbe aromatiche e alberi da frutto utili al sostentamento delle monache, ma
anche ori e piante o cinali - in cui sono state valutate le preesistenze storiche, le esigenze funzionali e di uso, la distribuzione spaziale, lo stato
della vegetazione esistente e formulate proposte per una sistemazione più adeguata di quella attuale.
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il giardino monastico del dAD
evoluzione storica del giardino genovese_il giardino monastico del dAD
Dipartimento dAD
il giardino monastico del dAD
dipartimento dAD_genova-sarzano
il giardino monastico del dAD
il giardino monastico del dAD
il giardino monastico del dAD
evoluzione storica del giardino genovese_il giardino monastico del dAD -laboratorio di restauro del giardino storico a.a. 2008-2009
il giardino monastico del dAD
Il chiostro di San Matteo (XIII sec.) a Genova
LOCALIZZAZIONE
Il chiostro è situato nel ‘borghetto’ dei Doria sul versante scosceso che scendeva dal colle del convento di San Domenico in prossimità delle mura. Posto tra la chiesa
gentilizia di San Matteo, fondata nel 1125, e il palazzo di Branca Doria, costruito intorno al 1278 insieme agli altri palazzi dotati di torri, pozzo e bagni, e alla nuova
chiesa, è arretrato rispetto alla piazza rialzata, racchiusa dai palazzi con paramento murario a fasce bianche e nere, e da ampie logge al piano terra, peculiari
dell’architettura medievale genovese. Vi si accede attraverso un grande arco gotico sovrastato da un’ampia quadrifora. Per la realizzazione del chiostro furono
necessarie notevoli opere di livellamento del terreno, come si può notare nella salita San Matteo. I lavori furono portati a termine tra il 1308 e il 1310, a seguito della
demolizione di un chiostro già esistente nel 1199, secondo le date inserite sui capitelli angolari del colonnato. Di particolare interesse il capitello vicino all’ingresso, datato
1308, con quattro aquile coronate che si riferiscono allo stemma araldico dei Doria. Il chiostro quadrangolare, come la piazza, presenta un impianto considerevolmente
regolare considerata l’acclività del versante su cui avvenne l’edi cazione.
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Il chiostro di San Matteo (XIII sec.) a Genova
ll chiostro di San Matteo (XIII sec.) a Genova
IL PROGETTO
Lo schema è quadripartito, secondo il modello del chiostro-giardino-paradiso che racchiude un profondo signi cato liturgico e teologico, con il pozzo in marmo, posto su
una base ottagonale a gradini, posto all’incrocio dei due percorsi, ma decentrato rispetto all’incrocio degli assi mediani. Dagli studi storico-critici non si può dedurre se fosse
sistemato a giardino. Il perimetro esterno del porticato è caratterizzato, nella parte superiore, da un paramento murario in mattoni e, nella parte inferiore, da colonnine marmoree binate
con capitelli tomor sorreggenti archi acuti. Il restauro del chiostro fu iniziato dall’architetto Alfredo D’Andrade nel 1911 per conto della Soprintendenza ai Monumenti e terminato
nel 1930 da Orlando Grosso. La proposta è mirata a restituire allo spazio un’organizzazione più coerente rispetto a quella attuale con l’inserimento di bordure di piante aromatiche
lungo i compartimenti e rose arbustive intorno allo spazio centrale.
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ll chiostro di San Matteo (XIII sec.) a Genova Tesi di laurea triennale in architettura del paesaggio di M. Camicia
ll chiostro di San Matteo (XIII sec.) a Genova Tesi di laurea triennale in architettura del paesaggio di M. Camicia
Patio dei Leoni Datato 1377, venne realizzata da Muhammad V, il figlio di Yūsuf I. La pianta è rettangolare, il cortile interno è circondato da un
portico con 124 colonne di marmo bianco di Almería.
Patio dei mirti