apologo (  approfondimento) m (pl.: apologhi)

  1. racconto simbolico con uno scopo educativo
  2. (letteratura) succinta operetta narrativa che può apparire come episodio di una più vasta opera o essere in sé conchiusa e indipendente, scritta o anche declamata con fini educativi, formativi, didattici o di elevazione morale e composta in forma di allegoria
a | pò | lo | go

IPA: /aˈpɔloɡo/

dal latino apolŏgus, a sua volta dal greco ἀπόλογος ossia "storia", "favola"

 
« Cosa mai riportò alla concordia cittadina la plebe romana che già stava per spingersi ad atti irreparabili? Forse un discorso filosofico? Nemmeno per sogno! Al contrario, fu il ridicolo e puerile apologo del ventre e delle altre membra. Altrettanto si dica dell'analogo apologo di Temistocle, della volpe e del riccio »
 
«Parmi che questo genere di libri e di composizioni cada nella classe delle favole così dette Milesie, che sono racconti spropositati i quali mirano a dilettare e non a dare insegnamento, a differenza degli apologhi che dilettano ed ammaestrano ad un tempo stesso »
(Miguel de Cervantes, Don Cisciotte della Mancia)
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