Ma tu come la fai la caponata?
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Sulla carta (e online!) Chiara e Filippo appartengono a due mondi lontani, ma la passione per la cucina li ha fatti incontrare e innamorare. La loro storia d'amore è fatta di sapori intensi e gustosi dissapori, perché quando due amanti del food decidono di vivere insieme bisogna anche organizzare il ménage familiare: oggi chi fa la spesa? Chi cucina? Fino ad arrivare alla domanda cruciale: "Ma tu come la fai la caponata?".
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Anteprima del libro
Ma tu come la fai la caponata? - Chiara Maci
figli
1
I PRIMI PASSI
COME CI SIAMO CONOSCIUTI
Chiara
Fa una certa impressione ripensare oggi a quei tempi. Sono passati meno di dieci anni, eppure è cambiato così tanto. Nel 2009 ho lasciato il mio primo lavoro. Ero nel marketing aziendale: un’occupazione seria, importante, che però dopo due anni non mi bastava più. Non era più quello che volevo. L’ufficio, gli orari vincolanti, le incombenze da svolgere come compiti in classe: con tanta diligenza e poca originalità. Mi sono licenziata con la testa piena di suggestioni ma nessuna alternativa concreta. Era una scelta da incosciente, ne ero consapevole. Avevo paura ma ero felice perché mi sentivo libera. Libera di progettare la mia vita come meglio credevo.
Certo, questa era la teoria. La pratica, almeno per i primi tempi, è stata tutt’altro. Il mio cervello macinava idee su idee: a volte mi innamoravo di una, altre volte ne seguivo un’altra, poi finivo per convincermi che la migliore in assoluto era un’altra ancora… Il mio sogno era quello di trasformare una passione in un lavoro. Trovare il modo di fare qualcosa che rispecchiasse me e la mia natura: indipendente, curiosa, passionale. Non cercavo la stabilità, ma le emozioni.
Volevo scrivere, questo mi era chiaro. La scrittura è da sempre una delle mie più grandi passioni. Però non mi interessava solo farlo così, in generale: volevo trovare un argomento specifico a cui dedicarmi. Passavo i pomeriggi a riempire fogli su fogli di progetti, spunti, intuizioni. Scandagliavo il web alla ricerca di suggerimenti ed esempi da seguire. Ci pensavo di continuo, ma non ne venivo a capo. E più passavano i giorni, più cresceva l’ansia…
L’idea giusta, come al solito, è arrivata nel momento più inaspettato. Un pomeriggio mi trovavo a casa di mia sorella Angela, a Treviso. Eravamo in cucina, come spesso ci capitava, e stavamo preparando la cena per tutta la famiglia: entrambe adoriamo stare ai fornelli – e mangiare! – e da sempre associamo il cibo alla più completa felicità. E così, fra le melanzane da affettare per la parmigiana e la panna da montare per il dolce, ho avuto una sorta di illuminazione.
«Angela, ma perché non apriamo un blog di cucina?»
«… Cosa?»
«Un blog di cucina!»
«Ma tipo con le nostre ricette?»
«Sì, ma non solo… potremmo parlare di tutto quello che riguarda il cibo. Le storie, i viaggi, i nostri ricordi…»
Anche a lei, come a me, brillavano gli occhi. D’altronde tutte e due, grazie soprattutto alla nostra famiglia, siamo cresciute con un’enorme passione per la cucina. Forse farne un vero e proprio lavoro non sarebbe stato facile, ma… perché non provare? Ne abbiamo parlato con i nostri genitori, che hanno reagito con un misto di preoccupazione e orgoglio: da una parte erano felici di questa nostra iniziativa, dall’altra non erano certi che potesse funzionare. Non lo eravamo neanche noi, del resto. Ma, visto l’argomento, non avevamo dubbi: anche se ci fosse andata male, ci saremmo comunque divertite! Senza pensarci oltre, abbiamo buttato giù qualche piano e poi siamo partite: la nostra avventura ha preso il via nei primi mesi del 2010. E no, non è andata male, anzi: il sito Sorelle in pentola ha avuto successo e, pochi mesi dopo, sono approdata in TV con il programma Cuochi e fiamme.
Come previsto, sul blog non mi occupavo solo di ricette, anzi: facevo soprattutto recensioni di ristoranti – un paradiso per una golosa come me. Iniziavo a conoscere bene il mondo della ristorazione, anche se ovviamente non potevo certo dire di sapere tutto di tutti. Infatti un giorno, durante un pranzo fra amici, ho sentito i miei commensali parlare di un certo Filippo La Mantia. Un cuoco siciliano bravissimo e molto famoso, a quanto mi dicevano, che lavorava a Roma. E l’intera città era pazza di lui.
Io non l’avevo mai sentito nominare.
«Ma come, non conosci Filippo La Mantia?! Proprio tu?!» mi chiedevano gli altri, sconvolti.
No, non lo conoscevo. Ma l’entusiasmo con cui tutti me ne parlavano mi ha convinto a rimediare. Decisione presa: al primo passaggio nella capitale, sarei andata a mangiare al suo ristorante. E così ho fatto.
Chiara – Parmigiana di melanzane
Devo fare coming out: fino a vent’anni non ho mai toccato una melanzana. Non perché a casa non ci fossero, ma per la ragione opposta. Non mi piacevano. Mia mamma le cucinava sempre, per la mia disperazione. Ricordo ancora l’odore delle melanzane fritte, tutti i giorni, la mattina presto. Fritte da mia mamma oppure, quando lei non poteva, da una qualche amica o vicina di casa. La parmigiana non mancava mai sulla nostra tavola, e io per anni mi sono rifiutata di assaggiarla.
Poi, crescendo, ho cambiato gusti: ho iniziato a mangiare le melanzane per caso, solo se me le trovavo nel piatto, e infine me ne sono appassionata, tanto da andare a cercarle e cucinarle. Giusto in tempo per mettermi con Filippo, il cuoco che più di ogni altro ha le melanzane come ingrediente simbolo. Non solo: lui le mangia da sempre. A volte credo persino che gliele mettessero già nel biberon…
Questa è la mia parmigiana di melanzane, una ricetta che ormai adoro e che continuo a studiare per renderla il più simile possibile a quella di mia mamma, anche se non è affatto facile… Un piatto estivo, genuino, sostanzioso, che richiede un po’ di tempo ma dà sempre grande soddisfazione.
INGREDIENTI
1 kg di melanzane
250 g di mozzarella
750 g di pomodorini freschi
100 g di parmigiano grattugiato
Olio evo
Basilico
Aglio
Sale
Lavate le melanzane e tagliatele a fette per il lungo. Posizionatele in uno scolapasta, cospargetele di sale grosso e copritele con un peso (un piatto, una ciotola…), premendole leggermente. Lasciatele riposare così per una mezz’oretta, in modo che perdano l’amaro.
Trascorso questo tempo, sciacquate le fette, asciugatele e poi friggetele in abbondante olio. Scolatele e fatele riposare su un foglio di carta da cucina per eliminare l’olio in eccesso.
A parte versate un filo d’olio in una padella, fate soffriggere l’aglio e aggiungete i pomodorini, lavati e fatti a spicchi (in alternativa potete usare la stessa dose di pelati). Regolate di sale e continuate la cottura, mescolando di tanto in tanto, fino a ottenere una salsa non troppo liquida.
Ora potete iniziare a comporre la parmigiana. Prendete una pirofila, stendete sul fondo uno strato di sugo e copritelo con le melanzane fritte. Aggiungete la mozzarella tagliata a fette e tanto basilico. Poi ripartite con un nuovo strato: pomodoro, melanzane, mozzarella e basilico, fino a esaurimento degli ingredienti. Completate l’ultimo strato distribuendo uniformemente il parmigiano.
Cuocete la parmigiana in forno caldo (180-200 °C) per circa 30 minuti. Sfornatela e lasciatela intiepidire prima di servirla.
Filippo
Scusate, ma chi sarebbero questi foodblogger? Cosa fanno? Fino a qualche anno fa, io non ne avevo idea. Forse perché sono un uomo di una certa età, anzi direi proprio di altri tempi. Nel 2010, quando Chiara apriva il suo blog, io festeggiavo i miei primi dieci anni a Roma, dove lavoravo come cuoco in un ristorante molto importante. Mi sembrava di aver raggiunto un traguardo, forse addirittura un punto d’arrivo. Di certo sapevo che, per arrivarci, avevo attraversato un percorso umano e professionale a volte anche molto travagliato, ma pieno di momenti meravigliosi. Un percorso che mi aveva sempre tenuto lontano anni luce da certi circuiti relativi al web, ai blog, alla comunicazione. Ero fuori da internet, eppure mi sentivo sempre in mezzo a tutto.
Il locale in cui lavoravo era un posto vivace, in continuo fermento. C’era un’umanità varia e coloratissima, felliniana, che spesso offriva scene da film. Fra i miei clienti c’erano politici e turisti, star e aspiranti star, attori e gente comune. E io accoglievo tutti e per tutti preparavo da mangiare: era il mio compito istituzionale, ma anche la mia più grande passione.
Ogni tanto la sera, verso le undici, quando il lavoro in cucina si avviava alla chiusura, salivo da solo in terrazza a fumare una sigaretta. Se guardavo in basso, su via Veneto, vedevo le auto parcheggiate in tripla fila sotto il mio ristorante e la bandiera siciliana – bella, con i suoi colori caldi e familiari – che sventolava nell’aria. E mi veniva da chiedermi: Ma cos’ho combinato? Ma davvero questo l’ho fatto io?!
.
Filippo – Pasta alla Norma
La pasta alla Norma, insieme alla caponata, è uno dei piatti più venduti dai ristoranti in cui lavoro da quasi vent’anni. Infatti qui ho dovuto fare un passo indietro rispetto alle mie intenzioni iniziali, ovvero di rispettare la stagionalità dei prodotti. La melanzana nella mia cucina è diventata una sorta di totem: la gente viene da me per mangiarla, anche in inverno, e io non posso non fargliela trovare.
C’è una storia molto bella legata a questo piatto, che prende il nome dalla famosa opera di Vincenzo Bellini. In un teatro di Catania, un’orchestra stava facendo le prove per la messinscena della Norma. Dalle finestre aperte è arrivato un profumo irresistibile dal palazzo adiacente dove, nella sua cucina, una signora stava preparando la pasta con il sugo di pomodoro e le melanzane. I musicisti, catturati da quell’odore, hanno riposto i loro strumenti e sono corsi da lei, a chiederle un piatto di quella prelibatezza.
Non so se sia successo davvero o se si tratti solo di una leggenda, ma mi sembra splendido pensare che, attraverso l’olfatto, si sia arrivati ad accostare un’opera a una pasta. Che per me è anche giusto: sono comunque due forme d’arte.
La mia Norma è una ricetta che deve la sua forza alla bontà degli ingredienti.
Con i pomodori freschi faccio una salsa asciutta, densa (so che c’è chi la tiene più liquida, ma io la trovo una cosa aberrante).
Friggo la melanzana a fette o a losanghe e la scolo bene dal suo olio di cottura. Deve essere consistente, non troppo secca né sottile.
Alla salsa di pomodoro, in cottura, quando è già bella asciutta, unisco la ricotta infornata e un po’ di caciocavallo (questa è un’aggiunta mia, non si trova nella ricetta originale