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Caitlín R. Kiernan

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
C. R. Kiernan nel 2001

Caitlín Rebekah Kiernan (1964 - vivente), scrittrice statunitense.

La leggenda di Beowulf

Incipit

C'era un tempo prima degli uomini, un tempo ancor prima che il mondo esistesse, quando il cosmo era solo il nero vuoto dell'abisso di Ginnunga. Le distese ghiacciate di Niflheim all'estremo Nord e le terre delle luminose e scintillanti fornaci del gigante Muspell, chiamate Muspellsheim, all'estremo Sud. Nel grande abisso di Ginnunga, i freddi venti settentrionali incontrarono le calde brezze che soffiavano da sud e il turbinio di neve e frandine si sciolse e gocciolò nel nulla per formare Ymir, padre di tutti i giganti del ghiaccio. I giganti lo chiamarono Aurgelmir, colui che fa bollire il fango. Da questo gocciolio di brina si formò pure la prima mucca, Audhumla, che con il suo latte alimentò Ymir e con la lingua leccò un blocco di sale, dando luce al primo degli dei, Buri. In tempi successivi, Bor, il figlio di Buri, ebbe tre figli dalla gigantessa Bestla, Odino, Vili e Ve, e furono loro a uccidere il grande Ymir e a portare il suo corpo nel freddo centro dell'abisso di Ginnunga. Con il suo sangue crearono i laghi, i fiumi e i mari e con le sue ossa scolpirono le montagne. Con i denti massicci formarono le pietre e la ghiaia; con il cervello le nuvole e con il cranio costruirono il cielo e lo stesero in alto sopra la terra. Fu così che i figli di Buri costruirono il mondo che sarbee diventato la casa dei figli degli uomini. (pp. 1-2)

Citazioni

  • [Su Hrothgar] È vecchio, i tempi delle battaglie sono ormai alle sue spalle, la lunga barba e le trecce nei capelli sono bianche come la neve. (p. 8)
  • Che cos'è la vescica piena di un uomo di fronte alla volontà del suo re? (Aesher) (p. 11)
  • Al di là delle possenti mura di fortificazione di Hrothgar, oltre cancelli e ponti e abissi, là dove la campagna e i suoi pascoli si tramutano in territorio incolto, lì c'è una foresta più vecchia della memoria umana, un bosco che esiste da prima dell'arrivo dei danesi. E nelle valli che si estendono all'estremità di quegli alberi nodosi, paludi ghiacciate e laghi senza fondo riconducono al mare, e collinette rocciose crivellate di cave, gallerie scavate nella pietra s'infilano, come larve, nella carne dei morti.
    In una di queste caverne qualcosa di enorme e, agli occhi umani, di spaventoso è accovacciato nella sporcizia e nella ghiaia, in una possa di luce lunare che trapela dall'entrata della caverna. Geme in modo penoso e stringe il cranio deforme e infermo, coprendosi le orecchie sformate nel tentativo di escludere gli strazianti suoni dei festeggiamenti che arrivano come neve martellante e rombante da Heorot. Sebbene il palazzo e la torre sulla scogliera siano solo un bagliore lontano, le pareti e gli spazi della caverna hanno qualcosa di magico, una particolare qualità che esalta quei rumori distanti e li trasforma in un clamore assordante. E così le orecchie di questa specie di troll fischiano e dolgono, fatte a pezzi senza pietà dal canto degli uomini di Hrothgar proprio come la riva viene ridotta in sabbia dalle onde. (p. 13)
  • La creatura stringe i pugni e fissa il gelido cielo notturno dall'ingresso della caverna, implorando senza parole Mani, il dio della luna bianca, figlio del gigante Mundilfari, di por fine una volta per tutte al tremendo rumore. «Io non posso farlo», spiega la creatura al cielo. «Mi è vietato. Mia madre... lei mi ha detto che loro sono troppo pericolosi.» E poi immagina una grandinata di pietre e di fiamme argentate lanciate dal gigante luna, che cadono dal cielo per cancellare per sempre le odiose e ingiuriose voci degli uomini. Ma il canto continua e l'indifferente luna pare schernire il tormento della creatura. (pp. 14-15)
  • [Sugli umani] Ricorda, loro ci faranno del male. Ne hanno uccisi tanti di noi... della nostra specie... giganti, draghi. Ci hanno dato la caccia fin quando non ne sono rimasti più da inseguire. Daranno la caccia anche a te, se prendi l'abitudine di ucciderli. (Madre di Grendel, p. 29)
  • Alcuni odi sono troppo in profondità per essere soddisfatti da una sola notte di terrore e massacro. (p. 31)
  • Puoi desiderare in una mano [...] e cagare nell'altra, e poi guarda quale si riempe prima. (Hrothgar, p. 33)
  • Che gli dei siano dannati e annegati! [...] Se ancora non hanno capito che un venticello e un po' d'acqua non riusciranno mai a spaventarmi, allora sono solo degli esseri sciocchi! (Beowulf, p. 37)
  • Questa giornata ha il colore della tomba, pensa re Hrothgar, fissando tristemente il mare rabbioso e immaginando gli abiti grigi e l'uniforme bagliore grigio degli occhi di Hel che aspetta ogni uomo che non muore in battaglia o per qualche altra impresa coraggiosa, ogni uomo che permette a se stesso di diventare debole e di deperire in torri di pietra. Anche uomini coraggiosi che da giovani hanno ucciso dei draghi possono morire vecchi e ritrovarsi ospiti a Eljudnir, l'umido palazzo di pioggia di Hel. [...] Ha cominciato a vedere i cancelli di Hel in sogno, incubi nei quali lui non fa che snidare e affrontare Grendel, ma quel demonio si rifiuta di lottare con lui, negandogli pure la gentilezza di una morte da eroe. (pp. 41-42)
  • Sono grande e sono forte. Nessuno di loro è un avversario degno di me. Divorerò la loro carne e berrò il loro dolce sangue e triturerò le loro fragili ossa tra i miei denti. (Grendel, p. 54)
  • Le tre norne siedono ai piedi di Yggdrasil, tessendo le trame del Fato di tutte le nostre vite. Io non sono altro che un filo nel loro telaio, come lo siete voi, mia signora. I nostri destini sono già stati orditi in quell'arazzo quando il mondo era ancora giovane. Non si guadagna nulla preoccupandosi di ciò che non possiamo cambiare. (Beowulf, p. 58)
  • Nel suo sogno, Grendel, seduto davanti alla caverna, sta guardando il tramonto. Non è inverno, ma metà estate, e l'aria è calda e sa di erba e di dolce. Il cielo sopra di lui è acceso dalla ritirata di Sol e a est le ombre scure di un lupo del cielo la stanno ricorrendo. Grendel tenta di ricordare i nomi dei due cavalli che, ogni giorno, tirano il cocchio del sole attraverso il cielo, i nomi che sua madre gli aveva insegnato tanto tempo fa. Ha nella testa un dolore tremendo, bruciante, come se fosse morto nel sonno e il suo cranio si fosse riempito di vermi affamati e di scaragaggi rosicchianti, come se cornacchie grigie gli becchettassero avidamente gli occhi e gli infilassero i becchi acuminati nelle orecchie. Ma anche nel sogno, sa che quel dolore non è provocato dai morsi di vermi e dalle pugnalate di becchi.
    No. Il dolore arriva dalle finestre e dalle porte aperte del palazzo di Heorot, attraversa il paese ammorbando il vento e gettando ombre ancora più profonde tra i rami della vecchia foresta. È un canto crudele intonato da una donna crudele, una nenia che lui sa essere stata foggiata proprio per aprirsi un cunicolo nella sua testa e farlo soffrire e rovinargli la pura gioia di una splendida serata estiva. E Grendel sa anche che il sole in questo giorno non sta sfuggendo alle fauci sbavanti del lupo Skoll, ma piuttosto a quel canto. Quel canto che potrebbe squarciare il cielo e fendere le pietre e far evaporare i mari. (pp. 71-72)
  • Questi uomini sono deboli, è vero. Ma uccidono ugualmente draghi e ammazzano troll e fanno guerre e tengono il destino del mondo nelle loro piccole e morbide mani, anche mentre tu giochi con quei pezzetti di conchiglie. (Madre di Grendel, p. 73)
  • «Perché uccidono i draghi?» chiede alla madre che sospira e striscia lungo il bordo della pozza.
    «Perché loro non sono draghi.»
    «Ed è per questo stesso motivo che uccidono i troll?»
    «Non sono dei troll», risponde la madre. «Gli uomini non possiedono né il respiro infuocato né le ali dei draghi, e non hanno la forza dei troll. Sono gelosi di queste cose e le temono. Distruggono. Saccheggiano. Per la gloria, per invidia, per paura e per rendere sicuro il loro mondo. E io non posso nasconderti sempre, figlio mio.» (pp. 73-74)
  • Una corazza forgiata dall'uomo riuscirà soltanto a rallentarmi. No. Stanotte combatteremo alla pari, questo Grendel e io. Deciderà il Fato. Le norne hanno già tessuto il loro arazzo del destino e io non posso disfarlo né con il cuoio né con il freddo ferro. Che il demone mi affronti mentre sono disarmato, se è così che osa farlo. (pp. 80-81)
  • Tutti gli uomini giusti combattono per l'onore e per dimostrare di essere degni di un posto nel Valhalla, potrebbero però anche combattere solo per tenere al sicuro quelle splendide seppur rare visioni che esistono sotto le mura di Midgard, sotto il percorso del sole e della luna. (pp. 81-82)
  • Ammetti di aver fatto sesso con una selvaggia donna dei Vandali eppure ti offendi quando il povero vecchio Olaf solleva la questione delle pecore? (Beowulf, p. 86)

Bibliografia

  • Caitlín R. Kiernan, La leggenda di Beowulf, traduzione di Marina Depisch, Sperling & Kupfer, 2007 ISBN 978-88-200-4405-3

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