«Lucia, sorella mia, vergine consacrata a Dio, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi concedere? Infatti, la tua fede ha giovato a tua madre ed ecco che è divenuta sana. E come per me è beneficata la città di Catania, così per te sarà onorata la città di Siracusa»
C’è un’antica tradizione che curiosamente lega la Sicilia – soprattutto le città di Siracusa e Catania – alla Svezia in particolare e ai paesi scandinavi in genere, ed è il culto di Santa Lucia, la giovane martire cristiana patrona della vista (e degli oculisti) che è diventata anche un simbolo luminoso di rinascita, colei che dolcemente ci guida fuori dalla lunga, buia notte invernale. L’origine del nome Lucia è infatti il latino lux, luce.
Secondo due fonti risalenti al V secolo, una greca, il Codice Papadopulo, e una latina, gli Atti dei Martiri, Lucia sarebbe nata a Siracusa alla fine del II secolo. Di famiglia nobile, ricca e cristiana, era rimasta orfana del padre Lucius all’età di cinque anni, e viveva con la madre Eutychia, che da tempo soffriva di gravi emorragie per le quali non trovava cure. Per questo Lucia ed Eutychia intrapresero un pellegrinaggio a Catania: forse pensando al miracolo dell’emorroissa, riportato dai Vangeli, volevano recarsi al sepolcro della cugina Sant’Agata, martirizzata nel 251,