La, oltre sette montagne
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Questa è la storia di una delle migliaia di famiglie armene che vivevano nel territorio dell'Impero Ottomano e che nel 1915 furono condannate a morte delle autorità turche. Una cronaca familiare basata sulle memorie dei sopravvissuti e sui documenti preservati.
Una storia bella e straziante che narra la cronaca di una famiglia che lotta per la sopravvivenza durante il genocidio armeno in Turchia nel 1915.
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Anteprima del libro
La, oltre sette montagne - Valerian Markarov
Sommario
Là, oltre sette montagne | Novella | Valerian Markarov
Là, oltre sette montagne
Novella
Valerian Markarov
––––––––
A gloria degli avi, per la memoria dei posteri...
Tenendo con una mano la porta pesante, su cui pendeva un'insegna minacciosa, capace di metter paura al più coraggioso tra i prodi, Gevork varcò la soglia. Gli occhi indagatori di qualcuno studiarono a lungo i suoi documenti e il mandato con la richiesta di comparire davanti al Comitato per la Sicurezza Statale[i] presso il Consiglio dei Ministri della Repubblica Socialista Sovietica della Georgia. Ma poi, preso da un'insopportabile tensione, vagò lentamente per i cupi corridori dipinti della tinta verde pallida di stato finché non giunse nell'ufficio necessario con i muri rivestiti di quercia e le finestre saldamente coperte dalle tende. Dietro un grande tavolo coperto di panno verde, sullo sfondo di un ritratto incorniciato da una cornice[ii] del «Ferreo Feliks»[iii] sedeva una persona comune di non grande statura in abito grigio e con cerchi scuri sotto gli occhi per la cronica carenza di sonno. Questi, affibbiando a colui che era entrato uno sguardo torvo e diffidente, gli propose di sedersi e pronunciò seccamente:
– E così, compagno Hačaturov... Gevork Davidovič... lei si ritiene un uomo sovietico?
Gevork si strinse tutto e per qualche motivo si sentì di colpo un criminale, si mise a selezionare accuratamente i peccati di tutta la sua vita passata che in qualche modo potevano rientrare nella giurisdizione di un'organizzazione così onnipotente, ma non ricordò niente. E subito assicurò il cekista[iv] che, certamente, era sovietico.
– Beh, quand'è così, allora racconti, – rispose delicatamente quello e, fregandosi le mani per il piacere, fissò Gevork.
– Raccontare cosa? – chiese prudentemente questi, essendo sinceramente perplesso.
– Racconti francamente tutto ciò che sa.
– Io non so niente.
– Beh, com'è, stimato Gevork Davidovič, – prese a sorridere affettatamente il padrone dell'ufficio. – Beh, qualcosa lei sa!
– Ma cosa le interessa particolarmente?
– Ci interessa tutto. E per lei sarebbe meglio dire la verità...
– Chiedo perdono, io non la capisco, – pronunciò Gevork, afflitto da brutti presentimenti. – Cosa vuole da me?
– Quali rapporti ha lei con gli stranieri?
– Quali stranieri? Io in generale non conosco un solo straniero.
– Ma ha parenti all'estero? – chiese velenosamente il cekista.
– No.
– Così-così... Risulta, cittadino Hačaturov, che lei nasconde al potere sovietico che ha parenti stretti in Francia...
A Gevork si strinsero le pupille per il freddo gelido.
– Io non nascondo niente...
Tutto ciò che stava accadendo gli sembrava un delirio. Ma il padrone dell'ufficio non era in vena di scherzi. Le sue domande suonavano così cesellate che sembrava che facesse apposta le prove del suo discorso, ma sapesse anticipatamente tutte le domande e le risposte ad esse.
– E lei non sa neanche chi è Armand Parceval? – chiese il cekista, facendo insistemente capire che la sua vittima era già da tempo caduta in trappole abilmente disposte, che i suoi tentativi di negare le colpe erano inutili, per quanto avvolgesse la cordicella – tutto ciò che era segreto sarebbe divenuto palese.
– Non ne ho idea, – rispose Gevork del tutto sinceramente.
– Armand Parceval è Armenak Petrosân. Davvero non le è nota una persona con tale nome?
Per la sorpresa Gevork tremò, il suo volto si allungò e la bocca si spalancò. Armenak Petrosân era fratello carnale di sua madre Mar'âm Hačaturova, nata Petrosân.
Ma questi era scomparso senza lasciare traccia sui fronti della Grande Guerra Patriottica[v]...
– Uhm... Così dunque, dice, è scomparso senza lasciare traccia, – ripeté il cekista. – Ma chissà che è successo là per davvero. Forse il suo zietto ha disertato il campo di battaglia, ha gettato volontariamente le armi o è divenuto un traditore, un traditore della Patria, uccidendo il suo comandante e passando dalla parte del nemico? Lei è sicuro che tutto non sia andato così?
– Mio zio era un uomo rispettabile e profondamente onesto. È la verità! – rispose con voce ferma Gevork. – La mia povera madre, che morì lo scorso autunno, fino all'ultimo giorno