Tesi Definitiva

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UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE

Facolta’ di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in:


INFERMIERISTICA

Tesi di Laurea:

Nursing transculturale:
ruolo dell’infermiere nella presa in carico dei bisogni della persona
immigrata

Relatore: Candidato:
Prof.ssa Silvia Giacomelli Cecilia Leone

Anno Accademico 2018-2019


Alla mia famiglia,
Dove la vita inizia
e l’amore non finisce mai
INDICE
INTRODUZIONE ..................................................................................................................... 1
CAPITOLO 1: L’INFERMIERISTICA TRANSCULTRALE............................................. 3
1.1 LE DEFINIZIONI E GLI ASPETTI GENERALI........................................................ 4
1.2 LA STORIA DEL NURSING TRANSCULTURALE ................................................ 7
1.2.1 Le teorie post-coloniali.......................................................................................... 7
1.2.2 Madeleine Leininger e il nursing transculturale ................................................... 8
1.3 IL METODO DI RICERCA DELL’INFERMIERISTICA TRANSCULTURALE .... 9
1.4 IL MODELLO TEORICO DELL’INFERMIERISTICA TRANSCULTURALE ..... 12
CAPITOLO 2: IMMIGRAZIONE E SALUTE ................................................................... 15
2.1 I FLUSSI MIGRATORI NEL CONTESTO ITALIANO ............................................... 16
2.1.1L’immigrazione nelle Marche ................................................................................... 18
2.2 LO STATO DI SALUTE DEI MIGRANTI IN ITALIA ................................................ 21
2.3 LO STATO DI SALUTE DEI MIGRANTI .................................................................... 22
2.4 L’ACCESSO ALLE CURE CITTADINI EXTRACOMUNITARI ............................... 26
2.5 LE DIFFICOLTA’ DI ACCESSO ALLE CURE DELLA POPOLAZIONE
IMMIGRATA........................................................................................................................ 30
CAPITOLO 3: L’APPROCCIO TRANSCULTURALE DEGLI INFERMIERI.
INDAGINE CONOSCITIVA ................................................................................................. 32
3.1 BACKGROUND ............................................................................................................. 32
3.2 MATERIALI E METODI ............................................................................................... 33
3.3 RISULTATI .................................................................................................................... 33
3.4 ANALISI CRITICA DEI RISULTATI ........................................................................... 46
CONCLUSIONI ...................................................................................................................... 49
ALLEGATI .............................................................................................................................. 51
ACRONIMI .............................................................................................................................. 55
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................... 56
SITOGRAFIA .......................................................................................................................... 58
RINGRAZIAMENTI .............................................................................................................. 60

INTRODUZIONE

1
Oggi più che mai gli infermieri e gli altri professionisti della salute incontrano e offrono
assistenza a persone provenienti da ogni parte del mondo; pensare e agire in una prospettiva
mondiale è la sfida lanciata dal terzo millennio.1 L’infermiere presta assistenza secondo principi
di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle
condizioni sociali della persona.2
Mai come negli ultimi anni l’immigrazione, che ha costituito per anni un terreno per costruire
consensi elettorali, è stata così manipolata per legittimare, in Italia e nei confronti dell’Unione
Europea, la detenzione e la conservazione non più solo di identità sociali e politiche ma anche
di un conquistato potere decisionale.3
Questo elaborato si pone come obiettivo quello di esplorare il punto di vista e le conoscenze dei
professionisti sanitari, in particolare degli infermieri, rispetto al nuovo scenario multiculturale
che caratterizzeranno sempre di più le future modalità assistenziali, che riguardano non solo gli
immigrati, ma tutte le fragilità della nostra società.
Partendo dalla teoria del nursing transculturale di Madeleine Leininger e gli aspetti che la
definiscono: come ilconcetto di cultura e di come essa si interfaccia con la salute e la malattia
dell’assistito, si esplorano, le differenze tra conoscenza emica, quindi interna alla cultura e
difficile da individuare per persone estranee, ed etica che rappresenta invece l’osservazione
esterna della cultura, visibile a tutti. L’assistenza culturalmente congruente rappresenta il fine
ultimo della teoria, quello a cui tutti gli operatori dovrebbero ambire. Il metodo di ricerca
utilizzato dall’autrice, ovvero il metodo di ricerca etnoinfermieristico, che ha l’obiettivo di
analizzare le altre culture, soprattutto gli aspetti emici, per poter offrire un’assistenza migliore
pone l’attenzione sulle differenze e le somiglianze comparative dell’assistenza umana (prendersi
cura) tra le convinzioni, i valori e le pratiche di individui o gruppi di culture simili o diverse.
È necessario conoscere i dati sociodemografici dell’immigrazione nello stato italiano, per poi
poterne farne un approfondimento sulle reali presenze e distribuzione dei migranti sul territorio
italiano e della nostra Regione, per conoscere i flussi e l’entità del fenomeno verso cui porre
risposte assistenziali efficaci per poter far accedere i migranti al sistema sanitario in modo

1
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)
2
Santo S., L’infermieristica transculturale in una società dai mille volti,(Pubblicato 2016 Aggiornato
2019)“Nurse24.it”
3
Albani M. et al., Dossier statistico immigrazione, Roma, IDOS Edizioni, (2018),p.478

2
strutturato. Analizzare i bisogni di salute dei migranti, è necessario per comprendere l’incidenza
delle patologie a cui gli immigrati sono più esposti, le patologie infettive, (tra queste, la
tubercolosi, HIV) oppure malattie prevenibili con i vaccini o l’incidenza delle patologie non
trasmissibili come quelle su base ischemica (ictus o infarto miocardico acuto) ed anche diabete
di tipo 2, neoplasie e le malattie legate alla salute mentale.
È altresì necessario indagare le conoscenze del personale infermieristico rispetto al nursing
transculturale e la relazione con il paziente straniero, al fine di promuovere il ruolo relazionale
dell’assistenza: comunicare, cooperare, nell’ottica di condivisione di valori legati alla persona.
Sviluppare un sapore scientifico umanistico rende il professionista infermiere capace di
realizzare pratiche assistenziali specifiche per ogni cultura, ribadendo la missione universalistica
dell’assistenza infermieristica.

CAPITOLO 1: L’INFERMIERISTICA TRANSCULTRALE

3
Da sempre gli infermieri hanno prestato assistenza a persone provenienti da diverse parti del
mondo, ma la globalizzazione ed i flussi migratori degli ultimi decenni stanno rendendo
necessaria una formazione più specializzata.

1.1 LE DEFINIZIONI E GLI ASPETTI GENERALI


“L’ infermieristica transculturale è stata definita come un’area formale di studio e di esercizio
professionale che pone il proprio interesse principale sul confronto delle differenze e delle
affinità esistenti tra le credenze, i valori e gli stili di vita delle culture nell’ambito dell’assistenza
agli esseri umani al fine di offrire un’assistenza sanitaria culturalmente congruente, utile e
valida” 4
Per comprendere questa definizione è utile concentrarsi sui concetti rilevanti che la definizione
espone. Gli infermieri per adattarsi a questo mondo sempre più orientato alla globalizzazione e
con l’avvento dei flussi immigratori, devono comprendere l’importanza dello studio dei valori,
delle credenze culturali e delle esigenze della persona, per poter offrire un’assistenza
culturalmente congruente rispetto le aspettative dell’assistito. Lo studio di questi aspetti deve
essere considerato al pari degli studi di anatomia e fisiologia, in modo da portare ad una
integrazione tra il sapere scientifico ed i valori della persona.
La conoscenza dell’altro non può prescindere dalla conoscenza di se stesso, della propria cultura
e delle proprie credenze; pertanto la conoscenza delle altre culture porta ad una conoscenza
migliore di se stessi.
Con la prospettiva comparativa, che consiste nel mettere a confronto le varie culture, quale
componente dominante dell’infermieristica transculturale, gli infermieri diventano esperti di
variazioni culturali; riconoscono differenze impercettibili, velate e palesi tra gli assistiti, le
famiglie, i gruppi e i sistemi istituzionali affrontandole nel modo adeguato. Reagendo
consapevolmente alle differenze o alle variazioni culturali, l’infermiere può fornire
un’assistenza sensibile, tollerante e competente, che promuova la guarigione e il benessere e che
sia rispondente alle esigenze e alle aspettative culturali. Accumunare le persone o creare degli
stereotipi secondo un modello fisso non è coerente con l’infermieristica transculturale, poiché
non prende in considerazione le variazioni tra le culture. Riconoscere le conoscenze assistenziali

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Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

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comparative transculturali con le variazioni aiuta a mantenere procedure assistenziali di qualità.
Agli infermieri si insegna ad identificare comparativamente i significati culturali, la gestualità
corporea, i simboli, i valori e le credenze, l’uso dello spazio, le percezioni degli eventi e persino
i resoconti storici delle esperienze di vita passate ed attuali. Leininger utilizza negli anni ‘60 per
la prima volta, il termine “assistenza culturalmente specifica” per designare un’assistenza che
viene cucita su misura che sia adatta a culture specifiche come quella italiana, ebraica e altre.
5
Quando ciò viene fatto gli assistiti affermano di trarre vantaggio dai servizi e presentano un
alto grado di soddisfazione. Se l’infermiere non riesce a comprendere le diversità culturali tra
gli assistiti e non modifica di conseguenza i propri atteggiamenti, ma tratta tutti gli assistiti “allo
stesso modo”, ci si aspetterà sfiducia ed eventuali segni di conflitto verso l’infermiere.
L’infermieristica transculturale è un’area autonoma di studio, per questo Leininger ha creato
nuove definizioni dei concetti e principi più importanti della teoria, per distaccare
completamente il nursing transculturale dall’antropologia e l’infermieristica tradizionale. Per
comprendere meglio la definizione è utile soffermarsi su che cosa intenda Leininger per cultura:
le credenze, i valori e i modi di vivere appresi e condivisi di un gruppo designato o specifico
che vengono generalmente trasmessi di generazione in generazione influenzano i modi di
pensare e di agire degli individui.5 Le culture presentano delle caratteristiche comuni: la cultura
stabilisce i valori, gli ideali, e i propositi condivisi che una volta appresi andranno ad influenzare
i pensieri ed i comportamenti. Quindi naturalmente la nostra cultura influenzi anche i modi in
cui percepiamo la salute e il dolore, fattori importanti nella valutazione infermieristica, che
possono aiutarci ad orientarci nella pratica. Le culture hanno regole di comportamento e
aspettative esplicite (facilmente riconoscibili) e implicite (meno chiare e ideali). Le norme e le
regole di comportamento esplicite sono le credenze e le espressioni facilmente riconoscibili. I
valori impliciti ed ideali, di solito, sono regole nascoste difficili da riconoscere e da capire, ma
che esercitano un’influenza importante sulle decisioni e sui comportamenti, tra questi rientra
l’assistenza.5 Ogni cultura presenta dei “segreti culturali” sul come mantenere e preservare la
propria salute. Per permettere che gli infermieri pratichino un’assistenza significativa è
estremamente importante scoprire e capire che ogni civiltà possiede modi propri, locali o emici
(interni) di vedere e conoscere la cultura a cui appartengono. Le idee e le credenze emiche sono

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Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

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spesso visti come “segreti” e può non esserci volontà di condividerle con persone culturalmente
estranee. È compito degli infermieri andare a scoprire gli elementi emici, stabilendo un legame
di fiducia. La conoscenza etica (esterna alla cultura), può essere diversa dalla visione emica e
dalle esperienze.6 Tutte le culture umane mostrano variabili interculturali tra le culture e
all’interno di esse. La variabile interculturale è un importante concetto da tenere presente
quando si studiano i singoli individui e le diverse culture, è importante osservare le variazioni
presenti tra le culture e all’interno delle stesse, per dare la giusta risposta all’assistito.6 Non
vanno infatti creati stereotipi che portano ad errori nell’assistenza ma va valutata la variabilità
del singolo individuo. È importante ricordare che le culture sono dinamiche poiché variano in
continuazione nel corso del tempo rendendo necessario un aggiornamento costante.
Leininger definì l’assistenza come quei modi, basati sulla cultura, di curare supportare,
permettere e agevolare, che consentono di aiutare le persone in modo compassionevole,
rispettoso e adeguato per migliorare una condizione umana o un modo di vivere o per aiutare
le persone a fronteggiare malattie, morte o disabilità.6 Con questa definizione Leininger vuole
farci capire come la cultura influenzi il modo di assistere. L’infermiere dovrà trovare modi
creativi per assistere il paziente senza però cadere nella stereotipizzazione delle persone, cioè
offrire assistenza uguale a persone che presentano la stessa cultura. Leininger sostiene che
cultura e assistenza siano fenomeni olistici e pertanto vanno ad influenzare tutte le componenti
della vita. La sfida era ed è tutt’ora spostare gli infermieri dal modello medico di padronanza
sui sintomi, sulla diagnosi e sul trattamento delle patologie a una professione di assistenza
olistica transculturale focalizzata su assistenza di mantenimento, sul benessere e sulla
prevenzione delle malattie.6 L’obiettivo finale dell’infermieristica transculturale è di offrire
un’assistenza culturalmente competente e congruente, che viene definita da Leininger: L’utilizzo
di pratiche assistenziali sensibili, creative ed utili che si adeguino ai valori generali, alle
credenze ed ai modi di vivere degli assistiti per offrire loro un’assistenza sanitaria soddisfacente
e utile, o per aiutarli ad affrontare condizioni di vita difficili, disabilità o morte.7
La riflessione fin qui esposta pone l’attenzione sull’importanza dell’assistenza infermieristica
transculturale che, nei suoi cardini essenziali, si è potuta porre anche come fattore di erosione

6
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)
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Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

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delle disuguaglianze di salute e di welfare state in cui sono intrecciati i diversi bisogni di
assistenza.8 Con un’impostazione transculturale, gli infermieri si preoccupano delle differenze
e delle affinità esistenti tra le persone legate alle specifiche esigenze e apprensioni per poi
sviluppare diversi modi di assistere le persone. Acquisire un profondo senso di apprezzamento
nei confronti delle diverse identità culturali con le relative similitudini e differenze è uno dei
numerosi obiettivi dell’infermieristica transculturale.7

1.2 LA STORIA DEL NURSING TRANSCULTURALE


1.2.1 Le teorie post-coloniali
Tra il 1950 e il 1960 avviene un profondo cambiamento a livello sociale e culturale dell’Europa
rispetto come era stata conosciuta fino a quel momento, dovuto al “recesso coloniale”. Nel
periodo post-colonialismo è emersa una nuova coscienza e viene “iniziata una partita” non
ancora terminata. Il fornire un’assistenza infermieristica culturalmente competente a
popolazioni non occidentali resta, infatti, un obiettivo ancora lontano dall’essere pienamente
raggiunto in molti contesti nazionali, compreso il nostro Paese.8 Negli ultimi anni si è riaccesa
la discussione intorno alla definizione dei concetti: ”razza”, “etnia” e “cultura” e come questo
influenzino il diritto di accesso alle cure.
Nel post-colonialismo ci si prefigge di identificare le disuguaglianze sociali che sono alla base
delle problematiche di salute. Importante in questa fase è il fenomeno dell’othering in cui un
gruppo di persone tende ad affermarsi e delineare la propria identità attraverso la denigrazione
e la stigmatizzazione di un altro gruppo. Questo è stato evidenziato in molte ricerche
infermieristiche.
Le nuove tipologie di ricerca infermieristica emerse in questo periodo sono: la critical
ethnography, in cui il ricercatore si immerge completamente nella nuova cultura, è necessaria
piena fiducia della comunità nel ricercatore in questo modo è possibile smascherare
disuguaglianze nella salute, e la community based partecipatory reserch, è un approccio
collaborativo alla ricerca che coinvolge equamente tutti i partner nel processo di ricerca e
riconosce i punti di forza unici che ciascuno apporta. Il CBPR inizia con un tema di ricerca
importante per la comunità, ha l’obiettivo di combinare la conoscenza con l’azione e il

8
Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco
Angeli, (2015), pp.382-403

7
raggiungimento di cambiamenti sociali per migliorare i risultati della salute ed eliminare le
disparità sanitarie.
L’adozione di teorie post-coloniali nella ricerca infermieristica ha come obiettivo finale quello
di incrementare la giustizia sociale all’interno della società ed, in particolare, nei sistemi
sanitari.9

1.2.2 Madeleine Leininger e il nursing transculturale


La madre fondatrice del Nursing Transculturale è Madeleine Leininger, la prima a parlare di
un’assistenza culturalmente competente. Madeleine Leininger nasce il 13 luglio 1925 a Sutton
(Massachusetts). Nella sua vita Leininger svolge svariati studi, sia nel campo
dell’infermieristica che dell’antropologia. Nel 1945 conseguì la prima laurea in scienze
biologiche, con specializzazione in filosofia e studi umanistici; quattro anni dopo ottenne una
laurea in scienze infermieristiche, con una specializzazione in psichiatria e psicologia. In questi
anni, Leininger si dedicò all’infermieristica psichiatrica, aprendo un reparto di servizi
infermieristici psichiatrici e un programma educativo all’Università di Omaha. Divenne
successivamente direttore del corso di laurea in infermieristica psichiatrica presso l’Università
di Cincinnati dal 1954 al 1960. 9 Durante il suo lavoro presso i reparti di psichiatria infantile,
Leininger sperimentò uno shock culturale. Quando si parla di shock culturale si riferisce ad un
individuo che è disorientato o incapace di rispondere appropriatamente a un’altra persona o
situazione perché gli stili di vita sono molto differenti e non familiari, lo shock culturale lascia
una sensazione di impotenza, disperazione e confusione.10 Quando sperimentò lo shock
culturale Leininger comprese che la maggior parte dei comportamenti dei bambini era dovuto
alla loro cultura di origine, in questa fase ha osservato che i trattamenti psichiatrici non erano
adeguati a rispondere alle esigenze dei bambini provenienti da diverse estrazioni sociali.11
Questi bambini erano chiaramente diversi in termini di bisogni, reazioni ed aspettative rispetto
all’assistenza. Alcuni bambini parlavano lingue diverse, altri gradivano soltanto alcuni tipi di
cibo ed altri accettavano o respingevano cure mediche e terapie. Comprese che la sua
formazione in assistenza infermieristica non le aveva mai insegnato a comprendere le differenze

9
Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco
Angeli, (2015), pp.382-403
10
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)
11
The Madeleine M.Leininger Collection

8
culturali.12 Nel tentavo di formarsi scoprì che non esistevano testi che parlassero di assistenza
transculturale, così iniziò ad interessarsi dell’antropologia. Da questo momento capì le
potenzialità di miscelare due discipline; l’infermieristica e l’antropologia. Preoccupata riguardo
all’influenza dei fattori culturali nell’assistenza infermieristica, alla ricerca di risposte,
Leininger iniziò un dottorato di ricerca in antropologia.( sito di prima). Attraverso l’unione delle
due discipline, Leininger cercò di promuovere un modello infermieristico fondato sulla
comprensione tra culture, fino ad istituire un nuovo ambito disciplinare: il nursing
transculturale.12 All’inizio degli anni ’90 venne istituito all’Università delle Hawaii a Hilo, il
primo corso universitario interamente dedicato al nursing transculturale, questo è stato il primo
passo verso la consolidazione del nursing transculturale.
Oggi l’infermieristica transculturale è stata riconosciuta a livello mondiale come disciplina
legittima e fondamentale, con un corpo di conoscenze in costante crescita utili all’insegnamento,
13
alla ricerca, alla pratica. Ha anche ispirato altre discipline sanitarie sulla necessità di offrire
un’assistenza culturalmente congruente, coniando il termine salute transculturale.

1.3 IL METODO DI RICERCA DELL’INFERMIERISTICA TRANSCULTURALE


Per Leininger, il nursing transculturale doveva essere concentrato sullo studio comparato delle
culture del mondo, allo scopo di fornire un’assistenza infermieristica al tempo stesso
culturalmente universale e specifica.12 Partendo da questo presupposto Leininger ideò un nuovo
metodo di ricerca infermieristica chiamato ethnonursing, metodo di studio qualitativo che si
fonda sull’approccio etnografico e che richiama principi e tecniche riferibili agli studi
antropologici. Il termine etnoinfermieristico è stato coniato a metà degli anni ’60, si riferisce al
metodo di ricerca infermieristica qualitativa focalizzato su metodi naturalistici, aperti alla
scoperta per lo più induttivi atti a documentare, descrivere, spiegare e interpretare la visione del
mondo, i significati, i simboli e le esperienze di vita degli informatori che generano fenomeni
reali o potenziali di assistenza infermieristica. 14Il metodo etnoinfermieristico fu il primo metodo

12
Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco
Angeli, (2015), pp.382-403
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Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)
14
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

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di ricerca utilizzato per studiare i fenomeni dell’assistenza infermieristica con un’attenzione
particolare posta sui fattori culturali.1414 Gli infermieri per erogare un’assistenza appropriata
dovrebbero attingere dai risultati degli studi infermieristici che utilizzano il metodo di ricerca
etnoinfermieristico. Leininger prese in prestito dall’antropologia la tecnica dell’osservazione
partecipante, attraverso la quale si raccolgono osservazioni sulla cultura oggetto di studio e, al
contempo, partecipano alle attività della cultura medesima. Osservando le persone giorno dopo
giorno nel loro ambiente naturale, per poter rilevare il comportamento in una vasta gamma di
circostanze15, poiché soltanto in questo modo è possibile raccogliere dati accurati e significativi.
Questa rappresenta una breve linea guida per l’utilizzo del metodo di ricerca etnoinfermieristico
1. Il primo passo nell’uso del metodo di ricerca etnoinfermieristico è chiarire e definire
brevemente il campo di indagine (DOI Domain Of Inquiry) oggetto di studio del
ricercatore . Il DOI è il punto focale dello studio ed è incentrato sui fenomeni
dell’assistenza culturale tenendo ben presente i principi essenziali della teoria. Tutte le
parole chiave presenti nel DOI vengono selezionate accuratamente, poiché vengono
studiate in modo approfondito e completo con gli informatori. Alcuni esempi possono
essere: 1) Significati, espressioni e modelli di assistenza culturale dell’Antico Ordine
Amish; 2) Significati e pratiche di assistenza culturale dei bambini cinesi che vivono in
comunità rurali. Si può notare che i DOI sono brevi, ma che ogni parola comporta una
piena responsabilità per il ricercatore di scoprirne ogni aspetto. Una conoscenza
superficiale risulta inadeguata e porterebbe al fallimento una solida indagine di ricerca
etnoinfermieristica.
2. In genere possono essere definiti, successivamente al DOI, alcuni quesiti riferiti alla
ricerca, per essere certi che ogni punto sia stato affrontato e studiato completamente.
Queste domande dovrebbero rappresentare una guida e non dovrebbero essere
rappresentate separatamente al termine dello studio.
3. Stabilire le definizioni orientative (non quelle operative) per chiarire i termini che si
stanno utilizzando. Alcune delle definizioni dell’assistenza culturale stabilite dal teorico
possono essere usate o modificate e adattate al DOI del ricercatore

15
• Polit D., Beck C., Fondamenti di ricerca infermieristica, Milano, Mc Graw Hill Education, (2014), 1°
ed.italiana sulla 8° ed.americana, p 406.

10
4. Definire chiaramente i propositi e i fini dello studio, identificare la potenziale attinenza
ed il significato dello studio per progredire nell’infermieristica transculturale o nelle aree
di conoscenza e di pratica relative all’assistenza infermieristica.
5. Il ricercatore poi di solito seleziona gli informatori dopo un incontro preliminare nel
luogo dove verrà effettuato lo studio. Informatori chiave e generali sono
intenzionalmente selezionati dopo aver identificato i potenziali per lo studio. Ricordare
che gli informatori chiave vengono studiati a fondo, mentre quelli generali sono studiati
solo di riflesso e in rappresentanza di una più ampia comunità. Dopo aver selezionato
gli informatori chiave e gli informatori generali secondo dei criteri di selezione e aver
spiegato loro il tipo di studio, bisogna ottenere il loro consenso informato sia all’inizio
dello studio sia durante il suo procedere. Viene chiarita la volontà degli informatori di
partecipare e vengono discussi i potenziali benefici che possono derivare loro dalla
partecipazione, così come il fatto che gli informatori sono liberi di ritirarsi in qualsiasi
momento
6. Poi si dovrà scegliere lo Schema più adatto per portare avanti lo studio e dovrà essere
usato dall’inizio e alla conclusione dello studio. Gli schemi che possono essere utilizzati
sono: Schema di Osservazione-Partecipazione-Riflessione della Leininger, Schema “ da
sconosciuto ad amico fidato” della Leininger, Schema del Modello del sole nascente,
Schema dello specifico campo di indagine, Schema di acculturazione della Leininger.16
Generalmente con gli informatori chiave si tengono due o tre sessioni di circa 1-2 ore
focalizzandosi sul DOI e sui sei criteri qualitativi. In contrasto, il ricercatore trascorre 1-2 ore di
sessione con gli informatori generali poiché essi forniscono solo idee generiche in merito al
DOI. In uno studio etnoinfermieristico di grande portata vengono normalmente selezionati da
12 a 15 informatori chiave e approssimativamente da 20 a 25 informatori generali. Il ricercatore
ha un diario giornaliero per registrare i dati immediatamente dopo ciascuna sessione. Le
osservazioni verbali e non verbali e le esperienze di partecipazione vengono documentate con
le esperienze del ricercatore. Durante lo studio il ricercatore cerca di assumere un
comportamento che non sia invadente o dominante nell’osservatore, parlare o condividere con
le persone. È importante mantenere un interesse sincero ed immergersi nella cultura.

16
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

11
Vengono utilizzate delle dimostrazioni dei sei criteri per guidare il ricercatore e per addurre
prove valide allo studio qualitativo. Le dimostrazioni dei sei criteri sono imprescindibili: occorre
cioè dimostrare: 1) credibilità 2) verificabilità 3) adattamento periodico dei modelli 4)
significato nel contesto 5) saturazione 6) trasferibilità.
Il primo studio in questo ambito viene eseguito proprio dalla Leininger durante il dottorato, nel
quale visse per un periodo con la tribù Gadsup, nella Nuova Guinea. Questa esperienza permise
alla Leininger di sviluppare la teoria del Culture Care Diversity and University e definì come
“cura culturalmente congruente” la principale finalità del suo modello teorico; ad oggi si
contano oltre seicento pubblicazioni che applicano tale teoria nella ricerca infermieristica.17

1.4 IL MODELLO TEORICO DELL’INFERMIERISTICA TRANSCULTURALE

17
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

12
Figura 1: modello del sole nascente18

Leininger ha sviluppato la Teoria della diversità e universalità dell’assistenza culturale, in cui


l’universalità rappresenta il punto in comune tra le varie culture, mentre la diversità indica che
cosa cambia tra le stesse. L’universalità dell’assistenza culturale era basata sulla credenza
filosofica che tutti gli esseri umani avessero bisogno di assistenza per sopravvivere, stare bene
ed essere umani. L’assistenza era un elemento comune tra le culture. La diversità dell’assistenza
culturale era basata sulla credenza che gli esseri umani nascessero, crescessero e mostrassero
differenze, o variabili, dalle caratteristiche dell’assistenza universale o comune19. Pensiamo ad
esempio alle differenze religiose, economiche, politiche ed alle condizioni ambientali o abitative
e come esse possono modificare la salute e delineare la percezione dell’assistenza erogata. Gli

18
Egman S. et al, L’Infermiere e l’Interculturalità: La Realtà Quotidiana, Nurse Science, n.21, (2012)
19
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)

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infermieri hanno la necessità di scoprire queste differenze individuali o di gruppo ed affrontare
opportunatamente queste variabili.20
È stata tra le prime teorie in campo infermieristico e l’unica esplicitamente incentrata
sull’assistenza alla persona e sui rapporti culturali. Il modello teorico di Leininger è stato
successivamente sintetizzato nel cosiddetto “modello del sole nascente”, una sorta di mappa
cognitiva che raccoglie tutte le dimensioni coinvolte nel processo di erogazione dell’assistenza
transculturale. L’autrice sottolinea che l’infermiere ha bisogno di essere non solo un mediatore,
ma deve essere “molto ben informato sul paziente, sulla cultura e sui diversi fattori che
influenzano le sue esigenze e i suoi modi di vita.21
Nel modello del sole nascente, si possono distinguere tre livelli analitici. Il primo livello fa
riferimento alle più generali visioni del mondo e alle strutture sociali e culturali che danno forma
ai sistemi di cura. In particolare si segnalano i fattori che influenzano i modelli e le pratiche di
cura nelle differenti culture: si tratta di fattori tecnologici; fattori religiosi; filosofici; fattori
sociali e legami di parentela; valori culturali, credenze e stili di vita; fattori politici e legali;
fattori economici e fattori educativi. Tali fattori sono rimandati, inoltre, al contesto ambientale,
al linguaggio e alla storia etnica.21 Per esempio i dati relativi al genere, all’età e alla razza, di
solito, sono strettamente legati ai legami familiari, alla politica, e a specifiche norme e usi
culturali. In alcune famiglie le decisioni e le azioni relative all’assistenza sono legate ai ruoli
maschili o femminili e spesso sono tramandate di generazione in generazione. Similmente fattori
biofisici, o legati alle emozioni, alla genetica, alla medicina, all’assistenza infermieristica e altri,
possono influire sulla salute generica e professionale o sulla cura delle malattie. Perciò fattori
come il genere, la classe, l’età e la razza sono presenti nei naturali ambiti culturali e devono
essere scoperti dal ricercatore nei contesti culturali familiari o naturali.20 Al secondo livello, si
mettono in comunicazione due punti di vista: quello “emico”, riferito a conoscenze, stile di vita
e pratiche tradizionali, al modo soggettivo di esprimere l’assistenza infermieristica, con quello
“etico”, riguardante i sistemi e le conoscenze professionali, basato sull’evidence based health
care. Leininger suggerisce un processo di valutazione degli aspetti culturali connessi
all’assistenza organizzato in cinque fasi: registrare le osservazioni, utilizzare tutti e cinque i

20
Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e pratica, Milano, Casa
Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing. Concepts, theories, reserch and practice)
21
Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco
Angeli, (2015), pp.382-403

14
sensi; prestare molta attenzione ed ascolto, comprendere le pratiche popolari; identificare
modelli e narrazioni; sintetizzare temi e modelli; sviluppare un piano di cura culturalmente
congruente, in collaborazione con il paziente. Nel terzo livello, si prevedono tre modalità di
azione per favorire un’assistenza olistica e culturalmente congruente:

a) Il mantenimento e/o preservazione dell’assistenza;


b) L’adattamento e/o negoziazione dell’assistenza;
c) Il rimodellamento e/o ristrutturazione dell’assistenza culturale.

La prima azione si riferisce a quelle decisioni che mantengono e conservano valori e credenze
desiderabili e utili. La seconda azione è utile per adattare la cura alla cultura dei singoli, delle
famiglie e dei gruppi sociali. Infine la terza azione implica un reciproco processo decisionale,
tale che l’infermiere possa adattare o modificare le sue attività per ottenere i migliori risultati di
salute.22

CAPITOLO 2: IMMIGRAZIONE E SALUTE

22
Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco
Angeli, (2015), pp.382-403

15
2.1 I FLUSSI MIGRATORI NEL CONTESTO ITALIANO
L’emigrazione è una dinamica inevitabile quanto necessaria ed una strategia efficace per
sostenere lo sviluppo economico dei paesi più poveri. È noto che le rimesse inviate dai lavoratori
emigrati alle famiglie rimaste nel paese di origine contribuiscono al miglioramento delle
condizioni di vita delle persone coinvolte e possono avere un effetto più pervasivo in termini di
sviluppo rispetto agli aiuti pubblici, che invece richiedono un complesso coordinamento tra
agenzie governative e policy-makers.23
A dispetto della retorica dell’invasione, il 2017 ha confermato una presenza di stranieri
pressoché invariata nel paese, sia nel numero sia nell’incidenza sulla popolazione complessiva,
con un aumento “fisiologico” di residenti in gran parte controbilanciato dalla notevole
diminuzione dei migranti sbarcati e dalle acquisizioni di cittadinanza.
A fine del 2017 gli stranieri residenti in Italia (5.144.000) risultano 97.000 in più rispetto all’
anno precedente (+1,9%), per un’incidenza dell’8,5% sulla popolazione totale (era dell’8,3%
nel 2016). L’aumento dell’incidenza dipende dalla progressiva diminuzione degli italiani,
sempre più anziani (gli ultrasessantacinquenni sono 1 ogni 4, mentre tra gli stranieri 1 ogni 25),
con una natalità sempre più bassa (1,27 figli per donna fertile, contro 1,97 tra le straniere) e
tornati ad emigrare verso l’estero (quasi 115.000 nel corso dell’anno), gli ingressi dall’ estero
non sono riusciti a compensare il calo della popolazione residente. Nel 2017 hanno acquisito la
cittadinanza Italiana 147mila persone, una cifra importante che costituisce al tempo stesso un
indicatore del livello di integrazione.24 Il quadro che si prospetta è quindi molto diverso rispetto
a quello proposto dai mass-media, quest’ultimi si concentrano prevalentemente sullo scenario
del Mediterraneo, nel 2017 si è registrato un calo del 30% rispetto all’anno precedente. Questi
non rappresentano la parte più consistente del quadro immigratorio assai più complesso ed
eterogeneo.
Il quadro della presenza straniera in Italia è estremamente composito. La collettività romena è
quella prevalente per numerosità. Nel 2017 ha registrato un +1,8%, che l’ha portata a contare
1.190.091 cittadini residenti (23,1% del totale). Per importanza numerica seguono, a distanza, i
cittadini albanesi (440.465, l’8,6% del totale), quelli marocchini (416.531, l’8,1%), quelli cinesi
(290.681, il 5,7%) e quelli ucraini (237.047, il 4,6%).

23
Albani M. et al., Dossier statistico immigrazione, Roma, IDOS Edizioni, (2018),p.478
24
Istat, Indicatori demogragrafici, (2018)

16
Sia per i cittadini marocchini che per i cittadini albanesi se è registrata nel 2017 una diminuzione
numerica rispettivamente dello -1% e -1,8%. Le variazioni più positive si sono registrate per le
collettività africane meno rappresentate, come il Gambia (+42,0%, 19.567), del Mali (+29,6%,
19.134) e della Costa d’Avorio (+15,7%, 30.271)25
Sulla diminuzione sul numero di residenti di alcune nazionalità di più antico insediamento ha
influito sicuramente l’elevato numero di acquisizioni della cittadinanza italiana (quasi 147mila
nel 2017), oltre alla migrazione verso l’estero non bilanciato da consistenti flussi migratori in
entrata. All’interno di queste collettività infatti comincia ad essere rilevante il numero di
acquisizione della cittadinanza italiana.

Figura 2-LIMES da dove vengono i migranti. La carta indica l'origine dei cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia, i
principali paesi di transito (Turchia, Balcani, Libia), le porte d'accesso al nostro territorio e i flussi di profughi e irregolari
verso la Penisola

25
Albani M. et al., Dossier statistico immigrazione, Roma, IDOS Edizioni, (2018),p.478

17
2.1.1L’immigrazione nelle Marche
Al 31 Dicembre 2017 gli stranieri residenti sul territorio marchigiano erano 136.045, l’8,9%
della popolazione regionale (valore invariato rispetto all’anno precedente), di questi 54,5% sono
donne. In un anno il numero di residenti è diminuito di 154 unità, questo dato conferma il trend
di decrescita della popolazione immigrata in atto da quattro anni. Nel 2013 gli stranieri residenti
erano il 9,4% della popolazione regionale, questo trend va contestualizzato in una diminuzione
della popolazione generale di 7.000 unità nella popolazione regionale. Ci sono altri dati che
possono contribuire a dare un quadro completo dell’immigrazione nelle Marche. Nel 2017 sono
nati da genitori stranieri 1.646 bambini, si sono iscritti nei comuni marchigiani 18.651 stranieri,
ma si è cancellato circa lo stesso numero di stranieri: 18.805, di cui 1.482 per l’estero, si
presuppone che la restante parte si sia trasferita in altre regioni che presentano un’economia più
rigogliosa. Inoltre va considerato che 6.605 ex stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
La distribuzione dei residenti stranieri nelle cinque provincie marchigiane conferma Ancona la
provincia con il maggior numero di residenti e con numero invariato (43.350), in quelle di
Macerata e Pesaro Urbino, rispettivamente al secondo e terzo posto, si è registrata una
diminuzione, passando da 31.020 a 30.329 residenti per la prima e da 30.100 a 29.996 per la
seconda. Al contrario c’è stato un aumento dei residenti a Fermo (al quarto posto) si è passati
da 17.770 a 18.250 residenti e ad Ascoli Piceno (al quinto posto) da 13.959 a 14.120. L’Europa
continua ad essere il continente maggiormente rappresentato tra gli stranieri nelle Marche, con
il 54,4% dei residenti. Di questi la Romania è il paese che conta il numero maggiore di residenti,
dato in aumento rispetto al 2016 dal 19,1% nel 2016 al 19,3% nel 2017 incidenza sul totale, con
un terzo residenti in Ancona. Il secondo paese più rappresentato è l’Albania l’incidenza continua
a diminuire, passando dal 12,3% nel 2016 all’11,7 nel 2017, ma questo dato andrebbe messo in
relazione con le acquisizioni di cittadinanza italiana. L’Asia si conferma al secondo posto con
un’incidenza sul totale del 20,3%, in aumento dello 0,5% rispetto al 2016; tra i paesi asiatici la
Cina è il più rappresentato con il 7,0% dei residenti, che per quasi un terzo vivono nel fermano.
L’Africa pur restando al terzo posto ha registrato un aumento dell’incidenza passando in un
anno dal 19,1% al 19,7%; la comunità più numerosa è quella marocchina (7,8%), per un terzo
presente nel pesarese. Infine l’America incide per il 5,4% in gran parte peruviani che vivono in
provincia di Ancona.

18
La provenienza dei titolari di un permesso di soggiorno riflette quella dei residenti. Gli uomini
costituiscono il 51% dei soggiornanti, mentre l’età più rappresentata è dei 30-44enni (31,4%),
seguita da quella dei 45-64enni (22,1%).
Va rilevato, inoltre, in quanto si tratta di un importante segnale di stabilizzazione, che a fine
2017 i titolari di un permesso di lungo periodo corrispondono ad oltre due terzi del totale
(68,4%). Per quanto riguarda i permessi di soggiorno rilasciati per la prima volta nel 2017, dai
dati del ministero dell’interno risulta che sono stati 6.498, di cui 52,1% per famiglia, 31,9% per
motivi di asilo/umanitari e 2,4% per lavoro.26

26
Albani M. et al., Dossier statistico immigrazione, Roma, IDOS Edizioni, (2018),p.478

19
Figura 3-LIMES. La carta illustra, attraverso una serie di grafici per ogni regione italiana, l’entità numerica di cittadini
stranieri e immigrati residenti. Si può notare come le regioni che ospitano il maggior numero di persone immigrate sono la
Lombardia ed il Piemonte, seguite dal Veneto. Una conseguenza naturale, come è possibile osservare sulla mappa, è che il
Nord è l’area dove maggiore è l’impatto dell’immigrazione.27

27
Canali L., Dove vivono gli immigrati, LIMES ,(2009)

20
2.2 LO STATO DI SALUTE DEI MIGRANTI IN ITALIA
Sicuramente influente sulla salute dei migranti è l’”effetto migrante sano”. Gli immigrati
all’arrivo nel paese ospitante presentano generalmente buone condizioni di salute, migliori di
quelle della popolazione locale. Questo è dovuto a principalmente al fatto che queste persone
devono effettuare spesso un viaggio lungo ed estenuante, che può essere affrontato solo da
persone giovani e in buona saluta e questo rappresenta un importante elemento di “selezione
della popolazione”. 28
Un epidemiologo tedesco, che ha studiato il fenomeno della minore mortalità degli immigrati
rispetto alla popolazione autoctona a parità di età e di condizioni socio-economiche, aggiunge
un’altra spiegazione a questo paradosso, che sintetizza con la metafora del “viaggio nel tempo”.
I migranti, cioè, giungerebbero al paese industrializzato non solo da un altro continente, ma da
un’altra epoca, ancora priva dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari o degenerative
e questa mancata esposizione li avvantaggerebbe anche dopo l’ingresso nel mondo occidentale.
In più, essi trarrebbero beneficio dall’accesso ai sistemi sanitari occidentali per curare le malattie
infettive di cui erano eventualmente portatori.29 Vari studi hanno evidenziato che i migranti,
esposti alle insidie di una vita marginale sono destinati ad un sensibile e rapido peggioramento
delle condizioni di salute il cosiddetto “effetto migrante esausto”. I migranti tendono ad adottare
gli stili di vita simili a quelli degli strati economici e socialmente più poveri del paese ospitante,
caratterizzato da un maggior livello di deprivazione materiale e psicologica. Alloggi di scarsa
qualità, cattiva alimentazione, contatti con agenti patogeni o allergici sconosciuti nei Paesi di
origine, fumo o abuso di alcool, dure condizioni lavorative sono tutti fattori che incidono
rapidamente sul patrimonio di buona salute che i migranti portano con sé. A questo si aggiunge
la ridotta possibilità o capacità di accesso ai servizi sanitari nel nostro Paese.28 La salute degli
immigrati sembra essere inversamente proporzionale al livello di deprivazione riguardante il
contesto abitativo (disponibilità di spazi e di servizi, accessibilità, igiene, sicurezza), mentre è
ambigua la relazione con il livello di segregazione (maggiore o minore possibilità di vivere
insieme ad appartenenti alla propria comunità): infatti, un alto grado di integrazione tra
comunità diverse comporta da una parte un arricchimento e una spinta all’evoluzione dei

28
Libertà civili, “Sani” o “esausti”? Lo stato di salute dei migranti in Italia, (2017), a.VIII, n.579, pp.125-130
29
Giustetto G. et al, Salute globale ed equità, “Quesiti Clinici”, a.VII, n.3, (2017), pp 30-36

21
costumi ma, dall’altra, la carenza di un tessuto sociale di appoggio in situazioni di difficoltà.
Anche nei migranti provenienti da paesi in via di sviluppo, i maggiori determinanti dell’esito
finale sono la cultura di base (personale ed etnica), l’area di provenienza e l’età all’arrivo: ciò
impedisce di fare rilevazioni sulla salute degli immigrati come se essi costituissero una coorte
omogenea. 30

2.3 LO STATO DI SALUTE DEI MIGRANTI


Lo spostamento di persone in cerca di un lavoro, di sicurezza o di una situazione più stabile ha
sicuramente plasmato la società moderna. I 53 stati della Regione Europea dell’OMS sono
sicuramente tra i più esposti a questo fenomeno. La popolazione generale si aggira intorno ai
920 milioni di questi il 10% è costituita da migranti internazionali, pari al 35% della popolazione
migrante internazionale. Le percentuali variano notevolmente tra stato e stato, da più del 50% a
Monaco fino a meno del 2% in Albania, Bosnia ed Erzegovina, di conseguenza le politiche tra
i vari stati cambieranno in maniera considerevole tra gli stati membri.
Si stima che dall’inizio del millennio siano morte nel Mediterraneo più di 50.000 persone.
Donne, giovani uomini, adolescenti e minori non accompagnati sono vittime di ingannevoli
assunzioni e schiavitù moderna, con gravi problemi fisici e ripercussioni mentali. Anche le
conseguenze negative per la salute del processo di sfollamento e migrazione vissuto da singoli
rifugiati e migranti hanno ripercussioni sulla salute delle loro famiglie e comunità. Ciò ha
portato gli osservatori a considerare lo sfollamento e la migrazione come determinanti sociali
della salute.
Lo stato di salute dei migranti è generalmente valutato in relazione a quello della popolazione
ospite. Le stime sulla mortalità tendono ad essere più basse nei rifugiati e migranti rispetto alla
popolazione ospitante europea per neoplasie, disturbi mentali, disturbi endocrini e digestivi; ma
risultano più elevate per: infezioni, cause esterne, malattie del sangue e cardiovascolari.
Sicuramente il campo in cui c’è più ricerca e prove disponibili sono le malattie trasmissibili.
Inefficienza dei sistemi sanitari del paese di origine, vivere in precarie condizioni igienico-
sanitarie ed assunzione di acqua contaminata prima e durante il viaggio migratorio aumenta il
rischio di riscontrare una grande varietà di infezioni (batteriche, virali e parassitarie) anche per

30
Giustetto G. et al, Salute globale ed equità, “Quesiti Clinici”, a.VII, n.3, (2017), pp 30-36

22
malattie prevenibili con il vaccino. Il gruppo a più alto rischio è quello dei bambini rifugiati e
migranti, perché il processo di migrazione può interrompere il loro programma di
immunizzazione, il che comporterebbe non ricevere tutte le vaccinazioni raccomandate. Si vede
spesso che le barriere linguistiche, informative, culturali ed economiche possono influenzare la
vulnerabilità dei rifugiati e migranti verso le malattie prevenibili con il vaccino.31
La situazione italiana è stata fotografata tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 attraverso due
questionari sulle strategie di vaccinazione nazionale e regionali dei migranti (richiedenti asilo,
rifugiati, migranti irregolari o minori non accompagnati) e un questionario sul trasferimento
nella pratica locale delle strategie stesse. I risultati si riferiscono ai dati raccolti in 28 centri di
accoglienza dei migranti e in 36 servizi sanitari locali di 14 Regioni e/o Provincie autonome.
Emerge che l’offerta vaccinale per i migranti bambini e adolescenti, indipendentemente dal loro
status, è in linea con il calendario vaccinale previsto dal Piano nazionale di prevenzione
vaccinale per la popolazione residente di pari età. Il limite superiore di età per rientrare
nell’offerta vaccinale si colloca a 18 anni per la maggior parte delle Regioni, a 15 per le restanti.
In 13 su 14 Regioni partecipanti all’indagine, in assenza di una documentazione sullo stato
vaccinale, vengono offerte tutte le vaccinazioni adeguate all’età.
Per i migranti adulti la situazione è invece più disomogenea. È prioritaria l’offerta delle
vaccinazioni anti poliomielitica, anti tetanica e trivalente anti morbillo-parotite-rosolia, e si pone
particolare attenzione all’area geografica di provenienza del migrante (per esempio Paesi con
poliomielite endemica) o alla presenza di condizioni individuali di rischio (per esempio ferite
esposte con possibile contaminazione da parte di spore tetaniche).
Per quanto riguarda la registrazione delle vaccinazioni effettuate, si ripropone il problema
dell’assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale; 10 delle Regioni partecipanti dispongono però
di anagrafiche vaccinali regionali elettroniche o cartacee per la popolazione residente, il cui
utilizzo è stato esteso alla popolazione migrante. Resta il fatto che i dati raccolti a livello locale
o regionale con metodi differenti non si possono aggregare per la stima di dati nazionali, per
esempio di copertura vaccinale.32

31
World Health Organization, Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region. No
public health without refugee and migrant health, Copenhagen, (2018)
32
Declich S. et al, Offerta vaccinale ai migranti,(2018),

23
La tubercolosi non è sempre facile da diagnosticare e può essere latente. Il rischio di infezione
è più grande nei rifugiati e migranti che arrivano da luoghi con elevata prevalenza. Negli stati
membri dell’Unione Europea, gli individui stranieri costituiscono il 32,7% di tutte le notifiche
di tubercolosi, e spesso con una aumentata multifarmaco-resistenza. I dati più recenti relativi
all’Italia sono pubblicati del documento congiunto Ecdc e Oms Europa “Tuberculosis
surveillance and monitoring in Europe 2019” e confermano che l’Italia rientra tra i Paesi a bassa
incidenza di malattia (<20/100.000).33 Nel 2017 sono stati notificati 3944 casi di tubercolosi che
corrisponde a un’incidenza nella popolazione di 6,5/100.000 abitanti, in leggero calo rispetto
agli ultimi 10 anni. Dal 2012 al 2016 in Italia il tasso di notifica di Tb è diminuito in media del
1,8% per anno. Dei casi totali notificati nel 2017, 3828 sono stati classificati come casi nuovi
(non precedentemente trattati). Il 70,3% dei casi totali ha presentato una Tb polmonare. Sono
stati notificati 66 casi di Tb multiresistente (Mdr-Tb, 2,5% del totale dei casi notificati) di cui 5
estremamente multi resistente (Xdt Tb). Il 66,2% dei casi totali notificati si è verificato in
persone di origine straniera. Il 12,3% dei casi totali incidenti di Tbc in Italia avevano una
coinfezione Hiv-Tb. 34
L’HIV è stato stimato che circa il 40% delle nuove diagnosi nell’Unione Europea e il 21% nella
regione europea dell’OMS, è tra le persone che hanno origine al di fuori del paese dichiarante.
Tuttavia, vi è una crescente consapevolezza dell’acquisizione post-migrazione dell’infezione da
HIV, ciò è significativo per focalizzare i programmi di prevenzione dell’HIV prima
dell’arrivo.33 Secondo i dati del Piano Nazionale Aids 2017-19, l'incidenza di nuove diagnosi di
infezione da Hiv, pur se diminuita negli anni, è circa 4 volte più alta tra i migranti rispetto agli
italiani e spesso riguarda le donne. Pur se spesso provenienti da paesi africani in cui la malattia
è molto diffusa, in realtà il contagio dei migranti avviene nella metà dei casi una volta partiti
verso il vecchio continente. E' quanto emerso da uno studio condotto nell'ambito del progetto
aMASE (advancing Migrant Access to health Services in Europe) in 57 strutture per il
trattamento dell'Hiv di 9 paesi europei, tra cui l'Italia, su oltre 2200 migranti adulti con infezione.
I risultati mostrano che il 50% dei migranti che vive con Hiv in Europa si è infettato nel Paese
di arrivo, con un tasso di infezione va dal 32% al 64% a seconda del Paese ospitante. Inoltre,

33
World Health Organization, Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region. No
public health without refugee and migrant health, Copenhagen, (2018)
34
World Health Organization. Regional Office for Europe. (2019). Tuberculosis surveillance and monitoring in
Europe 2019: 2017 data.

24
secondo uno studio presentato al convegno e di prossima pubblicazione, la permanenza in Libia
aumenta di almeno quattro volte il rischio di infezione, soprattutto nelle donne, a causa di torture
e abusi.35
Per quanto concerne le malattie non trasmissibili mancano dati per trarre conclusioni sul peso
complessivo delle malattie all’interno della popolazione di rifugiati e migranti. Alcuni dati
suggeriscono una prevalenza simile o inferiore per molte malattie non trasmissibili nei rifugiati
e migranti al loro primo arrivo, ma ciò inizia a convergere con la prevalenza della popolazione
ospitante, in particolare per sovrappeso/obesità. La ricerca sulle malattie cardiovascolari indica
che la prevalenza spesso dipende dalla malattia specifica sotto osservazione, ed è difficile fare
generalizzazioni per l’intera popolazione di migranti e rifugiati.
Il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 sembra essere maggiore nei rifugiati e nei migranti
della Regione europea dell’OMS,36 questo non ci sorprende in quanto le condizioni
socioeconomiche e l’istruzione hanno un’influenza importantissima sull’incidenza del diabete.
Lo sviluppo può verificarsi in età più precoce rispetto alla popolazione ospitante, inoltre la
prevalenza del diabete è in generale più elevata tra le donne rifugiate e migranti.
Dati sulle malattie cardiovascolari tra le popolazioni rifugiate e migranti nelle regioni UE
dell’OMS sono molto complesse in quanto fattori di rischio quali etnia e status socioeconomico
influenzano prevalenza e tipi di malattie cardiovascolari che interessano la popolazione. Per
quanto riguarda i rischi di ictus e ischemia miocardica tra i migranti in Europa, la conclusione
generale è che la maggior parte dei gruppi di rifugiati e migranti sono a maggior rischio di
ischemia cardiaca e ictus rispetto alle popolazioni ospitanti. In particolare, rifugiati e migranti
originari dell'Asia meridionale, dell'Europa orientale e del Medio Oriente è più a rischio della
popolazione dell'Europa occidentale.
I dati sulla prevalenza del cancro tra rifugiati e migranti nella regione europea dell'OMS sono
limitati, rendendo difficile trarre conclusioni generali. La scoperta più significativa è che il
cancro è più probabile essere diagnosticata in una fase avanzata tra i rifugiati e migranti.
Tuttavia, i rifugiati e i migranti nella regione hanno generalmente un minor rischio globale di
morte per tutte le neoplasie, anche se la mortalità per il cancro al collo dell'utero è maggiore.

35
Ansa, Il 50% dei migranti con Hiv ha contratto il virus in Europa, (2018)
36
World Health Organization, Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region. No
public health without refugee and migrant health, Copenhagen, (2018)

25
La prevalenza di disturbi mentali nei rifugiati e nei migranti mostrano notevoli variazioni a
seconda della popolazione studiata e della metodologia di valutazione. Il disturbo da stress post-
traumatico è indicato per essere più prevalente tra i rifugiati e richiedenti asilo rispetto alla
popolazione ospitante. Depressione e ansia sono comunemente segnalati tra i rifugiati e
migranti, con un lungo processo di richiesta di asilo e le condizioni socioeconomiche
sfavorevoli, come la disoccupazione o l'isolamento, associati ad un aumento tassi di depressione.
L'evidenza non è conclusiva e varia ampiamente. In generale, l'abuso di droga e di alcol sembra
essere inferiore nei rifugiati e migranti rispetto alle popolazioni ospitanti, in particolare nei paesi
del nord Europa. Le prove dimostrano che fattori di stress post-migrazione come la durata del
processo di applicazione di asilo politico, disoccupazione o isolamento sono di solito associati
negativamente con lo sviluppo di depressione e altri disturbi mentali. Questo sottolinea
l’importanza di concentrarsi su questi fattori di stress.37

2.4 L’ACCESSO ALLE CURE CITTADINI EXTRACOMUNITARI


I cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia possono accedere alle strutture del Servizio
Sanitario Nazionale (SSN) con modalità diverse a seconda del motivo del soggiorno.
I cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno per lavoro, motivi familiari asilo politico,
asilo umanitario, richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della
cittadinanza hanno diritto, insieme ai loro familiari a carico regolarmente soggiornanti in Italia,
all'assistenza sanitaria fornita dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con parità di trattamento
e uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto riguarda la quota da
versare e l’assistenza fornita.
La durata del diritto è quella del permesso di soggiorno. Per ottenere tale assistenza bisogna
iscriversi al SSN. Richiedere l'iscrizione nella ASL del Comune di residenza, o se non ancora
residente, del territorio in cui ha il domicilio (quello dichiarato nel permesso di soggiorno).
L'iscrizione al SSN permetterà di entrare in possesso della tessera sanitaria, documento
indispensabile per accedere al sistema sanitario italiano. Inoltre, l'iscrizione al SSN consente la
scelta del medico di base iscritto nei registri ASL con conseguente attribuzione di 4 crediti
riconoscibili ai fini dell'accordo di integrazione.

37
World Health Organization, Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region. No
public health without refugee and migrant health, Copenhagen, (2018)

26
Invece gli stranieri regolarmente soggiornanti per un periodo superiore a tre mesi, possono
iscriverti volontariamente al SSN con il pagamento di un contributo I cittadini stranieri
temporaneamente presenti per un periodo non superiore a 90 giorni (es. turisti), possono
usufruire delle prestazioni sanitarie urgenti e di elezione dietro pagamento delle relative tariffe
regionali. Non è prevista l’iscrizione al SSN tranne che per gli studenti e le ragazze alla pari. 38
L’iscrizione al SSN può essere volontaria o obbligatoria.
Hanno diritto all'iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale tutti i cittadini stranieri
extracomunitari:
• regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o
autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento
• regolarmente soggiornanti o che abbiano richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno
per: lavoro subordinato o autonomo, motivi familiari asilo politico, asilo umanitario,
richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza,
in attesa del primo rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per motivi
familiari tutti i minori indipendentemente dallo stato di regolarità del soggiorno, con
conseguente diritto al pediatra di base da 0 a 14 anni e al medico di medicina generale
da 14 a 18 anni
Per beneficiare delle prestazioni fornite dal S.S.N. occorre iscriversi e la tessera sanitaria è il
documento che prova l'iscrizione. Questo documento è individuale e serve per accedere
all'assistenza. 39
Gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, per un periodo superiore a tre mesi, che non
hanno diritto all'iscrizione obbligatoria, sono tenuti ad assicurarsi contro il rischio di malattia,
di infortunio e per maternità, mediante la stipula di una polizza assicurativa privata, ovvero, con
iscrizione volontaria al SSN.
Hanno diritto ad iscriversi volontariamente al SSN:
• gli studenti e le persone alla pari anche per periodi inferiori a tre mesi
• coloro che sono titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva e non svolgono
alcuna attività lavorativa,

38
Ministero della Salute, Cittadini stranieri con permesso di soggiorno non appartenenti ai paesi
convenzionati,(2013)
39
Ministero della Salute, L’iscrizione obbligatoria, (2017)

27
• il personale religioso (non iscrivibile obbligatoriamente)
• il personale diplomatico e consolare delle Rappresentanze estere operanti in Italia, con
esclusione del personale assunto a contratto in Italia per il quale è obbligatoria
l’iscrizione al SSR
• dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali operanti in Italia
• stranieri che partecipano a programmi di volontariato
• familiari ultrasessantacinquenni con ingresso in Italia per ricongiungimento familiare,
dopo il 5 novembre 2008
• tutte le altre categorie individuate per esclusione rispetto a coloro che hanno titolo
all'iscrizione obbligatoria.
Non possono essere iscritti volontariamente al SSN i cittadini stranieri titolari di permesso di
soggiorno per cure mediche e per motivi di turismo.
I genitori ultra sessantacinquenni ricongiunti in Italia dal proprio figlio/a dal 5 novembre 2008,
anche se titolari di un permesso per motivi familiari non possono essere più iscritti
obbligatoriamente al SSN.
Il decreto legislativo 160/08 ha infatti disposto che i genitori ultra sessantacinquenni devono
essere in possesso di una propria polizza sanitaria valida in Italia o iscriversi al SSN
volontariamente pagando un contributo previsto da un decreto ministeriale, attualmente in fase
di perfezionamento.40
L'art. 36 del T.U. 286/98 prevede l’ingresso per cure in Italia di cittadini stranieri provenienti
da Paesi extracomunitari nei quali non esistono o non sono facilmente accessibili competenze
medico specialistiche per il trattamento di specifiche patologie.
Sono previste tre distinte fattispecie:
1) Straniero che chieda il visto di ingresso per motivo di cure mediche.
Per ottenere il visto di ingresso per cure mediche lo straniero deve presentare all'Ambasciata
italiana o al Consolato territorialmente competente la seguente documentazione:
• dichiarazione della struttura sanitaria prescelta, pubblica o privata accreditata, che
indichi il tipo di cura, la data di inizio e la durata presumibile della stessa, la durata

40
Ministero della Salute, L’iscrizione volontaria, (2017)

28
dell'eventuale degenza prevista, osservate le disposizioni in vigore per la tutela dei dati
personali;
• attestazione dell'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale sulla base del costo
presumibile delle prestazioni richieste. Il deposito cauzionale, in euro o in dollari
statunitensi, dovrà corrispondere al 30 per cento del costo complessivo presumibile
delle prestazioni richieste e dovrà essere versato alla struttura prescelta;
documentazione comprovante la disponibilità in Italia di risorse sufficienti per
l'integrale pagamento delle spese sanitarie e di quelle di vitto e alloggio fuori dalla
struttura sanitaria e il rimpatrio per l'assistito e per l'eventuale accompagnatore;
• certificazione sanitaria, attestante la patologia del richiedente nel rispetto delle
disposizioni in materia di tutela dei dati personali. La certificazione rilasciata all'estero
deve essere corredata di traduzione in lingua italiana.
Il restante 70% delle spese deve essere corrisposto dallo straniero o dal garante.
Il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche non consente l’iscrizione al SSN, e in
questo caso le prestazioni sanitarie sono a carico dell’assistito.
2) Straniero che venga trasferito per cure in Italia nell'ambito di interventi umanitari, ai sensi
dell'art. 12 - comma 2 - lettera c) del Decreto legislativo 30/12/92 n. 502, così come modificato
dal Decreto legislativo 7/12/93 n. 517.
In tale ipotesi l’ingresso per cure del cittadino straniero residente in un paese privo di strutture
sanitarie idonee ed adeguate, deve essere autorizzato dal Ministero della Salute, di concerto con
il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione e Sviluppo. Il Ministero della Salute,
individua la struttura sanitaria e garantisce la copertura delle spese sanitarie.
3) Straniero che venga trasferito in Italia nell'ambito di programmi di intervento umanitario delle
Regioni, ai sensi dell'art. 32 - comma 15 - della legge 27.12 1997, n. 449.
Le Regioni, possono autorizzare, d'intesa con il Ministero della Salute, le Unità Sanitarie Locali
e le Aziende ospedaliere ad erogare prestazioni di alta specializzazione, che rientrino in
programmi assistenziali approvati dalle Regioni, a favore di:
• cittadini provenienti da Paesi extracomunitari nei quali non esistono o non sono
facilmente accessibili competenze medico-specialistiche per il trattamento di specifiche
gravi patologie e non sono in vigore accordi di reciprocità relativi all'assistenza sanitaria;

29
• cittadini di Paesi la cui particolare situazione contingente non rende attuabili, per ragioni
politiche, militari o di altra natura, gli accordi in vigore per l’erogazione dell’assistenza
sanitaria da parte del Servizio Sanitario Nazionale.41
Il Ministero della Salute in collaborazione con il Ministero dell'Interno e con l'Istituto Nazionale
Salute Migrazioni e Povertà ha realizzato un progetto co-finanziato dall' Unione Europea per
informare i cittadini stranieri sul Servizio Sanitario Nazionale.
Il progetto ha portato alla creazione di un opuscolo "InformaSalute" che guida il cittadino
straniero all'assistenza sanitaria. Questo opuscolo è stato redatto in 9 lingue per facilitare la
consultazione ai cittadini stranieri. 42

2.5 LE DIFFICOLTA’ DI ACCESSO ALLE CURE DELLA POPOLAZIONE


IMMIGRATA
Affinché il diritto formale (possibilità di accesso) garantito dalla legge si trasformi in diritto
reale (fruibilità delle prestazioni) è indispensabile, un’efficace politica sanitaria a livello locale:
è a livello regionale che bisogna guardare perché buone norme nazionali diventino prassi e il
diritto dalla carta si realizzi nella quotidianità. Nella quotidianità possono frapporsi una serie di
ostacoli di varia natura, talora di tale entità da risultare vere e proprie barriere all’accesso che
possiamo così schematizzare:
a) barriere giuridico-legali: di questa prima tipologia di barriere può rappresentare un
esempio le incertezze sui diritti assistenziali dei neocomunitari, e ne è comunque di
immediata percezione la rilevanza.
b) barriere economiche: continuano a rappresentare un possibile ostacolo all’assistibilità
delle persone straniere. Per ovviare ciò, la politica sanitaria espressa dal TU - anche in
coerenza con il principio di uguaglianza e di piena parità di diritti e doveri sancita tra
cittadini italiani e stranieri - ha previsto ad esempio la gratuità dell’iscrizione al SSN per
i cittadini stranieri iscritti alle liste di collocamento, o l’esenzione dal ticket per
richiedenti asilo e detenuti. Da sottolineare come in questo momento storico, l’enorme

41
Ministero della Salute, Ingresso per cure,(2017)
42
Ministero della Salute, Cittadini stranieri con permesso di soggiorno non appartenenti ai paesi
convenzionati,(2013)

30
difformità regionale sulla compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria rende
complesso, per alcuni gruppi di immigrati, l’accesso ai servizi sanitari.
c) barriere burocratico-amministrative: molteplici sono state finora le barriere burocratico-
amministrative che hanno influenzato pesantemente l’accesso ai servizi. Talora,
paradossalmente, il rispetto di adempimenti burocratici è più forte di quello per la legge:
è il caso delle pratiche ospedaliere di richiesta di rimborso alle Prefetture per ricoveri
effettuati su stranieri irregolari e indigenti che, violando una norma vigente e più volte
ricordata in telex ministeriali, vengono spesso istruite con la segnalazione nominativa
dello straniero.
d) barriere organizzative: tra i numerosi esempi di questo tipo di barriere che potrebbero
essere portati, vi è quello di una diffusa mancanza di flessibilità dei servizi, tale da
poterne garantire l’apertura nei giorni e nelle fasce orarie in cui possano realmente
accedervi i fruitori previsti; è il caso dell’accessibilità ai Consultori materno-infantili per
le ragazze e le signore che lavorano come collaboratrici domestiche o nell’accudimento
alle persone e che, col timore di perdere altrimenti il posto, possono disporre, in molte
grandi città, unicamente del giovedì pomeriggio per poter effettuare visite e controlli.43

43
Geraci S., Hamad I, Migranti e accessibilità ai servizi sanitari: luci e ombre, in “Italian Journal of Public
Health”, a.IX, n.3, (2011), pp.14-20

31
CAPITOLO 3: L’APPROCCIO TRANSCULTURALE DEGLI
INFERMIERI. INDAGINE CONOSCITIVA

3.1 BACKGROUND
Il mondo odierno nella sua complessità e una sempre più elevata multiculturalità, genera
l’incontro e la fusione tra popoli e culture diverse, rendendo superfluo il concetto di confine.
Inoltre, nelle diverse culture, concetti come “salute” e “malattia, proprio per le variegate
manifestazioni dell’alterità umana, hanno assunto, nel tempo, una molteplicità di significati.
Affermare che ogni uomo è persona, vuole dire, quindi, sottolineare che, al di là delle differenze
individuali, è un essere: unico, inconfondibile, insostituibile. È necessario comprendere i bisogni
della persona da porre al centro dell’attenzione, badare ai suoi interessi, comprendere il suo stile
di vita, la polifonia dei suoi punti di vista nel vivere gli aspetti della sfera sanitaria.44
Il compito dell’infermiere è di primaria importanza, in quanto è il professionista della salute più
adeguato nell’identificare i bisogni quotidiani e personali dell’assistito
Oggi, nel mondo della sanità, qualcosa sta cambiando: si comincia a capire che il malato, in
qualità di migliore “esperto della propria malattia”, in virtù di una rinnovata considerazione
della sua illness, deve essere interpellato e ascoltato, e, deve divenire, da oggetto di applicazione
delle conoscenze scientifiche dell’operatore sanitario, a soggetto protagonista dell’incontro. Il
malato non è più solo sintomi o sola biologia: egli è, allo stesso tempo, identità fisica, morale,
culturale, economico-sociale.44 Questo concetto è evidenziato dalla più recente definizione di
salute dell’OMS in cui la salute non è solo assenza di malattia, ma un completo stato di benessere
fisico, psichico e sociale, dando una visione olistica dell’individuo e della sua salute.
Le risposte, gli atteggiamenti, le pratiche con cui la persona assistita affronta i problemi di salute
sono multipli, presentando contorni sfumati e porosi. L’infermieristica transculturale, quindi, è
un valore aggiunto dalla prospettiva della promozione della salute, poiché sottolinea la centralità
del paziente, indipendentemente dalla discriminazione di qualsiasi specie. 45

44
Jagiela E., Stievano A., Rocco G., Intrgrazione e professionalità senza confini: approfondimenti transculturali
nella formazione infermieristica, “Infermiere Oggi”, a.XX, n.3, (2010), pp. 3-12.
45
Jagiela E., Stievano A., Rocco G., Intrgrazione e professionalità senza confini: approfondimenti transculturali
nella formazione infermieristica, “Infermiere Oggi”, a.XX, n.3, (2010), pp. 3-12.

32
L’obiettivo dello studio è volto ad indagare sulle conoscenze, le attitudini ed i comportamenti
degli infermieri rispetto al concetto di infermieristica transculturale.

3.2 MATERIALI E METODI


Lo studio è stato condotto attraverso la somministrazione di un questionario che si compone di
25 domande a risposta multipla, in forma anonima.
Il questionario è stato preso da un’indagine precedentemente condotta da Jagiela E., Stievano
A., Rocco G., pubblicato nella rivista: “Infermiere oggi”. Il campione è rappresentato da 93
infermieri dipendenti dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, che prestano servizio nei
seguenti reparti, così distribuiti: Pronto Soccorso (41 questionari), Poliambulatori (26
questionari), Clinica malattie infettive (13 questionari), Divisione malattie infettive (13
questionari). La scelta dei reparti è stata fatta in base all’utenza che ne usufruisce, il Pronto
Soccorso in quanto primo accesso alla struttura ospedaliera, i reparti di Malattie Infettive per
la forte incidenza delle stesse sulla popolazione immigrata.

3.3 RISULTATI
I questionari distribuiti sono stati in totale 93, i questionati compilati 80 (86%). Con le seguenti
percentuali di adesione: 85% (n°35) al Pronto Soccorso, 88% (n°23) ai Poliambulatorio, 92%
(n°12) Clinica Malattie Infettive e 77% (n°10) Divisione Malattie Infettive.
Dallo studio del campione in base l’età si evince che la frequenza più alta è quella della fascia
compresa tra 41 e 50 anni, il 35% (n°28), seguita da quella con età compresa tra 31 e 40 anni, il
33% (n°26), poi la fascia con più di 51 anni, il 25% (n°20) ed infine la fascia dai 20 ai 30 anni,
il 7% (n°6). Il 16%( n°13) del campione è maschio mentre l’84% (n°67) è donna.

33
Campione per età e sesso

20-30

31-40

41-50

51+

15 10 5 0 5 10 15 20 25 30 35

%maschi %donne

Tabella I-Dati sociodemografici

Il 99% (n°79) del campione è italiano e solo 1% (n°1) di altra nazionalità.


Per quanto riguarda la formazione infermieristica il 37% (n°29) è in possesso della laurea di
primo livello, il 33% (n°26) del Diploma di infermiere professionale, il 17% (n°14) della laurea
magistrale, il 12% (n°10)del diploma universitario ed infine 1% (n°1) altro.

Titolo di studio
1%

33% 37%

12%
17%

Laurea di primo livello Laurea magistrale


Diploma universitario Diploma di infermiere professionale
altro

Tabella II-Titolo di studio

34
1.Da quanto tempo svolge il lavoro di infermiere?
Più della metà del campione, precisamente il 57% (n°46), svolge la sua attività da più di 15 anni,
il 19% (n°15) da 6 a 10 anni, il 15% (n°12) da 11 a 15 anni e il 9% (n°7) da meno di 5 anni.

Da quanto tempo svolge il lavoro di inferiere?

57%
60%

50%

40%

30%
19%
15%
20%
9%
10%

0%
< 5 anni 6-10 anni 11-15 anni >15 anni

Tabella III-Domanda 1

2. Quante lingue straniere conosce?


Il 51% (n°41) dichiara di conoscere una lingua straniera, il 31% (n°25) conosce più di una lingua
straniera mentre il 18% (n°14) del campione non conosce altre lingue al di fuori dell’italiano.

Quante lingue straniere conosce?

18%
31%

51%

nessuno una più di una

Tabella IV-Domanda 2

35
3. Ha mai svolta attività/ esperienze lavorative all’estero?
Gran parte degli intervistati ha dichiarato di non aver mai svolto attività professionale all’estero,
l’84% (n°67) e solo il 16% (n°13) ha avuto la possibilità di fare questa esperienza.

Ha mai avuto esperienze lavorative all'estero?

16%

84%

sì no

Tabella V-Domanda 3

4. Nella sua attività lavorativa le capita di assistere i pazienti di altra nazionalità?


La totalità del campione durante la sua attività lavorativa ha dichiarato di aver assistito pazienti
di altra nazionalità.
5. Si è mai interessato ai problemi dei migranti?
Il 40% (n°32) non si è mai interessato approfonditamente del problema dei migranti, contro il
60% (n°48) che nutre interesse specifico verso tale tematica.
6. Se sì in che modo?
Il 64% (n°31) si è informato personalmente, il 34% (n°16) per motivi professionali e il 2% (n°1)
per altri motivi.

36
Si è mai interessato ai problema dei
migranti?
70%
60% 1%
50%
40% 38%
30%
20% 40%
10% 21%
0%
no si

per motivi professionali per motivi personali altro

Tabella VI-Domanda 5 e domanda 6

7. Conosce la stima della presenza degli stranieri presenti sul territorio italiano?
Solo un terzo del campione, il 69% (n°55) conosce la stima della presenza degli stranieri che si
trovano sul territorio italiano.

Conosce la stima della presenza degli stranieri


presenti sul territorio italiano

31%

69%

sì no

Tabella VII-Domanda 7

37
8.Ritiene che i problemi socio-sanitari degli immigrati ( ed, in particolare, quelli legati alla
loro domanda di salute) dipendono maggiormente da:
Il 50% (n°40) degli intervistati ritiene che i problemi socio sanitari degli immigrati dipendono
maggiormente da aspetti tecnici quali la precarietà abitativa, il lavoro, ecc. mentre pesano in
egual misura, precisamente il 20% (n°16) gli aspetti della cultura di origine, 22% (n°18) quelli
legati alla cultura del paese ospitante e per l’8% (n°6) altro.

Quali sono i principali problemi socio-sanitari


degli immigrati?
60%

50%

40%

30%
50%
20%

10% 20% 22%


8%
0%
aspetti tecnici aspetti della cultura aspetti culturali del altro
d'origine paese ospitante

Tabella VIII- Domanda 8

9.Dal punto di vista giuridico-amministrativo, gli immigrati hanno attualmente diritto di


strutture sanitarie pubbliche come i cittadini italiani?
Circa la possibilità di accesso degli immigrati alle strutture pubbliche il 78% (n°62) risponde in
modo affermativo, il 12% (n°10) sostiene che sia possibile solo in particolari situazioni, il 3%
(n°2) pensa che non sia possibile, l’1% (n°1) solo privatamente e il 6% (n°5) non è informato
sulla questione.

38
Gli immigrati hanno diritto di strutture sanitarie
pubbliche come i cittadini italiani?
1%
6%
12%
3%

78%

sì no solo in particolari situazioni solo privatamente non lo so

Tabella IX-Domanda 9

10.Pensa che le differenze culturali possono in qualche modo influenzare l’attività che
l’infermiere svolge?
Secondo il 40% (n°32) le differenze culturali non influenzano l’attività che l’infermiere svolge
contro il 50% (n°40) che non sottovaluta questo aspetto. L’8% (n°6) ritiene che non abbia
importanza e il 2% (n°2) non lo sanno.

Le differenze culturali influenzare l'attività che


l'infermiere svolge?
2%

8%

50%
40%

sì no non ha importanza non lo so

Tabella X-Domanda 10

39
11.Si è mai trovato in difficoltà nell’assistere un paziente straniero?
L’80% (n°64) dichiara di essersi trovato in difficoltà nell’assistere il paziente straniero, mentre
il 20% (n°16) non ha riscontrato alcun problema.
12.Se sì, quali sono le maggior difficoltà incontrate nell’assistere i pazienti stranieri:
La maggiore difficoltà riscontrata, 49% (n°31), è la comunicazione verbale; gli usi e costumi
26% (n°17), l’aggressività 21% (n°13) e altri motivi 4% (n°3).

Si è ma trovato in difficoltà nell'assistere i


pazienti stranieri?
90%
80% 3,20%
70% 17%
60% altro
50% 21% aggressività
40%
usi e costumi propri
30%
comunicazione verbale
20% 39%
10% 20%
0%
sì no

Tabella XI-Domanda 11 e domanda 12

13. Secondo lei, quali sono i bisogni più importanti da soddisfare per un paziente
straniero?
Tra i bisogni più importanti da soddisfare per un paziente straniero, si evince che, sono quelli
fisiologi per il 58% (n°47) degli infermieri, seguiti in egual misura dal rispetto per la cultura di
origine 44% (n°35) e della sicurezza 44%( n°35), minor importanza riveste invece l’aspetto
religioso 27% (n°22), l’appartenenza 17% (n°14) e altro 13% (n°10).

40
Quali sono i bisogni più importanti da soddisfare
per un paziente straniero?

altro

credo religioso

rispetto verso la sua cultura

appartenenza

sicurezza

fisiologici

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

Tabella XII-Domanda 13

14.Secondo lei ai fini di una buona assistenza, è importante conoscere il credo religioso del
paziente?
Il 62% (n°50) del campione ritiene che sia importante conoscere il credo religioso del paziente
al fine di prestare una buona assistenza, il 21% (n°17) ritiene di no e il 17% (n°13) risponde non
lo so.

E' importante conoscere il credo religioso del


paziente ?

17%

21%
62%

si no non lo so

Tabella XIII-Domanda 14

41
15.Dovendo assistere uno straniero lei pensa che è più difficile assistere una donna che un
uomo?
Il 58% (n°46) degli infermieri pensa che sia più difficile assistere un paziente straniero donna
rispetto che un uomo, il 35% (n°28) pensa di no, il 7% (n°6) non lo sa.

E' più difficile assistere un paziente straniero


donna rispetto ad un uomo?

7%

35%

58%

si no non lo so

Tabella XIV-Domanda 15

16. La non conoscenza della lingua italiana, da parte del paziente straniero, rappresenta
un problema importante per l’assistenza?
L’89% (n°71) ritiene che la non conoscenza della lingua italiana renda più difficoltosa
l’assistenza, il 10% (n°8) pensa di no e l’1% (n°1) non lo sa.
17. Se sì come si comporta nei confronti del paziente/utente che non parla italiano?
Comunica in altro modo cercando di farsi capire il 51% (n°36) il 46% (n°33) cerca di interpellare
chi, tra i colleghi, parla la sua lingua, lo affida ad un altro collega 3% (n°2)

42
La non conoscenza della lingua italiana ,
rappresenta un problema importante per
l'assistenza?
100%
90% 3%
80%
70%
60% 45%
50%
40%
30%
20% 41%
10%
10%
0% 1%
sì no non lo so

interpello chi tra i colleghi parla la sua lingua comunico in altro modo

Tabella XV-Domanda 16- domanda 17

18.Secondo lei sarebbe opportuno che il foglio di consenso informato fosse scritto in
italiano e nella lingua parlata dal paziente straniero?
Secondo l’80% (n°64) degli infermieri sarebbe opportuno che il foglio del consenso informato
fosse scritto anche nella lingua parlata dal paziente straniero, mentre il 19% (n°15) ritiene che
non sia necessario e per l’1% (n°1) non ha importanza.

Il foglio del consenso informato deve essere


scritto nella lingua parlata dal paziente straniero?

19%
1%

80%

si no non ha importanza

Tabella XVI-Domanda 18

43
19.Sa cosa si intende per nursing transculturale?
La conoscenza del nursing transculturale appare piuttosto sbilanciata verso il sì ,60% (n°48) e
l’altro 40% (n°32) non conosce questa tematica.

Sa cosa si intende per nursing transculturale?

40%

60%

si no

Tabella XVII-Domanda 19

20.Ha mai sentito parlare di Madeleine Leininger?


Il 49% (n°39) non ne ha mai sentito parlare, mentre il 51% (n°41) conosce la teorica Madeleine
Leininger.
21. Conosce il ruolo del mediatore culturale?
Il ruolo del mediatore culturale è conosciuto dal 98% (n°78)

44
Conosce il ruolo del mediatore culturale?
2%

98%

si no

Tabella XVIII-Domanda 21

22.Pensa che sia necessario la figura del mediatore culturale nelle strutture sanitarie?
Il 100%( n°80) del campione pensa che sia una figura necessaria.
23.Ha mai partecipato a qualche corso/convegno/seminario di formazione interculturale?
Hanno risposto in maniera affermativa solo il 6%( n°5), mentre il 94% (n°75) non ha mai
partecipato.
24.Se sì, le sono stati d’aiuto per la professione?
L’80% (n°4) ha riscontrato dei vantaggi nel campo lavorativo, e il 20% (n°1) non ne è sicuro.
25.Se no, vorrebbe parteciparvi?
Il 68% (n°51) risponde positivamente alla domanda, il 17% non ha intenzione di partecipare e
gli indecisi sono il 15% (n°11)

45
Ha mai partecipato a corsi di formazione
interculturale?
100%
90%
14%
80%
70% 13%
60%
50%
40%
30% 64%
20%
10%
1%
0% 5%
sì no

è stato utile non so vorrebbe parteciparvi non vorrebbe parteciparvi non so

Tabella XIX-Domada23, domanda 24, domanda 25

3.4 ANALISI CRITICA DEI RISULTATI


Andando ad analizzare le risposte ottenute dal questionario somministrato sembra evidente che
la conoscenza di una seconda lingua da parte del personale infermieristico è elevata e ciò può
facilitare la comunicazione con persone che non parlano italiano o hanno difficoltà nel
comprenderlo. La percentuale di professionisti che hanno avuto la possibilità di eseguire un
periodo di lavoro all’esterno, è molto bassa (16%), anche se un’esperienza di lavoro all’estero
non è sufficiente per garantire un corretto approccio transculturale, questa determina una
maggior consapevolezza dell’esistenza di differenze culturali e di come esse agiscono
sull’assistenza, oltre a permettere un miglioramento professionale, spesso anche umano, e
rappresenta un segnale di apertura della persona verso altre culture.
Nonostante che la totalità degli infermieri abbia affermato che assiste persone di altra nazionalità
il 40% non si è mai interessato ad approfondire questa tematica. Questo dato risulta allarmante
ancor di più se associato al dato che il 94% dei professionisti non ha mai partecipato ad un corso
formazione, sebbene il 68 % vorrebbe parteciparvi. Da questi dati si può dedurre che sarebbe
necessaria una offerta attiva da parte dell’Azienda Ospedaliera di corsi e seminari
sull’argomento. Il 40% del campione ritiene che non sia necessario la conoscenza del credo

46
religioso da parte dell’infermiere nell’offrire assistenza. Questo potrebbe essere dovuto
all’interpretazione della domanda, in quanto poteva essere visto come un elemento di
discriminazione. Infatti l’articolo 3 del Codice Deontologico afferma che: L’Infermiere cura e
si prende cura della persona assistita, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza,
delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere, senza alcuna distinzione sociale, di
genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale. Si astiene da ogni forma
di discriminazione e colpevolizzazione nei confronti di tutti coloro che incontra nel suo
operare.46 Per offrire una buona assistenza transculturale è necessario conoscere in maniera
approfondita la cultura dell’altro e quindi in primis, come elemento più importante la religione,
non per discriminare ma per adattare il proprio comportamento nel rispetto della cultura
dell’assistito. Nell’assistere in maniera appropriata un testimone di Geova, per esempio, sarà
necessario conoscere il suo credo che gli impedisce di ricevere una trasfusione di sangue. Una
situazione analoga si potrebbe verificare in un reparto di Ostetricia e Ginecologia con una donna
mussulmana, la cui cultura non permette di essere visitata da un medico uomo, pertanto sarà
premura della coordinatrice assicurarsi che sia sempre presente in turno un medico donna che
possa intervenire in queste situazioni.
Analizzando la difficoltà nell’assistenza di una persona straniera si evidenziano differenze tra i
vari reparti: nei Poliambulatori e in Divisione di Malattie infettive le percentuali sono superiori
al 90%, al Pronto Soccorso scendono al 68%, dimostrando una maggiore abilità nella gestione
di questa tipologia di utenti.
Nell’assistenza di una donna straniera il personale del Pronto Soccorso riferisce una maggiore
difficoltà rispetto agli altri reparti presi in esame, questo è imputabile alla mancanza di spazi
riservati e alla delicata problematica della violenza sulle donne che ha il naturale punto di
accesso in Pronto Soccorso.
Un'altra discrepanza si evince dall’opportunità di avere il consenso informato nella lingua
dell’assistito, solo nell’ U.O. di Divisione Malattie infettive il 60% dichiara che non lo ritiene
necessario a differenze delle altre U.O. che ne comprendono il valore.
Analizzando il campione per età, e dividendolo in minore di 40 anni e maggiore dei 40 anni, si
possono riscontrare delle differenze in alcune risposte; ad esempio una percentuale maggiore di

46
FNOPI, Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche 2019.

47
giovani parlano due o più lingue straniere, il 39%, contro il 27% delle persone con più di 40
anni. Altro dato significativo è l’interessamento ai problemi dei migranti il 71% degli under 40
risponde affermativamente, contro il 53% degli over. Questo dato si riflette nella risposta alla
domanda in cui si chiede se dal punto di vista giuridico/amministrativo gli immigrati hanno
attualmente diritto alle strutture pubbliche italiane come i cittadini italiani, il 94% dei giovani
hanno risposto sì contro il 67% dei senior. Per quanto concerne la gestione dell’utente straniero
che non parla italiano gli infermieri più giovani tendono a comunicare in altro modo cercando
di farsi capire (74%), mentre il personale più anziano tende ad interpellare tra i colleghi chi parla
la sua lingua (61%), questo dato è comprensibile vista la maggior conoscenza delle lingue
straniere degli infermieri più giovani. L’ultimo dato significativo riguarda la partecipazione a
corsi e convegni di formazione interculturale, nessun giovane ha partecipato contro un 10% dei
più anziani, ma i giovani sono più volenterosi a parteciparvi 77% contro il 55%.
Confrontando le risposte tra personale che ha avuto un’esperienza lavorativa all’estero e
personale che ha sempre lavorato in Italia, si riscontra fra i primi una maggiore attenzione ai
problemi socio-sanitari degli immigrati e attribuiscono un peso maggiore alla cultura del paese
ospitante (46%) contro 22%, come determinante dei problemi stessi. Comprendono inoltre
maggiormente come le differenze culturali possono modificare l’attività infermieristica. Chi ha
svolto attività lavorativa all’estero si dice più propenso a svolgere un corso di formazione
sull’argomento.

48
CONCLUSIONI
Questo studio parte dalla teoria di Madeleine Leininger che afferma che l’individuo viene
influenzato dalla propria cultura, dalle proprie tradizioni e dalle proprie usanze. Per questo
motivo la differenza culturale può influenzare negativamente l’esito della relazione d’aiuto
impostata tra infermiere ed utente. L’infermiere è chiamato a rispettare le differenze culturali
dell’assistito, abbinando alla competenza tecnico-professionale, la conoscenza approfondita
delle differenze che rendono uniche culture diverse, prendendo in considerazione l’utente in
senso olistico. Sotto questo aspetto l’infermiere deve considerare l’etnia, le usanze, le tradizioni
e la fede religiosa della persona assistita, per comprenderne le effettive esigenze, ponendosi, in
sintonia con le sue capacità comunicative e ricettive.47 Nella realtà lavorativa si è riscontrata la
difficoltà da parte della maggior parte degli infermieri nell’assistere una persona straniera, le
problematiche più frequentemente incontrate in ordine di importanza sono: la lingua, gli usi e
costumi propri e infine l’aggressività. Quest’ultimo aspetto è spesso causato dalle
incomprensioni con il personale e la conseguente sensazione di non essere curati ed assisti
adeguatamente o peggio di essere discriminati.
Gli infermieri devono imparare a lavorare in un ambiente sempre più multietnico e
transculturale. Il personale infermieristico non è ancora sufficientemente formato sulle necessità
di cura e protezione dei migranti soprattutto dovuto spesso alla carenza di corsi di formazione
che andrebbero proposti con maggior decisione da parte dall’Azienda Ospedaliera per
aumentare la soddisfazione degli utenti stranieri e ridurre le problematiche che si incontrano
quotidianamente. Utile in quest’ambito può essere una maggior formazione anche a livello
universitario, per permettere agli studenti di applicare da subito l’infermieristica transculturale.
In conclusione gli infermieri sono chiamati a sviluppare una sensibilità volta all’”altro” ed una
maggiore competenza nei rapporti interpersonali in virtù di una maggiore complessità nelle
interazioni tra operatore sanitario e malato, complessità che rende inefficaci e spesso dannose
le pratiche bio-psico-sociali statiche della medicina tradizione, perché incapaci di leggere i
valori culturali della persona malata, valori che proprio nel momento di maggior fragilità,

47
Gambera A., Marucci A.,Pezzino M., L’Assistenza Infermieristica su base multietnica, “Professioni
infermieristiche”, 61(4), pp. 223-233

49
determinato dalla malattia, emergono con forza nel pensiero e nel comportamento di una
persona. 48

48
Gostinelli M., Assistere secondo cultura. L’infermiere, il primo professionista ad entrare in contatto con
persone straniere, ”Obbiettivo professione infermieristica”, aXIV, n.3, (2004), pp4-5

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ALLEGATI

INDICE ALLEGATI
1. ALLEGATO 1: copia questionario somministrato

ALLEGATO 1
QUESTIONARIO

Dati sociodemografici

Età:

❑ 20-30 ❑ 31-40 ❑ 41-50 ❑ > 51

Sesso: ❑ M ❑ F

Nazionalità: ---------------------------------------------------
Cittadinanza: ------------------------------------------------

Titolo di studio:

❑ scuola regionale ❑ D.U. ❑ laurea di 1 livello ❑ laurea di 1 livello +

laurea specialistica ❑ altro

Unità Operativa:

1.Da quanto tempo svolge il lavoro di infermiere?

❑ meno di 5 anni ❑ da 6 a 10 anni ❑ da 11 a 15 anni ❑ più di 15 anni

2. Quante lingue straniere conosce?

❑ nessuna ❑ una ❑ più di una

3. Ha mai svolto attività/esperienze lavorative all’estero?

❑ sì ❑ no

4. Nella sua attività lavorativa Le capita di assistere i pazienti di altra nazionalità?

51
❑ sì ❑ no

5. Si è mai interessato/ ai problemi dei migranti?

❑ sì ❑ no

6. Se sì, in che modo?

❑ mi sono informato/a ❑ per motivi professionali ❑ altro

7. Conosce la stima della presenza dei stranieri presenti sul territorio italiano?

❑ sì ❑ no

8. Ritiene che i problemi socio-sanitari degli immigrati (ed, in particolare, quelli legati alla
loro domanda di salute) dipendono maggiormente da:

❑ aspetti tecnici (alloggio, lavoro, status giuridico, accesso ai servizi)


❑ aspetti della cultura d’origine del migrante (aspettative, modelli)

❑ aspetti legati alla cultura del paese ospitante (accoglienza o chiusura)


❑ altro

9. Dal punto di vista giuridico-amministrativo, gli immigrati hanno attualmente diritto di


strutture sanitarie pubbliche come i cittadini italiani?

❑ sì ❑ no ❑ solo in particolari situazioni ❑ solo privatamente ❑ non lo so

10. Pensa che le differenze culturali possono in qualche modo influenzare l’attività che
l’infermiere svolge? ❑ sì ❑ no ❑ non ha importanza ❑ non lo so

11. Si è mai trovato in difficoltà nell’assistere un paziente straniero?

❑ sì ❑ no

12. Se sì, quali sono le maggiori difficoltà incontrate nell’assistere i pazienti stranieri?
❑ comunicazione verbale (non conoscenza della lingua italiana)
❑ usi e costumi propri

52
❑ aggressività
❑ altro

13. Secondo Lei, quali sono i bisogni più importanti da soddisfare per un paziente straniero?
(barrare non più di tre risposte)
❑ fisiologici ❑ sicurezza ❑ appartenenza ❑ rispetto verso la sua cultura ❑

credo religioso ❑ altro

14. Secondo Lei, ai fini di una buona assistenza, è importante conoscere il credo religioso del
paziente? ❑ sì ❑ no ❑ non lo so

15. Dovendo assistere uno straniero, Lei pensa che è più difficile assistere una donna che un
uomo? ❑ sì ❑ no ❑ non lo so

16. La non conoscenza della lingua italiana, da parte del paziente straniero, rappresenta un
problema importante per l’assistenza?

❑ sì ❑ no ❑ non lo so

17. Se sì, come si comporta nei confronti del paziente/utente che non parla italiano?

❑ lo affida ad un altro collega indipendentemente se esso parla o no la sua lingua

❑ cerca di interpellare tra i colleghi chi parla la sua lingua

❑ comunica in altro modo cercando di farsi capire


❑ lo ignora completamente

18. Secondo Lei, sarebbe opportuno che il foglio di consenso informato fosse scritto in italiano
e nella lingua parlata dal paziente straniero?

❑ sì ❑ no ❑ non ha importanza

19. Sa cosa si intende per nursing transculturale ?


❑ sì ❑ no

20. Ha mai sentito parlare di Madaleine Leininger?

53
❑ sì ❑ no

21. Conosce il ruolo del mediatore culturale?

❑ sì ❑ no

22. Pensa che sia necessaria la figura del mediatore culturale nelle strutture sanitarie?

❑ sì ❑ no ❑ non lo so

23. Ha mai partecipato a qualche corso/convegno/seminario di formazione interculturale?

❑ sì ❑ no

24. Se sì, Le sono stati d’aiuto per la professione?

❑ sì ❑ no ❑ non lo so

25. Se no, vorrebbe parteciparvi?

❑ sì ❑ no ❑ non lo so

54
ACRONIMI

AIDS: Acquired Immune Deficiency Syndrome


aMASE: advancing Migrant Access to health Service in Europe
ANSA: Agenzia Nazionale Stampa Associata
ASL: Azienda Sanitaria Locale
CBPR: Community Based Partecipatory Reserch
DOI: Domain Of Inquiry
ECDC: European Centre for Disease prevention and Control
HIV: Human Immunodeficiency Virus
ISTAT: Istituto Nazionale di Statistica
Mdr Tb: Multidrug-resistant Tuberculosis
OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità
SSR: Servizio Sanitario Regionale
T.U.: Testo Unico
TB: Tubercolosi
U.E.: Unione Europea
U.O.: Unità Operativa
Xdt-TB: Extensively drug-resistant tubercolosis
ONU: Organizzazione delle Nazioni Unite

55
BIBLIOGRAFIA
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• Ciancio B., Sviluppare la competenza interculturale. Il valore della diversità nell’Italia
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• FNOPI, Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche 2019.
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sono distribuiti,” L’Infermiere”, a.LVI, n.1, (2012)
• Gambera A., Marucci A.,Pezzino M., L’Assistenza Infermieristica su base multietnica,
“Professioni infermieristiche”, 61(4), pp. 223-233
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Journal of Public Health”, a.IX, n.3, (2011), pp.14-20
• Geraci S., Maisano B., Mazzetti M., Migrazione, salute, cultura, diritti. Un lessico per
capire, “Studi migrazione”, a.XLII, n.157, (2005)
• Giustetto G. et al, Salute globale ed equità, “Quesiti Clinici”, a.VII, n.3, (2017), pp 30-
36
• Gostinelli M., Assistere secondo cultura. L’infermiere, il primo professionista ad
entrare in contatto con persone straniere, ”Obbiettivo professione infermieristica”,
aXIV, n.3, (2004), pp4-5
• Jagiela E., Stievano A., Rocco G., Intrgrazione e professionalità senza confini:
approfondimenti transculturali nella formazione infermieristica, “Infermiere Oggi”,
a.XX, n.3, (2010), pp. 3-12.
• Leininger M., McFarland M., Infermieristica transculturale. Concetti, teorie, ricerca e
pratica, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, (2004), p.660 ( Transcultural nursing.
Concepts, theories, reserch and practice)
• Libertà civili, “Sani” o “esausti”? Lo stato di salute dei migranti in Italia, (2017),
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• Rocco G., Cipolla C., Stievano A., La storia del nursing in Italia e nel contesto
internazionale, Milano, Franco Angeli, (2015), pp.382-403

56
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European Region. No public health without refugee and migrant health, Copenhagen,
(2018)

57
SITOGRAFIA

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migranti-con-hiv-ha-contratto-il-virus-in-europa_26fe73a5-8b62-4e71-a445-
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• Canali L., Da dove vengono i migranti, LIMES, (2015),
http://www.limesonline.com/da-dove-vengono-i-migranti-3/73922
• Canali L., Dove vivono gli immigrati, LIMES ,(2009),
http://www.limesonline.com/dove-vivono-gli-immigrati/3007
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https://www.epicentro.iss.it/migranti/Vaccinazioni2018
• Egman S. et al, L’Infermiere e l’Interculturalità: La Realtà Quotidiana, Nurse Science,
n.21, (2012), www.timeoutintensiva.it
• Istat, Indicatori demogragrafici, (2018), https://www.istat.it/it/archivio/208951
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ai paesi convenzionati,(2013)
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1764&area=Assist
enza%20sanitaria&menu=stranieri
• Ministero della Salute, Ingresso per cure,(2017)
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2523&area=Assist
enza%20sanitaria&menu=vuoto
• Ministero della Salute, L’iscrizione obbligatoria, (2017)
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2521&area=Assist
enza%20sanitaria&menu=vuoto
• Ministero della Salute, L’iscrizione volontaria, (2017)
www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2522&area=Assistenza%
20sanitaria&menu=vuoto
• Santo S., L’infermieristica transculturale in una società dai mille volti,(Pubblicato 2016
Aggiornato 2019)“Nurse24.it” https://www.nurse24.it/infermiere/linfermieristica-
transculturale-in-una-societa-dai-mille-volti.html
• The Madeleine M.Leininger Collection https://reuther.wayne.edu/files/WSP000725.pdf

58
• World Health Organization. Regional Office for Europe. (2019). Tuberculosis
surveillance and monitoring in Europe 2019: 2017 data.
https://apps.who.int/iris/handle/10665/311349

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RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare innanzitutto il relatore di questa tesi, la professoressa Silvia Giacomelli,
per la disponibilità e la gentilezza dimostrata durante la stesura del lavoro. Un sentito grazie
anche alla Dottoressa Stefania Pagani per avermi fornito il materiale utile alla stesura
dell’elaborato.
Ringrazio tutti gli infermieri che hanno collaborato alla compilazione del questionario e tutti
quelli incontrati durante il tirocinio, che mi hanno fatto crescere sia come persona che come
professionista.
Ringrazio i miei compagni di corso che hanno condiviso le ansie e le soddisfazioni di questi
anni.
Ringrazio i miei amici e la mia squadra per avermi dato supporto morale nei momenti difficili
ed aver festeggiato con me i piccoli traguardi raggiunti.
Ringrazio infine la mia famiglia per aver rappresentato una certezza, che mi ha permesso di
percorrere questo cammino fino alla meta.

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