Finiva sempre nella stessa maniera il Natale di tanti anni fa.
Si programmava la festa dopo. Già perché per noi bambini era un evento, un momento per stare insieme, giocare con i grandi e andare a letto più tardi.
Il posto era sempre lo stesso, la casa degli zii. Il menù aveva un inizio e raramente si vedeva la fine. Aperitivo fatto da mio padre con una marea di stuzzichini, antipasti infiniti per poi passare ai primi. Ravioli al touccu alla genovese e anche al ragù per rispettare le due origini famigliari, ligure ed emiliana. Poi tagliatelle o un'altra pasta. Per secondo non mancava mai la cima con tanto di salsa verde e via di seguito fino ad arrivare alla frutta secca che si sgranocchiava fino a tarda sera.
Al di là del cibo era lo spirito del Natale indimenticabile, l'ansia dell'aprire i regali, andare a letto col pensiero a quell'uomo con la barba che di lì a poco sarebbe entrato non si sa bene come nella nostra casa per lasciare i doni.
Non ricordo quando mi hanno detto la verità su Babbo Natale, ma chissà fondamentalmente un po' ci si crede ancora. "Papà ma perché non ha mangiato tutti i biscotti" ora mi chiede Greta e dal suo sorriso mi rendo conto quanto in fondo sia bello credere a questa cosa. Poi per la verità ci penseremo a tempo debito.
Ora continuiamo a riunirci per le feste, non più con quelle persone delle tavolate storiche. Qualcuno ci ha lasciato altri si sono persi. Da parte mia cerco di trasmettere a Greta, anche se ancora piccola, già che i miei hanno insegnato a me. Almeno ci provo.
"Papà ora dobbiamo appendere la calza".
Tradizione rispettata, il pensiero è già all'altra festa, passando per capodanno.
Buone feste bella gente.