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La sigla HBsAg sta per Hepatitis B surface antigen. Si tratta dell'antigene di superficie dell'epatite B, anche conosciuto come antigene Australia.

Il genoma di HBV. I geni si sovrappongono. (ORF S, in verde, codifica per la proteina HBsAg)
Particolari dell'antigene HBsAg visto al microscopio elettronico

Cenni storici

L' HBsAg fu scoperto nel 1963 dal medico americano e premio Nobel Baruch S. Blumberg presso il National Institutes of Health e viene comunemente indicato come antigene Australia, in quanto venne isolato per la prima volta nel siero di una persona aborigena australiana.[1] Il virologo Alfred Prince nel 1968 scoprì che l'antigene faceva parte del virus che causava l' epatite da inoculazione.

Nel 1980 fu immesso in commercio l' Heptavax, un vaccino di "prima generazione" per l'epatite B. Il vaccino fu allestito con HBsAg estratta dal plasma di soggetti affetti da epatite. Gli attuali vaccini sono allestiti con HBsAg ricombinante coltivati su lieviti.

Struttura e funzione

Il capside di un virus si caratterizza per la presenza sulla struttura esterna di proteine superficiali che agiscono come antigeni. Questi antigeni sono riconosciuti da proteine con funzioni anticorpali ​​che si legano specificamente ad una di queste proteine ​​di superficie.

Immunodosaggio enzimatico

Ai nostri giorni queste proteine antigeniche ​​possono essere prodotte geneticamente in laboratorio (ad esempio ricorrendo ad E. coli transgene) al fine di produrre materiale utilizzabile per un test antigenico semplice, in grado di rilevare la presenza di HBV. HBsAg è presente nel siero di pazienti affetti da epatite virale B (sia che manifestino o meno sintomi clinici). I pazienti che hanno sviluppato anticorpi contro l'HBsAg (che in altre parole si sieroconvertono verso l'antigene HBsAg) sono di solito considerati non infettivi. Negli ultimi anni la possibilità di rilevare l’HBsAg con immunodosaggi molto sensibili[2][3] ha messo in condizione gli studiosi di meglio comprendere la distribuzione e l'epidemiologia del virus nel mondo. La migliore comprensione ha comportato una radicale diminuzione del rischio di infezione nelle trasfusioni. Il rilevamento di HBsAg con tecniche di immunodosaggio è usato nello screening del sangue, per stabilire una diagnosi clinica di infezione da virus epatite B, in combinazione con altri marker di malattia, e per monitorare il trattamento antivirale[4]. In ambito istopatologico, la presenza di HBsAg è generalmente dimostrata ricorrendo all'uso della tecnica Shikata orceina (in genere utilizzata per la colorazione delle fibre elastiche), che utilizza un colorante naturale per legarsi all'antigene nelle cellule epatiche infette[5].

Significato di HBsAg

HBsAg ha un importantissimo valore diagnostico nella valutazione delle infezioni da virus dell'epatite B. Infatti compare nel siero prima del vero e proprio esordio clinico della malattia. In genere può essere rilevato circa 2-4 settimane dopo il contagio. HBsAg tende quindi a scomparire subito dopo il normale innalzamento delle transaminasi. La produzione anticorpale naturale o indotta da vaccino diretta contro questo antigene conferisce protezione. La sua presenza invece identifica i soggetti con infezione in atto. Malauguratamente non ha alcun significato per quanto attiene alla replicazione virale. HbsAg può persistere nell'organismo per 2-5 mesi. Successivamente scompare. La persistenza di HbsAg oltre i 6 mesi permette di definire il paziente un portatore cronico. L'evoluzione verso lo stato di portatore si verifica nel 5-10% dei soggetti affetti da HBV.

Note

  1. ^ Blumberg B, Alter H, A "new" antigen in leukemia sera, in JAMA, vol. 191, 1965, pp. 101–106.
  2. ^ Aach R.D., Grisham J.W., Parker S.W.. Detection of Australia antigen by radioimmunoassay. Proc.Natl.Acad.Sci..USA, 68:1956, 1971
  3. ^ Reesink H.W.. et al.. Comparison of six 3rd generation tests for the detection of HBsAg. Vox.Sang.. 39:61, 1980
  4. ^ Caldwell C.W., Barpet J.T.. Enzyme immunoassay for hepatitis B and its comparison to other methods. Cli.Chim.Acta 81: 305, 1977
  5. ^ Guarascio, P. et al. (1983). "Value of copper-associated protein in diagnostic assessment of liver biopsy". Journal of Clinical Pathology 36 (1): 18-23. PMC 498098. PMID 6185545.

Voci correlate