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Sebastiano Serlio, Scrive Un Libro Pubblicato A Venezia Nel 1528 Nel 1537 Compare Un

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Sebastiano Serlio, Scrive Un Libro Pubblicato A Venezia Nel 1528 Nel 1537 Compare Un

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Vita Lucido Lezione del 2/4/19

A Roma nei primi anni del 500 si sono concentrate una serie di intelligenze. Bramante è il
caposcuola di un linguaggio che ha comportato la costruzione di un codice di ordini
architettonici, una sorta di codificazioni che diventano una grammatica universale, che
tende ad essere esportata. Tra gli architetti esiste l’ambizione che questo linguaggio
venga accolto dalla comunità europea, vedendolo come l’insieme di regole universali. Nel
caso del classicismo il linguaggio dell’architettura si fa più complesso perché c’è l’uso di
allegorie o simboli. Per esempio il dorico corrispondente all’uomo spartano al maschile, lo
ionico il femminile, il corinzio più slanciato. Quindi diversi sono i gradienti e gli aggettivi con
cui l’architettura può essere raccontata con le parole, le quali vengono trasmesse
attraverso un codice che viene applicato all’architettura esattamente come uno scritto
consente all’interlocutore di capirsi. L’architettura acquisisce uno stato che fino a quel
momento aveva solo parzialmente, solo attraverso dei simboli adesso si può parlare senza
codici. Diventa un dialogo paritario, una volta che si conoscono le regole si costruisce e
dall’atro lato c’è chi sa interpretare, perché le regole sono le stesse e valgono per tutti.
L’architettura tende a smorzare i conflitti in modo da avere un linguaggio architettonico
universale così come si voleva creare un’unità con la lingua, il latino.
I tempi di costruzione di questo linguaggio sono lunghi si comincia con Bramante ma ci
vorranno anni, si consoliderà grazie agli scritti e trattati. Ad esempio amico di Peruzzi,
Sebastiano Serlio, scrive un libro pubblicato a Venezia nel 1528; nel 1537 compare un
altro libro con riportati gli ordini architettonici e i loro significati e come possono essere
combinati (es: la travata ritmica, la serliana), come aveva elaborato Giulio Romano.
Questo linguaggio universale acquisisce molta forza all’indomani del sacco, soprattutto in
Veneto, che diventerà una ‘nuova Roma’. Nel Veneto esistono già dal 400, dei circoli
vitruviani e molti resti romano antichi (es: arena di Verona). In questa città si stanno
formando molti intellettuali; convinti di essere figli di Vitruvio a causa di un fraintendimento,
per un arco di trionfo dove nell’iscrizione compare il nome Vitruvio, pensavamo che fosse
venuto a Verona, ma è un altro Vitruvio in realtà. Si formano tanti architetti militari, molto
abili nella costruzione di ponti, e tutta una serie di intellettuali e architetti con molte altre
capacità, tra questi vi è Fra Giocondo. Fra Giocondo è un frate, lui è il primo a tradurre in
volgare Vitruvio, diventerà l’architetto del re di Francia. Rappresenta un personaggio che
ha un peso nell’esportazione non indifferente, tuttavia le mutazioni si scorgono solo grazie
ad alcuni personaggi che sono stati a Roma e hanno visto Bramante.
Tra questi ricordiamo, un pittore e architetto di nome Falconetto è stato a Roma, ha visto
le fabbriche in costruzione in
modo bramantesco. Quando
ritorna a Padova nella sua città
viene selezionato
dall’intellettuale Alvise Cornaro,
appassionato del latino che gli
chiede di costruire all’interno del
suo palazzo un Odeo (1), ovvero
1 una sorte di teatro dove vengono
rappresentati dei drammi antichi
e scenograficamente deve
avere un’architettura che sia
comparabile con quello che
viene recitato cioè con un
fondale avente un’architettura
all’antica. Vediamo una
palazzina con un portico
costituito da un ordine con
pilastri dorico e ionico sopra,
doppio odeo con spazio
1
ottagonale con piccole esedre
tutto decorato con grottesche.
Dopo realizza la villa dei Vescovi (2), residenza estiva nei colli Euganei, affidano il
compito ad Alvise Cornaro che si affida a
Falconetto. La villa ha un basamento, che
ricorda molto le opere di Giuliano da
Sangallo, che serve anche a superare le
quote tra giardino e residenza, c’è l’uso della
bicromia con mattone rosso a vista e
intonaco. Al piano inferiore l’uso del bugnato
mentre al di sopra troviamo la presenza
dell’ordine dorico con paraste laterali.
2 Seguendo così il codice sperimentato da
Bramante a Palazzo Caprini: bugnato al piano terra e ordine
architettonico al piano di sopra. Questo bugnato è eccessivo,
forse perché in quel periodo Giulio Romano, allievo di
Raffaello era un personaggio molto influente e forse
consiglia proprio lui questo di bugnato.
Con il Doge Andrea Gritti, il quale da mercante a
Costantinopoli è diventato militare nella Pianura Padana,
riesce ad imporsi e lo fanno doge, ha combattuto per la
repubblica di Venezia. Tutti andavano contro Venezia ma la
città aveva armi molto forti, adotta una politica che apre
all’architettura all’antica.
Tutto è medito nell’arrivo a Venezia di Jacopo Sansovino,
2 appartiene ad una famiglia di scultori, aveva partecipato ad
un concorso quello di San Giovanni dei fiorentini ma gli viene fregato da Sangallo. A
Venezia lo fanno diventare capomastro della cattedrale di San marco, di conseguenza
anche della piazza. La piazza di forma quasi trapezoidale, come un forum all’antica; ha un
lato incompleto mentre il campanile è inglobato da tutta una serie di costruzioni, il
campanile poi è stato sopraelevato. Costruisce una loggetta (3), che richiama molto il
linguaggio di Raffaello, con l’inserimento di una travata ritmica con sculture e bassorilievi,
forma anticheggiante. Sul fianco della piazzetta di fronte al Palazzo Ducale realizza dei
nuovi spazi inizialmente solo un palazzo pubblico per contenere trattati e manoscritti ma si
rendono conto che sono troppi e costruiscono
la Libreria Marciana di san marco(4),
accanto la loggetta, costruita proprio di fronte
al palazzo ducale. Una posizione che ha
molta responsabilità perché deve dialogare e
non soverchiare con il resto. Costruendo il
fronte completo gigantesco della piazzetta
con due ordini, un sistema ispirato al
Colosseo, dove c’è un pilastro con semi
colonna ed ai lati, invece, delle paraste che
3 reggono l’arco. Come se avesse preso alcuni
elementi dell’antichità e li avesse composti
secondo un insieme scultoreo, simile al cortile
di palazzo Farnese anche se lì è più misurato
abbiamo il pilastro, la semicolonna e le due
parastine che reggono l’arco. Qui le colonne
rendendo la superficie completamente priva di
muro, come se fosse sorretta da questi
giganteschi sostegni. Deve dialogare con il
fronte del palazzo ducale che ha un portico
con un’enorme parete, sceglie allora di
realizzare un fronte vibrante tridimensionale e
deve anche fare sposare l’architettura all’antica
con l’atmosfera di Venezia. In un primo
momento il secondo piano gigantesco doveva
essere occupato da una grande sala coperta
da una volta a botte spingente, quindi al di
sopra del doppio cornicione alza un piano
liscio al di sopra della balaustra (tipo
Colosseo). Tuttavia questo attico senza
decorazioni crolla; Sansovino va
sotto processo, deve giustificare il
motivo per cui gli è crollato questo
altro paravento che in realtà gli
serviva a nascondere la monta
della volta a botte e allo stesso
tempo ad irrigidire la struttura che
c’è dietro. Sansovino riesce a
liberarsi dalle accuse e riprende il
4
progetto, evita di mettere l’attico fa
tutto più basso e dentro risolve tutto con una volta a botte molto ribassata, al di sopra della
volta ci sono delle catene perché non si poteva realizzare senza tiranti metallici. Qui le
soluzioni d’angolo sono interessanti tutto è estremamente scultoreo e decorato. Ricorda i
disegni per Palazzo Branconio di Raffaello, quello che è andato distrutto ma era composto
in modo bizzarro, dove c’era la nicchia al di sopra del sostegno. Sansovino sfida colleghi
romani in particolare Antonio da Sangallo cercando di capire se c’è qualcuno che ha una
soluzione migliore della sua per l’angolo, soprattutto per quello del piano terra. Nel piano
terra c’è infatti un ordine dorico, il quale ha un rapporto con la trabeazione che è molto più
stringente perché ci sono le metope e i triglifi. Sansovino escogita un suo sistema cerca
presso le accademie vitruviane se ci sono soluzioni alternative, ma alla fine usa la sua. A
lato della libreria Marciana costruisce il Pazzo della Zecca (5), dove si coniano le monete.
La Zecca ha una facciata con un piano
terra bugnato e un piano superiore
molto aperto composto da
semicolonne fasciate e delle strane
finestre con dei timpani, sono due
mensolette e un blocco rettangolare
proiettata all’esterno. Ci si è sempre
chiesti come mai Sansovino non abbia
dato una soluzione più raffinata tra lo
scontro di cornici che avviene tra la
Zecca e la libreria marciana, la
risposta è banale: perché le ultime tre
5 campate non sono state fatte da
Sansolino il quale era morto e non
aveva lasciato disegni, quindi il cantiere prosegue da solo. Abbiamo visto fin qui
architetture pubbliche ispirate al mondo romano, Venezia sta raccontando sè stessa come
se fosse l’erede della Roma Repubblicana. La chiesa cerca di impedire la pubblicazione di
tutta una serie di testi che sono filo luterani o altro. Più avanti nel 1509 la politica
veneziana sarà divisa tra due grandi partiti: da un lato ci sono gli anziani ovvero quelli più
vicini all’idea di trovare un accordo con la Chiesa essendo disposti a perdere anche una
parte dei propri diritti per garantire a Venezia una sorta di immagine pubblica di difensore
della chiesa. Dall’altro lato ci sono i giovani, più convinti di tornare alle origini e di
difendere la propria autonomia. Questa rivalità si traduce in architettura, per esempio i
Cornaro che appartamento agli anziani ad un certo punto chiederanno a Sansovino di
realizzare una grande residenza sul canal
grande, un grande palazzo, con un piccolo
cortile all’interno, i palazzi di Venezia
quasi mai hanno un cortile all’interno
perché hanno l’affaccio sui canali. La Ca’
grande Corner (6) presenta al piano terra
un bugnato; al piano superiore un sistema
di binato, dorico e ionico; sembra il
Palazzo Caprini di Bramante; invece
derivante da Giulio Romano è il fornice a 3
luci; tre arcate come nel Palazzo Te;
cortile raffinato fatto con ordine ionico
bugnato; sceglie un linguaggio antico. Una
6 scelta differente rispetto al contesto.
Anche sul fronte delle ville Sansovino
realizza Villa Garzoni (7) a Ponte Casale, sembra un palazzo però è tripartito, una
tripartizione del fronte con la parte centrale totalmente trasparente, c’è un loggiato al piano
inferiore che si apre in
prospettiva fino al cortile;
l’impianto è a C con al
centro il cortile. La
tripartizione diventerà
qualcosa di molto comune
usato anche nel 700.
Michele Sanmicheli, nato
a Verona, fa un lungo
apprendistato da giovane.
7
Sappiamo che c’è un
veneto che lavora con Antonio da Sangallo. Quando torna a Verona trova subito dei
committenti che gli affidano delle architetture che devono rivaleggiare con la Roma antica
e contemporaneamente ad opera di Bramante e compagni. Dopo il 1527, quando sono già
morti Raffaello e Bramante mentre ancora in vita Peruzzi e da Sangallo torna a Verona.
Chiamato dai principi Canossa, per realizzare il loro palazzo, Palazzo Canossa(8) .
Il Palazzo è più vicino alle esperienze romane con bugnato piano terra; binato con paraste
nel piano superiore e poi transenna con
statue. Il rapporto tra i Gonzaga e i
Canossa è molto stretto ed in alcune
lettere si cita Giulio Romano, Sanmicheli
non ha grande esperienza in questo
momento quindi è possibile che Romano
abbia dato dei suggerimenti e Sanmicheli
li abbia messi in opera. Romano domina
questo ambiente come abbiamo visto
anche con Falconetto. Palazzo Pompei
(9) dove utilizza la facciata suddivisa con
8 bugnato a piano terra e sopra un sistema
non più di corti e semicolonne ma una semplice colonna dorica scanalata si pensa che il
riferimento sia ai templi greci antichi, dato che
ha navigato, quindi magari ha copiato questa
soluzione. Mentre per altri dettagli come
l’inserimento di statue nelle chiavi degli archi
forse derivano da una conoscenza di ciò che
stava facendo Sansovino nella biblioteca
Marciana. Edificio che segue l’archetipo
bramantesco ma con alcune alterazioni.
9
Ancora più originale è il Palazzo Bevilacqua
(10), fratelli che comprano edifici e fanno realizzare un nuovo fronte in un piccolo cortile
insignificante. Nella parte inferiore il palazzo presenta un bugnato, mentre sopra serliane
ad arco e portali; balcone continuo invece che un banale cornicione, trasforma i triglifi in
mensole acquista tridimensionalità; statue nelle arcate; colonne scanalate con sistema a
spirale o reticolo, sono colonne veronesi hanno
questo trattamento di superficie del marmo. In
sintesi qui c’è la ricerca dell’’antico Veronese ‘
c’è la costruzione di una propria identità a partire
da una identità locale. Viene chiamato a Venezia
per il Palazzo Grimani (11), usa sistema di
ordine architettonico sovrapposta a serliana.
La Chiesa di Madonna di Campagna (12) a
Verona è un edificio che cita apertamente il
10
tempio .... un santuario dedicato alla Madonna,
posto fuori città, con una conformazione cilindrica e
all’estero un deambulatorio sorretto da colonne con
trabeazione rettilinea, non è riuscito a seguire
l’impostazione centrica l’interno è ottagonale. Mentre
nella Cappella Pellegrini c’è un esempio di
sperimentazione costruttiva, commissionata dalla
vedova del signor Pellegrini; dove realizza un edificio
cilindrico con un cassettonato ispirato al Pantheon e
con quel tipo di colonna molto veronese che abbiamo
11 già visto nel palazzo Bevilacqua. Non è il primo
edificio cilindrico fatto nel 500 c’è un altro che può avere
ispirato tale vicenda. La Cappella Caracciolo a Napoli con
colonne doriche scanalate, cassettonato e conformazione
cilindrica; non conosciamo l’architetto forse Diego De sio.
Magari durante la sua giovinezza Sanmicheli ha visto
quest’opera e l’ha voluta replicare.

12

12
12
Andrea Palladio
Con la ditta della famiglia hanno la fortuna di vincere un appalto grosso, quello del duomo
di Vicenza e quindi la bottega che è la cosa più importante che hanno si trasferisce a
Vicenza portandosi anche il ragazzino. Da quello che sappiamo da informazioni molto più
tarde e certamente non romanzate è che è molto bravo a disegnare, è un ragazzino con
una non grande cultura ma che sa disegnare e naturalmente ad un ragazzino in una bottega
di artigiani non gli fanno tagliare la pietra ma gli fanno fare i disegni. Ma la fortuna a Vicenza
è di incontrare il proprietario di questa villa, che si chiama Giangiorgio Trissimo, che è un
signore intellettuale appassionato del mondo romano antico. In questa villa che ha fatto
realizzare forse su suo disegno ma forse anche con la consulenza di Sebastiano Serlio che
è un architetto che produce libri più che fare l’architetto. Forse quindi ha ricevuto la sua
consulenza per questa residenza extraurbana sempre con la conformazione tripartita con
due ali con gli appartamenti e la parte con il salone principale e il loggiato al piano terra. Qui
si riuniscono gli intellettuali di Vicenza, che è comunque piccola cittadina, e lì si recita il
latino, e ci si veste come gli antichi romani avendo tanto tempo a disposizione visto che non
c’è la televisione, leggono insieme dei testi antichi e formano una specie di confraternita
degli eletti provinciale, tutti molto provinciali, che ad un certo punto decidono di andare a
Roma e di fare delle gite a Roma per poter vedere con i propri occhi le architetture romane.
Si portano i giovane Andrea che gli serve per rilevare anche se forse i tempi del rilevamento
sono corti, loro da bravi provinciali fanno la gita e non fanno altro che comprare disegni e li
fanno mettere in bella dall’artigiano che sa disegnare in modo tale da avere dei souvenir.
Sempre per restare sulla metafora della televisione, mancava anche la macchina fotografica
quindi avevano bisogno di qualcuno che mettesse su carta ciò che imparavano delle
architetture romane ma anche quello che imparavano sulle architetture del tempo, di
Bramante, Raffaello e compagnia bella. In questo contesto fatto di due o tre viaggi nel corso
del tempo il giovane Andrea di Pietro della Gondola comincia ad acquistare un minimo di
consapevolezza in quanto non fa altro che ridisegnare disegni fatti da altri architetti
correggendoli a volte perché capitava ci fossero incoerenze o cose che non “appattano” o
rilievi che hanno dimensioni diverse, che lui cerca di omogeneizzare. Piano piano si
costruisce una cultura da intellettuale e si forma e questo contribuisce a dargli quell’aurea
da intellettuale e non più da misero artigiano, ma personaggio che dovrebbe eguagliare la
figura di Alberti. Anche questi personaggi aristocratici, come Giangiorno Trissimo il quale ha
scritto un romanzo storico “L’Italia liberata dai Goti” che è naturalmente programmata per
chi aspira a quella architettura perchè secondo la leggenda sono i Goti tedeschi che hanno
portato questa orribile architettura gotica di cui tutti vorrebbero fare a meno e tornare alla
antica architettura romana e l’eroe di questa lotta contro i goti che cacciano finalmente aldilà
delle alpi è un angelo alato, il quale suggerisce a Giangiorgio Trissimo l’identificazione di
Andrea. Con quel nome doveva da questo momento in avanti dovrà chiamare il Palladio. E
Andrea Palladio è uno dei più grandi architetti di tutti i tempi, l’architetto più copiato nella
storia dell’umanità. A 30 anni si libera di questa pelle
artigianale e si lancia nel mondo dell’architettura che è un
mondo ancora estremamente circoscritto, dove però già
alcune intromissioni erano avvenute e sono intromissioni
pesanti e importanti perché Vicenza alla negli anni 30 del
500 ha un grave problema che ancora non riesce a
risolvere. Intanto il primo progetto di cui palladio si cimenta
e che lui racconta di essere stata la sua prima opera è il
Palazzo Thiene un edificio quadrato con un cortile quadrato tuttavia anche qui il sospetto è
che il disegno non sia dell’artigiano che improvvisamente si sta affrancando e sta diventando
architetto quanto piuttosto di giulio Romano. Ricordiamo le finestre della sua casa di Roma
con le colonne ingabbiate da questi fasci cubici e il bugnato. È probabile che esattamente
come è successo a San Micheli che Palladio non stia
facendo altro che curare la costruzione di un disegno
portato da Mantova. Anche qui documenti ci sono. Non
che non ci siano mai documenti certi del progetto di
Giulio Romano ma le corrispondenze con il Gonzaga e
le relazione umane ci sono tutte. E poi vedere un edificio
quadrato con un cortile quadrato ricorda ampiamente il
Palazzo Te. È possibile quindi che semplicemente sia
una esecuzione che è durata tanto tempo in cui il giovane si
è fatto le ossa. Ma il problema fondamentale che occupa
Vicenza è la Basilica. La Basilica non intesa come chiesa
quanto come edificio civico ed il luogo medievale dove si
riuniscono i padri della città. È una sorta di grandioso palazzo
comunale come ce ne sono per esempio a Padova. Questo
edificio ha un piano terra addirittura attraversato da strade e
un piano superiore accessibile da una scala esterna con
un'unica grande sala coperta con una volta a padiglione
lignea una sorta id carena di nave rovesciata enorme. La
basilica effettivamente è il piano superiore. Di sorto ci sono
negozi, loggiati, strade urbane che entrano dentro. Non è
perfettamente quadrata ma legermente trapezio. Questa è la
situazione originale poi si rendono conto che la volta con il
passare del tempo è troppo pesante e spingente sugli angoli
e si creano delle lesioni e delle fratture e, allora nel 400 la
circondano come è successo a Padova, con un loggiato che serve a contenere le forze delle
spinte della copertura tuttavia anche questa soluzione tardo 400tesca nel caso di Vicenza
è inadeguata. Le lesioni si stanno ripresentando anche all’esterno. Allora negli anni di
Trissimo e del giovane Andrea si sono presentati, richiesti e chiamati più volte da altri luoghi,
tutta una serie di architetti che hanno dato il loro parere sul come riparare la basilica. È
arrivato Sansovino; un parere è stato richiesto a Sebastiano Serlio, a Giulio Romano che vi
si è recato appositamente. I grandi architetti si sono mobilitati tutti per dare una soluzione a
questo edificio malato. Nel 1549 un ancora poco conosciuto se non in quei circoli snob filo-
romanisti che ci sono a Vicenza, uno sconosciuto Andrea palladio si presenta invece con la
sua soluzione che è interessante anche come comportamento esattamente come
Michelangelo ha realizzato per Palazzo Farnese un frammento in scala 1 a 1 del cornicione
anche Andrea Palladio presenta una frammento in scala 1 a 1 in legno del doppio ordine
loggiato che vuole fare. Lo pone in opera e mentre a Palazzo Farnese l’importante era che
ad essere contento fosse il papa Paolo III Farnese in questo caso ad essere contenta è la
cittadinanza. Porta questo enorme pezzo di legno, glielo addossa e dice “facciamolo così”.
Si tratta di un meccanismo propagandistico che serve a recuperare finanziamenti e a
risvegliare l’orgoglio cittadino e avere consensi. Il progetto viene approvato dal sindaco della
città che si chiama Girolamo Chiericati. Comincia l’opera che durerà un secolo e andrà ben
oltre la morte di palladio ma che ha un interesse progettuale non indifferente, assimilabile
alle cose che abbiamo visto in Giulio Romano perché il meccanismo consiste in una
asimmetria nel fatto che fosse un trapezio e delle strade interne. Lui costruisce per prima
cosa il sistema in corrispondenza delle strade urbane. La serliana inquadra perfettamente.
Dopo di che continua il sistema che è flessibile. Basta stringere e allargare la parte trabeata
e tenere costante la parte arcuata. Quindi con alcuni movimenti di svariati centimetri
all’angolo per esempio l’interasse è molto più stretto e raccorda in modo che sembra che
sia tutto armonico ma in realtà questo meccanismo è come se fosse un vestito di sartoria
che è cucito in base al corpo che c’è dietro. Sembra cioè che abbia compreso perfettamente
quali sono le capacità di adattamento di questo linguaggio come le aveva già utilizzate in
modo spregiudicato sia nel Duomo che nella
San Benedetto in Polirone, Giulio Romano.
Quando molti anni dopo 1570 pubblicherà i suoi
progetti farà dei progetti astratti. Questo
progetto verrà rappresentato come un
rettangolo perfetto. Era inutile raccontare le
difformità e le eccezioni che c’erano a Vicenza
perché lui sta cercando di costruire un metodo
quindi se c’è qualcuno da qualche altra parte
del mondo deve riuscire ad adattarlo alle
contingenze sue personali e non quelle di Vicenza. Sostanzialmente propone dei disegni
astratti. Nello stesso anno in cui riesce ad ottenere questo incarico prestigioso che già gli
vale grande eco propagandistica del suo nome, il sindaco Girolamo Chiericati gli offre la
possibilità di progettare la sua residenza, Palazzo Chiericati. Una residenza che ha una
facciata assolutamente anomala per un palazzo. Non fosse altro che Palladio in questo caso
si trova a dover realizzare un prospetto che dà su un fiume e su uno slargo, una grande
piazza su cui avviene il mercato. L’edificio in realtà ha una conformazione a C, poi stretta e
lunga con un cortile molto ridotto. Una facciata quasi completamente loggiato ed è riuscito
quasi convincere il sindaco a fare una sorta di compensazione perché un tratto nell’angolo
occupa del suolo in più e nonostante fosse il sindaco la questione non era così semplice.
Deve rispondere anche lui ai regolamenti urbani. Occupa suolo pubblico ma lo regolarizza
e compensa offrendo a chi veniva nella piazza per il mercato anche un portico che diventa
uno spazio pubblico per le giornate di pioggia. L’edificio ha un piano
terra interamente trasparente con un portico, un piano superiore con
delle logge alle estremità e infine un salone che occupa la parte
centrale. Dal lato si diparte il corso che arriva fino all’uscita della città.
Palladio monta gli ordini architettonici in maniera estremamente
raffinata. Non c’è una banale idea del mondo romano da copiare c’è
anche nell’uomo più classicista del 500 in Italia un idea di riuscire ad
organizzare delle forme attraverso delle compenetrazioni
assolutamente anomale. Le due colonne si incastrano una dentro
l’altra. Un leggero risalto separa la parte del salone rispetto alle logge
laterali. Tutto calibrato con piccolissimi movimenti. A Vicenza palladio
avrà tutta una serie di altre occasioni progettuali, progetti grandiosi
che non vengono mai portati fino a conclusione. Lavora in una città
medievale dove acquistare le aree e demolire centramene comporta
una grande dispesa. Palazzo Thiene è un caso unico. Un palazzo
quadrato con un intero solaio. I palazzi invece si appoggiano a delle
cortine. Lui progetta solo edifici che vengono realizzati per la parte
iniziale, solitamente il prospetto, mentre alle spalle c’è molto poco
come a Palazzo Valmarana, rispetto al disegno che lui ha prodotto. Questi signori aspirano
a che l’architettura sia un bene comune e piuttosto che progettarsi la residenza sfarzosa e
grandiosa che non vede nessuno vogliono che l’intera città ne goda. Partono sempre quindi
dalla faccia, si costruisce a partire dalla facciata e si costruisce comparti verticali. Per
Palazzo Valmarana usa un origine gigante che occupa tutti e due i piani più mezzanino
arrivando al cornicione; mentre c’è un ordine sottomesso che incornicia la finestra del
mezzanino e del piano terra e regge la trabeazione che passa sotto l’ordine gigante. C’è
questa griglia comporta dall’ordine giganti e sotto si vede la trabeazione che è sorretta
dall’ordine sottomesso. In modo raffinato Palladio evita di mettere a conclusione del disegno
una parasta gigante. Lascia invece quella bassa e ci mette in alto una statua al di sopra
della parasta perché in questo modo l’architettura dialoga con la
superficie continua dei palazzi che ci sono accanto. Non è quindi
un discorso separato ma fa parte di un discorso urbano quindi
fronte stradale. Vedremo come questa soluzione dell’ordine
gigante e quello sottomesso arrivi contemporaneamente nelle
mani di un grande architetto contemporaneo, Michelangelo, a
quanto pare attraverso canali he sono assolutamente autonomi.
È come dire che con gli stessi ingredienti si può arrivare a risultati
simili. “È come dire che se hai pomodoro e mozzarella puoi fare
la focaccia o puoi fare la pizza “cit. Marco Rosario Nobile, 2019.
Gli ingredienti di base sono comunque quelli anche se sembra
non ci sia stata alcuna relazione tra i due. Altri edifici della attività più tarda: Palazzo Porto
Breganze si costruisce per comparti verticale che dovevano essere con cinque campate di
cui se ne costruiscono solo due. Ordine gigante con semicolonne e balconcini al centro. Ma
questo sistema così frammentario nel disegno addirittura palladio prevedeva un cortile con
una esedra semicircolare avrà una eco fortissima nelle generazioni successive. Palladio
sarà l’architetto più copiato anche nei semplici frammenti: im un palazzo a Praga questo
sistema viene replicato per 32, a partire da un frammento si può immaginare una soluzione
dell’architettura per un paramento gigantesco. Lo stesso vale per la Loggia del Capitaniato
che ha più o meno lo stesso tipo di … che abbiamo visto a Sansovino per la Zecca con un
sistema di blocco parallelepipedo con delle mensole che fuoriesce, ordine gigante doveva
essere completato a altre due campate per chiudere il fronte dell’isolato ma ci si limita a
farne solo tre. Sul lato c’è un tipo di decorazione ispirato alla battaglia di Lepanto del 1571
e sarà una delle ultime opere del palladio e che forse gli è stata un po’ imposta. Sembra un
po’ fuori dalle vocazioni nazionali molto molto prove di
ridondanza decorativa. Ma questo è l’edificio che
manifesta di fronte alla basilica il potere di Venezia su
Vicenza. Questo è il Capitano di Venezia che risiede in
questo posto e mostra che quella è una città suddita.
Sempre nella sua tarda attività realizza anche il Teatro
Olimpico al lato del palazzo Chiericati sull’altro alto
della strada con una conformazione di teatro all’antica
semi-ellissoidale ma quello che conta è la scenografia
del parco dove viene utilizzata una grandiosa
soluzione all’antica a più ordini con statue in posizione
eroica, tutto fatto in legno, tutto estremamente
raffinato. Ci sono prospettive con dei palazzi che servono completare la scene che ha una
qualità scenografica entusiasmante ma che alla fine impedisce che funzioni il teatro. Attori,
raccontano che è talmente bello che il pubblico si
distrae e l’attore se ne accorge ed è portato ad
alzare la voce (è come quando mi accorgo che voi
dormite e allora devo cambiare tono di voce).
Villa Capra, la Rotonda: in realtà non sappiamo a
cosa aspirasse Palladio, forse a costruire il suo
tempietto è perché è tutt’altro che una villa
funzionante in quanto ci sono quattro stanze grandi
e larghe, quattro piccole e un salone circolare al centro coperto con cupola e quattro fronti
tutti uguali, un po’ un eccesso se vogliamo senza una capacità di sposarsi col paesaggio.
Un esercizio intellettuale, una sorta di grande tempio civile.
La cosa interessante è che quando la disegna nel trattato
scrive che è un palazzo e non una villa e pone una
giustificazione un po’ delirante ovvero il fatto che sia molto
vicino all città. Però la cosa interessante è che fa un passo
in più rispetto ad Giuliano da Sangallo nella villa medici
perché lì per la prima volta era stato messo il frontone di
un tempio e una cupola qui è un edificio perfetto perché
dove girandovi intorno ha la stessa conformazione in ogni
Villa Pojana
lato. Avrà un successo grandissimo. Altre ville manifestano
caratteri completamente diversi. Villa Pojana a Pojana
Maggiore dove ci sono dei fori come un antico telefono e che
ricordano i sistemi di bramante per Santa Maria della Grazie.
È come se recuperasse alcune soluzioni astratte del 400 e le
riformulasse in facciate che non hanno nemmeno ordine
architettonico ma semplicemente una proporzione molto
armonica tra le parti e delle fasce. A parte la cornice sembra
che non ci sia niente di classicista poi addirittura il timpano
Villa Cornaro
sovrasta un sistema colonnare a due altezze come nel
caso di Villa Cornaro a Piombino Dese che ha due
fronti abbastanza simili, e stanze e disimpegno con
doppia altezza al centro. Anche il modo in cui
organizza gli spazi interni è estremamente raffinato.
Villa Barbaro Maser dove compaiono le Barchesse,
molte di queste ville sono di grandi proprietari terrieri.
In questo caso si trova male perché si trova a lavorare
con i Barbaro, sono conti particolari del patriarca di Villa Barbaro
Aquileia che è un accanito vitruviano. Egli ha pubblicato un trattato dedicato a Vitruvio e ha
chiesto a Palladio di fare le immagini. In questo caso però gli affiancano tutta una serie di
artigiani che Palladio non riesce a dominare. Lui aveva la sua squadra di artigiani, stuccatori
e pittori che porta con se e che quando comincia un incarico fa i disegni e sa di essere in
buone mani perché lascia il cantiere a mani che lo completeranno secondo le sue direttive
anche in sua assenza. In questo caso invece si portano grandi artisti come il Veronesi, con
cui Palladio ha difficoltà enormi. Una residenza centrale e poi ai lati dei magazzini, quelli
che vengono chiamate Barchesse dove vi sono rimesse, cantine, magazzini per le attività
cerealicola.
Villa Fosca, detta la Malcontenta, fra Padova e Venezia, sul Brenta con la manifesta doppia
altezza della parte centrale con disimpegno si vede questa finestra tripartita e sotto la
finestra termale. Spazio gigantesco al centro e poi i
saloni e le stanze ai lati. Vi sono grandi camini e la
facciata è imitante un tempio nel prospetto principale.
Bisogna immaginare che la atmosfera brumosa della
Pianura Padana penetra in mezzo ai filari di pioppi e i
corsi d’acqua con la nebbia queste architettura
diventano come apparizioni, oggetti discreti che si
presentano nel paesaggio e lo qualificano. Quello che
sarebbe solo un paesaggio desertico fatto di alberi e
corsi d’acqua invece presenta queste presenze inquietanti che in qualche modo lo rendono
ancora più affascinante. È un questo fattore di reazione emotiva che certamente ha
condizionato tutta una serie di architetti viaggiatori del 600 e del primo 700 che li ha portati
a innamorarsi di palladio. Già poco dopo la sua morte, Inigo Jones o i grandi maestri
olandesi del 600 che viaggiano e vedono le architetture di Palladio sono portati a copiarne
le forme nelle loro lande, Inghilterra, Danimarca, Paesi Bassi. Palladio avrà un successo
enorme. Cosa che stranamente non ha in vita perhcè al di fuori della sua stretta cerchia di
committenti vicentini non gli fanno fare nulla. Per esempio lui non riesce mai a penetrare a
Venezia se non dopo la morte di Sansovino che gli impediva e gli chiudeva le porte. Quando
nel 1570 quando arriva ad elaborare i quattro libri mettendo su carta quale è la sua idea
degli ordini architettonici che è molto diversa rispetto a quella di Serlio o anche quella di
Bramante. Fa il punto di ciò che ha imparato durante tutta la sua vita mettendo insieme le
immagini delle proprie architetture. È quindi anche un libro
autobiografico, non come Serlio che mette solo opere fatte
da altri o architetture all’antica qui troviamo anche un
Palladio che racconta tutta la sua vicenda architettonica. Un
po’ un suo curriculum progettuale. È un momento un po’
triste della sua vita in quanto i suoi figli maschi sono morti
però ha finalmente forse l’occasione di cimentarsi in un
campo dell’architettura che fino a quel momento gli era
stato precluso, che è l’architettura religiosa. Non ha fatto Chiesa di San Giorgio, Venezia
nulla come architetto religioso se non qualche piccola
Cappella come quella per il Barbaro nella sua villa. E dopo
Sansovino sembra si schiudano le porte per la sua
possibilità di accedere a Venezia. Ci sono dei protettori che
sono soprattutto anziani. Palladio era un uomo, diremmo
oggi, di destra che segue il filone degli anziani che sono
filo-vaticano che sono i suoi protettori. Nel Convento della
Carità riesce a completare un’opera interessante, con una
grande scala ovale con un sistema nordico quindi con le
lastre inserite nel muro perimetrale. E poi riesce ad avere Chiesa del Redentore, Venezia
l’incarico per due grandi cantieri religiose: La chiesa di San
Giorgio prospicente il bacino di San Marco quindi di fronte la piazzetta e la Chiesa del
Redentore che è dall’altro lato di fronte alla Giudecca. Nella chiesa di San Giorgio Maggiore,
che è un convento in realtà di monaci benedettini, sperimenta un tipo di facciata che
sostanzialmente è l’intersezione di due frontoni di tempio uno centrale alto e un altro che
sta alle spalle. L’idea è quella che se togliamo il corpo del primo tempio del primo piano e
alziamo idealmente il timpano di quello che c’è dietro sarebbe troppo alto quindi sta
giocando con questo meccanismo che sembra l’accostamento di due timpani ma in realtà
questi spicchi triangolari gli servono semplicemente come raccordo tra la navata laterale e
quella centrale. Linterno è articolato ancora da semicolonne e dal tema ad arcate su binati
di paraste. Si notano il fregio pulvinato “a forma di cuscino” sopra i capitelli, una sua
invenzione. L’idea che il fregio non dovesse essere piatto ma una forma convessa è un’idea
palladiana. Molto raffinato anche il raccordo tra la navata centrale e transetto con un pilastro
segmentato accostato a due semicolonne. Una chiesa insomma che ha una perfezione
geometrica quasi greca. Con l’ausilio della pietra bianca d’Istia è un’opera che sembra priva
di tempo, universale. Dopo il 1576 in cui c’è un incendio nel palazzo ducale che sembrerà
distruggerlo completamente anche se poi verrà
ricostruito, e palladio pare avere una occasione
per presentare un progetto per il Palazzo Ducale.
Nello stesso anno c’è il concorso per il Grande
ponte di rialto e c’è una terribile pestilenza. Tutto
nello stesso anno. La pestilenza passa senza che
vi siano troppi morti e allora si pensa di dedicare
una chiesa votiva sull’altro lato della cima della
Giudecca, che è la chiesa del Redentore. Palladio
pensa inizialmente ad un progetto a pianta
centrica e lui steso scrive che i templi quelli perfetti che alludono all’eternità devono essere
circolari o geometrie che ricordano la circolarità ma le cose stanno cambiando radicalmente.
Palladio è uno degli ultimi a dire queste cose. Sull’altro lato un grande personaggio come
San Carlo Borromeo che sta pubblicando le “istrutiones” su come costruire la diocesi di
Milano, sant’uomo ascoltato da tutti dirà che le chiese centriche sono pagane e non sono
solo pagane perché alludono al mondo antico nelle forme e nelle proporzioni ma perhcè non
funzionano dal punto di vista liturgico. Col Concilio di Trento si sta cambiando il modo di dire
la messa che diventa una messa in cui la partecipazione del pubblico rispetto al sacerdote
è essenziale. In questa vicenda si scontrano due mondi, quello platonico fatto di idee
metafisiche con intellettuali e architetti che hanno sognato l’antichità e dall’altro lato la
concorrenza terrena di chi officia la messa che ha un senso non esclusivamente allusivo
all’eternità ma abbia un peso politico forte e il progetto diventa un progetto a pianta
longitudinale. La facciata ha un meccanismo con i due timpani incastrati uno dentro l’altro
mentre l’interno articolato con semicolonne e un coro trasparente con colonne che lasciano
intravedere l’aldilà di questo filtro
viene organizzato con campate
coordinate da semicolonne.
Campate che disegnano ancora
una travata ritmica (con un
sistema A-B-A-B). Se il progetto
per il Palazzo Ducale aveva
qualcosa di concreto
assolutamente fantastico e
impossibile da realizzare è il progetto che palladio presenta per il concorso di Rialto. L’antico
ponte andava ricostruito. Palladio presenta un progetto a tre fornici come un ponte antico
romano sopraelevato con delle scalinate ai lati ma addirittura deve essere completato da
due grandi piazze alle estremità. Queste ultime avrebbero determinato la demolizione di un
intero quartiere appena costruito con edifici modernissimi quidni è come se avesse giocato
per perdere ma è come se avesse lasciato una testimonianza di Venezia e di come Venezia
doveva davvero diventare una nuova Roma attraverso i suoi disegni. Certamente, nel 76 a
quatto anni dalla morte (morirà nell’80) sapeva benissimo che non avrebbe avuto il tempo
di seguire la costruzione e né il piacere di avere l’incarico. A rialto arriverà un validissimo
capomastro che sa i fatto suo, sa realizzare un ponte che poi sarà quello che tutti noi
conosciamo e apprezziamo. In un dipinto di Canaletto di una Venezia inventata si montano
intorno al Canal Grande le grandi architetture di Palladio, la Basilica, il Palazzo Chiericati e
il progetto mai realizzato del ponte. Una sorta di omaggio postumo, 150 anni dopo, al
personaggio che ha dato più carattere all’architettura veneziana. Un carattere talmente
ingombrante e forte che a Venezia non arriverà neanche l’ombra del barocco, intenti a
seguire imperterriti l’ombra di Palladio.

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