L'aroma del Mastranto
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Narra la storia di una bambina che, durante l'anno 2012, a tredici anni di età, realizza un viaggio insieme a suo padre per conoscere il suo paese natale, ovvero il Venezuela, che aveva dovuto lasciare quando era molto piccola perché la sua famiglia era dovuta emigrare in Spagna, e in cui non aveva mai avuto l'occasione di tornare.
In questo viaggio scoprirà una società profondamente divisa dalla radicalità, dall'odio e dal fanatismo politico. Conoscerà le disuguaglianze sociali, la differenza abissale tra ricchi e poveri, le cause e le conseguenze della delinquenza, l'insicurezza, la scarsità di alimenti, e l'idolatria e l'esaltazione delle figure di Simón Bolívar, Fidel Castro e Hugo Chávez.
Venendo a contatto con la gente, scoprirà le cause e le conseguenze della storia venezuelana recente, i fatti sociali e politici più importanti, e le ragioni profonde delle diverse fazioni, traendo da tutto ciò le sue proprie conclusioni. Allo stesso tempo, cercherà di trovare, con il suo modo di pensare da bambina, una via d'uscita al caos, all'odio e all'intolleranza ideologica.
Verrà anche a conoscenza, direttamente sul luogo dei fatti, della tragedia conosciuta col nome di "Massacro di Cantaura", e delle conseguenze che questa ha avuto sul destino della sua stessa famiglia.
La storia è raccontata in prima persona dalla bambina stessa, attraverso una serie di lettere scritte a una sua amica di scuola.
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Anteprima del libro
L'aroma del Mastranto - Franklin A. Díaz Lárez
Venerdì 2 marzo 2012
Cara Dafne,
Ieri, quando sono tornata a casa da scuola, mio padre aveva una sorpresa per me: andremo in Venezuela. Aveva già comprato i biglietti aerei e preparato le valigie. La notizia mi ha presa di sorpresa. Non me lo aspettavo. Nei giorni scorsi avevo notato che era molto occupato con documenti e carte varie, ma non gli avevo voluto chiedere niente. Lui è sempre occupato con le sue cose, e io con le mie.
Non so se lo sai, ma sono nata lì, in Venezuela. I miei genitori mi hanno portata qui quando avevo quasi quattro anni. Tornando a noi, mio padre è stato invitato a dare una conferenza sul tema dell’immigrazione in un’Università in cui ha studiato. Presenterà anche il suo nuovo libro, El cambio
[lett. Il cambio
, libro a oggi non tradotto in italiano, NdT], che sta avendo un grande successo con le vendite. Devi sapere che grazie a lui abbiamo visitato sette paesi negli ultimi due anni, alcuni (come Stati Uniti e Messico) anche due volte.
Non avrei mai immaginato che mio padre potesse diventare una simile celebrità in così poco tempo. Non mi lamento, la vita ci è cambiata in meglio. Finalmente abbiamo potuto fare quelle crociere di lusso nel Mediterraneo e sulla Costa Africana che sognavamo da tempo. Abbiamo anche comprato casa a Madrid, dove ci trasferiremo tra qualche anno, quando dovrò andare a studiare alla Complutense.
Mio padre ha voluto approfittare di quest’occasione per portarmi finalmente a conoscere i luoghi in cui sono nata e ho vissuto quando ero ancora una bebè. Era un viaggio che volevo fare da tanto tempo, un debito in sospeso.
Mi dispiace molto che non ci siamo potute vedere prima della mia partenza. Per favore, saluta le altre ragazze da parte mia. Mio padre ha parlato con la professoressa per giustificare la mia assenza nei prossimi quindici giorni. Prometto di scriverti più spesso che potrò, per raccontarti tutta la mia esperienza.
Non sai quanto mi sarebbe piaciuto portarti con me, ma purtroppo non dipende da me. Se è vero quello che si dice, che quando una persona dorme lo spirito esce dal suo corpo, ti prego di cercare di venire da me. Ti prometto che io proverò a fare lo stesso. Non c’è pericolo che tu venga in Venezuela e io venga lì contemporaneamente, perché c’è una bella differenza di fuso orario tra i due paesi, quindi quando tu dormirai io sarò sveglia e viceversa. Ad ogni modo, se ci incontriamo lungo la strada tanto meglio.
Sono convinta che andare con mio padre non sarà la stessa cosa che andare con te. Lui è un uomo adulto, ha compiuto quarantacinque anni lo scorso febbraio, e ha un modo suo di vedere il mondo, molto diverso dal mio, dal tuo, dal nostro. È possibile che, mentre uno invecchia, invecchi anche il mondo. O forse chi invecchia sono i nostri pensieri, il nostro modo di vedere le cose. Non lo so. Sai bene che quando non so qualcosa ci rifletto su. Ho questo piccolo difetto.
Se venissi con me avrei qualcuno con cui commentare tutto. Ci sono cose di cui non parlerei mai con mio padre. Innanzitutto c’è il mio modo di pensare da bambina, molto difficile per lui da capire. Non lo giudico per questo. È probabile che, con il passare degli anni, qualche strana deficienza genetica ci cancelli dal cervello la straordinaria capacità di pensare come dei bambini. Se qualcuno scoprisse una cura contro questa cosa aberrante, dovrebbe ricevere un Nobel. Sarebbe uno dei più grandi contributi per la nostra decadente razza. Pensa a quanti suicidi si potrebbero evitare. Forse è lì che si trova la fonte dell’eterna giovinezza. Comunque... In secondo luogo c’è il discorso del sesso. Io sono una femmina, quindi non potrei mai vedere le cose come le vede un maschio, pensare come pensano loro, sentire come sentono loro.
Il destino mi ha voluto tenere legata a mio padre in questa vita in comune, però una cosa sono i corpi e un’altra (ben diversa) sono le menti. La mia vaga libera per i suoi propri sentieri, scopre nuove strade, nuove vie di fuga. La sua, come quelle di tutti i vecchi, vive prigioniera dei ricordi passati e del modo dogmatico in cui la nostra cultura l’ha obbligata a vedere il mondo. I suoi anni di resistenza ideologica sono ormai passati, i miei stanno iniziando adesso. Io sono ancora in tempo per lottare, mentre lui ormai si è consegnato, si è dato per vinto.
Devo dire che mi sento leggermente inquieta e nervosa, anche se al tempo stesso emozionata e con molte aspettative. Mio padre mi ha detto che non posso portarmi i miei vestiti, né il mio computer, il mio cellulare, niente che sia visibilmente di valore. In questi dodici anni che abbiamo vissuto in Spagna non sono mai tornata in Venezuela, per cui non ho idea di cosa troverò lì. Quel poco che so è per le cose che mi ha raccontato mio padre. So che è un paese grande, il doppio della Spagna, anche se ha meno della metà della popolazione. Che al suo interno c’è ogni genere di clima, da quelli freddi sulle Ande fino a quelli più caldi di Los Llanos e dell’Oriente [nome di una regione del Venezuela, NdT]. Che ha risorse naturali e minerali di ogni tipo, ma soprattutto petrolio. Che ha zone immense di spiaggia e costa. Che ha centinaia di fiumi di ogni lunghezza. Che ci sono persone buone e persone cattive, come in tutti i posti.
Mio padre mi ha avvertita di non separarmi mai da lui, di non parlare con gli sconosciuti, di non guardare quando mi guardano, di non fidarmi di nessuno. Ha detto che conoscerò un tipo di cultura molto diversa dalla mia, per cui devo evitare di pregiudicare senza sapere. Mi ha detto di prepararmi a conoscere un paese con un’enorme conflittualità sociale e politica, un paese con una società profondamente divisa, immersa nel caos, nell’anarchia, e in cui il fanatismo politico e le lotte per il potere stanno causando delle vere stragi.
Tutte queste raccomandazioni mi incuriosiscono, e forse mi spaventano anche un tantino. Sono fiduciosa che, con mio padre accanto, non mi potrà accadere nulla.
L’unica cosa che mi preoccupa è che lasceremo Cusi a casa da sola. Spero che non si deprima per la mia assenza. Forse questi giorni rinchiusa da sola la faranno riflettere sui suoi comportamenti, sui suoi errori, sul suo essere viziata e coccolata, sulla sua vita futura, sul destino di questo pianeta, e altro. Le abbiamo lasciato cibo a sufficienza in una scodella grande, dell’acqua in una ciotola e tanti giocattoli per divertirsi, così non si annoia. Mi dispiace molto che non la possiamo portare con noi. Mi sarebbe piaciuto se tutti avessero potuto vedere quant’è bella la mia gattina.
Però Tobi, il mio vecchio e consumato orsetto di peluche, non intendo lasciarlo qui. Da anni è il mio animale da compagnia, guardiano dei miei sogni, recettore dei miei odori, e mio cuscino in caso di necessità. Conosce perfettamente la forma del mio collo, al punto che penso che senza di lui non riuscirei a dormire.
Ti saluto, e a presto.
Sabato 3 marzo 2012
Cara Dafne,
Ti scrivo dall’aereo che ci sta portando in Venezuela. Il volo dura circa nove ore. Prima, siamo stati costretti a venire da Tenerife a Madrid, con un volo di due ore e mezza, perché non siamo riusciti a trovare un volo diretto da Tenerife a Caracas.
Non siamo ancora arrivati in Venezuela, e ho già degli aneddoti da raccontarti.
Quando eravamo in fila ad aspettare l’imbarco, all’aeroporto di Barajas, appena hanno annunciato che sarebbe iniziato l’imbarco la gente si è ammassata al gate in modo completamente disordinato. Fin qui nessun problema, ho visto spesso persone ammassarsi in quel modo all’entrata di qualche posto, e non è mai successo niente. Ma stavolta è successa una cosa curiosa che ha attirato la mia attenzione. Una signora che aspettava come noi l’imbarco ha detto ad alta voce, alterata e con tono dispregiativo:
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In quel momento, io e mio padre ci siamo scambiati uno sguardo senza dire nulla. Lui mi ha strizzato un occhio.
Alcune ragazze che erano in fila hanno riconosciuto mio padre e si sono avvicinate per salutarlo.
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Mio padre, sempre cortese, ha annuito con un sorriso.
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Quindi si è messo in mezzo a quattro donne, tutte giovani e belle, mentre uno dei ragazzi del gruppo gli scattava una foto con il suo cellulare. Era un gruppo numeroso. Non saprei dire quanti erano, perché alcuni erano in fila mentre altri si erano allontanati per la foto.
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<<È in partenza per il Venezuela? Presenterà anche lì il Suo libro?>> ha chiesto una delle altre a mio padre.
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Poi mi ha presa per mano per avanzare verso il bancone, dove una ragazza con un’uniforma azzurra, giovane e molto bella, stava controllando i biglietti.
Quando eravamo seduti in aereo, prima del decollo, la tale Natalia si è avvicinata ai nostri posti e ha consegnato a mio padre una copia del suo libro El Cambio
, chiedendogli il favore di firmarglielo. Lui ha accettato con piacere, e non avrebbe potuto essere altrimenti.
La hostess si è avvicinata per chiedere alla ragazza di tornare al suo posto, perché stava facendo il conteggio dei passeggeri e stavamo per decollare. Appena mio padre le ha restituito il libro autografato, la ragazza è tornata al suo posto, non prima di averlo ringraziato e avergli fatto una smorfia sensuale con gli occhi. Mio padre in risposta le ha sorriso.
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L’aereo è enorme. Al centro c’è un blocco con cinque posti per fila, mentre sui lati c’è, accanto a ciascun finestrino, un blocco con tre posti per fila. Io e mio padre siamo capitati da soli su due posti accanto a un finestrino, un po’ più avanti della metà dell’aereo.
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<> ha risposto lui.
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Lui mi ha fatto un’espressione comica con il viso, segno che la mia domanda gli sembrava graziosa. Non mi sono preoccupata di spiegarmi. Lo conosco bene, e sapevo che aveva capito benissimo quello che volevo dire.
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Abbiamo riso entrambi.
<<È qualcosa di normale
, tra virgolette>> ha detto <
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