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Verbi transitivi e intransitivi.

‒ Cominciare: trans. (aus. avere); intrans. (aus. essere)


‒ Iniziare: trans. (aus. avere); intrans. (aus. essere)
‒ Suonare: intrans. (aus. avere): la campana ha suonato.
‒ Squillare: intrans. (aus. avere). Nel linguaggio letter. e poet., ha talora uso trans. con valore
causativo (far squillare suonando): Chi mostra fuochi, chi squilla el suo corno (Poliziano).
‒ Finire: trans. (aus. avere); intrans. (aus. essere)
‒ Finalizzare: trans. (aus. avere)
– Funzionare: intrans. (aus. avere): la macchina non ha funzionato.
‒ Terminare: trans. (aus. avere); intrans. (aus. essere)
‒ Scattare: trans. (aus. avere); intrans. (aus. essere)
‒ Balenare: intrans. (aus. essere, a volte anche avere); è balenato (anche ha balenato) tutta la
notte.
– Reprimere→ho represso/repressione
– Riprendere→ho ripreso/ripresa
– Compiacére v. intr. [lat. complacēre, comp. di con- e placēre «piacere»] 1. Far piacere, fare
cosa gradita a qualcuno: faccio questo solo per compiacerti; anche trans.: ho voluto c. il padre
(T. Tasso) 2. intr. pron. a. Provare piacere, sentire un’intima soddisfazione: compiacersi di fare
del bene. b. Partecipare ad altra persona il proprio piacere, rallegrarsi, congratularsi con lei: mi
compiaccio per il tuo successo; si compiacque con me per la mia promozione. c. Degnarsi, aver
la cortesia: il ministro s’è compiaciuto d’intervenire personalmente; vogliate compiacervi di
rispondere.
– Fiorire (aus. essere): sono fiorite le violette.
– Accudire: v. intr. e tr. [dallo spagn. acudir «accorrere», che è un rifacimento di recudir
«rimettere una cosa al suo posto», lat. recutĕre «respingere indietro»] (io accudisco, tu
accudisci, ecc.)1. intr. (aus. avere) Dedicarsi con cura a un lavoro, spec. nell’ambito domestico:
a. alle faccende di casa, ai fornelli. 2. tr. Assistere, prestare le proprie cure a qualcuno: a. un
bambino; a. la madre malata; era ormai vecchio e infermo, senza nessuno che lo potesse
accudire.
– Sopraggiungere (o sovraggiungere) [comp. di sopra- (o sovra-) e giungere] v. intr. (aus.
essere) 1. [venire all'improvviso e inaspettatamente o per caso ≈ capitare, sopravvenire. ↓
giungere. 2. (estens.) [di persona o gruppo di persone, sommarsi ad altri: è sopraggiunto un
nuovo invitato] ≈ aggiungersi. ⇑ arrivare, giungere. 3. (fig.) [di circostanza, fatto e sim., spec.
se in grado di cambiare lo stato delle cose, l'avere luogo: se non sopraggiungono
complicazioni, guarirà in pochi giorni] ≈ manifestarsi, occorrere, presentarsi, sopravvenire,
subentrare, verificarsi.
– Esplodere: v. intr. e tr. [dal lat. explodĕre «cacciare via battendo», comp. di ex- e plaudĕre
«battere due corpi insieme in modo da produrre uno scoppio» 1. a intr. (aus. essere, se riferito
alla materia esplosiva, avere se riferito a un’arma): è esplosa una mina, una bomba, la
cartuccia, il deposito di munizioni; il fucile non ha esploso ≈ (non com.) conflagrare,
deflagrare, detonare, scoppiare, [di mina] brillare, [di armi da fuoco e sim.] sparare. b. (aus.

1
essere) [rompersi violentemente, detto di opere edili, tubature e sim.: sono esplosi i tubi delle
fogne] ≈ saltare, scoppiare, spaccarsi, squarciarsi. ‖ aprirsi, fendersi. 2. a intr. (aus. essere) In
senso fig., manifestare i proprî sentimenti o stati d’animo con parole e atti bruschi e violenti: lo
ascoltai per lungo tempo senza reagire, ma alla fine esplosi; non ne ho potuto più e sono
esploso ≈ (non com.) erompere, prorompere, (fam.) sbottare, scoppiare.↔frenarsi, reprimersi,
trattenersi. b. [avere luogo in modo violento e improvviso, riferito a situazioni, eventi e sim.: la
crisi è esplosa improvvisamente] ≈ divampare, scatenarsi, scoppiare. ↓ manifestarsi, svilupparsi.
3. tr. Sparare, scaricare, tirare (un’arma) sparando (+ contro, addosso a): gli esplose contro due
colpi di pistola.
– Guardare: [dal germ. Wardōn] Guardare / Guardare a = badare, curarsi di, accudire, ecc.
– Rinfrescare: v. trans. / v. intrans. (aus. avere) e impers. (aus. essere o avere) [del tempo e sim.,
diventare di nuovo fresco o più fresco: con l'autunno l'aria rinfresca; dopo la pioggia ha
rinfrescato, è molto rinfrescato]. Raffrescare: toscano.
– Qualificarsi: v. rifl. 1. [dichiarare il proprio titolo o la qualifica professionale, anche assol.: q.
come medico, come avvocato; si qualifichi!] ≈ ‖ presentarsi. 2. [acquisire una specifica
competenza, con la prep. in: si è qualificato in una disciplina molto complessa] ≈ formarsi,
prepararsi. ↑ specializzarsi. ↔ dequalificarsi, squalificarsi. 3. [raggiungere un determinato
posto nella classifica di una competizione sportiva o di un concorso: q. per la finale; al
concorso si è qualificato terzo] ≈ classificarsi, piazzarsi, posizionarsi→Francia (con un autogol)
e Portogallo si sono qualificate per i quarti (gli ottavi) di finale.

‒ Derivato (sost.) di: i derivati di «casa», di «camminare»; «lacustre» è un derivato del latino
«lacus»; ‘rottamare’ è un derivato di ‘rottame’; i derivati del petroleo; il formaggio è un
derivato del latte.
‒ Derivato (agg.): è un sostantivo maschile derivato dal latino;
‒ Derivazione di (comp. di specificazione): d. d’acqua da un canale; una d. diretta dei principî
da lui professati; la d. di un corollario da un teorema, da una dimostrazione.

Espressioni.
– Nel prossimo futuro; in futuro.
– Errore di battitura.
– Fare la bella = fare/giocare lo spareggio.
– Tirare le cuoia = morire
– Prendere il toro per le corna: affrontare risolutamente una difficoltà.
– Colpo di fulmine (sin. la fòlgore): innamoramento improvviso.
– Sostenere / dare un esame→Superare un esame (Non superare = essere bocciato)
– Piantare in asso: abbandonare qualcuno da un momento all’altro, senza preavviso.

2
– Alla volta di….→La direzione in cui ci si volge andando, che introduce un complemento
indicante la persona o il luogo verso cui ci si dirige = in direzione di, per, verso: sono partiti
alla volta di Firenze; venivano alla nostra volta.
– Sono sul treno/sono nel treno, sto viaggiando sul/nel/con il treno delle 8 e 15; ma: di solito
viaggio in treno, non in macchina (o in aereo). IN non marca la conoscenza dello specifico
treno; SUL e NEL, grazie all'articolo determinativo, possono aiutare a sottolinearla.
– A monte/a valle: due locuzioni che servono per indicare l’inizio e la fine di qualcosa. “A
monte”, sembra indicare un monte, cioè una montagna. La cosa non è casuale perché la
montagna, o il monte è dove nasce un fiume. In realtà si possono usare sia in senso proprio che
figurato. Quindi se vi trovate in un punto qualsiasi del fiume, per capire dove nasce il fiume
dovrete andare a monte, dovrete cioè risalire il fiume fino a monte. Tutti i fiumi sono diretti a
valle.
Se vedo un uomo che vive per strada, che non ha una casa, probabilmente a monte ci sono stati
dei problemi economici, o magari dei problemi psicologici o anche entrambi. Magari invece a
monte c’è stato un problema familiare.
Amazon è un’azienda di servizi grandissima, dove lavorano tantissime persone. A valle della
catena dei servizi ci sono i cosiddetti corrieri amazon, che sono coloro che consegnano i
pacchi ai clienti.
– Ricevere qualcosa in regalo, in dono, in omaggio: Ho ricevuto un libro in regalo.
– Travestito/Vestito da: persona vestita da pagliaccio, da medico, da sposa (si addice a …, ha
una relazione di pertinenza con…) / Vestito di: di festa, di lutto, di scena (relazione di
appartenenza)→Errore da terza elementare
– Come me/ come te/ come io.
– È corretto dire hai ragione te, vieni anche te? Bisogna dare del tu, non del te, dire dunque hai
ragione tu, vieni anche tu. La grammatica insegna che il pronome personale tu è soggetto,
mentre te si usa nei complementi. Dunque diremo “tu (soggetto) hai ragione” e diremo anche
“io (soggetto) partirò con te (complemento di compagnia)”. Ma c’è un caso in cui te usato
come soggetto sembra ormai inestirpabile nell’uso. È il caso di io e te: “Io e te partiremo”.
Mentre diciamo abitualmente “tu ed io partiremo”, non ci passa per la mente di dire “io e tu
partiremo”, ma “io e te”. Perché mai? Perché in questo caso, seppure usato come soggetto, il te
sembra quasi assumere il senso di un complemento di compagnia, come se dicessimo “io con te
(complemento di compagnia) partirò”. Se poi vogliamo darci delle arie, diciamo che si tratta di
un solecismo (solecismo viene dal greco antico: nella città di Soli, in Cilicia, si parlava un
pessimo greco, pieno di errori), che in grammatichese vuol dire un “errore”, che si è imposto
nell’uso conquistando la dignità di “eccezione alla regola”.
– Gara a tempo/ prova a tempo/ corsa a cronometro/ gara a cronometro = contre la montre.
– Corsa a tappe
– Dare buca a qualcuno = poser un lapin, faire faux bond.
– Gueule de bois→In realtà, anche l’italiano ha a disposizione diverse possibilità interne alla
propria lingua per esprimere il concetto in questione (hangover) senza dover ricorrere a un
anglicismo. Quelle più utilizzate sono postumi della sbornia e postumi della sbronza (o a
volte anche soltanto postumi senza specificazione): Dopo il risveglio presentano più
accentuati i fenomeni postumi della sbornia, e possono anche essere costretti a letto per

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parecchi giorni; All’alba dopo il veglione, Alberto, uno dei vitelloni di Fellini, trascinandosi
verso casa con i postumi della sbronza, si ribella.
Altre alternative possibili vedono l’aggiunta dei prefissi dopo o post ai sostantivi sbornia o
sbronza (con grafia univerbata: doposbornia/postsbornia/doposbronza/postsbronza, separata:
dopo sbornia/post sbornia/dopo sbronza/post sbronza o unita da trattino: dopo-sbornia/post-
sbornia/dopo-sbronza/post-sbronza).
Concludiamo, infine, la rassegna delle alternative con il possibile recupero di un termine ormai
desueto. Si tratta di spranghetta “Quando il vino è gentilissimo, / digeriscesi prestissimo, / e
per lui mai non molesta / la spranghetta nella testa”, e poi ripreso da Manzoni nel capitolo XV
dei Promessi Sposi: “Tra la sorpresa, e il non esser desto bene, e la spranghetta di quel vino
che sapete, rimase un momento come incantato”.
In conclusione, possiamo dire che hangover è un termine entrato in italiano almeno dalla
seconda metà del Novecento grazie al prestigio che la lingua inglese esercita in vari ambiti, tra
cui quello medico. Oggi, la parola però non è più un tecnicismo della medicina, tant’è che viene
usata soprattutto dalle generazioni più giovani in contesti informali.
– Stare/ essere/ andare al passo con ….. (i tempi) = être en phase avec (son temps)
– Avere piacere di… (= mi fa piacere, mi piace…, provo piacere...): ho avuto piacere della
vostra compagnia; ho piacere di invitarLa
– Attacco/colpo di tosse ˂tossire, p. pass. tossito, tosse = quinte de toux
– Terminus du train→capolinea s. m. [comp. di capo- e linea] (pl. capilinea o capolinea) (trasp.)
[stazione finale di un servizio di trasporto, per lo più urbano: l'autobus fa c. in piazza] ≈
terminal. ⇑ fermata.
– Complimento→Espressione di compiacimento; usato solo al plur., felicitazioni, rallegramenti:
te la sei cavata benissimo, ti faccio tanti c.; anche ellitticamente: i miei c.!, tanti c.!; talora
iron.: hai combinato un bel pasticcio, complimenti! 2. Con uso estens., al plur., preamboli,
cerimonie: lasciamo da parte i c.; bando ai c.!; non c’è tempo di far complimenti, non c’è
tempo da perdere; quindi, senza complimenti, senza tanti c., con franchezza, senza riguardi:
senza c., gli dissi chiaramente ciò che pensavo di lui; o in modo brusco, violento: senza tanti c.,
lo cacciò di casa; analogam., non fare complimenti, dire o fare con tutta franchezza: se debbo
dire una cosa, non faccio complimenti. In altri casi, far complimenti, mostrare ritegno,
soggezione nell’accettare qualcosa: non fate c. e restate pure a cena con noi.
– Filo conduttore, filo rosso→fil rouge
– Qualcosa di/in legno; di/in cuoio; ecc.: siamo alle prese con un complemento di materia.
Com'è evidente, il complemento indica la materia, ossia la sostanza, di cui una cosa è fatta o
composta. Possiamo usare sia la preposizione di, sia la preposizione in. → "...direi che un
pavimento di legno è espressione in sé completa e corretta perché qualifica la materia di cui il
pavimento è formato, al pari di un orologio d’oro, posate d’argento, scrivania di noce ecc.
Invece, una statua in legno serve ad attirare l’attenzione sulla materia di cui è composta e sulla
tecnica della sua lavorazione, oppure ad inserirla in un inventario di oggetti identificati
materialmente".
– Mi raccomando!: si usa tutte le volte in cui la persona che parla “si vuole raccomandare”, cioè
vuole porre l’attenzione su una cosa importante che va ricordata. Mi raccomando, non arrivare
tardi! equivale a dire: “raccomando me stesso a te (mi metto nelle tue mani, ti do fiducia), non
arrivare tardi!”

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– Capro espiatorio: bouc émissaire→capro: s. m. [lat. caper -pri]. – 1. Il maschio della capra
domestica, detto più comunem. Becco (il becco è inoltre la prominenza cornea della bocca degli
uccelli, dei rettili testudinati e dell'ornitorinco); nell’uso poet. anche il capriolo: Saltar
veggendo i c. snelli e i cervi (T. Tasso). 2. C. espiatorio: in senso proprio (anche, meno com., c.
emissario), essere animato, o anche inanimato, capace di accogliere sopra di sé i mali e le colpe
della comunità, la quale per questo processo di trasferimento ne rimane liberata (il nome deriva
dal rito ebraico del capro che nel giorno dell’espiazione (Yom Kippur) veniva caricato, dal
sommo sacerdote, di tutti i peccati del popolo, e poi mandato via nel deserto); in senso fig., la
persona sulla quale si fanno ricadere colpe non sue, che sconta una colpa che non ha commesso:
essere il (o fare da) c. espiatorio. ◆ Dim. caprétto; accr. capróne.

Rigo o riga?
Qual è la differenza sostanziale? Con rigo ci si riferisce ad una riga di scrittura o di stampa ed il
suo plurale è righi; con riga, invece, una linea dritta ed il suo plurale è righe. Anche se per
alcuni linguisti e dizionari rigo e riga sono intercambiabili, è bene ricordare, riferendosi ad un
quaderno ci usa sempre righe: un quaderno a righe; gli ho scritto due righe; pantaloni a righe;
ecc.
Rigo: s. m. [variante di riga] (pl. -ghi). – 1. Lo stesso che riga, ma quasi esclus. per indicare le
linee tracciate su un foglio o quaderno, oppure le linee di scrittura o di stampa: in fin di rigo;
scrivi dritto sul r.; mi basta un tuo r. ogni tanto per tranquillizzarmi (al plur., però, sempre
righe: gli scriverò due righe). 2. R. musicale, insieme di linee che serve per la notazione della
musica; nel sistema di notazione moderno è detto anche pentagramma (v.) ed è costituito da
cinque linee parallele, le quali racchiudono quattro spazî. Dim. righino (anche con sign. partic.:
v. righino), rigolino.

Partita→Rivincita→Pareggiare (aus. avere)→Giocare/Fare lo spareggio = Fare la bella.

– Rivincita: s. f. [der. di rivincere]. – In alcuni giochi, spec. di carte, l’ulteriore partita che il
vincitore (o anche il regolamento del gioco) concede al perdente perché possa ritentare la sorte:
dare, concedere, negare la rivincita; nello sport, incontro che la squadra o l’atleta vittoriosi in
una gara concedono, o a norma di regolamento devono concedere, all’avversario sconfitto;
quindi anche la vittoria riportata in questa seconda prova: prendersi, pigliarsi la rivincita;
rivincita solenne, meritata, clamorosa.
– Spareggio: s. m. [der. di pareggiare, col pref. s- (nel sign. 1)] 1. (finanz.) [in un bilancio,
situazione per cui le uscite superano le entrate] ≈ sbilancio, deficit, disavanzo, passivo. ↔
attivo, pareggio, utile. 2. (sport.) [partita decisiva fra due squadre che hanno conseguito uguale
punteggio] fare, giocare lo spareggio; vincere nello spareggio ≈ (fam.) bella→Nei giochi e
negli sport (ma spec. nei giochi di carte), la partita decisiva: fin qui siamo pari, ora facciamo la

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bella. 3. (lett., non com.) [situazione non paritaria] ≈ disparità, disuguaglianza. ↔ (lett., non
com.) pareggio, parità, uguaglianza.
– Pareggiare: v. tr. [der. di pari]. Finire in parità, conseguire punteggio pari in una partita di
gioco, in una competizione sportiva e sim.: p. un incontro, una partita; più spesso assol.: le due
squadre hanno pareggiato; la Fiorentina ha pareggiato col Milan per 2 a 2. Con uso intr.,
portare il risultato (parziale o finale) in parità, segnando un punto: ha pareggiato per il Napoli
il centravanti (o il Napoli ha pareggiato al 30° minuto del secondo tempo) ≈ fare pari (e patta),
(non com.) pattare. V. intr. (aus. avere) portare il risultato (parziale o finale) in parità: il Napoli
ha pareggiato ≈ (non com.) impattare, (non com.) pattare.
– Mollìca: parte molle e interna del pane. Pl. molliche: briciole del pane.
– Volantino s. m. [dim. di volante; in alcune accezioni, der. direttamente da volare] Foglietto
volante pubblicitario o propagandistico, o comunque informativo, distribuito al pubblico:
stampare, ciclostilare, distribuire v. pubblicitarî, di propaganda elettorale, sindacali, politici.
Cfr. Biglietto (bigliettino): pezzo di carta o cartoncino stampato; b. da visita (più corretto ma
meno com. di visita), cartoncino con nome e cognome, accompagnati o no da titoli, e spesso
seguiti da indirizzo e numero di telefono. Cfr. Cartolina s. f. [der., con suffisso dim., del lat.
chartŭla, che a sua volta è dim. di charta «carta»] Cartoncino di forma rettangolare per la
corrispondenza. In partic.: c. postale, con sopra stampato il francobollo, messa in vendita dallo
stato per comunicazioni epistolari aperte (uso adottato dapprima dalle poste austriache, nel
1869, in Italia dal 1874); c. illustrata, che riproduce vedute, paesaggi, opere d’arte, disegni
umoristici, ecc., secondo un uso affermatosi intorno al 1870; fotografie in formato cartolina,
nelle misure di circa cm 10 × 15 (nella stampa su carta); c. vaglia, o semplicemente vaglia.

– Scelta multipla ˂ multiplo agg. e s. m. [dal lat. tardo multĭplus, der. di multus «molto»].
– Cassetta postale o cassetta delle lettere è lo spazio a casa propria dove il postino lascia la
posta (ogni abitazione ne ha una). Essa può essere singola o multipla a seconda che si tratti di
una casa monofamiliare o di un condominio, ma comunque sempre privata per ogni abitazione.
Casella postale è uno spazio privato prezzo l’ufficio postale dove viene lasciata la posta e poi
bisogna passare a ritirarla (di solito utilizzato dalle aziende e da alcune persone). Essa è un
servizio a pagamento offerto ad esempio dalla società che distribuisce la posta, ci possono
essere molte caselle, di dimensioni differenti, ognuna con una chiave.

– Stanòtte avv. [lat. ista nocte, da cui anche l’ant. istanotte; cfr. stamani] Questa notte, cioè la
notte in corso o quella immediatamente passata o quella immediatamente futura: s. ho fatto uno
strano sogno; s. verso le tre il suono di un allarme ci ha svegliato; s. il silenzio è totale;
partiremo s. in macchina per la montagna; spesso preceduto da preposizione: i turni di s.; ho
rimandato la partenza a s.; è da s. che ci penso; la partenza è fissata per stanotte.
– Stamani (letter. stamane) avv. [lat. ista mane; v. sta e mane] Questa mattina; è forma diffusa
soprattutto in Toscana (dove si usa anche stamani mattina; altrove, più com. stamattina): le
quattro chiare stelle Che vedevi staman son di là basse (Dante); stamane, all’ora che io v’ho
detta, egli entrò in un mio giardino (Boccaccio). Anticam. anche istamane, che riproduce
invariata la forma originaria latina: io son veramente colui che quello uomo uccisi istamane
(Boccaccio).

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– Brutta s. f. [femm. sost. dell'agg. brutto, per ellissi da brutta copia], fam. [stesura preparatoria
di uno scritto, che può essere piena di correzioni e anche di errori] ≈ abbozzo, brogliaccio,
minuta, scartafaccio. ‖ canovaccio, scaletta, schema.↔bella (copia): scrivere in b.; consegnare
anche la b. (per es. di un lavoro scolastico).
– Bancone s. m. [accr. di banco] Mobile a forma di tavolo lungo, alto e chiuso fino a terra,
destinato a pubblici locali (banche, biglietterie, bar, negozi, ecc.) ≈ banco.
– Letto di ospedale = medico ˂ mèdico agg. [dal lat. medĭcus, der. del tema di mederi «curare»]
(pl. m. -ci) Attinente alla medicina→Medicale: agg. [dal fr. médical, der. del lat. medĭcus
«medico»], non com. Di medico, o di medicina.
– Càmice s. m. [affine a camicia] 1. Veste liturgica di lino bianco, lunga fino ai piedi, con
maniche lunghe e strette ai polsi, derivata dalla tunica dei Greci e Romani, usata dal sacerdote e
dai ministri sacri nella messa e nelle funzioni connesse con l’Eucaristia; di solito, viene stretta
ai fianchi con il cingolo. 2. Tunica bianca usata da medici e infermieri, e anche da talune
categorie di lavoratori e professionisti (pittori, farmacisti, ecc.) per esigenze igieniche e di
pulizia ≈ gabbanella, grembiule, (fam., pop.) zinale. ‖ camiciotto, divisa, tuta, uniforme. ⇑
indumento. Per estens., camice bianco [denominazione spesso iron. dei membri del personale
sanitario] ≈ medico. Al plur., c. bianchi, personale medico ospedaliero.
– Pisolino s. m. [dim. di pisolo], fam. - [breve e leggera dormita: fare, schiacciare un p.; il p.
pomeridiano] ≈ dormitina, (fam.) pisolo (aspettò allungandosi sotto le coperte, e disponendosi
a fare un altro pisolo (Rovetta). È forma meno com. del dim. pisolino), sonnellino.
– Lucìgnolo s. m. [der. del lat. tardo licinium "filaccio, lucignolo"] [treccia nastriforme usata
nelle lampade a olio o a petrolio] ≈ stoppino˂stoppa ≠ stoppie (Residui di una coltura erbacea
rimasti dopo il taglio o la mietitura)→Mìccia s. f. [forse dal fr. mèche (v.)] (pl. -ce) 1. a.
Dispositivo, generalmente in forma di cordone, formato da una sostanza combustibile, per lo
più polvere nera granulata, chiusa in un involucro di materiale impermeabile, atto a trasmettere
a distanza l’accensione agli esplosivi, sia direttamente sia per mezzo di detonatori o inneschi…
b. Nelle armi da fuoco antiche, cordicella di lino o canapa (detta anche corda, o corda bollita),
sgrassata con liscivia o bollita in acqua e acetato di piombo o imbevuta di salnitro, che, accesa a
un capo, serviva per dare fuoco alla carica nelle armi a mano e nelle artiglierie.
– Moscone: s. m. [accr. di mosca]. - 1. (zool.) [insetto simile alla mosca, ma di dimensioni
maggiori]. 2. (fig.) a. [chi fa la corte a una donna, spec. in modo insistente e importuno] ≈
pappagallo, spasimante. ‖ cicisbeo, corteggiatore, vagheggino. b. (marin.) [piccolo battello a
remi, costituito da due scafi galleggianti paralleli] ≈ pattìno ≠ pedalò: s. m. [dal fr. pédalo, nome
comm., der. di pédaler "pedalare"]. - (marin.) [imbarcazione mossa da una ruota a pale azionata
per mezzo di pedali] ≈ (non com.) bicipattino, (non com.) pedalone. ‖ moscone, pattino.
– Battello: s. m. [dal fr. ant. batel, der. del norreno e ingl. ant. bat]. - (marin.) [piccola
imbarcazione] ≈ BARCA ≠ Nave, bastimento; motoscafo.
– Baita s. f. [etimo incerto] (archit.) [piccola costruzione lignea delle regioni alpine usata come
ricovero di montagna] ≈ chalet, (region.) malga, rifugio→capanna s. f. [lat. tardo capanna]. - 1.
a. [piccola costruzione di frasche, canne o paglia, per rifugio o abitazione di persone o di
bestiame] ≈ capanno, casotto. ⇑ asilo, ricovero, riparo. b. (estens.) [abitazione umile] ≈
baracca, casupola. ↑ (lett.) abituro, (spreg.) bicocca, (spreg.) catapecchia, (spreg.) stamberga,
(spreg.) topaia, tugurio. ↔ castello, magione, palazzo, reggia, residenza, villa. 2. (alp.) [edificio
usato come luogo di ricovero] ≈ baita, bivacco, rifugio. 3. (edil.) [costruzione in muratura, dove

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si ripongono il fieno per l'inverno e gli attrezzi agricoli] ≈ capanno, fienile, ricovero, riparo,
rustico.
– Grembiule (region. grembiale) s. m. [der. di grembo]. - 1. (abbigl.) [riquadro di stoffa
allacciato alla vita per proteggersi dallo sporco] ≈ (ant.) grembo, (region.) mantale, (region.)
mantesino, (region.) mantile, (region.) parannanza, (region.) senale, (region.) sinale, (region.)
traversa, (region.) zinale. 2. (educ.) [solo nella forma grembiule, camice portato dagli alunni dei
primi anni di scuola per proteggersi gli abiti] ≈ grembiulino.
– Penna→biro s. f. [dal nome dell'inventore, l'ungherese L. G. Biró (1899-1985)], invar. (la
biro, le biro) [penna munita di una sferetta scorrevole al posto del pennino] ≈ penna (a sfera):
penna biro, ho comprato una biro verde, scrivere con la biro, scrivere a biro, firmare con la
biro.
– Penna: s. f. [lat. pinna "piuma, ala" incrociato con penna "ala"] 1. (zool.) [ciascuna delle
strutture cornee del tegumento degli uccelli] ≈ ‖ piuma ≠ ala/ali: s.f. ≠ Pinna (dei pesci e dei
nuotatori): s. f. [dal lat. pinna «penna»].
– Fanale s. m. [der. del gr. phanós "lampada, lucerna"]. [dispositivo di illuminazione di cui sono
dotati treni, automobili, ecc.] ≈ faro, (fam.) luce.
– Lampione s. m. [der. di lampa]. [fonte di luce artificiale per strade e piazze] ≈ fanale, lanterna,
(pop.) luce.
– Bermuda s. m. pl. [dal nome delle isole Bermude]. (abbigl.) [tipo di calzoncini larghi che
arrivano al ginocchio] ≈ ⇑ calzoncini (corti), pantaloncini, shorts.
– Pantaloncino s. m. [dim. di calzone]. - (abbigl.) [per lo più al plur., pantaloni corti] ≈
brachette (dim. di braca), (settentr.) braghette, calzoncini, pants, shorts. ‖ bermuda.
– Calzoncino s. m. [dim. di calzone]. - (abbigl.) [anche al plur., calzoni corti] ≈ brachette,
(settentr.) braghette, hot pants, pantaloncini, shorts. ‖ bermuda.
– Isolano: agg. [dal lat. insulanus, der. di insŭla «isola»]. – Di un’isola (e s’intende per lo più di
una particolare isola): prodotti i.; la gioventù i.; riferito a persona e sostantivato, nativo o
abitante dell’isola: gli i. della Sardegna, della Sicilia; turisti che familiarizzano con gli isolani.
Con senso più generico, si usa insulare (agg. [dal lat. insularis, der. di insŭla «isola»].
Dell’isola, delle isole: clima, flora, fauna i.; le popolazioni i.; avere il dominio i.; Italia i., in
contrapp. a Italia peninsulare. Per Italia continentale e peninsulare s'intendono i territori
dell'Italia con esclusione delle aree insulari: Sardegna, Sicilia e altre isole minori e arcipelaghi
italiani.
– Le parti essenziali di un camino sono: il focolare, i piedritti, l'architrave, il pavimento del
focolare, la canna fumaria, il comignolo e, nei camini moderni, anche la griglia per la raccolta
della cenere. Il braciere è fondamentale.
– Bavaglino/ Ciuccio [˂ciucciare: poppare, succhiare], ciuccetto, succhiotto/Biberon,
poppatoio/ Tettarella
– Lavagna/ Cancellino
– Barbone s. m. [accr. di barba]. - 1. (f. -a) [persona che vive per strada, senza fissa dimora:
vivere come un b.] ≈ clochard, homeless, vagabondo. 2. (zool.) [razza di cane da compagnia con
orecchie pendenti, pelame ricciuto e lanoso; usato anche con funz. appositiva: cane b.] ≈
barboncino. → senzatetto s. m. e f. [grafia unita di senza tetto], invar. - 1. [chi non ha
un'abitazione, per indigenza o per scelta: assistere i senzatetto] ≈ senzacasa. ⇓ barbone,

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clochard, homeless, senza fissa dimora, vagabondo. 2. [chi non ha un'abitazione a causa di una
calamità naturale o di una guerra: soccorrere i s.] ≈ senzacasa. ⇓ profugo, sfollato, sinistrato.
– Chimista.
– Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come Fratelli d'Italia, Inno di Mameli, Canto
nazionale o Inno d'Italia, è un canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli e musicato da
Michele Novaro nel 1847, inno nazionale della Repubblica Italiana.
– Tirocinio: s. m. [dal lat. tirocinium, der. di tiro -onis "apprendista, novizio, recluta", con
terminazione non chiara]. - [periodo di introduzione a una nuova attività svolto sotto la guida di
persona esperta: fare t. presso un notaio] ≈ addestramento, apprendistato, (non com.) garzonato,
internato, pratica, rodaggio, stage, training, (soc.) volontariato, [spec. come avviamento a una
professione] praticantato: un tempo i pittori facevano il t. nella bottega di maestri già famosi;
giovani laureati che fanno il t. nello studio di un avvocato, presso un notaio, nei reparti di un
ospedale; prima di esercitare la professione dovrà sottoporsi a un lungo, a un paziente t.; t.
didattico o magistrale, addestramento pratico all’insegnamento elementare degli allievi maestri,
svolto presso scuole pubbliche. Differisce perciò, nell’uso com., da apprendistato, che indica
invece il periodo di apprendimento pratico di un mestiere o di una professione da parte di
persona non ancora qualificata….
Tirocinante [der. di tirocinio] agg. [che compie un periodo di tirocinio] ≈ apprendista,
praticante. ‖ principiante. ↔ esperto, professionista. S. m. e f. [persona tirocinante: frequentare
un ospedale come t.] ≈ apprendista, praticante, stagiaire, stagista. ‖ aiutante, assistente,
principiante. ↔ esperto, maestro, professionista.

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