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Carme (poesia)

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Il carme è una forma poetica che, a seconda dei tempi, ha indicato un diverso tipo di genere letterario. Si tratta dell'italianizzazione del termine latino Carmen.

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura romana.

Il carme veniva usato in origine presso i Romani per indicare una poesia dal tono solenne e dal carattere rituale e propiziatorio come il Carmen Saliare e il Carmen Arvale.

Più tardi venne usato, prendendo l'esempio dal carme amebeo di origine greca, negli Idilli di Teocrito e nelle Bucoliche di Publio Virgilio Marone ma in forma semplificata.
Carmina convivalia venivano poi chiamati quei canti, in versi saturni, che venivano intonati durante i banchetti e carmina triumphalia quelli che venivano improvvisati, anch'essi in versi saturni, per inneggiare al trionfo di un condottiero.

In latino il termine Carmen va spesso a indicare generi diversi dalla poesia, come i responsi profetici o le formule magiche[1]. Pertanto i poeti che definivano la propria poesia carmen potevano voler indicare una connessione con un ambito magico-sacrale. Perfino le sentenze delle leggi delle XII tavole furono definite carmina.

Durante il Medioevo vennero chiamati carmina i poemi di carattere storico e guerriero, come il Carmen de bello Saxonico, scritto tra il 1075 e il 1076 in versi leonini, o il Carmen in victoriam Pisanorum, anonimo, in versi formati da un settenario sdrucciolo a continuazione e un ottonario piano o ancora il Carmen de bello mediolanensium adversus Comenses che risale circa al 1127 scritto in esametri da Marcus Cumanus.
Ma il termine carme lo troviamo applicato, nel Medioevo, anche a generi diversi come i Carmina Burana, tipico canto goliardico, e al Carmina cantabrigiensia del 1050 circa, che consisteva in una raccolta di poesie sacre e profane.

Dall'Umanesimo in poi

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Dal Petrarca al Boccaccio, dal Boiardo al Bembo, all'Ariosto e fino al Pascoli furono chiamati carmina i componimenti poetici in lingua latina.

Fu Ugo Foscolo che, ripristinando il significato originale del termine, chiamò "carme" una poesia in italiano ispirata alle Odi di Pindaro: le sue Le Grazie e Dei sepolcri, culmine della parentesi neoclassica della poesia italiana.

  1. ^ Ugo Pioletti, Ingiuria, diffamazione e reti sociali, Giur. merito, fasc. 12, 2012, p. 2652B.
    «Nella figura del malum carmen incantare erano sicuramente presenti concezioni magiche che vedevano nello stesso un sortilegio, ossia l'invocazione di forze soprannaturali a danno della persona offesa. Secondo alcune opinioni, esso era l'antenato della moderna diffamazione, mentre, secondo altre, erano prevalenti o esclusive, quali fondamento della punibilità, considerazioni sugli effetti nocivi del carmen intesi come di conseguenze pregiudizievoli per la persona offesa di natura magica o soprannaturale»

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