10 maggio 2020 - 17:39

�Le epidemie generano timori diversi rispetto a terrorismo e terremoti�

Valentina Di Mattei, psicologa clinica e docente all’Universit� del San Raffaele, riflette sul �dopo�: �Occasione per far capire ai pi� piccoli che cos’� il senso di responsabilit�

di Monica Virgili

�Le epidemie generano timori diversi rispetto a terrorismo e terremoti� (Epa)
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E poi? Dopo le mascherine, gli scaffali vuoti del supermercato, gli eventi rimandati che cosa succede? Quando l’ondata del contagio si ritirer� quali segni resteranno nella nostra psiche di questi giorni di ordinaria emergenza? �Finita la fase dell’allarme e dei comportamenti governati dalla parte pi� irrazionale — il cervello limbico — si torner� a ragionare in modo pi� razionale� dice Valentina Di Mattei, psicologa clinica e docente all’Universit� Vita e Salute San Raffaele di Milano.

Quanto pu� durare la fase di allarme nella nostra testa?
�Dipende dall’andamento degli eventi, ma la prima fase di reazione istintiva, intensa, quella che porta a fare le scorte alimentari senza che ci sia una ragione o a chiamare i numeri di soccorso anche senza una vera necessit� � destinata ad esaurirsi in poche settimane�.

Il contagio da coronavirus ha introdotto un nuovo tipo di paura?
�Nei giorni “caldi” non sembra ci sia stato tanto il timore del contagio quanto la paura di qualcosa di invisibile e imprevedibile che � arrivato all’improvviso nelle nostre vite e ci ha fatto perdere la percezione di mantenere il controllo. Il lavoro, la scuola, la partita di calcetto rappresentano la routine rassicurante. Le nuove misure cautelative hanno spezzato la routine e introdotto una nuova quotidianit� cui bisogna abituarsi�.

Hanno creato pi� timori le disposizioni cautelative del virus stesso?
�Sembra paradossale, ma � cos�. Il fatto � che a differenza di quello che succede in altre culture siamo poco abituati a ragionare in modo collettivo, prevale spesso l’ego, che in alcuni casi d� origine a comportamenti discutibili come aggirare i divieti�.

Abbiamo sperimentato altre grandi paure collettive, come quella per il terrorismo o per i terremoti. Sono vissute in modo diverso?
�La prima fase dell’allarme produce comportamenti simili, ma si ha una percezione diversa del pericolo. Con il terrorismo c’era il timore di uscire di casa per prendere treni o aerei che potevano essere obiettivi di attacchi, in questo caso non c’� un nemico fisico da evitare. Anche di fronte alle catastrofi naturali c’� qualcosa di reale da vedere, le macerie, i danni, la trasformazione del territorio, che rende concreta la paura. In questo caso non c’� invece nulla che si possa vedere, senza i divieti e le aree isolate, non sarebbe cambiato niente nelle nostre vite�.

Dall’ansia possiamo trarre qualcosa di positivo?
�C’� il rischio di essere fraintesi, ma � un’emozione che pu� farci bene se sappiamo gestirla. Possiamo sfruttarla come occasione educativa. Contro il virus le nostre armi al momento sono solo norme comportamentali e igieniche, ecco approfittiamone per far capire ai bambini il senso di responsabilit�: lavarsi le mani spesso e non uscire di casa se si teme di essere stati a contatto con persone infette sono azioni civili. Cogliamo l’occasione anche per far comprendere l’importanza dei nostri comportamenti per tutelare la salute, e non affidarsi al pensiero un po’ magico del “faccio quello che voglio tanto poi c’� una pillola che risolve tutto”�.

Rester� un segno nei bambini?
�Soprattutto i piccoli � probabile che abbiano vissuto la chiusura delle scuole come una vacanza. Mi sembra che l’ansia sia stata pi� dei genitori con la mania di organizzare il tempo dei figli. Si pensa, sbagliando, che i bambini o i ragazzi non riescano a sopravvivere a casa senza fare niente, ma non � cos�.

E gli anziani?
�Sono i soggetti pi� fragili, e non solo perch� pi� vulnerabili al virus. Sottolineare, come � stato fatto in modo indelicato ed eccessivo, che le vittime avevano un’et� avanzata risponde al desiderio di esorcizzare il problema, serve a riportarlo nei binari della normalit�. Un meccanismo che scatta nelle persone che appartengono a una fascia d’et� minore, che infatti � quella che veicola l’informazione, ma che pu� far male a chi invece � pi� grande e rischia interpretarla come una specie di condanna ineluttabile. Anche in questo caso la paura dovrebbe lasciare spazio alla razionalit�. Gli anziani, visto che non vanno al lavoro, sono anche le persone che hanno pi� facilit� ad adottare le misure precauzionali, come evitare spostamenti e luoghi affollati�.

Ci saranno pi� depressi?
�� presto per dirlo, sicuramente le persone pi� fragili sono pi� turbate da eventi straordinari�.

Le emergenze creano anche un �effetto comunit�?
�Nelle emergenza cadono le barriere e a volte si � pi� disponibili a vedere le difficolt� degli altri. Ne � un esempio il lavoro da remoto, che probabilmente avr� uno sviluppo nel futuro prossimo e che viene incontro alle necessit� di molte persone con oggettive difficolt� di movimento che fino a ora non sono riuscite a ottenere lo smartworking. Per contro ci sono anche aspetti negativi, come la sovrainformazione: siamo stati bombardati da troppe notizie, troppi dettagli, che rischiano di mandare in confusione, far crescere l’ansia e alla fine percepire in modo sbagliato il livello di rischio�.

Del virus si � parlato tanto anche attraverso i social, e con ironia: questo aiuta?
�Molto. � un meccanismo di difesa che serve a contenere l’ansia. I social, censurabili quando diffondono odio e fake news, possono diventare un veicolo per esorcizzare i timori con una battuta e un sorriso�.

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