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CHOPINIANA

Il documento parla di Chopin e della sua concezione unica del pianoforte e della musica. In particolare, analizza i suoi Notturni, considerati capolavori della poesia romantica per pianoforte. Il documento descrive come Chopin prese spunto da John Field ma sviluppò una propria visione originale dei Notturni, con sezioni contrastanti e uno stile più maturo ed emotivo.
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CHOPINIANA

Il documento parla di Chopin e della sua concezione unica del pianoforte e della musica. In particolare, analizza i suoi Notturni, considerati capolavori della poesia romantica per pianoforte. Il documento descrive come Chopin prese spunto da John Field ma sviluppò una propria visione originale dei Notturni, con sezioni contrastanti e uno stile più maturo ed emotivo.
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FONDAZIONE MILANO

DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN

PIANOFORTE

CHOPINIANA

Docente referente:

Prof. SILVA COSTANZO

Candidata:

ELIEL KIRA MAMERUD

21541

ANNO ACCADEMICO 2022/2023

1
Quando il mi bemolle fece il suo ingresso nel salone, il do e il sol lo consideravano
una terza persona. “ È una dominante,” pensava il la bemolle, mentre il mi naturale
esclama “è la mia sensibile”.1

1
Anonimo

2
Indice

Introduzione ………………………………………………………………………………… 4

Chopin e la tastiera ………………………………………………………………………... 5

Notturni ……………………………………………………………………………………… 6

Sonata n.2 Op. 35 in Si bemolle minore

1. Di come Robert Schumann parlò della mia Sonata ...………………………………. 9

2. Nel 1843 Chopin (ecc) ..….………..……...………………………………………….. 12

Rondò ……………………………………………………………………………………… 17

Bibliografia ………………………………………………………………………………… 20

Ai miei Cari …. ……………………………………………………………………………. 21

3
Introduzione

E in una notte un poeta guarda le stelle. Gli viene una melodia in mente: una
melodia semplice, umana, un respiro, un tratto di vita. Il poeta torna a casa e si mette
a scrivere. La sua personalità, le sue gioie di vita, le sue paure, i suoi pensieri più
profondi, la sua intimità più nascosta, vengono fuori e prendono luce. Si sfoga con il
pianoforte, il suo strumento, l'unica cosa sulla faccia di questo mondo che lo può
capire a pieno, che ricambia il suo amore. Piccole melodie che in verità non
raccontano una vera e propria storia con personaggi, ma la storia dei sentimenti; la
melodia che capisce, quella che ti incanta, ti cattura e non ti lascia andare, ti prende
e ti porta per un breve momento in un altro mondo. Dove tu capisci e sei capito.
Quella punta di sublime, la possibilità che consente a chiunque di sentire e farsi il
proprio viaggio nel Paese delle meraviglie.

Ognuno ha una storia di vita che quando ti fermi ad ascoltarla rimani con la bocca
aperta.
Il mio percorso con il pianoforte non è stato semplice: la mia vita, nonostante le mie
gioie e le mie fortune, è stata molto caotica. È strano, ma d'altronde, come succede
a tutti noi, anche io ho vissuto dei momenti straordinariamente difficili.
Il pianoforte è stato il pilastro principale nel percorso della mia vita: non potrei
immaginarmi senza.
Eppure c'è stato un momento in cui ho dubitato delle mie scelte: volevo smettere,
non ce la facevo più. E tutto per il semplice fatto che per un periodo di ben cinque
anni non l’ho più suonato. Sempre troppo impegnata. Stavo per abbandonare.
Ma è stata proprio la musica di Chopin che mi ha salvata dalla brutta fine di una vita
senza il pianoforte. La sua musica da sempre mi ha toccato il cuore, e tre anni fa mi
ha aiutata a ritrovare me stessa. Quando ascolto la sua musica mi sento vulnerabile,
una parte del mio cuore si scioglie. Diventa un mare caotico di emozioni. Amore,
paura, dolcezza, tristezza. Emozioni tanto forti da non essere esprimibili a parole.
Questo lavoro tratta la sua concezione di fare musica, le sue forme compositive e il
rapporto con il pianoforte; come lui viveva in un mondo completamente diverso dagli
altri e in cosa questo si distingue maggiormente. Attraverso l'analisi compositiva si
arriva a quella emotiva e ad una comprensione maggiore del carattere e l'intento di
Fryderyk Chopin.

4
Chopin e la tastiera

Chopin fu iniziato al pianoforte da Wojciech Zywny, violinista di formazione, e alla


composizione da Josef Elsner, Direttore della Scuola Superiore di Musica di
Varsavia. Potremmo dunque definirlo, pianisticamente parlando un autodidatta; non
faceva parte di nessuna scuola, non sosteneva nessun dogma.
Mentre i suoi contemporanei, i gladiatori della tastiera, stavano combattendo
nell'arena aperta della sala da concerto, Chopin assediava silenziosamente lo
strumento, creando una serie di composizioni che hanno aperto nuovi orizzonti,
assolutamente tipici del pianoforte e che da allora hanno dominato il repertorio.
L'approccio di Chopin verso la tastiera era insolito, a partire dall'uso del pollice sui
tasti neri, utilizzandolo anche per due note contemporaneamente al contrario del
pensiero conservativo della tecnica pianistica dell’epoca. Per assicurare un buon
legato, spesso, utilizzava le dita più lunghe sorpassando quelle più corte senza
l'utilizzo del pollice. Prediligeva un appoggio più piatto delle dita per un suono più
cantato, e utilizzava la tecnica organistica del cambiare dito su un tasto già
schiacciato per mantenere la linea del canto. Preferiva avere il sedile più basso: lo
trovava più comodo rispetto a quello alto che utilizzavano gli altri virtuosi, a cui
pareva di avere un controllo migliore dall'alto. Ma soprattutto è noto il suo speciale
utilizzo del pedale: infatti usava lunghi pedali che continuavano a vibrare per creare
atmosfere e risonanze quasi magiche. Una tecnica così originale e fuori dalle
convenzioni non avrebbe mai avuto modo di svilupparsi se lui fosse andato al
conservatorio e avesse avuto l'educazione musicale “tradizionale”. Era contro il
concetto dell’equivalenza delle dita proposta da Czerny: infatti secondo Chopin ogni
dito ha un suo carattere particolare che andrebbe sfruttato e non equalizzato - per
esempio il terzo dito che aveva la capacità di cantare -. Accettò il fatto che il terzo e il
quarto dito fossero gemelli dalla nascita e a differenza degli altri non tentava di
separarli. Purtroppo la tradizione di Chopin morì assieme a lui. Nonostante abbia
avuto tanti allievi, purtroppo i pochi bravi sono morti giovani.

5
Notturni

I Notturni, dove Chopin ha posto la sua più luminosa genialità, sono rimasti fino a
oggi modelli di eleganza e di malinconia romantica senza affettazioni e sono più
eloquenti delle più significative pagine della sua vita; autentici poemi della notte,
ora calmi come l’argenteo chiarore della luna, (...) ora offuscati dalle nubi che
oscurano l’orizzonte ed il cuore del poeta; ora anche solcati da sanguinosi
episodi, eco di qualche terribile ballata.2

Il notturno rappresenta il momento più poetico, meditativo e quindi più strettamente


evocativo di Chopin. I Notturni ebbero molto successo e furono anche la chiave
della sua fama.
Il padre dei notturni, riconosciuto anche dallo stesso Chopin, è considerato John
Field, un compositore irlandese dell’Ottocento. La sua concezione del notturno
prende spunto dal “bel canto” italiano, presentato dal suo maestro, Clementi. Le sue
opere, generalmente brevi, consistevano in una melodia accompagnata, a volte
addirittura con tre o quattro fasce sonore, accompagnamento semplice e vario,
arpeggi ascendenti e discendenti che poi Chopin utilizzerà e renderà famosi. I
notturni di Field spesso mantengono la stessa caratteristica per l'intero pezzo; poche
sono le volte in cui ci troviamo di fronte a una struttura tripartita dove la parte
centrale ha un carattere oppure una tonalità diversa.
Chopin prese da Field solo l'idea generale del notturno, ovvero il canto allargato e
ornato. A differenza di Field, gli ornamenti di Chopin facevano proprio parte della
melodia, non erano dei semplici abbellimenti, ma avevano un vero e proprio
significato, un ruolo funzionale e importante dentro la melodia. Chopin, a differenza
di Field, ideò la struttura del notturno diviso in sezioni contrastanti fra loro, senza mai
abbandonare lo spirito polacco, il “senso poetico di una nazione”.
Ovviamente ci sono stati anche lati più oscuri: gli esecutori che suonavano i notturni
spesso non erano abbastanza preparati a trasmettere la maturità emotiva che questi
brani richiedevano, trasformando queste opere d'arte in semplici belle melodie.
Chopin ne era consapevole ma lo accettava, poiché, sebbene non mancavano
pianisti bravi tecnicamente, questi seguivano lo stile del momento.
Chopin diceva che bisognava far “respirare” una melodia, e insegnava come fare:
"sollevare il polso e lasciarlo ricadere sulla nota cantante con la più grande
scioltezza che si possa immaginare”.
I notturni rispecchiano pienamente l'immagine di Chopin: un poeta romantico,
sognatore, impulsivo che condensava se stesso in quelle piccole opere; erano un
mezzo per Chopin di tirare fuori la sua intimità, la sua personalità, senza il bisogno
della virtuosità tecnica, ma solo la spinta emotiva. Sono il regno del canto, della
2
Tratto da Jan Kleczyński, Interpretare Chopin, ed. viennepierre

6
melodia, del legato, del tocco, la sua concezione di bellezza e di dolcezza, non di
ribellione o di protesta.
Questo aspetto l’aveva capito molto bene Mikhail Fokine che coreografò un balletto
in omaggio a Chopin nel 1909, con musiche orchestrate da Alexander Glazunov:
Chopiniana, che più tardi prenderà il nome di Les Sylphides. Il balletto non segue
una storia, ma una semplice danza nel bosco al chiaro di luna : di un poeta
sognatore circondato da un gruppo di Silfidi. Il balletto è un'espressione dell'anima,
non una mostra di virtuosismo.

I notturni op. 55 sono stati scritti probabilmente nell'estate del 1843 a Nohant e
pubblicati l'anno dopo. Questi sono dedicati ad una sua allieva scozzese, Jane
Wilhelmine Stirling, non la più brillante tra gli allievi, ma sicuramente di un valore
emotivo molto elevato per l’autore.

Il primo notturno op. 55, è in fa minore; non fu molto apprezzato da tanti pianisti.
Si tratta di una continua ripetizione e riproposizione dello stesso tema senza grandi
varietà.
Ma quelli che si annoiano a suonare non hanno colto la vera arte della musica di
Chopin: infatti un passaggio scritto uguale a un altro non va mai eseguito nello
stesso modo. La difficoltà di questo pezzo è proprio questa.
Il notturno inizia con un motivo molto semplice che si ripete una decina di volte. È
necessario dare a ciascuna di queste ripetizioni una nuova espressione, un altro
carattere, poiché si rischierebbe di cadere nella monotonia.
Il secondo tema è più breve e sembra quasi che finalmente inizi a svilupparsi il
pezzo. Ma dopo una flebile speranza torna alla riesposizione, che a sua volta sarà
un po’ più corta dell’esposizione, e aggiunge una piccola variante. La parte centrale
mostra la capacità compositiva di Chopin e prende spunto dal secondo tema,
elaborandolo. La ripresa è cortissima: si tratta di due sole battute che ci portano ad
una lunga e fantastica coda. Un insieme di scale cromatiche discendenti e
ascendenti che creano una "dissolvenza armonica” che accompagnano fino agli
ultimi accordi arpeggiati in fa maggiore.

7
Il secondo notturno op 55, è in mi bemolle maggiore; è considerato uno dei suoi
capolavori in assoluto. La bellissima melodia, assieme al morbido
accompagnamento, tira fuori un perfetto equilibrio e una somiglianza al canto della
voce umana. Il movimento del pezzo è lento ma molto intenso e ampio a livello
sonoro; nel corso dell'opera sono presenti tanti elementi virtuosistici che però non
abbandoneranno mai la purezza e l'onestà del notturno.
Si può notare un raffinato uso dello stile del contrappunto libero: l'esposizione non fa
in tempo a finire che già viene introdotta una terza voce che svanisce praticamente
subito, per poi tornare più avanti e creare un dialogo con la voce superiore della
mano destra. La struttura di questo notturno è semplice ed è unica nel ciclo dei
notturni: si potrebbe schematizzare come un A, A1 e coda; tuttavia la melodia è così
varia e si trasforma così bene che le prime due parti potrebbero essere intese come
un unico tema, a cui segue la coda.
La difficoltà di interpretazione è pari a quella della lettura della sua partitura: ogni
sfumatura armonica, ogni passaggio melodico, il gioco delle tre voci, quello ritmico
della mano destra che deve coincidere perfettamente con le terzine della mano
sinistra, e soprattutto il controllo del pedale, devono essere dettagli estremamente
precisi. L'esecutore dovrà mantenere una concentrazione elevatissima, perché
entrando in questo brano è facile perdersi e viaggiare nel proprio mondo, ma questo
è un lusso che può essere concesso solo al pubblico.

8
(1) Di come Robert Schumann parlò della mia Sonata op. 35
e del granchio che prese.3

Robert Schumann recensisce nella sua rivista la mia sonata in si bemolle minore.

Dare uno sguardo alle prime battute di questa sonata e dubitare di chi sia,
sarebbe poco degno dell'occhio di un buon conoscitore di Chopin. Così comincia,
e così finisce: con dissonanze, attraverso dissonanze, nelle dissonanze. Eppure
quanta bellezza nasconde anche questo pezzo! Si potrebbe definire un capriccio,
se non una tracotanza, l’averla chiamata ‘sonata’, poiché egli ha riunito quattro
delle sue creature più bizzarre, per farle passare di contrabbando sotto questo
nome in luogo in cui altrimenti non sarebbero penetrate.4

Devo dire che non si smentisce mai, Schumann: nessuno scrive come lui. Questa
volta si inventa un organista di campagna che si reca in città per fare delle compere
musicali. Il brav’uomo entra in negozio, scartabella fra le novità del giorno, non ci
capisce una mazza, si spazientisce... Ma finalmente un commesso gli mette in mano
una cosa del buon tempo antico: una sonata. Entusiasta, l'organista dice a se
stesso: “Ecco quello che fa per me”. E acquista il fascicolo senza neppure sbirciare
una nota.

Supponete, per esempio, che un organista di campagna venga in una città


musicale “per farvi delle spese artistiche” - gli si presenta le novità - ma egli non
ne vuol affatto sapere - infine, un commesso destro gli passa una “sonata” -
“ecco, dice entusiasta, questo è per me, ecco un pezzo di buon tempo artistico" -
e la compra, è sua. Giunto a casa si getta sul pezzo - ma, mi sbaglierei di molto,
se egli, ancora prima di aver faticosamente decifrata la prima pagina, non
scongiura tutti i santi spiriti della musica e non dice che non è vero stile di sonata,
ma piuttosto sacrilegio. Invece Chopin ha raggiunto ciò che voleva: la sua sonata
ha preso posto negli scaffali di un organista, e chissà che dopo molti anni non
cresce un nipote più romantico che, scossa la polvere della sonata, non pensi fra
sé suonandola : “Ma non aveva poi mica così torto!”.

E questo secondo Robert sarebbe il mio scopo ; ma che c…!

Con tutto questo, e gia darà anticipatamente una metà del giudizio. Chopin non
scrive affatto quello che si potrebbe avere da altri: egli rimane fedele a se stesso
e ne ha buona ragione. E’ da rimpiangere che la maggior parte dei pianisti,
anche quelli colti, non possano giudicare e considerare un'opera senza che
prima se ne siano impadroniti con le proprie dita. Invece di abbracciare con lo
sguardo pezzi più difficili, si torturano e si rompono la testa ad ogni battuta, e

3
Tratto da Piero Rattalino, Chopin racconta Chopin, ed. Laterza. Si specifica che i commenti di
Chopin sono stati elaborati da me secondo lo stile preso dal libro citato. (Nda)
4
Tratto da Robert Schumann, La musica romantica

9
quando a malapena riescono a mettere in chiaro le più rudi relazioni di forma,
stanchi mettono l’opera da parte e la chairman “bizzarra, confusa” , ecc.
[...] Chopin ha appunto i suoi periodi ingarbugliati e per non perdere la traccia
dello sviluppo non bisogna fermarsi troppo a lungo nelle sue parentesi a una
prima lettura.

Poi Robert esamina da critico il mio pezzo. Da critico vero che, frammento alle lodi,
non manca di tirarmi le orecchie perché scrivo in modo spesso armonicamente
troppo complicato. Appena gli sembra che capiti l'occasione mi molla una botta
mancina, asserendo - e lo dice proprio a me! Che il mio “gusto musicale polacco”
delle mie prime opere va un poco alla volta scomparendo e che, passando dalla
Germania, io sto puntando sull'Italia.

Nella sonata si urta in passi di questo genere quasi ad ogni pagina e la maniera
spesso selvaggia e arbitraria di chopin di scrivere gli accordi rende il
raccapezzarsi ancora più difficile. A lui non piace particolarmente, l’armonizzare ,
se così posso esprimermi, ed ha spesso delle battute e delle tonalità con dieci e
più diesis, tonalità che preferiamo soltanto nei casi più salienti. Spesso ha
ragione, ma spesso confonde anche senza ragione, e, come s'è vuole essere
continuamente corbellato e messo con le spalle al muro. Così la sonata ha
cinque bemolli in chiave, una tonalità che non può certo vantare nessuna
speciale popolarità. [...] Dopo un inizio sufficientemente chopiniano, segue una di
quelle parti tempestose e appassionate che troviamo frequentemente in chopin.
Bisogna udire questo passo più volte e ben suonato . Questa prima parte
dell'opera ci porta anche un bel canto; sembra che l'aria nazionale polacca, quale
si sentiva nella maggior parte delle precedenti melodie chopiniane, scompare a
poco a poco col tempo, e che chopin s'inchini, attraverso la Germania, talvolta
all’Italia.

Robert continua la sua critica e va avanti a dire che la mia melodia avrebbe
addirittura un certo sapore belliniano! Il mio amico Bellini. Grande melodista. Ma che
ha a che fare con me?

Si sa che Bellini e Chopin, essendo amici, spesso si comunicavano le loro


composizioni e che perciò non rimasero senza un reciproco influsso. Come s’e
detto, si nota soltanto una leggera tendenza verso il “mondo meridionale” e al
finire del canto dell'armonia lampeggia nuovamente l'intero Sarmata della sua
ostinata originalità. Dopo la conclusione della prima frase del secondo tempo
osserviamo un intreccio di accordi che Bellini non avrebbe mai osato, né potuto
fare.
L’intero tempo finisce ben poco all’italiana - e a questo proposito mi viene in
mente un bel motto di Liszt, che una volta disse come Rossini e compagni
terminassero sempre con un “Votre très humble serviteur” ; - ben diverso
Chopin, le cui conclusioni esprimono piuttosto il contrario.

10
La seconda parte e la continuazione di questa disposizione d'anima, aradita,
spiritosa, fantastica; il trio dolce, sognante, rispecchia completamente la maniera
di Chopin.

La marcia funebre è per Schumann un “qualcosa di repulsivo” e il finale “non è


musica” .

Segue ancora più cupa una marcia funebre, che ha persino qualcosa di
repulsivo’ al posto suo un adagio in re bemolle, per esempio, avrebbe fatto un
effetto incomparabilmente più bello. Quello che appare nell'ultimo tempo sotto il
nome di finale è simile a un'ironia piuttosto che a una musica qualsiasi. Eppure,
bisogna confessarlo, anche da questa parte senza melodia e senza gioia soffia
uno strano, orribile spirito che annienterebbe con un pesantissimo pugno
qualunque cosa volesse ribellarsi a lui, cosicché ascoltiamo come affascinanti e
senza protestare fino alla fine ma anche pero senza lodare; poiché questa non
è musica.

Il mio finale, le mie quattro pagine in pianissimo con le due mani all'unisono, non è
musica! Che cosa sarà? Sarà la macchina del vento? In teatro la si usa, eccome, la
macchina del vento, e la si usa per fare musica, sia pure imitativa.

Così la sonata finisce come ha cominciato, enigmaticamente, simile a una sfinge


dal l'ironico sorriso.

11
(2) Nel 1839 Chopin, insieme alla sua compagna, la poetessa George Sand, e i due
ragazzi, Maurice e Solange, si trasferisce a Nohant, Palma de Majorca, dove scrisse
tanti dei suoi più preziosi lavori, tra cui la Sonata in Si bemolle minore e i due notturni
dell'opera 55. Si trasferiscono con la buona intenzione di curare la salute di Chopin.
Non passa molto e la situazione di Chopin inizia a peggiorare: la povera Sand, dal
ruolo dell’amante, si ritrova a occupare il ruolo della madre.
Interessante notare che questa sonata è uno dei pochi pezzi scritti senza dedica.
Gira un’ipotesi credibilissima che Chopin abbia nascosto una "dedica in pectore” a
George Sand. Un atto di affetto e grazia verso la compagna del momento, evitando
la sgradevole attenzione del pubblico al gossip. In una lettera che scrive al suo caro
amico Fontana nell'agosto del 1839 disse : "Sto componendo una Sonata in Si
bemolle minore in cui si troverà la Marcia funebre che tu già conosci. C'è un Allegro,
poi uno Scherzo e, dopo la Marcia, un piccolo Finale, non molto lungo, in cui la mano
sinistra chiacchiera all'unisono con la mano destra", utilizzando ogaduja {granchio in
polacco} per descrivere il finale.

Questa Sonata trova la sua unità compositiva nel fatto che sia stata concepita
partendo dalla marcia funebre: questa è nata intorno al 1837, probabilmente come
conseguenza alla delusione amorosa con Maria Wodzinska, inizialmente sua
promessa sposa, prima che il progetto fallisse miseramente.
Attorno a questa marcia sono poi nati gli altri movimenti della Sonata, di cui la marcia
è il terzo. Nei quattro movimenti si trovano quattro diversi aspetti di un'unica
espressione di fondo, di un’espressione sentimentale umana, di un popolo oppresso
- il suo -, tratto costante in tutta l’opera di Chopin.
Questo non solo giustifica appieno l'insistere delle tonalità minori - tutti i movimenti
sono in minore, il che era molto strano per l'epoca - , ma anche la brevità del finale.
Infatti, giunto con la marcia funebre all’apice della sonata, ma anche alla fine del
ciclo, il finale non aveva più l’importanza che avrebbe avuto in una sonata di tipo
classico: ecco perché è stato drasticamente accorciato, limitandosi a dare un'ultima
visione di desolazione, di dissolvimento, di annichilimento, di gelo spirituale, che
chiude in modo tremendo l'intero ciclo.

Il primo movimento, comincia con una brevissima introduzione, molto lenta, come
spesso accade nelle sonate; ha quasi lo scopo di ingannare sulla vera tonalità - può
sembrare in do diesis minore, tanto che buona parte dei revisori ne modificano
enarmonicamente la scrittura - creando un notevole contrasto con le successive
quattro misure dove introduce non solo la vera tonalità ma anche il ritmo del tema,
creando anche l'espressione di angoscia.
L'unica indicazione del tempo che abbiamo è dalle sue lettere a Fontana, suo
Editore, dove scrive che il primo movimento è un allegro; il grave si mantiene solo
per le prime quattro battute, seguito subito dopo dall’indicazione di doppio
movimento, che indica che c'è una relazione ben precisa tra i due.

12
Il primo soggetto, segnato agitato, stabilisce la turbolenza che caratterizza la
maggior parte di questo movimento e fornisce gran parte del materiale su cui si deve
basare lo sviluppo.

Il secondo soggetto viene messo nella relativa maggiore e presenta due temi molto
differenti, il primo dei quali venne molto apprezzato da Schumann.

13
Nello sviluppo, Chopin unisce l'introduzione con il primo tema e con poi un terzo
elemento del tema subordinato. Ci troviamo di fronte a tre idee musicali che messe
insieme creano un tessuto acustico di irresistibile intensità.

Lavorando il suo primo soggetto allo sfinimento, non gli resta che riprendere il
secondo tema nella ripresa. Mentre l'esposizione dura 104 battute, la ripresa ne avrà
solamente 60 escludendo la coda. Nonostante ciò le due parti rimangono in perfetto
equilibrio tra di loro, mostrandoci che l'equilibrio materiale e l'equilibrio musicale
sono due aspetti completamente differenti.
Per la prima volta ci troviamo di fronte all’abbandono del primo soggetto nel primo
movimento di una sonata: questo aspetto avrà il nome di Locus Classicus.

Chopin riprende questa procedura nella Sonata in Si minore op. 58 e nella sonata
per violoncello: un segno esplicito che secondo Chopin poteva costituire
un’innovazione nella storia della musica come nuova forma compositiva.
Passeranno ben 30 anni prima che venga utilizzata nuovamente: fu Tchaikovsky a
riprenderla nella sua 4’ sinfonia, abbandonando il primo soggetto nel primo tempo.

Se abbiamo qualcosa da imparare dall'esempio pionieristico di Chopin è sicuramente


questo: quando il contenuto prevale sulla forma, ci può offrire uno sguardo al futuro;
quando la forma prevale sul contenuto, ci viene offerto solo uno scorcio del passato.

14
Lo scherzo, pezzo brillante dal punto di vista tecnico.

Il movimento più difficile fisicamente della sonata. Solo gli eroi della tastiera sono
capaci di affrontarlo con facilità e tranquillità.
Lo scherzo corre a perdifiato. Utilizzo di eccezionali scale di doppie terze, quarte e
ottave.

Sono presenti dei salti agli estremi della tastiera dove il disastro attende l'incauto
pianista.

15
Il movimento è nella forma convenzionale scherzo-trio-scherzo, con il trio in Sol♭
maggiore. L'esplosiva potenza ritmica e dinamica dello Scherzo, così come la sua
furiosa insistenza su accordi e ottave ripetuti, lo colloca nella tradizione dei
movimenti Scherzo di Beethoven. Tuttavia a differenza di Beethoven, i cui scherzi
sono Minuetti trasformati, questo ha molte caratteristiche ritmiche che lo rendono
invece una mazurka trasformata. Il trio, contrassegnato Più lento, ha una qualità
simile a una canzone con la sua melodia semplice e sensibile. Al ritorno dello
scherzo, segue una coda che è una ripresa condensata del trio e quindi si conclude
in relativa maggiore.

La marcia funebre è un canto grandioso, dai forti caratteri espressivi ottenuti


attraverso la semplicità: il pesante ostinato dei due accordi alternati, il ritmo puntato,
la ripetizione degli stessi elementi con l'aumento della sonorità.
Non c'è nulla di eroico in questa marcia, che esprime più una sconfitta che una
vittoria dell'anima umana.
Tutti i più grandi pianisti ebbero problemi di interpretazione: si ebbero esecuzioni
gloriose, quasi guerresche, o di carattere totalmente opposto,che rifiutavano queste
sonorità.
Questo tema non è un grido di sfida, neppure una preghiera: è un pianto, un canto
disperato che non cerca e non può trovare conforto.

Cercare e trovare il timbro giusto della marcia funebre è la sfida emotiva più grande
di questo pezzo: ciò che distingue un vero artista, poeta, da un semplice pianista,
così scrive Gastone Belotti. Aggiungo che il nostro difficile compito è di trasmettere
emozioni così profonde senza l’utilizzo della parola, trascendendo dal linguaggio
parlato grazie all’immaginazione e alla sua realizzazione attraverso la musica.
Diventata un simbolo di lutto universale, si allontana dallo spazio e dal tempo. La
marcia funebre è il fulcro di questa sonata, è il punto che la definisce. Il resto dei
movimenti ci avvicinano o ci allontanano da questo.

16
Il finale, indicato come presto, è il movimento più bizzarro di questa Sonata.
Riferendosi a questo pezzo, nella lettera che manda a Fontana, Chopin fa
creativamente uso della parola polacca ogaduja, che significa granchio.
Effettivamente il presto consiste in 75 battute dove le due mani unite all'unisono si
spostano lateralmente sulla tastiera, dando l'impressione del movimento di un
granchio. Chopin non lascia nessuna traccia di pedale, e con la notazione di sotto
voce vorrebbe dare l'impressione del nulla. Il fatto che il pedale non venga indicato
non vuole dire che non lo si utilizzi, anzi: mettendolo si formano certe armonie che
richiamano alcune somiglianze con il Grave del primo movimento. Nonostante ciò,
questo pezzi si ribella a qualunque tentativo di analisi tradizionale.

Proprio perché difficile da capire, il movimento diventa una specie di palestra di alta
velocità per pianisti, quasi che l'unico scopo di queste pagine fosse far brillare il
virtuosismo dell'esecutore in una sorta di “super studio”.
La vera natura del brano è molto più profonda: tante volte viene descritto addirittura
come il vento d'inverno che gira tra le tombe. La massima espressione del finale, di
carattere spirituale, è il finire, il raggelare ogni emozione, il disfacimento di ogni
passione. Per questo non ci sono temi e la tonalità rimane ambigua, quasi atonale.
Ci vengono date giusto due indicazioni: il sotto voce dell'inizio e il ff dell’urlo finale,
insieme all'arrivo della tonalità sull'ultimo accordo in si bemolle minore.
Senza grosse e rilevanti indicazioni, Chopin è riuscito a rendere il nulla della morte in
musica, e così si chiude in modo tragico il suo poema.

17
Rondò

Chopin scrisse le sue prime opere giovanili a Varsavia, dove compose anche tutti i
rondò che conosciamo oggi. Questo era un genere molto diffuso in Polonia per il suo
carattere legato alla musica popolare. In questo stile musicale la struttura e le regole
sono molto semplici e facili; per questo motivo, spesso veniva dato tante volte come
un primo lavoro ai compositori. Ovviamente scrivere un bel rondò ha le sue difficoltà:
nonostante la teoria sia facile, il compositore deve riuscire a mantenere l'attenzione
del pubblico.
Il rondò è una danza antica francese, di carattere rapido e di ciclo ternario.
Nella tradizione del rondò appare una sezione principale detta Ritornello: essa si
presenta sempre nella stessa tonalità. Di solito il rondò è costituito da cinque o sette
sezioni - se prendiamo un rondò con solo tre sezioni può essere facilmente
scambiato per un semplice tema bipartito, almeno se non abbiamo il titolo che ci
indica che sia un rondò - con il Ritornello in quelle dispari e il Couplet in quelle pari. I
Couplet sono il tema secondario, possono essere sia uguali che diversi. Nei rondò a
sette sezioni, per esempio, per creare una simmetria e una architettura a specchio
troveremo un Couplet centrale con un tema diverso (ABACABA).

Il rondò in do maggiore per due pianoforti è una delle poche composizioni di


Chopin di musica da camera e soprattutto unica sua opera scritta per due pianoforti.
Nasce da un altro rondò composto per un pianoforte solo, probabilmente una
versione non abbastanza soddisfacente che Chopin ha deciso di far diventare altro.
In una delle sue lettere a Fontana racconta che, durante il suo periodo a Sanniki, ha
riarrangiato il rondò per due pianoforti con la partecipazione di Ernemann da
Buchholtz e ne è rimasto così soddisfatto da non considerare più il Rondò per piano
solo. Nella versione per due pianoforti, con gli esecutori paritetici, tanti motivi che
forse erano secondari nella prima versione possono essere più in rilievo e avere più
importanza. Nonostante ciò, ci risulta che Chopin non ha mai portato in pubblico
quest'opera.
Comincia con un passaggio molto veloce tenuto solamente al primo pianoforte, come
una sorta di introduzione. Il Ritornello inizia solamente alla battuta 25 nella tonalità di
do maggiore, è esposto dal primo pianoforte per poi essere ripreso dal secondo
pianoforte; dura otto misure e ha un carattere molto leggero e solenne. A questo
punto parte un “gioco pianistico” nella quale l’autore esprime il suo virtuosismo
tecnico e musicale, con la terza ripetizione del tema a battuta 57. La prima sezione
del rondò si conclude a battuta 73, dove entra il secondo pianoforte con un nuovo
tema, che sarebbe il primo Couplet, nella relativa minore (la minore), che si ripete tre
volte nel giro del brano.
Una cosa interessante da notare è che nella battuta 103, con il tema principale dei
Couplet, troviamo l'indicazione “semplice senza ornamenti”.

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Lo scopo sarebbe evitare che i musicisti inizino ad aggiungere gli ornamenti. Questo
perché il Couplet era una sorta di invito al musicista di improvvisare.
Questa indicazione la troviamo più avanti nell'opera quando riprende lo stesso
Couplet in tonalità diversa. Subito dopo, parte una sezione virtuosistica che infine ci
riporta al ritornello a battuta 185, nella tonalità d'impianto; essa viene poi riproposta
con una paio di variazioni. Questo episodio è quello più lungo tra i tanti, prende e
modifica, modula e varia. Il secondo Couplet, a misura 261, viene proposto in mi
minore, la dominante del precedente Couplet; come la ripresa del Ritornello, anche il
secondo Couplet è variato e modificato.
L'ultima ripresa del Ritornello, a misura 361, è la più breve e viene proposta come
una specie di gioco tra i due musicisti, dove uno inizia e l'altro completa il tema e
viceversa. Segue una sezione energica indicata “con fuoco e sempre accelerando
sin al fine”, come una grande coda trionfale che chiude come la tradizione e
conclude il pezzo.
Per un'accurata preparazione del rondò è indispensabile avere in mente entrambe le
versioni. Riunendo le due parti in una sola si rivelano quali sono le linee importanti e
di conseguenza ricavare un’esecuzione migliore con due pianoforti.

L'esperienza della musica da camera mi è sempre stata vicina sin da piccola.


Condividere il percorso dello studio e la soddisfazione finale con altri musicisti per
me è una delle cose più belle che esistano. L'energia che scambi con i tuoi partners
accresce l’entusiasmo e la curiosità nella scoperta e nello studio dei più svariati
repertori. Mi reputo molto fortunata per aver conosciuto nel mio percorso tante belle
persone e di aver suonato con tanti di loro.

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Bibliografia

● Andre Gide, Note su Chopin (ed. orig. Notes sur Chopin), Firenze, Passigli
Editore

● Pierro Rattalino, Chopin racconta Chopin, Roma-Bari, Editori Laterza & Figli

● Alan Walker, A life and times Fryderyk Chopin, New York, Editor Picador
Ferrar, Straus and Giroux

● Gastone Belotti, Chopin, Torino, Editore EDT

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Ai miei Cari

Alla mia famiglia, mamma, papà, Yaali, Eldar e Yagel.


Anche se lontani sempre presenti. Non è mai passato un giorno senza
che io vi abbia pensato. Quando per strada passava una violinista,
quando vedevo i ragazzini giocare nei parchi o semplicemente quando
passava un gatto di fianco a me. Ogni momento della mia giornata è
sempre pieno della vostra presenza. Ai miei fantastici genitori.
Siete le persone più coraggiose che abbia mai conosciuto.
La famiglia più divertente del mondo.

A Giampietro, Pietro e Sofia.


Per aver aperto le porte di casa e di avermi accolta nella loro famiglia. Per
avermi adottata e presa sotto la vostra ala protettrice. Mi avete fatto
sentire a casa nonostante non parlassi la vostra lingua.
Ho guadagnato una seconda famiglia.
Persone d’oro alle quali sarò grata per il resto della vita.

A Vittoria.
Per esserti presa cura di me sin dal primo momento sei anni fa, fino al
giorno d'oggi. Per avermi introdotta a tante belle persone nel mondo
dell'arte e in generale. Per le tue sagge parole e per le nostre profonde
conversazioni. Una parte importante del mio cuore.

A Francesa.
La “sorella maggiore" che ho sempre voluto avere. L'ho ritrovata in te. Alla
tua compagnia, ai nostri viaggi di ritorno da Fabiano e alle nostre risate.
Sei una luce costante nella vita di tanti, tra cui anche la mia.

Ai miei amici della Lavasciuga.


Il gruppo migliore che una persona potrebbe avere. I momenti più belli e
magici che ho passato sono sempre stati in vostra presenza.
Ognuno di voi, senza neanche accorgersi, mi ha fatto il regalo più grande
che avrei potuto chiedere: la sua amicizia.
-Porta pazienza-
Questo è solo l'inizio di tante belle e lunghe amicizie. Sono così felice di
avervi intorno a me. Ai nostri ricordi passati e alle nostre future avventure.

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A Simone.
Per avermi dato una spalla su cui piangere quando ne avevo bisogno, per
avermi supportata e ascoltata al mio peggio. Per avermi tirato su il morale
e per avermi fatto sentire una persona più forte. Sei un vero amico e una
parte fondamentale del mio mondo.

A Anna.
La mia migliore amica. Alla persona più buona e generosa che esista. La
nostra amicizia farebbe ridere chiunque… Siamo due sceme che girano
liberamente per le strade di Milano, camminando, creando baldoria e
spargendo felicità a chi ci circonda. Per essermi stata sempre a fianco,
per non avermi mai abbandonata, per avermi aiutata anche quando eri
immersa dai tuoi studi. Per aver sempre trovato tempo e forze per me. Sei
una certezza. Ti meriti il meglio che questo mondo ha da offrire. Sarò
sempre al tuo fianco. Ti voglio bene.

A Silva, Grazie.
Cosa potrei dirti oltre a questa semplice parola.
Di avermi notata, di avermi presa e cresciuta come se fossi tua figlia.
Di aver visto la mia passione e di avermi aiutata a farla venire fuori.
Sarò per sempre grata a te.
Alla persona che mi ha riportata nel mondo della musica. Alla persona che
ha creduto in me più di quanto io abbia creduto in me stessa.
Per la tua disponibilità e per la tua gentilezza. La tua voglia di fare.
Guardandoti non rimane nulla da fare se non ammirarti.
Riesci ad entrare e lasciare il tue segno nei cuori di tutte le persone che
incontri per la tua strada.
Tu che lotti sempre per noi, che subisci e rischi tutto per i tuoi allievi.
Sei un modello di ruolo, sei superiore, sei speciale.
Il segno lo hai lasciato anche sul mio cuore.

Grazie

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