Vita di Wang Yangming
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Wang Yangming non era solo un filosofo; era un uomo straordinario, di quelli che di tanto in tanto compaiono sulla terra.
"Il carattere cinese sheng che appare sulla copertina indica l'ideale di vita perseguito da Wang Yangming: diventare un saggio/santo (sheng)."
Umberto Bresciani, nativo di Cremona, ha conseguito il dottorato in Lettere cinesi alla National Taiwan University di Taipei, Taiwan. Attualmente è docente presso l’Università Cattolica Fujen di Taipei. Esperto dei temi attinenti al dialogo religioso e culturale con il mondo cinese, ha pubblicato, in particolare, ReinventingConfucianism. The New Confucian Movement (2001), tradotto in italiano come La filosofia cinese nel ventesimo secolo. I nuovi Confuciani (2009). Per Passerino Editore ha pubblicato Il primo principio della filosofia confuciana (ebook, 2014); WangYangming:AnEssential Biography (ebook, 2016)..
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Anteprima del libro
Vita di Wang Yangming - Umberto Bresciani
Dao.
Introduzione
Nel mondo cinese, anzi in tutta l’area estremorientale del mondo, Wang Yangming (1472-1529) da secoli è visto come uno dei quattro grandi maestri del confucianesimo, dopo Confucio (551-479 a.C.), Mencio (371-289 a.C.) e Zhu Xi (1130-1200). È lui che ha fondato la Scuola Yaojiang
ovvero Scuola della Mente di Wang Yangming
, o anche Scuola Lu-Wang,
che nella seconda parte della dinastia Ming (1368-1644) divenne una delle scuole confuciane dominanti nella società, e lo rimase anche in seguito, fino ai nostri giorni. Wang Yangming non era solo un filosofo; era un uomo straordinario, di quelli che di tanto in tanto compaiono sulla terra. Senza citare l’esempio del genio poliedrico di Leonardo da Vinci (1459-1519), contemporaneo di Wang Yangming, basti pensare a Marco Aurelio, imperatore dell’impero romano dal 161 al 180 d.C., che era nel contempo attivamente a capo di un immenso impero e un filosofo stoico. Ancora oggi, dopo duemila anni, quando i frutti dei suoi sudori in politica sono in gran parte dimenticati, ci sono ancora persone che leggono le sue Meditazioni filosofiche. Per non parlare di Lorenzo il Magnifico - leader politico della Firenze del Quattrocento - che era un banchiere, un uomo politico molto abile, un grande diplomatico, e ancora un pensatore, un poeta e un raffinatissimo estimatore d’arte. Wang Yangming era una di queste persone fuori dell’ordinario, e fra queste, una davvero molto straordinaria, al punto che attualmente in Cina gli viene spesso affibbiato il soprannome di studioso onnipotente
(the almighty scholar, quanneng da ru). Era contemporaneamente un leggendario condottiero militare e abilissimo stratega, ma anche un saggio governatore di province, un eroe che sfidava un governo iniquo, un filosofo confuciano di primo ordine, un guru spirituale per innumerevoli seguaci, un poeta raffinato e un ottimo pittore e calligrafo. Si ammirano in lui tante qualità così diverse fra loro che nelle lingue occidentali non esiste un termine adatto ad indicare questo genere di persone. Nella lingua cinese esiste la parola shengren che vi si avvicina. La parola solitamente viene tradotta con
saggio oppure
santo. In realtà il termine cinese comprende ambedue le qualifiche e anche le supera. Nella tradizione cinese di pensiero non c’è una credenza universalmente condivisa riguardo alla sorte degli esseri umani dopo la morte. Tutti concordano invece, fin dai secoli antichi, che esiste una triplice via per raggiungere l’immortalità, e cioè per mezzo della virtù, delle opere e delle parole, come affermato nell’antico classico Zuozhuan. Lo scrittore Hu Shi (1891-1962), che conosceva bene l’inglese, usava chiamarle ‘le tre W’ (Immortalità di Valore [worth], di opere [works] e di parole [words]). Un essere umano indubbiamente può rendersi immortale per le sue eroiche virtù, diventando un modello per molte generazioni; oppure per le sue opere che influiscono sulla vita dei posteri; o per le dottrine che ha insegnato o i libri che ha lasciato. Wang Yangming ha raggiunto l’immortalità per tutte e tre le cose: era un santo (virtù eccezionale); nella sua vita compì delle imprese grandiose; e ha lasciato ai posteri i suoi insegnamenti per mezzo degli scritti suoi e dei tanti suoi discepoli. Come spiegherò in una delle appendici (Appendice 2), Wang Yangming è stato ammirato e celebrato da molti come figura paradigmatica nel Confucianesimo, perché ha realizzato in sé stesso le due dimensioni ideali di una compita personalità confuciana: vuoi il saggio all’interno (neisheng) che il re all’esterno (waiwang). Rarissime altre figure storiche hanno avuto la volontà di seguire la dottrina confuciana e nel contempo l’opportunità di realizzarla in concreto nella vita politica. Mencio era consigliere di sovrani, ma non ebbe mai in mano alcun potere politico. Zhu Xi era un funzionario di livello medio-basso e per brevi intervalli di tempo; spese la gran parte della sua vita ad insegnare e a scrivere libri. Lo stesso Confucio occupò una carica politica solo per breve tempo, e pare non fosse tanto altolocata. Nell’immaginario collettivo un filosofo normalmente conduce una vita noiosa e di routine, e realizza le sue scoperte di pensiero nella quiete del suo studio. Wang Yangming al contrario ebbe una vita burrascosa e realizzò le sue conquiste di pensiero in momenti di lotte politiche, di angoscia, di tormenti e situazioni anche fisicamente penose. Nelle tante prove della sua vita, deve essere stato di grande conforto per lui meditare su quel passo del Mengzi che dice:
Quando il Cielo sta per conferire ad una persona una grave responsabilità, addestra il suo animo con la sofferenza, sottopone i suoi nervi e le sue ossa alla fatica, espone il suo corpo alla fame, lo sottopone alla privazione, pone degli ostacoli nel percorso delle sue azioni in modo da perturbare il suo cuore e rinvigorire la sua natura, e migliorare il suo carattere ogni volta che non riesce a farcela. (6B,15). Non si può tralasciare però che, sebbene fosse soprattutto un uomo d’azione, Wang Yangming trovava piacere anche nel passare giorni o perfino mesi di solitudine nella meditazione, di preferenza a contatto con la natura in qualche località panoramica incontaminata. Sono tanti i libri che trattano delle dottrine filosofiche di Wang Yangming, e spesse volte comprendono anche una breve descrizione di cinque o sei pagine degli avvenimenti principali della sua vita. Ma non mi risulta che esista in alcuna lingua occidentale una biografia completa. Nel momento in cui me ne sono reso conto, ho cominciato subito a mettere insieme la presente biografia. Non è tanto voluminosa e neanche minuziosamente dettagliata; ma è sufficiente per dare un’idea abbastanza completa dell’uomo, della vita che ha vissuto e delle sue principali realizzazioni. Anche se rimangono dei punti oscuri nel suo pensiero, e non mancano degli episodi discutibili nella sua vita, ci troviamo di fronte a un uomo che ha affascinato e influenzato tantissimi in passato e che continuerà ad influenzare tantissimi nel futuro, per cui una biografia è più che necessaria. La presente biografia narra con spirito critico i fatti principali della sua vita. Data l’importanza delle idee di Wang Yangming nella storia della filosofia cinese, non potevo ignorarle. In ciascuna delle fasi principali della sua vita, ho sempre dedicato qualche cenno ad ogni eventuale nuovo sviluppo del suo pensiero e relativi scritti. Ho elaborato un po’ più per esteso gli stadi progressivi del suo pensiero in un capitolo speciale alla fine (Appendice 1). Chi fosse interessato solamente alla biografia può facilmente saltare quel capitolo, come pure gli altri due capitoli di appendice. L’Appendice 2 (L’eredità di Wang Yangming) illustra brevemente la sua eredità spirituale e culturale, che indubbiamente è multiforme come multiforme è la sua personalità. E poi va rilevato che il pensiero di Wang Yangming si presta ad interessanti e creativi lavori di comparazione tra schemi di pensiero occidentali e orientali, come ho voluto mostrare nell’ultima appendice (Appendice 3: Interpretazioni) con alcuni esempi di filosofia comparata tra Wang Yangming e rispettivamente Francesco Bacone, Joseph Butler e Christine Korsgaard. Detto questo, mi viene ancora un po’ il dubbio di non avere sottolineato a sufficienza un aspetto forse il più significativo dell’eredità di quest’uomo straordinario, tanto da sentire il bisogno di ritornarci ancora una volta. La dinastia Ming - un’epoca di grandi realizzazioni e anche di gravi problemi - venne a finire in modo quanto mai disastroso. Gli storici hanno studiato a fondo le ragioni che portarono la dinastia al suo tragico epilogo; ma alla fine hanno concluso che la radice del problema va cercata nella situazione generale di crollo dei valori morali che si era venuta a creare. Anche se vi cooperò l’intervento delle armate Manciù, fu la corruzione dilagante a corte e nella società che distrusse l’impero Ming. Noi possiamo rilevare che Wang Yangming oltre un secolo prima aveva una chiara percezione della radice del problema quando scriveva che
il mondo oggi è totalmente degenerato. Non si differenzia da un malato ormai prossimo alla morte. Per cui sebbene molti – sulla scia del celebre scrittore Gu Yanwu (1613-1682) - abbiano affermato che le dottrine di Wang Yangming furono la causa della caduta dei Ming, noi (anche se qui ora non affrontiamo questo problema) possiamo ugualmente affermare il contrario, cioè che fu una pura fortuna se dopo la morte di Wang Yangming la dinastia Ming riuscì a sopravvivere per un altro secolo. O forse fu proprio grazie al movimento di rinascita spirituale lanciato da Wang Yangming che la dinastia Ming, ormai moribonda, si procurò un secolo in più di vita. Wang Yangming era convinto che la coltivazione morale della persona è la via principale al benessere sociale. Oltre a fare tutto il possibile per migliorare il livello generale di educazione, lui non mancò mai di ribadire che qualsiasi persona che aspirasse ad un posto di responsabilità nella politica o nella società doveva anzitutto prendere la decisione di cercare la saggezza (e cioè diventare un shengren). Da sincero seguace di Confucio, era convinto che un impegno radicale a raggiungere la perfezione umana è la migliore, anzi l’unica base valida per avere una compagine politica sana e duratura. Wang Yangming ha parlato alla gente del suo tempo e ha ispirato o destabilizzato la loro vita. Wang Yangming può dire molte cose anche alle persone impegnate nell’organizzare la propria vita nel mondo d’oggi. Lui può ricordare a loro che la ricerca della verità suprema è un ideale meritevole di dedicarvi la propria vita; che gli esseri umani nella loro perenne ricerca della verità ultima possono andare in giro presso tutti i grandi maestri, le guide e i profeti del passato e del presente, ma che alla fine uno deve seguire la propria coscienza: I mille saggi passano come ombre, La mia liangzhi (coscienza) è la mia unica guida. (Dal poema Sull’immortalità, trad. Ching, 246) Volendo trasmettere in due righe il messaggio di Wang Yangming all’umanità, i due versi appena riportati sono da prendere in considerazione. Probabilmente il miglior elogio funebre che sia mai stato scritto di lui è quello lasciatoci dal suo amico e discepolo Huang Wan:
Era dotato per natura di un’intelligenza straordinaria e riusciva a ricordare a memoria qualsiasi scritto che leggeva una volta sola. Da giovane era appassionato di imprese cavalleresche; divenuto adulto, si appassionò alla prosa e alla poesia, al Daoismo e al Buddhismo. Ma una volta presa la decisione di prendere su di sé la missione di [ripristinare] la vera via [di Confucio], e convintosi che la saggezza è raggiungibile, cambiò il suo modo di vivere e corresse i propri errori. Rispose coraggiosamente alle difficoltà e alle sfide del suo tempo, assistendo con la sua saggezza il sovrano nel governare e servendo la popolazione. Serio e instancabile, consigliava gli altri alla pratica del bene, animato dal desiderio di salvare con la benevolenza (ren) tutti gli esseri viventi nel mondo. Non mostrò alcuna cattiveria nei confronti di coloro che lo odiavano. Anche quando si trovava in una posizione di ricchezza e onore, manifestava frequentemente il desiderio di abbandonare tutto e ritirarsi sulle montagne. Il denaro era per lui come fango ed erba. Considerava con la stessa serenità i servizi e gli agi che accompagnavano l’alto rango, quali i cibi prelibati, il vestiario di seta e le dimore spaziose, come gli inconvenienti della povertà e dell’umiltà, le zuppe grossolane, gli indumenti di canapa grezza e un tetto di paglia. Era un eroe nato, e torreggiava al di sopra di tutti gli altri uomini del suo tempo. Nei tempi recenti non c’è stato nessuno che fosse suo pari." (Ching 35)
Date principali della vita di Wang Yangming
1472 Wang Yangming nasce a Yuyao, Zhejiang.
1482 La famiglia si trasferisce a Beijing.
1484 Morte della madre.
1486 Tour della Grande Muraglia
1488 Viaggio nel Jiangxi per prendere moglie.
1489 Visita al filosofo Lou Liang.
1492 Wang passa l’esame provinciale.
1499 Wang passa l’esame metropolitano.
1501 Visita templi buddisti e daoisti sul monte Jiuhua, Anhui.
1502 Si ritira a Yuyao (Caverna Yangming); pratica la coltivazione daoista.
1504 Ritorna alla vita di funzionario e ai principi confuciani.
1505 Comincia a ricevere discepoli come maestro confuciano.
1506 Sale al trono l’imperatore Wuzong.
1507 Wang viene fustigato e messo in prigione.
1508 Esiliato a Longchang, Guizhou, Wang raggiunge l’illuminazione.
1509 Comincia a parlare di Unità di Conoscenza e Azione.
1510 Per sei mesi magistrato di Luling, Jiangxi. Ritorna a Beijing.
1511-16 Altri incarichi secondari; insegna filosofia a Beijing e Nanjing.
1517-18 Campagne militari nel sud del Jiangxi. Pacificazione dei banditi.
1518 Pubblicazione della Ricerca sul Grande Sapere.
1519 Wang cattura il principe di Ning. L’imperatore Wuzong in viaggio al sud.
1520 Wuzong ritorna a Beijing.
1521 Morte di Wuzong. Sale al trono Shizong.
1522 Morte del padre di Wang Yangming.
1522-27 Sei anni di vita ritirata.
1527-28 Campagna militare nel Guangxi.
1529 Morte di Wang Yangming (9 gennaio).
Fonti principali
L a fonte primaria per la vita e le imprese di Wang Yangming sono i due volumi della sua Opera Omnia , compilata con grande diligenza da due dei suoi migliori discepoli Qian Dehong (1497-1574) e Luo Hongxian (1504-1564) e stampata per la prima volta a Suzhou nel 1536 in 38 juan con la prefazione di Huang Wan (1480-1554). In questa raccolta si trova anzitutto il suo nianpu (biografia cronologica), completato da Qian Dehong nel 1567; e poi anche il suo xingzhuang (resoconto del comportamento di Wang Yangming) scritto da Huang Wan. Il testo della Opera Omnia è stato revisionato ripetute volte e completato dopo ulteriori ricerche dagli studiosi del passato e del presente. L’edizione più recente e completa risale al 2010, ad opera della Zhejiang Classics Publishing House (Hangzhou: Zhejiang renmin chubanshe) e contiene 41 juan .
In questa biografia essenziale, come principio non vi sarà nessuna indicazione bibliografica ogni qualvolta i dati sulla vita di Wang Yangming provengono dalla suddetta fonte. Invece ho apposto l’indicazione della fonte quando riporto dei dati o delle opinioni che provengono da altri biografi o autori. Le citazioni dirette dal nianpu di solito sono prese da Chan
(vedere qui sotto: Wing-Tsit Chan), le cui ottime traduzioni in inglese sono spesso utilizzate anche da altri autori come Tu Weiming e Julia Ching. Per semplificare le cose, le date sono riportate in conformità al calendario occidentale, salvo qualche possibile svista, tenendo presente che l’anno cinese è un po’ sfasato rispetto al nostro anno solare.
Principali referenze bibliografiche:
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Capitolo 1: Sfondo storico
Wang Yangming visse e morì nel secolo di mezzo dei quasi tre secoli della dinastia Ming (1368-1644). Vale la pena di dare uno sguardo al retroscena storico del nostro personaggio effettuando una visita virtuale alla dinastia Ming.
Dagli Yuan ai Ming
Dopo aver conquistato mezza Europa e il Medioriente, le orde di Gengis Khan (1162-1227) bramavano la conquista della Cina. Nel 1215 Gengis Khan conquistò l’area dell’attuale Beijing e negli anni seguenti qualche altra porzione del nord della Cina; ma fu Kubilai Khan, nipote di Gengis Khan, a riuscire nell’intento di occupare la Cina settentrionale, che a quel tempo era dominata dai Liao, una dinastia tungusica. Kubilai Khan proclamò l’inizio di una nuova dinastia, la dinastia Yuan (1271), stabilendo la sua città capitale a Khanbaliq (l’odierna Beijing). Negli anni seguenti gradualmente anche la Cina meridionale (dinastia Song del sud, con capitale Hangzhou) venne conquistata dai Mongoli e la Cina unificata sotto la dinastia Yuan (1279).
La dominazione mongola sulla Cina aveva dei punti di vantaggio, ad esempio era facilitato il commercio internazionale, ma era oppressiva e crudele. Soprattutto aveva imposto una netta discriminazione razziale, dividendo la popolazione in quattro classi, dove la razza Han – la maggioranza dei cinesi - era la classe più in basso. Dopo alcuni decenni la popolazione soggiogata era in subbuglio, specialmente nelle regioni molto popolose ed economicamente prospere del delta del Fiume Azzurro. Verso la metà del XIV secolo, con il paese infestato da carestia, peste e rivolte dei contadini, uno dei capi rivoltosi di nome Zhu Yuanzhang riuscì a guidare le sue truppe alla conquista della Cina, mettendo fine alla dinastia Yuan e costringendo i mongoli a ritirarsi nelle steppe dell’Asia centrosettentrionale. Nel 1368 Zhu Yuanzhang conquistò Khanbaliq (oggi Beijing), la capitale della dinastia Yuan, e proclamando di aver ricevuto il mandato celeste, stabilì la dinastia Ming con capitale Nanjing (Nanchino), assumendo per sè un nuovo nome, il nome di Hongwu (Grande Marzialità). Il nuovo imperatore si preoccupò di abolire le leggi e le usanze mongole, perfino i nomi e il modo di vestire, e di tornare alle tradizioni cinesi. Qualche usanza tuttavia rimase, quale la efferata crudeltà nelle punizioni e perfino l’usanza dell’immolazione ( suttee) di tutte le sue concubine al momento della sua morte (1398). Hongwu stabilì una forma di governo assolutista e centralizzata, creando un sistema di polizia segreta ed effettuando delle operazioni di sterminio di qualsiasi persona che fosse un pericolo reale o sospetto per il suo potere. All’inizio governò con al suo fianco un primo ministro; poi abolì il primo ministro e amministrò l’immenso impero direttamente, con l’aiuto di gran segretari.
L’imperatore Hongwu regnò per lunghi anni e generò 27 figli maschi. Si fidava solo della sua famiglia, per cui ben presto prese il suo primogenito come erede e assegnò a tutti gli altri figli il possesso di un vasto feudo ciascuno, nelle ricche terre della valle del Fiume Azzurro oppure nei territori di frontiera al nord. Pensava che in questo modo potessero contribuire alla stabilità dell’impero; nel contempo, dato che vivevano una vita lussuosa nel proprio feudo a una notevole distanza l’uno dagli altri, pensava così di prevenire il disordine politico di ribellioni o colpi di stato da parte di qualche membro della sua numerosa discendenza.
Visto morire il primogenito e designato erede, l’imperatore Hongwu scelse come successore il nipote, figlio del primogenito. Per l’occasione si preoccupò anche di pubblicare un libro di Istruzioni ancestrali ( Huangming zuxun) in cui fissava per i suoi discendenti tutte le regole riguardanti i riti e le cose da fare nelle varie situazioni. Il capitolo introduttivo lo scrisse lui personalmente, esortando i figli a seguire sempre un modo di governare severo secondo i canoni legisti. Per assicurare il futuro della dinastia, ammoniva i futuri imperatori di vivere una vita di austerità e di mantenere un occhio vigile non solo sui doveri di venerazione degli antenati e sulle varie usanze rituali, ma anche sulla parentela, sugli alti funzionari (civili e militari) e sulle imperatrici.
Come politica economica, l’imperatore Hongwu abbracciò il punto di vista confuciano tradizionale, cioè che l’agricoltura e non il commercio debba costituire la fonte di ricchezza per la nazione. Di conseguenza, dopo la distruzione causata prima dal governo mongolo e poi dalla guerra civile, il fondatore della dinastia Ming intraprese un vasto piano di risanamento economico rivolto specialmente all’agricoltura, con innumerevoli progetti di irrigazione, rimboschimento, riparazione delle dighe e controllo dei corsi d’acqua. Favorì inoltre la creazione di comunità agricole autosufficienti. Lui voleva proteggere i contadini e aiutarli ad arricchirsi. Fece rimuovere a forza delle fette di popolazione da certe zone poco fertili e le fece traslocare in zone da aprire alla coltivazione. Istituì numerosi progetti di lavori pubblici; cercò di distribuire terre ai contadini. Verso la metà del suo regno, Hongwu emise un editto secondo cui chiunque avesse coltivato un terreno incolto ne diveniva il legittimo proprietario ed era anche esentasse. Con questi provvedimenti, alla fine del suo regno l’area coltivabile del paese era notevolmente aumentata. Le sue politiche davvero arricchirono i contadini perché vendevano i loro prodotti nelle città in fase di espansione urbana. Durante il suo regno vi fu un rapido aumento della popolazione. Anche il sistema fiscale dei Ming era di tipo agricolo. Tuttavia i pregiudizi di Hongwu nei confronti del commercio non portarono ad una diminuzione del numero dei commercianti, i quali anzi si moltiplicarono a causa dello sviluppo dell’industria nell’impero. Questo sviluppo dell’industria e commercio era dovuto in parte anche al fatto che certe zone del paese avevano il terreno poco fertile ed erano sovrappopolate, il che costringeva molti a cercare fortuna nel commercio.
Per questione di principio l’imperatore Hongwu era contrario ad imprese militari in paesi esteri. Quando i vietnamiti invasero il paese di Champa (oggi Cambogia), si rifiutò di intervenire in aiuto dei Champa. Si limitò a rimproverarli per la loro invasione. Al riguardo lasciò un monito specifico ai futuri imperatori di non impegnarsi in campagne militari per la gloria e la conquista. Nelle sue Istruzioni ancestrali del 1395 scrisse specificatamente che la Cina non doveva attaccare le nazioni straniere e invece di attaccare doveva concentrarsi sulla difesa dai barbari.
La Dinastia Ming (Primo Periodo)
Alla morte di Zhu Yuanzhang, il nipote, l’imperatore Jianwen, ereditò il trono Ming (1398) e subito diede inizio ad un programma ambizioso di riforme: voleva nientemeno che rifare la Cina, politicamente e moralmente. Una delle riforme mirava ad accentrare di nuovo il potere politico sbarazzandosi dei feudi principeschi militarizzati che il fondatore aveva creato, nell’illusione che, essendo i feudi in mano ai suoi figli, avrebbero funzionato da baluardi fidati della dinastia regnante. Il giovane imperatore Jianwen invece intuiva che i suoi numerosi zii non erano per nulla soddisfatti della successione al trono come era stata effettuata; e per questo aveva fretta di istituire delle norme che limitassero ulteriormente il loro potere politico e militare. Il governo dell’imperatore Jianwen cominciò con il sopprimere ad uno ad uno i principati più deboli, lasciando per ultimo il più forte, il principato di Yan. Questo fu un errore strategico fatale. Suo zio, il principe di Yan, ebbe il tempo sufficiente per armarsi e prepararsi a difendere il suo feudo. Il 13 luglio 1402, dopo tre anni di guerra civile, le truppe del principe di Yan sfondarono la cerchia di mura e occuparono Nanjing. Il palazzo di Jianwen fu distrutto da un incendio. Del giovane imperatore non si trovò più traccia, anche se per anni corse la voce che fosse riuscito a fuggire non si sapeva dove. Il suo regno era stato molto breve (r. 1398-1402).
Il principe di Yan prese il potere e regnò sulla Cina col nome di imperatore Yongle fino alla sua morte nel 1424. Stabilì Yan come seconda capitale e la chiamò Beijing, costruì la Città Proibita e ripristinò il Gran Canale e il primato degli esami statali per i pubblici funzionari. Nel 1421 Beijing venne riqualificata come capitale principale, ma in realtà divenne tale solo più tardi, nel 1450, con il completamento del Gran Canale.
Hongwu aveva saputo tenere a bada gli eunuchi di corte, proibendo loro di imparare a leggere e scrivere. Yongle invece rimunerò gli eunuchi che lo avevano appoggiato e li impiegò come contrappeso ai letterati confuciani burocrati. In questo modo venne offerta agli eunuchi la via ad un promettente futuro; il loro potere a corte crebbe sempre di più e col tempo divennero una fonte di gravi problemi per la vita politica dell’impero per tutto il resto del tempo della dinastia Ming.
La nuova dinastia nell’insieme procedette bene, grazie soprattutto alle caute istituzioni lasciate dal fondatore e dal suo successore l’usurpatore Yongle. I fondamenti solidi che aveva permisero all’impero di durare per quasi tre secoli, sebbene svariati imperatori succeduti sul trono fossero delle figure mediocri e la vita politica fosse spesso tesa a causa delle lotte interne fra la classe potente degli eunuchi e i letterati confuciani.
La Dinastia Ming (Periodo Mediano)
La dinastia Ming durò per 277 anni. I primi decenni furono di crescita in molti aspetti e i Mongoli - la minaccia costante che incombeva dal nord – vennero tenuti fuori. Il sistema politico e amministrativo instaurato dal fondatore e solo lievemente modificato dall’imperatore Yongle, continuò a funzionare durante la parte mediana della dinastia, anche se in quel periodo la situazione non era più tanto rosea. L’impero aveva smesso di espandersi, la politica interna presentava dei difetti gravi e gli imperatori erano spesso negligenti nello svolgere il loro lavoro. Gli storici di solito fanno iniziare il periodo mediano dal 1449, anno in cui l’imperatore Zhengtong (r. 1435-1449) venne catturato dai Mongoli Oirat e tenuto in ostaggio in una tenda mongola per sette anni, un fatto che evidenziava la debolezza interna dell’impero Ming. Il fratello di Zhengtong prese allora il trono col nome di imperatore Jingtai e regnò fino alla sua morte nel 1457. Al momento della sua morte, Zhengtong, che nel frattempo per mezzo di un riscatto aveva riguadagnato la libertà, ritornò sul trono e regnò altri sette anni (1457-1464). Altri storici mettono come data iniziale del periodo mediano il 1464, anno in cui ascese al trono Chenghua (l’imperatore Xianzhong), figlio di Zhengtong.
I due fatti storici più importanti del periodo mediano dei Ming sono l’usurpazione del potere da parte degli eunuchi sotto Wuzong (r. 1505-1521) e la Grande Controversia dei Riti sotto Jiajing (r. 1521-1567). Noi incontreremo questi due imperatori (Wuzong e Jiajing) nel corso della vita di Wang Yangming. Avremo occasione di comprendere che cosa effettivamente avvenne e quali furono le conseguenze di quei due fatti per il futuro dell’impero. Una caratteristica rilevante di questo periodo fu l’abitudine degli imperatori – specialmente di Wuzong e Jiajing – di passare le giornate a godersi la vita nei loro quartieri di piacere all’interno del palazzo oppure di fare viaggi di piacere, astenendosi totalmente dal governare e lasciando la gestione degli affari politici in mano agli eunuchi e ai favoriti di corte.
Nel frattempo i Mongoli al nord nella regione di Hohhot - in quella che oggi si chiama Mongolia Interna, una regione autonoma della Cina - si erano uniti sotto il comando di Altan Khan, discendente di Genghis Kahn. Con la capacità militare della Cina ridotta, nel 1542 i Mongoli penetrarono nella Grande Muraglia, bruciarono delle case, razziarono del bestiame e dei cavalli e massacrarono più di 200,000 persone. Nel 1550 i Mongoli attraversarono di nuovo la Grande Muraglia e avanzarono fino alle porte di Beijing, saccheggiando e bruciando la periferia della città. Il governo Ming alla fine riuscì a pacificarli concedendo loro dei diritti speciali di scambi commerciali.
Imperatori durante la Vita di Wang Yangming (1472-1529):
La Dinastia Ming (Ultima Parte)
Il terzo periodo, detto anche della ‘decadenza’ della dinastia Ming, inizia secondo alcuni storici con l’ascesa al trono dell’imperatore Wanli (1572). La maggior parte degli storici lo fa iniziare dal 1581, anno in cui Zhang Juzheng (1525-1582), gran segretario dell’imperatore Wanli, attuò una riforma fiscale su grande scala, nota come la ‘legge della frusta unica’ ( single whip law, yitiao bianfa). Wang Yangming morì nel 1529, per cui questo ultimo periodo della dinastia non riguarda direttamente la presente biografia. È importante invece per uno sguardo alla sorte della filosofia di Wang Yangming dopo la sua morte. Dopo la morte le sue idee si diffusero ampiamente e per un secolo la sua dottrina, con alterne vicende, fu l’ideologia dominante della Cina e venne esportata anche in Corea e in Giappone.
L’ultimo periodo della dinastia Ming fu un periodo di sviluppo fiorente nel commercio, nelle arti e nelle attività letterarie; ma fu anche un periodo di progressivo peggioramento della situazione politica. Preso nel mezzo delle lotte fra i partiti dei letterati (specialmente il partito di Donglin) e gli eunuchi, il paese si trascinava avanti a fatica, finché un giorno lo stesso comandante in capo dell’armata imperiale, a causa di un