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Io esco tutti i giorni.
Io esco tutti i giorni.
Io esco tutti i giorni.
Io esco tutti i giorni.
Io esco tutti i giorni.
Io esco tutti i giorni.
Si io esco. Ad esempio ieri sono uscito come al solito per partecipare al laboratorio teatrale come ogni mercoledì mattina. Mi sono alzato come uno zombie dal letto, una lentissima colazione con ancora gli occhi chiusi, la ricerca della roba (a caso), chiavi, sigarette, portafoglio, accendino, la mia compagna che mi fa l'elenco (come fa a sopportarmi la mattina non lo so) e poi via, bacio, moto e via.
Quindi teatro, l'abbraccio con i miei compagni, prima il laboratorio di
"Stranità" e poi le prove per
lo spettacolo del 17 dicembre (che ansia..). Poi pranzo. Di corsa come al solito, e poi TAC timbro del cartellino... al lavoro. Poi RITAC timbro d'uscita, moto, e via fino al campo sportivo, allenamento. Discorsi, le solite sfuriate perchè i ragazzi fanno casino e poi fine, doccia e via.
Sempre veloce perchè devo arrivare in tempo a vedere uno spettacolo... non uno dei soliti. Arrivo, gente tanta gente, tanti bambini, genitori, amici, famiglie e divise blu.
Già uno spettacolo... prima piccoli attori vestiti di bianco, che danzano nello spazio su note musicali bellissime, rappresentano il viaggio, i viaggi. La felicità della partenza, l'ansia, la voglia di scoprire nuovi posti, la mancanza dei genitori, le cose nuove, le amicizie, la solitudine, il gioco, la la scoperta della diversità, l'accoglienza... che solo la magia di un palcoscenico può mettere insieme.
Poi pausa. Si chiude il sipario. Si accendono le luci. Rivedo le facce, gli amici, i bimbi che scendono dal palco, non tutti, e diventano spettatori. E rivedo le divise blu. E poi loro.
Grandi attori vestiti di nero. Genitori, attori, insegnanti e 6 detenuti del carcere di Pontedecimo.
Anche loro parlano del viaggio... quello fatto da tutti noi normalmente e poi quello fatto da loro. Quei 4 passi per 4 passi che ogni giorno fanno nella loro cella "16 splendidi metri quadrati".
Io esco tutti i giorni.
Te lo sei comprato il telefonino figo eh?!? Perchè con quello normale non riuscivi?!?
Io esco e vado da mia madre.
Io nella valigia ci metto la torcia perchè le ombre mi fanno paura.
Io abbraccio tutti i giorni mia moglie.
Questo spettacolo, "Voci del verbo andare", è frutto di un laboratorio teatrale di un anno e più messo in piedi dalla Compagnia del
Teatro dell'Ortica (che frequento) con la scuola Daneo di Genova e i detenuti del carcere di Pontedecimo. Un "andare" prima rappresentato dai bambini e poi dai grandi. Un lavoro lungo, meraviglioso, faticoso e che ha incontrato durante il percorso tanti e troppi ostacoli che potete immaginare. A partire dal fatto che per queste cose non ci sono mai soldi e la maggiorparte delle volte le persone coinvolte devono lavorare gratis oppure addirittura mettendo del loro. Qualcuno potrà obiettare che prima ci sono altri problemi, vero si, ma è anche vero che in questi giorni abbiamo letto di sprechi e di privilegi imbarazzanti per un paese civile che spostano soldi che potrebbero finanziare progetti per la disabilità e per il sociale. Quindi l'applauso che va a tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto è triplo.
Con questo sia chiaro non si vogliono cancellare le colpe di nessuno, nessuna retorica, nessun buonismo, nessuna riga su niente. E' un messaggio lanciato, per far conoscere l'umanità delle persone, l'importanza di questo tipo di lavoro nelle carceri. Per far conoscere alla popolazione che in quelle strutture che alcune delle nostre città ospitano ci sono persone, in 16 metri quadrati sovraffollati e che nella maggiorparte dei casi non hanno niente di rieducativo.
Per fa conoscere l'uomo non l'etichetta.
La mia vita è come una partita di calcio. Il primo tempo l'ho giocato male, ora sono negli spogliatoi ma il secondo tempo lo voglio giocare bene.