Via Cecilia

strada consolare romana

La via Cecilia (in latino Via Caecilia) era una antica via romana che, partendo da Roma, raggiungeva la costa del medio adriatico in territorio piceno.

Via Cecilia
Via Caecilia
Le ipotesi di tracciato della via Caecilia:
Ipotesi di Hülsen (1896) (in giallo), Ipotesi di Radke (1973) (in verde), Ipotesi di Coarelli (2016) (in blu).
La via Salaria augustea, in rosso.
Localizzazione
StatoCiviltà romana
Stato attualeItalia (bandiera) Italia
RegioneLazio
Abruzzo
Informazioni generali
Tipostrada romana
Inizio costruzione284 a.C.
Costruttoreconsole Lucio Cecilio Metello Dentro
Lunghezzameno di 200 km
InizioRoma (da Porta Collina)
FineHadria (Atri), Castrum Novum (Giulianova)
Informazioni militari
UtilizzatoreRepubblica romana,
Impero romano
Funzione strategicaCollegava direttamente Roma all'Alta Sabina (Amiternum) e al Mare Adriatico.
voci di architetture militari presenti su Wikipedia

Il suo tracciato è oggi, in parte, percorso dalla strada statale 80 del Gran Sasso d'Italia.

Nel 1873 il rinvenimento a Roma nei pressi di Porta Collina di una lapide - il cui testo risultava in gran parte mancante - fu sufficiente a dimostrare l'esistenza in epoca romana di una via Caecilia e, insieme al precedente ritrovamento di alcune pietre miliari nel territorio teramano, a fornire degli indizi circa la cronologia di costruzione ed il percorso di quella che da allora sarebbe entrata nel novero delle viae publicae romanae.

Alla fine dell'Ottocento[1] si ritenne che la strada fosse opera di Lucio Cecilio Metello Diademato[2], console nel 117 a.C., da cui aveva preso il nome. Gli studiosi dell'epoca ipotizzarono che la via Caecilia fosse un'alternativa più breve alla già nota via Salaria per raggiungere l'Adriatico. La strada dipartendosi dal percorso della Salaria nel territorio di Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) doveva raggiungere, attraverso i monti tra le valli dei fiumi Salto e Turano prima e il gruppo del Monte Nuria poi, il municipio di Amiternum (San Vittorino) da dove sarebbe proseguita, attraverso il Passo delle Capannelle e la valle de Vomano, verso Hatria (Atri). Una diramazione della via prima di Hatria avrebbe raggiunto Interanmnia Pretuttiorum (Teramo) e quindi la costa, più a nord di Hatria, presso Castrum Novum (Giulianuova).

Studi recenti[3] tendono ad anticipare la realizzazione della strada per opera di Lucio Cecilio Metello Dentro[4], console nel 284 a.C. e ad identificarne il percorso in larga parte con quello più tardi esclusivamente attribuito alla via Salaria da Roma ad Interocrium (Antrodoco) e della sua diramazione che da Interocrium (Antrodoco) raggiungeva Amiternum quindi la costa adriatica[5][6] senza invocare il percorso, più breve ma più accidentato a scavalcare le valli dei fiumi Turano e Salto e i Ceraunii Montes, ipotizzato nell'Ottocento[1].

Gli studi più recenti sulla via Caecilia[7] hanno indotto, indirettamente, un ripensamento anche sulla cronologia realizzativa della via Salaria.

«E cosi potrei considerare fornito il compito assuntomi di ricercare I'andamento e gli avanzi di questa via pubblica, se non che i risultati poco felici avutine in parecchi tratti, malgrado il mio buon volere ad ottenerne frutto bastevole, mi obbligano, se non a fare ancora di più, almeno ad esprimere il vivo desiderio che queste fatte ricerche siano in avvenire di sprone ad altri a seguire con occhio vigile e con intelletto d'amore i futuri rinvenimenti, ond'essi confermino, amplino, ovvero correggano quel che finora si sa in riguardo al corso seguito da questa via romana, che fu certamente la prima via aperta della civiltà umana a traverso queste contrade.»

Riscoperta della via Caecilia

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Alla fine dell'Ottocento una serie di rinvenimenti fortuiti a Roma e nel teramano indussero gli studiosi a riconoscere l'esistenza di una via publica romana fino ad allora sconosciuta: la via Caecilia.

Le vicende che portarono dai rinvenimenti dei reperti, avvenuti in periodi distanti nel tempo e in luoghi distanti nello spazio, alla riscoperta dell'esistenza della via Caecilia, della sua cronologia e del suo possibile tracciato, costituiscono un'esemplare testimonianza di ricerca tra indizi e congetture che, dal secolo scorso, continua ancora oggi.

Studiosi e appassionati continuano a dibattere sul percorso della via Caecilia dal momento che le evidenze archeologiche per supportare le ipotesi sul tracciato sono solo frammentarie.

La lapide di Porta Collina

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Rinvenimento (1873)

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La lapide di Porta Collina e, a fianco, la sua trascrizione.

Durante il periodo di espansione edilizia della città di Roma all'indomani della spostamento della capitale del Regno d'Italia, nel 1873, venne rinvenuta una lapide negli scavi per le fondazioni dell'edificio che avrebbe ospitato il Ministero delle Finanze tra la stazione Termini e via XX Settembre. La lapide, mutila, presentava un'iscrizione di difficilissima lettura.[8]

Catalogazione di Mommsen (1883)

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Theodor Mommsen, includendo l'iscrizone nel suo Corpus Inscriptionum Latinarum come CIL VI, 31603[9], poiché la lapide era stata trovata nei pressi della Porta Collina, principio noto della via Salaria, ravvisando nella parte dell'iscrizione che era ancora possibile leggere la descrizione di alcuni lavori di appalto per la ristrutturazione di una strada ed il nome "Caecilia", la riferì alla via Salaria e a dei lavori di rifacimento generale sulla stessa che sarebbero stati intrapresi durante la censura[10] di Lucio Cecilio Metello nel 115 a.C. e si valse della testimonianza dell'epigrafe tanto per la storia della via Salaria quanto per particolari di diritto pubblico inerenti alla cura delle strade romane.[8]

Letture dell'iscrizione

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«La lezione corretta dell'epigrafe è importante non solo per il diritto pubblico, ma molto più per la topografia stradale dell'Italia.»

Lettura di Hülsen (1896)
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Nel 1893 Christian Hülsen, visionando l'iscrizione presso il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, si convinse del fatto che la pietra non era rotta simmetricamente da entrambe le parti come proposto dalle descrizioni di quanti l'avevano visionata dopo la sua scoperta ma che, nella parte superiore, dovesse essere quasi completa e che quindi fosse possibile proporre un testo per l'iscrizione, supplendo alle lacune, diverso da quello avanzato dal Mommsen[11].[8]

Con l'aiuto di Alfred von Domaszewski, Hülsen integrò le parti mancanti dando in un articolo del 1896 una nuova lettura del testo della lapide:

(LA)

«1 Opera loc(ata)
2 [in v]ia Caecilia de (sestertium... milibus nummum)
3 […a]d mil(liarium) XXXV pontem in flu(v)io
4 [pecuni]a adtributa est , populo const(at)
5 [(sestertium)…….] Q, Pamphilo mancupi et ope(ris);
6 [cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino q(uaestore) urb(ano)
7 [via gla]rea sternenda af mil(liario) [LXXVIII]
8 [et per A]p[e]nninum muunien[da per millia]
9 [pass(uum)] XX pecunia adtributa [est;]
10 [populo c]onstat (sestertiis) n(ummum centum quinquaginta milibus) L. Rufilio L.l.
11 [….]sti man[cu]pi; cur(atore) viar(um) T. Vib(io)
12 [via af] mil(liario) LXX[XXV]III ad mil(liarium) CX[…..] ster
13 [nenda,.....]la Interamnium vor[sus af]
14 [ad mil(.) C]XX; pecunia adtri[buta]
15 [est, popu]lo const(at) (sestertiis sescentis)---(milibus) [n(ummum)]
16 […] T. Sepunio T.f. Q. [..mancupi ossia mancupibus]
17 […,cur(atore) via]r(um) T. Vibio Tem[uudino q(uaestore) u(rbano)]
18 […] arcus dela[psus …..]
19 [………….] mancupi [cur(atore) viar(um)]
20 [T. Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano […..]»

(IT)

«1 Opere commissionate
2 [nella] via Caecilia per (.....migliaia di sesterzi):
3 [Al] miglio XXXV un ponte sul fiume
4 [fondi] stanziati, è reso noto al pubblico
5 [ per ...... (sesterzi)] a Q. Pamphilo appaltatore ed (esecutore) dell'opera,
6 [curatore] delle vie T. Vibio Temuudino, questore urbano;
7 [via] glareata da rabbrecciare dal miglio [LXXVIII]
8 [e attraverso l']Appennino da consolidare per ventimila
9 [passi], stanziati i fondi
10 [è reso noto al] pubblico (per centocinquantamila sesterzi) a L. Rufilio L.l.
11 [.....]ti appaltatore, curatore delle vie T. Vibio;
12 [via dal] miglio LXX[XXV]III al miglio CX[.....] da lastricare
13 [e .....] strada laterale per Interamnium
14 [al miglio] CXX, stanziati i fondi,
15 [è reso noto al pubblico, (per seicento o settecento o ottocentomila sesterzi)]
16 [......]a T. Sepunio T.f. Q. [.. appaltatore o appaltatori],
17 [..... curatore delle vie] T. Vibio Temuudino, questore urbano;
18 [....] arco croll[ato .....],
19 [........] all'appaltatore [ ---], [curatore delle vie]
20 [T. Vibio Temuudino] questore urbano [....];»

Dal nuovo testo Hülsen ravvisò, come già il Mommsen, un capitolato di appalto (locatio operis) ovvero dei lavori pubblici assegnati per la manutenzione della via Caecilia e delle sue infrastrutture[12], inclusi ponti e deviazioni stradali, sotto la direzione come curator viarum del quaestor urbanus T. Vibius Temundinus di cui all'epoca non si avevano altre notizie.

 
Particolare del basolato della via Caecilia presso il sito di Amiternum (2024).

Le prime due linee del testo, riguardano la prescrizione, mentre nelle successive sono elencati, in quattro paragrafi (evidenziati nel testo in diversi colori), gli interventi[13] (la costruzione di un ponte[14], il riattamento di un altro, nonché l'inghiaiatura limitata a tre tratti di strada) secondo uno schema identico, in ogni paragrafo è specificato:

  • il tratto di strada sul quale intervenire.
  • la spesa (pecunia adtributa est, populo, T. constat HS[15]...) distribuita per coprire i costi in sesterzi.
  • il nome dell' appaltatore (manceps) nominato per realizzare i lavori.
  • il nome del curator viarum che aveva ricevuto l'appalto e che doveva supervisionare i lavori.[16]

Hülsen mise in relazione l'iscrizione ad un miliario rinvenuto nel 1823 nei pressi di Sant'Omero[17] ipotizzando che le due iscrizioni si riferissero ad una strada romana della quale non si avevano fino ad allora notizie, fatta costruire da Lucio Cecilio Metello, console nel 117 a.C., lo stesso invocato dal Mommsen, dal momento che sull'iscrizione di Porta Collina Hülsen intese, alla prima riga, via Caecilia.

Lo studioso arrivò, in base ad indizi di tipo stilistico ed epigrafico, a datare l'età dell'iscrizione di Porta Collina all'epoca di Silla[18](138 a.C.- 78 a.C.).

Basandosi sul testo da lui proposto, Hülsen avanzò poi un'ipotesi di tracciato per la via e addirittura sul costo di realizzazione dei lavori per miglio. L'anno successivo il Persichetti svolse un'indagine nei luoghi lungo i quali, secondo Hülsen, si sarebbe snodata la strada, trovando solo alcune evidenze archeologiche a supporto dell'ipotesi del tedesco.

Lettura Guidobaldi (1997)
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Nel 1997, durante un convegno sulla storia della via Salaria in età antica, Maria Paola Guidobaldi[19] fornì una lettura più accurata della lapide di porta Collina basandosi sull'osservazione che il capitolato, riferendosi in quattro distinti paragrafi a quattro tratti di strada su cui intervenire, usasse la stessa formula nell'invocare il nome del curator viarum che aveva ricevuto l'appalto. Trattandosi sempre dello stesso T. Vibius Temundinus l'osservazione rendeva predicibile il testo e quindi il numero delle lettere mancanti sul lato sinistro dell'iscrizione che la Guidobaldi stimò essere di quindici lettere anziché di sei o sette come aveva fatto l'Hülsen, dando un'indicazione più precisa sulla quantità di testo necessaria per integrare ogni riga[20].

La lettura di Guidobaldi veniva perciò ad essere:

(LA)

«1 [Haec] opera loc(ata)
2 [reficienda v]ia Caecilia de (sestertium)
3 [nummum---(milibus) af mil(iario)--- a]d mil(iarium) XXXV pontem in fluio
4 [Farfaro pecuni]a ad.tributa est populo const(at)
5 [(sestertium) n(ummum)---]sq Pamphilo mancupi et ope(rario)
6 [---cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino q(uaestore) urb(ano)
7 [item gla]rea sternenda af mil(iario) [---ad ]
8 [mil(iarium) --- et per Ap]penninum muunien[da af mil(iario)]
9 [--- ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tributa [est]
10 [populo c]onst(at) (sestertium) n(ummum) (centum quinquaginta milibus) L.Rufilio L.l.
11 [ --- Ore]sti man[cu]pi cur(atore) viar(um) T. Vib[io]
12 [Temuudino q(uaestore) urb(ano) af] mil(iario LXX[XXV]III ad mil(iarium) CXV[--]
13 [et per deverticu]la Interamnium vo[rsus af]
14 [mil(iario)---ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tri[buta]
15 [est pop]ulo const(at) (sestertium sescentis)---(milibus) [n(ummum)]
16 […] T. Sepunio T.fo[---]
17 [mancupi cur(atore) via]r(um) T. Vibio Tem[uudino q(uaestore) urb(ano)]
18 [ad mil(iarium) --- restituendus] arcus de.la[psus pecunia]
19 [adtributa est populo const(at) (sestertium)---(milibus) n(ummum)] mancupi [---cur(atore) viar(um)]
20 [T. Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano) [---]

(IT)

«1 [Queste] opere (sono state) commissionate
2 [per la ristrutturazione della] via Caecilia per [ ---- migliaia
3 (di sesterzi): dal miglio --- fino] al miglio XXXV al ponte sul fiume Farfa
4 [fondi] stanziati, è reso noto al pubblico
5 [--- (sesterzi)] a Q. Pamphilo appaltatore ed (esecutore) dell'opera,
6 [--- curatore] delle vie T. Vibio T[e]muudino, questore urbano;
7 [inoltre, da] lastricare con ghiaia dal miglio [--- fino]
8 [al miglio --- e attraverso l']Appennino da consolidare(/attrezzare) dal miglio
9 [--- fino al miglio ---] XX, fondi stanziati
10 [è reso noto] al pubblico (per centocinquantamila sesterzi) a L. Rufilio L.l.
11 [ --- Ore]sti appaltatore, curatore delle vie T. Vib[io]
12 [Temuudino, questore urbano;{{{2}}}
13 [e lungo le deviazioni] verso Interamnium dal
14 [miglio --- al miglio ---] XX, fondi stanziati
15 [è reso noto al pubblico per (seicento)] --- (migliaia di sesterzi)
16 --- a T. Sepunio T.f[o ---]
17 [appaltatore, curatore delle] vie T. Vibio Tem[uudino, questore urbano];
18 [al miglio --- da restaurare] l'arco crollato stanziati
19 [i fondi, è reso noto al pubblico per --- (migliaia di sesterzi)] all'appaltatore [--- , curatore delle vie]
20 [T. Vibio Temuudino] questore urbano [---];»

A differenza della lettura di Hülsen, nella versione della Guidobaldi appare chiaro che l'appalto sulla via Caecilia si riferiva a quattro lotti in cui sono presenti tre tratti di strada dei quali, nell'iscrizione, vengono specificati l'inizio ed il termine seppure tali indicazioni siano, per alcune, nelle parti del testo mancanti per cui soggette a congetture.[21]

Letture a confronto
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Le due versioni delle integrazioni dell'iscrizione di Porta Collina a confronto con i diversi tratti interessati dai lavori, evidenziati in diversi colori:

(LA)

«1 Opera loc(ata)
2 [in v]ia Caecilia de (sestertium... milibus nummum)
3 […a]d mil(liarium) XXXV pontem in flu(v)io
4 [pecuni]a adtributa est , populo const(at)
5 [(sestertium)…….] Q, Pamphilo mancupi et ope(ris);
6 [cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino q(uaestore) urb(ano)
7 [via gla]rea sternenda af mil(liario) [LXXVIII]
8 [et per A]p[e]nninum muunien[da per millia]
9 [pass(uum)] XX pecunia adtributa [est;]
10 [populo c]onstat (sestertiis) n(ummum centum quinquaginta milibus) L. Rufilio L.l.
11 [….]sti man[cu]pi; cur(atore) viar(um) T. Vib(io)
12 [via af] mil(liario) LXX[XXV]III ad mil(liarium) CX[…..] ster
13 [nenda,.....]la Interamnium vor[sus af]
14 [ad mil(.) C]XX; pecunia adtri[buta]
15 [est, popu]lo const(at) (sestertiis sescentis)---(milibus) [n(ummum)]
16 […] T. Sepunio T.f. Q. [..mancupi ossia mancupibus]
17 […,cur(atore) via]r(um) T. Vibio Tem[uudino q(uaestore) u(rbano)]
18 […] arcus dela[psus …..]
19 [………….] mancupi [cur(atore) viar(um)]
20 [T. Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano […..]»

(LA)

«1 [Haec] opera loc(ata)
2 [reficienda v]ia Caecilia de (sestertium)
3 [nummum---(milibus) af mil(iario)--- a]d mil(iarium) XXXV pontem in fluio
4 [Farfaro pecuni]a ad.tributa est populo const(at)
5 [(sestertium) n(ummum)---]sq Pamphilo mancupi et ope(rario)
6 [---cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino q(uaestore) urb(ano)
7 [item gla]rea sternenda af mil(iario) [---ad ]
8 [mil(iarium) --- et per Ap]penninum muunien[da af mil(iario)]
9 [--- ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tributa [est]
10 [populo c]onst(at) (sestertium) n(ummum) (centum quinquaginta milibus) L.Rufilio L.l.
11 [ --- Ore]sti man[cu]pi cur(atore) viar(um) T. Vib[io]
12 [Temuudino q(uaestore) urb(ano) af] mil(iario LXX[XXV]III ad mil(iarium) CXV[--]
13 [et per deverticu]la Interamnium vo[rsus af]
14 [mil(iario)---ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tri[buta]
15 [est pop]ulo const(at) (sestertium sescentis)---(milibus) [n(ummum)]
16 […] T. Sepunio T.fo[---]
17 [mancupi cur(atore) via]r(um) T. Vibio Tem[uudino q(uaestore) urb(ano)]
18 [ad mil(iarium) --- restituendus] arcus de.la[psus pecunia]
19 [adtributa est populo const(at) (sestertium)---(milibus) n(ummum)] mancupi [---cur(atore) viar(um)]
20 [T. Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano) [---]»

Altre traduzioni dell'iscrizione di Porta Collina
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Nell'ambito degli studi sulle vie di comunicazione romane e sulle competenze delle magistrature romane vari studiosi si sono imbattuti nell'iscrizione di Porta Collina, ricca di dettagli sulle consuetudini in età repubblicana nel mondo degli appalti e della cura delle strade. Tra le varie traduzioni proposte per l'iscrizione da ricordare quella riportata da Dillon e Garland nel 2013[22] che sostanzialmente concorda con quella parziale proposta in un articolo della svizzera Anne Kolb nel 2014[23]:

(EN)

«...Works...on the Via Caecilia [let out at contract]... out of [....thousands sesterces. A]t the thirty-fifth milestone a bridge over the river, [the sum assigned, at the cost to the people of [....sestercesl; Quintus Pamphilus, contractor, and workmen, with Titus Vibius T[e]mudinus, city quaestor, as [overseer] of roads; [the road] must be laid in [gr]avel from the [78th] milestone and pav[ed] through the [A]p[e]nnines for a distance of 20,[000 paces], the sum assigned, [at the c]ost [to the people] of [1]50,[000] sesterces. Lucius Rufilius, freedman of Lucius and Lucius, [...] contractor, with Titus Vibius, [quaestor], as overseer of roads; [the road must laid] from the 9[8]th milestone to the 11[... milestone...turn-offt]o Interamnium u[p to the 1]20th milestone; the sum assi[gned, at the cost to the peop]le of 600,000(?) sesterces ... Titus Sepunius O[...], son of Titus, [contractor], with Titus Vibius [T]em[udinus], city quaestor, as overseer of ro]ads ... fallen [down] arch ... [the sum assigned, at a cost to the people of ... sesterces ...; ...] contractor, [with Titus Vibius], city quaestor, [as overseer of roads] ...»

(IT)

«... Lavori ... sulla Via Caecilia [appaltati] ... per [....migliaia di sesterzi. Al] trentacinquesimo miglio un ponte sul fiume, [la somma assegnata, a carico del popolo di [....sesterzi]; Quinto Pamfilo, appaltatore, e operai, con Tito Vibio T[e]mudinus, questore cittadino, come [sovrintendente] delle strade; [la strada] deve essere posta in [gh]iaia dal [78°] miglio e pav[imentata] attraverso gli [A]ppennini per una distanza di 20,[000 passi], la somma assegnata, [al costo] [per il popolo] di [1]50,[000] sesterzi. Lucio Rufilio, liberto di Lucio e Lucio, [...] appaltatore, con Tito Vibio, [questore], come sovrintendente delle strade; [la strada deve essere posta] dal 9[8]° miglio all'11[... miglio... deviazione] verso Interamnium fi[no al 1]20° miglio; la somma asse[gnata, a carico del popo]lo di 600,000(?) sesterzi ... Tito Sepunio O[...], figlio di Tito, [appaltatore], con Tito Vibio [T]em[udinus], questore cittadino, come sovrintendente del]le strade ... arco crollato ... (la somma assegnata, a carico del popolo di ... sesterzi ...; ...] appaltatore, [con Tito Vibio], questore cittadino, [come sovrintendente delle strade] ...»

(EN)

«These works were contracted for repairs of the Via Caecilia out of a cash appropriation of [-] sestertii. Money appropriated for the repair of a bridge over the river Farfarus (?) at the 35th milestone; the people agree to pay [- sestertii] to Q. (?) [ -]sius Pamphilus, freedmen of Quintus, contractor and [director] of the works, while T. Vibius Temudinus, urban quaestor, was curator viarum (in charge of the roads). The road to be paved with gravel from the [-] milestone to the [-] milestone and built across the Appennines from the [-] milestone to the [-] milestone. The money was appropriated; the community agreed to pay 150,000 sestertii to L. Ruilius, freedman of Lucius and Lucius, contractor, while Q. Vibius Temudinus, urban quaestor, was curator viarum.»

(IT)

«Questi lavori sono stati contrattati per le riparazioni della Via Cecilia con una dotazione in denaro di [-] sesterzi. Denaro stanziato per la riparazione di un ponte sul fiume Farfarus (?) al 35º miglio; la gente accetta di pagare [- sesterzi] a Q. (?) [-]sius Pamphilus, liberto di Quinto, appaltatore e [direttore] dei lavori, mentre T. Vibius Temudinus, questore urbano, era curator viarum (responsabile delle strade). La strada da pavimentare con ghiaia dal [-] miglio al [-] miglio e costruita attraverso gli Appennini dal [-] miglio al [-] miglio. Il denaro è stato stanziato; la comunità ha accettato di pagare 150.000 sesterzi a L. Ruilius, liberto di Lucio e Lucio, appaltatore, mentre Q. Vibius Temudinus, questore urbano, era curator viarum.»

Cronologia della via Caecilia

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Cronologia Barbetta (1997)
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Nello stesso convegno del 1997 in cui la Guidobaldi presentò la nuova lettura della lapide di Porta Collina, Silvia Barbetta[24] propose l'ipotesi di una differente cronologia per la realizzazione della via Caecilia rispetto a quanto concordato fino al allora dagli studiosi, anticipando, come già fatto da Wiseman nel 1970[25], la realizzazione della strada per opera di Lucio Cecilio Metello Dentro, console nel 284 a.C., all'epoca della conquista romana della costa picena nel III secolo a.C.[26]. Barbetta ritenne che, con la definitiva sconfitta dei Sabini e dei Pretuzi ad opera del console Manio Curio Dentato, nel 290 a.C., e la fondazione in territorio pretuzio di Hatria nel 289 a.C. e di Castrum Novum nel 284 a.C., si fosse resa necessaria una via di comunicazione più rapida tra Roma e la costa adriatica.[27][28]

Aggiunte di Coarelli (2016)
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In un articolo del 2016[29], Filippo Coarelli, accogliendo con alcune precisazioni la lettura della Guidobaldi, propose una datazione più accurata della lapide di Porta Collina in base ad elementi stilistici e associando la figura del questore urbano e curator viarum T. Vibius Temudinus, menzionato nell'iscrizione, all'unico Vibius noto nelle fonti epigrafiche, vissuto in epoca compatibile, con un magistrato nominato in un'iscrizione proveniente da Messene in Tessaglia e databile intorno al 103 a.C. Coarelli ascrisse così la lapide di porta Collina ad un periodo intorno al 113 a.C.[30], data pienamente compatibile con l'epoca Sillana[31] già proposta da Hülsen.

Cippo Vallorino o di Sant'Omero scoperto nel 1823 in località Vallorina a Sant'Omero (TE).

Coarelli accolse anche l'ipotesi di Barbetta di identificare il responsabile dell'opera originale in Lucio Cecilio Metello Dentro, console nel 284 a.C. «che avrebbe inteso così collegare Roma con le nuove aree sabine e adriatiche acquisite da Manio Curio Dentato a partire dal 290 a.C.» precisando che la mancanza di informazioni sulla costruzione della via siano dovute alla perdita dell'XI libro del Ab Urbe condita di Tito Livio ove l'opera doveva essere ricordata.[32]

 
L'albero genealogico dei Cecilii Metelli (III-I sec. a.C.).

Lo studioso notò poi che Lucio Cecilio Metello Dentro, morto con la carica di pretore nel 283 a.C. presso Arezzo, sarebbe stato sostituito alla pretura proprio da Manio Curio Dentato il quale potrebbe aver portato a termine i lavori della via Caecilia intrapresi dal suo predecessore. Inoltre Coarelli aggiunse che «la necessità di un restauro della via verso la fine del II secolo a.C. sembra compatibile con una data di realizzazione anteriore di circa 170 anni, comunque compresa tra il 292 e il 219, come si ricava dal silenzio di Livio. Ciò potrebbe spiegare il miliario di Sant'Omero con il nome di L. Caecilius Q.f. Metellus, che dovrebbe essere Metello Diademato, console del 117 e censore del 115: si dovrebbe infatti trattare del magistrato autore del restauro della via, il cui intervento potrebbe spiegarsi come "un esempio di continuità familiare nell’interesse per la via Caecilia". In tal caso, l’incarico sarebbe stato affidato, per la sua realizzazione pratica, al questore T. Vibius Temudinus, di cui si confermerebbe così la cronologia “alta” (probabilmente 115-114 a.C.)»[32].

Importanza della via Caecilia nella storia romana

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«La strozzatura delle gole di Antrodoco rappresenta un punto nodale della viabilità nel raccordo tra l’alta valle del Velino e quella dell’Aterno e dunque tra la Sabina interna e il traguardo adriatico. Lo snodo interocrino si articola sfruttando le potenzialità strategiche del quadro geomorfologico che obbliga, direziona e condiziona quello che fin da età antichissima si è dimostrato essere come uno dei percorsi più veloci per raggiungere dalle montagne reatine il litorale abruzzese e viceversa. A partire dagli inizi del III sec. a.C. questo percorso fu codificato attraverso la creazione della prefettura intermedia di Amiternum e del suo terminale costiero, posto al confine meridionale dell’agro pretuzio conquistato, rappresentato dalla più antica colonia in prossimità dell’Adriatico che da quel mare prende il nome: Hatria

La via, oltre ad essere un importante asse commerciale, assunse particolare importanza militare nella storia romana, in almeno tre momenti:

«[...] questa via avrebbe sempre avuta molta importanza politica, strategica e commerciale, poichè avrebbe ricongiunta alla capitale la regione degli Equi, che non aveva altra strada, e quella dei Sabini di Amiternum, come pure l'altra dei Pretuziani occidentali. Essa strada quindi ebbe ben interessante ragione di essere per l'utilità non lieve che, sotto vari aspetti, ne derivava alla repubblica.»

Il percorso della via Caecilia

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Le tre ipotesi principali

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Le scarse evidenze archeologiche e la difficilissima lettura della lapide di Porta Collina insieme alla contemporanea presenza della via Salaria che, nei secoli, potrebbe essersi sostituita nell'uso e nella memoria al percorso della via Caecilia, hanno reso la ricerca del percorso della via Caecilia un enigma cui si sono dedicati nell'arco di più di un secolo molti validi studiosi del mondo romano e della sua viabilità.

 
Le due principali ipotesi del percorso della Salaria, Hülsen (1896) e Radke (1973), prima delle ipotesi del ventunesimo secolo, nella ricostruzione di Sandro Zenodocchio (2008).

Fino agli anni novanta del secolo scorso due erano le ipotesi principali circa il percorso della via Caecilia:

  • ipotesi di Hülsen (1896): la prima ipotesi di percorso, proposta alla fine dell'Ottocento che per quasi un secolo è stata la sola, universalmente accettata dalla comunità degli studiosi del mondo classico, tanto da essere riportata sugli atlanti storici[36] nella rete stradale romana. Hülsen ipotizzò la via Caecilia come diramazione della Salaria per raggiungere in maniera più diretta Amiternum e l'Adriatico. L'ipotesi venne vagliata da una approfondita ricerca sul campo di Persichetti culminata in un articolo nel 1898[37].
  • ipotesi di Radke (1973): la seconda ipotesi, proposta alla fine del Novecento, da Radke rigetta completamente le tesi di Hülsen di un percorso che valicasse le valli del Turano e del Salto e addirittura il gruppo del monte Nuria per giungere ad Amiternum giudicandolo troppo aspro. Radke ritenne il percorso della Caecilia assolutamente corrispondente con quello della via Salaria fino ad Asculum (Ascoli Piceno) da dove, con una diramazione verso sud, si sarebbero raggiunte le altre colonie romane di Interamnia (Teramo), Castrum Novum (Giulianova) e Hatria (Atri). L'ipotesi di Radke, con delle correzioni e delle precisazioni, venne ripresa in larga parte nel 2008 da Sandro Zenodocchio in un suo scritto sulla viabilità romana in Abruzzo[38].

Negli ultimi anni del Novecento, con la lettura proposta da Guidobaldi nel 1997, il dibattito si è acceso di nuovo sulla via Salaria, spostandosi poi anche a riconsiderare nuove ipotesi intermedie tra quella di Hülsen e quella di Radke per la via Caecilia[39]:

  • ipotesi di Coarelli (2016): Coarelli identifica il percorso della via Caecilia in due distinti tratti. Il primo tratto della via Caecilia sarebbe stato una variante più diretta verso l'alta Sabina rispetto al percorso della via Salaria antica ed il secondo tratto della via Caecilia sarebbe stato una diramazione del percorso della via Salaria, da Interocrium, verso Amiternum ed il mare Adriatico sulla costa verso Hatria e Castrum Novum.

Giova ricordare che, per Hülsen e Coarelli, entrambe le viae, Salaria e Caecilia, si dipartivano da Roma a Porta Collina, da dove le miglia venivano misurate. Per entrambe le strade il tratto da Roma ad Eretum era comune alle due vie e misurava perciò la stessa distanza (Eretum era al miglio XVIII per entrambe le viae).

Radke riteneva, invece, per la via Caecilia, che le miglia venissero calcolate da un puntò più lontano da Roma rispetto alla Porta Collina da cui erano calcolate le miglia per la via Salaria di età augustea (prevedendo quindi che la via Caecilia attraversasse le stesse località della via Salaria ma con un miliario indicante numeri inferiori rispetto alla via Salaria di età augustea)[40].

Ipotesi di Hülsen (1896): via Caecilia come diramazione diretta della via Salaria per Amiternum e l'Adriatico

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Basandosi su tre indizi[41] presenti nel testo proposto per l'iscrizione e combinando la informazioni dal testo proposto con le informazioni fornite dal ritrovamenti di alcune pietre miliari nel territorio teramano, Hülsen ipotizzò che «La via Caecilia probabilmente non fu altro che una diramazione della Salaria, destinata a formare una comunicazione più diretta fra la capitale, la vallata di Amiternum ed il Mare Superum.» e procedette a fornire una congettura sulla carta del percorso seguito dalla via Caecilia.

 
La via Caecilia nell'ipotesi di Hülsen (1896).
 
Christian Hülsen (1905).

L'ipotesi di Hülsen prevedeva che la via Caecilia seguisse da Roma il percorso della Salaria e si diramasse da questa, in territorio sabino, all'altezza del ponte sul fiume Farfa, al XXXV miglio, per raggiungere ad est Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) e proseguire verso est.

La strada avrebbe quindi superato il fiume Turano guadagnando l'altopiano dove successivamente sarebbe sorta l'abbazia di San Salvatore Maggiore per poi ridiscendere nella valle del Salto e raggiungere il municipio di Cliternia in territorio equo.

Il percorso avrebbe poi superato la catena del Monte Nuria per raggiungere Amiternum.

Dal municipio sabino la strada avrebbe quindi traversato l'Appennino attraverso il Passo delle Capannelle e raggiunto la costa lungo la valle del Vomano presso Hatria (Atri).

Prima di arrivare ad Hatria una diramazione della via Caecilia avrebbe raggiunto Interamnia Pretuttiorum (Teramo)[42].

Indagine di Persichetti sull'ipotesi di Hülsen (1898)
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Niccolò Persichetti, concordò con Hülsen che la via Caecilia, distaccandosi dalla Salaria in territorio sabino, fosse un'alternativa più breve, rispetto alla via Salaria, per raggiungere il territorio piceno attraversando i territori equi dell'interno per raggiungere Amiternum.

 
La via Cecilia da Trebula Mutuesca ad Amiternum secondo Persichetti (1898).
 
Niccolò Persichetti, Marchese di Santa Mustiola (1908).

Egli condusse, successivamente all'articolo del tedesco, un'indagine sul campo, seguendo il percorso ipotizzato da Hülsen, alla ricerca di evidenze archeologiche del passaggio della via Cecilia partendo dal XXXV miglio della via Salaria ove riconobbe Ponte Buida come il ponte sul fiume Farfa nella lettura della lapide di Porta Collina fatta da Hülsen. Lo studio di Persichetti venne pubblicato nel 1898. A supporto delle sue ricerca il Persichetti presentò, tra le altre cose:

  • nel tratto tra Ponte Buida (XXXV miglio della via Caecilia) ed Amiternum: i resti delle fondazioni di un ponte romano all'attraversamento del fiume Turano presso il Ponte Mercatello nei dintorni di Rocca Sinibalda, la presenza di resti romani all'abbazia di San Salvatore Maggiore (in particolare due rocchi di colonna in granito di provenienza estranea che avrebbero sicuramente necessitato della presenza di una strada carrabile per essere trasportati fin là[43]), i resti delle fondamenta di un ponte romano sul fiume Salto nei pressi dell'abitato di Concerviano detto "Ponte Latrone", resti di una strada romana nei pressi di Capradosso, il "Ponte Nascuci" nel territorio di Scoppito (AQ).
  • nel tratto tra Amiternum ed il Passo delle Capannelle: il basolato della via Caecilia presso Amiternum.
  • nel tratto tra il Passo delle Capannelle ed Atri: resti di sostruzione della strada nei pressi di Poggio Umbricchio, un pilone presso il Ponte Paladini.
  • nei dintorni di Teramo: il miliario CXIX di Sant'Omero rinvenuto nel 1823.

Ipotesi di Radke (1973): via Caecilia come versione primitiva della via Salaria verso l'alta Sabina e l'Adriatico

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La via Salaria/Caecilia secondo Radke (1973).

Gerhard Radke, nel 1973, in una pubblicazione sulla viabilità romana, viae publicae Romanae nell'aggiornamento della Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft[40], pubblicata in italiano nel 1981, confutò l'ipotesi di Hülsen sul percorso della via Caecilia attraverso il territorio sabino tra Trebula Mutuesca e Amiternum ritendendolo poco probabile per una strada romana visto l'andamento, a suo parere, troppo impervio, concedendo che, al massimo, quel tracciato potesse riferirsi ad una realizzazione più antica della via Caecilia.

 
Mappa del percorso della via Salaria/Caecilia secondo Sandro Zenodocchio (2008)

Radke formulò quindi l'ipotesi che la via Caecilia non fosse altro che una strada più antica sul percorso che poi verrà occupato dalla via Salaria fino ad Asculum (Ascoli Piceno) a differenza del tratto finale che, piegando verso sud da Asculum, avrebbe raggiunto Castrum Novum e quindi Hatria.

Secondo Radke, quindi, la via Cecilia ricalcava esattamente, nella prima parte, fino ad Asculum, la vecchia via Salaria: da Asculum si sarebbe diretta verso Castrum Novum (l'odierna Giulianova) e Hatria (l'odierna Atri). In definitiva il prolungamento costituito della via Cecilia, rispetto alla Salaria, avrebbe sostanzialmente interessato solamente l'area che in età augustea farà parte della regio V Picenum.

Ipotesi di Zenodocchio (2008)
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Nel 2008 Sandro Zenodocchio formulò un'ipotesi di tracciato per la via Caecilia simile a quella del Radke ma più precisa e coerente rispetto ai miliari rinvenuti nel teramano ed ai diverticoli che si diramavano dalla via per raggiungere le colonie romane nel medio Piceno.[38]

Ipotesi di Coarelli (2016): via Caecilia come raccordo nella Sabina e deviazione della via Salaria verso Amiternum e l'Adriatico

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In un articolo del 2016[29] Filippo Coarelli sulle basi delle conclusioni della Guidobaldi sulla lettura dell'iscrizione del Porta Collina suggerì che la via Caecilia fosse stata realizzata, insieme alla via Salaria per la conquista della Sabina e del Piceno nel III sec. a.C. ricordando come già il Mommsen ritenesse che, in antico, la via Salaria, o piuttosto una sua diramazione, raggiungesse Amiternum[44].

(LA)

«Itinerarium Antonini quam novit Salaria a Roma pergit per Reatem et Asculum ad ostia Truenti et inde per oram Hadriam. Videndum tamen, ne antiquius Salariae terminus magis fuerit ad Amiternum; id enim fortasse Strabo indicare voluit cum ait (5, 3, 1, p. 228) Salariam percurrere agrum Sabinorum, cuius ibidem commemorat oppida Reate et Amiternum, eodemque ducit, quod Coelius (apud Livium 26, 12) Hannibalem significat Amiterno profectum esse Reate. Fortasse utrumque verum est, certe miliaria docuerunt Salariam diverticulum habuisse ad Interocrium, inde laevorsum pergere Asculum, dextrorsum Amiternum indeque Interamnium et fortasse ulterius ad ostia Helvini et oppidum Castrum Novum. Numeri utriusque viae continuantur, ut utrique caput sit urbs Roma.»

(IT)

«L'Itinerario di Antonino menziona la Via Salaria che da Roma procede attraverso Rieti e Ascoli Piceno fino alla foce del fiume Tronto e poi lungo la costa adriatica. Tuttavia, si deve considerare che il termine antico della Via Salaria potrebbe essere stato più verso Amiternum. Questo è indicato anche da Strabone che afferma che la Salaria attraversa il territorio dei Sabini, menzionando le città di Rieti e Amiternum. La stessa indicazione sembra fornita da Coelius, che secondo Livio, riferisce che Annibale si mosse da Amiternum verso Rieti. È possibile che entrambe le affermazioni siano vere. I miliari (pietre miliari) indicano che la Via Salaria aveva una deviazione verso Interocrium (oggi Antrodoco), procedendo poi a sinistra verso Ascoli Piceno e a destra verso Amiternum, e da lì fino a Interamnia (oggi Teramo) e forse oltre fino alla foce del fiume Helvinus e al borgo di Castrum Novum. I numeri di entrambe le strade si continuano, indicando che Roma è il punto di partenza per entrambe le direzioni.»

La nuova lettura della Guidobaldi, secondo Coarelli, escludeva parte della ricostruzione dell'itinerario fatta da Hülsen (quella dal Ponte Buida ad Amiternum) mentre sconfessava del tutto l'ipotesi di Radke. Coarelli concorda, come già fatto dalla Guidobaldi[45], con quanto sostenuto dalla Barbetta[46] circa il tracciato della via Caecilia[47] aggiungendo delle fini argomentazioni a sostegno.

Percorso della via Salaria prima della costruzione della via Caecilia
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Filippo Coarelli durante una presentazione a Roma (2018).
Coarelli ricorda come nel tratto iniziale, da Porta Collina ad Eretum, il percorso della via Caecilia combaciasse con quello della più antica via Salaria che metteva in comunicazione la città dei Sabini al guado sul Tevere presso l'Isola Tiberina per l'approvvigionamento del sale proveniente dal Campus Salinarum, le saline a nord della foce del Tevere (Fiumicino) che venivano raggiunte da Roma attraverso la cosiddetta via Campana.[48] Eretum era dunque al miglio XVIII per entrambe le strade.
Da Eretum, però, ricorda sempre Coarelli, la via Salaria antica si dirigeva verso ovest, all'interno della Sabina, per raggiungere Cures, capitale dei Sabini e gli altri villaggi sabini dell'interno, raggiungendo più a nord la valle del fiume Farfa, del quale avrebbe costeggiato il corso, risalendolo[49].[50]
Dopo la conquista della Sabina, a partire dal 290 a.C., dalla valle del Farfa la via Salaria sarebbe stata prolungata con un raccordo verso nord per raggiungere Reate (Rieti), l'alta Sabina e da lì i territori piceni da colonizzare.
Primo tratto della via Caecilia: raccordo con la via Salaria da Eretum a Ponte Buida
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La via Salaria ed il primo tratto della via Caecilia secondo Coarelli (2016).

Dalla lettura del testo proposto da Guidobaldi, Coarelli inferiva che, il primo tratto interessato dai lavori di restauro della via Caecilia ricordati dalla lapide di Porta Collina si riferissero al tratto che partiva da Eretum, al miglio XVIII della via Caecilia, fino al miglio XXXV della stessa via Caecilia, dove la via Caecilia si ricollegava all'antica via Salaria che risaliva il corso del Farfa, presso Ponte Buida.

In definitiva la via Caecilia, il cui compito era di fornire un accesso più immediato ai territori piceni, si risolse, nel suo primo tratto, in un nuovo raccordo per la via Salaria.

Di lì a pochi secoli nessuno si sarebbe più ricordato che l'originale percorso della Salaria da Eretum passava verso l'interno ed il nome della via Caecilia sarebbe scomparso.

 
La viabilità tra Roma e l'area adriatica in un disegno di Quilici Gigli (1986) modificato da Coarelli (2016).

La costruzione del primo tratto della via Caecilia, dal XVIII al XXXV miglio sarebbe avvenuta in contemporanea o poco dopo i lavori per la realizzazione del prolungamento della via Salaria fino a Reate (Rieti) che si trovava al miglio XXXXVII della via, proseguendo quindi per Acque Cutiliae (Cotilia) fino ad Interocrium (Antrodoco) e da lì verso nord, lungo le gole del Velino, fino a raggiungere il Passo della Torrita, Asculum (Ascoli Piceno) ed infine la costa a Castrum Truentinum (Martinsicuro).

Secondo tratto della via Caecilia: diramazione della via Salaria verso Amiternum e l'Adriatico
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Il resto dell'iscrizione della porta Collina, secondo Coarelli, lascia intendere che il secondo tratto della via Caecilia fosse affatto contiguo al primo tratto, quello da Eretum a Ponte Buita passante per Vicus Novus (Osteria Nuova), trattandosi della diramazione da Interocrium verso Amiternum, raggiunto dalla via tra il miglio LXXXI ed il miglio LXXXII, passando per Fisternae[51] e proseguendo poi, come ipotizzato da Hülsen, per l’abitato attuale di Marruci (via Teramana) attraverso il passo delle Capannelle, valicando l’Appennino nei pressi del miglio LXXXX, presso Porcinaro.

 
Il percorso orientale della via Caecilia secondo Guidobaldi (2000) e Coarelli (2016).

La via Caecilia avrebbe poi seguito l’argine sinistro del fiume Vomano per oltrepassarlo, sulla riva destra, con un ponte descritto da Niccola Palma[52] a poca distanza dall'odierno ponte noto come "Ponte Paladini". La via, poi, ridiscendendo la valle del Vomano che divide la catena del Gran Sasso dalla catena dei Monti della Laga, raggiungeva Hatria (Atri) e quindi il mare Adriatico[53].

Prima di giungere ad Hatria (Atri) la via aveva una biforcazione: un ramo, dopo aver oltrepassato la limitrofa Necropoli di Ponte Messato, attraversava Interamnia Praetuttiorum (Teramo) quindi raggiungeva la costa probabilmente a Castrum Novum (Giulianova) ad una distanza di circa 151 miglia da Roma.[54]

Gli indizi derivanti dalla nuova lettura della Guidobaldi della lapide di Porta Collina consentirebbero, contrariamente alla tesi storica del suo principio presso Montorio al Vomano suggerita dal Persichetti, di individuare il vorsus ovvero il bivio dove aveva inizio il deverticulum per Interamnia Pratetutiorum non lontano dal miglio LXXXXVIII[55] e cioè, presumibilmente, nei pressi della attuale contrada di Aprati nel comune di Crognaleto presso il km 42 della S.S.80. passando non lungi dal tempio di Colle del Vento e presso il tempio di Pagliaroli (metà II sec. a.C.).

Questa precisazione sulla posizione del vorsus permette di raccordare, con relativa precisione, la diramazione verso Interamnia che penetrava le montagne di Roseto, al miliario CXIV rinvenuto presso Valle San Giovanni, confermando, in parte, l’ipotesi di Sandro Zenodocchio circa la via del Batino[56].

Il diverticolo raggiungeva poi Interamnia (Teramo) in linea con il miliario CXIX, detto di Sant’Omero ma ritenuto fuori posto[57][58] e il miliario CXX, dopo aver attraversato la necropoli di Ponte Messato e l'area cultuale in località Madonna della Cona[59].

Dal miglio LXXXXVIII il ramo principale della via Caecilia proseguiva ancora per un tratto lungo l’argine destro del fiume Vomano fin nei pressi di Senarica e di Poggio Umbricchio, dove la strada segnava il miglio CIIII[60] e, oltrepassato di nuovo il fiume Vomano sulla riva sinistra[61], la via seguiva l’argine fino all'area della odierna Montorio (forse Beregra), per raggiungere Hatria (Atri) e il porto di Cerrano.

Sviluppi recenti (2022-2024)

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Antonelli (2022)
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Sonia Antonelli in un articolo del 2022[62] ha focalizzato l'indagine sul percorso della via Caecilia nell'area settentrionale dell'Abruzzo, integrando l'ipotesi di un tracciato nella relazione di insediamenti e strade nell'area, con particolare cura a risolvere l'equivoco circa il luogo e le circostanze di rinvenimento del cippo miliario di Sant'Omero.

Betori e Virili (2024)
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Alessandro Betori e Carlo Virili, nel 2024, hanno presentato in un convegno a Padova i risultati della loro indagine sul percorso della via Salaria/Caecilia ad est di Interocrium[63] precisando, circa il percorso e la denominazione della via, come «I problemi storiografici relativi al riconoscimento della strada che attraversava i territori conquistati sabini ed adriatici sembrano far convergere più Autori nella denominazione di detta via in Caecilia, menzionata nella famosa epigrafe di Porta Collina, che almeno con certezza odonomastica, corrispondeva alla tratta Amiternum-Hatria di cui rappresenterebbe il prolungamento orientale della via Salaria. La via Salaria, dunque, dopo Reate, seguiva la valle del Velino fino ad Interocrium per poi deviare verso oriente fino alla piana di Amiternum e da lì, con la denominazione di Caecilia, valicando la parte meridionale dei Monti della Laga, giungeva fino ad Hatria

Oggetto dell'indagine in particolare sono state «recenti acquisizioni di dati archeologici, relativi ad opere infrastrutturali di carattere viario, messe in luce attraverso attività di archeologia preventiva nel territorio di Antrodoco che permettono di mettere topograficamente a sistema tutta una serie di evidenze mal note censite a partire dall’Ottocento»[64].

I due archeologi si sono avvalsi, nel loro lavoro, di mezzi moderni quali:

  • una piattaforma GIS per sintetizzare la mole di dati proveniente da un'indagine svolta a più livelli (archeologico, storico, geomorfologico, idrologico, ambientale) con lo scopo di ottenere «la traduzione storica del bacino topografico» oggetto dell'indagine
  • droni per la realizzazione di foto aeree da sottoporre ad interpretazione archeologica e rilievi fotogrammetrici di precisione delle «evidenze monumentali messe in luce».

Il lavoro si propone, in uno sviluppo futuro:

  • «uso più specifico e tecnologico delle immagini ottenute da voli con droni in riferimento ad analisi territoriali effettuate con supporti quali camere termiche e multispettrali per una migliore interpretazione del contesto archeologico capace di proporre anche modelli di indagine predittivi» (non invasivi).
  • uso dei dati elaborati e sintetizzati da parte di:
    • enti locali come strumento di gestione e pianificazione
    • Soprintendenze come strumenti di tutela dei beni indagati e da indagare.

Reperti della via Caecilia e tracce romane lungo il suo percorso

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Piuttosto scarsi e tanto più preziosi sono i reperti che hanno aiutato gli studiosi a formulare le loro ipotesi circa l'esistenza ed il percorso della via Caecilia nelle aree interessate dal percorso storico proposto da Hülsen alla fine dell'Ottocento. Tra questi l'unica iscrizione è quella di Porta Collina a Roma mentre almeno tre sono i miliari, in area teramana, invocati nei suoi ragionamenti dallo studioso tedesco e da quanti lo hanno seguito nel formulare ipotesi sul percorso della via Caecilia.

Iscrizioni

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  • Lapide di Porta Collina (CIL VI, 3824): Rinvenuta nel 1873 a Roma nei pressi della mura serviane è la testimonianza principale dell'esistenza di una via Caecilia.

Pietre Miliari

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Cippo di Poggio Umbricchio nella chiesa di Santa Maria Lauretana (anni '80).

Particolarmente importanti nel definire la topografia delle viae romanae, i miliari di epoca romana si presentano, in massima parte, come cilindri di pietra (colonne), o pietre rastremate come nel caso di Sant'Omero, più raramente pietre squadrate[65].

  • miliario CIIII di Poggio Umbricchio (CIL IX, 5958): è conservato a Poggio Umbricchio, frazione di Crognaleto, nella locale chiesa di S. Maria Lauretana[66]. Da sempre è ricordato nella chiesa adattato ad acquasantiera. Il miliario, una colonna alta 1,12 m, di diametro di circa 40 cm, presenta su una iscrizione di sei righe con lettere alte circa 4 cm, la dedica agli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano che consentono di datarlo intorno al 370 d.C.[67]
  • miliario CXIIII[68] di Valle San Giovanni (CIL?): è il miliario della "via del Batino" scoperto a Valle San Giovanni, frazione di Teramo, nel 1993[69]. Il rinvenimento è avvenuto in località "Cavonetto", non lontano dalla confluenza del torrente Fiumicello nel fiume Tordino (Batinus) insieme a un tratto dell'antica strada[70][71].
  • miliario CXIX di Sant'Omero (o cippo Vallorino poiche rinvenuto in località Vallorina di Sant'Omero) (CIL IX, 5953): scoperto nel 1823, ne scrisse lo storico Niccola Palma il quale fu tra i primi ad ipotizzare che la pietra fosse una prova del passaggio di un antico tracciato della via Salaria, al quale attribuì il nome di via Metella[72].[73] Palma ritenne che il miliario di sant'Omero non fosse, in origine, nella posizione del suo rinvenimento. La pietra è oggi conservata presso il museo civico archeologico Francesco Savini di Teramo.

Altri reperti

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Nel Lazio

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Sul percorso contemplato dall'ipotesi ottocentesca del tracciato seguito dalla via Caecilia sono ancora presenti i reperti descritti da Persichetti durante la sua indagine per l'articolo del 1898 sebbene, secondo le tesi più recenti di Barbetta e Coarelli[3], non appartengano alla via Caecilia ma ad un'altra via romana che metteva in comunicazione la via Salaria alle valli del Turano e del Salto[74]. Si tratterebbe della stessa via che, nel medioevo, permetteva i collegamenti tra l'abbazia di San Salvatore Maggiore, sull'altopiano del Letenano, e l'abbazia di Farfa e tra l'abbazia di San Salvatore Maggiore e Roma. Questa strada, ancora in un documento del 949, registrato da Gregorio da Catino nel Liber largitorius vel notarius Monasterii Pharphensis[75], era indicata come «viam Salariam quae venit a monasterio Domni Salvatoris et pergit ad Romam» a testimonianza del fatto che probabilmente si trattava di un'antica via romana che si diramava dalla via Salaria verso est, forse proprio quella, a partire dal miglio XXXV, seguita dal Persichetti.[76] La stessa via avrebbe facilitato la penetrazione dei monaci benedettini nel Piceno a partire dall'VIII secolo per fondare le pertinenze del monastero del Salvatore, soprattutto nella valle del Vomano[77].

In Sabina
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Mappa della via Salaria da Reate al Mare Hatriaticum da Persichetti (1902).
  • Ad Antrodoco, nella gola di Antrodoco: resti di opere di sostruzione in blocchi squadrati senza malta, un chiavicotto per il deflusso delle acque di un affluente del torrente Rio Rapelle, una tagliata di epoca romana presso il santuario della Madonna delle Grotte, un muro di sostruzione in località Vignola.[78]

In Abruzzo

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  • A Sella di Corno: il miliario LXXII della via Caecilia conservato in via della Fonte nei pressi della chiesa di San Bernardino.

Appartenenti al ramo orientale della via Caecilia, riconosciuto anche dalle ipotesi moderne di tracciato della via romana, sono ancora riconoscibili:

Nell'aquilano
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  • Nel territorio di Scoppito: nei pressi della frazione Madonna della Strada, il "Ponte Nascuci" ovvero Ponte Nascosto[79].
  • Ad Amiternum: a sud degli scavi, è visibile un tratto di basolato che già il Persichetti ravvisò come quello della via Caecilia.
  • Prima del Passo delle Capannelle: in località Porcinari, nel luogo detto "le Pietre Bianche" è possibile ravvisare le crepedines della via Caecilia ancora in situ.
Nel teramano
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  • Dopo il Passo delle Capannelle: in località Paladini rinvenuti resti del pilone di un ponte romano.
  • Presso Poggio Umbricchio, al km 50.2 della SS.80: resti di un ponte sul fiume Vomano, già ravvisati da Persichetti[80], oggi al di sotto di un ponte pedonale nei pressi del vecchio mulino di Poggio Umbricchio.

La via Caecilia in epoca moderna

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Il nome della via Cecilia è rimasto, in epoca moderna, nella memoria di alcuni centri urbani del centro Italia.

Dopo i lavori di Hülsen e Persichetti, a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, il gusto per la riscoperta delle antichità pervase alcune di quei centri il cui territorio, secoli prima, doveva essere stato attraversato, secondo i due famosi studiosi, dalla via consolare di nuova scoperta.

La memoria di una via romana, di nome Cecilia, che permettesse di giungere all'antica Trebula Mutesca, cantata da Virgilio[81], è, in Sabina presso Monteleone Sabino, patrimonio ormai consolidato, seppure dai contorni confusi ed imprecisi, mentre nelle contrade di Capradosso, frazione nel comune di Petrella Salto in provincia di Rieti, addirittura la strada d'accesso al paese è stata intitolata "via Cecilia" in memoria della supposta "via Caecila" romana riscoperta alla fine dell'Ottocento.

Nel teramano, dopo i rinvenimenti di miliari e tratti di basolato dell'inizio dell'Ottocento, si cominciò a parlare di "via Metella"[72] per quelle che già Niccola Palma riteneva essere diramazioni della via Salaria[82].

Sempre nella provincia di Teramo, eco del passaggio della via Caecilia nel suo territorio, potrebbe essersi conservato nel nome di quella che dal XII secolo è conosciuta come la valle Siciliana, ovvero la valle del Mavone a sud di Montorio al Vomano ad est della catena del Gran Sasso.

Riscoperta e valorizzazione di una strada romana

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Via Caecilia come attrazione turistica negli itinerari escursionistici

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Antrodoco
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L'archeologo Carlo Virili illustra ad un gruppo di escursionisti i resti della via Caecilia ad Antrodoco (2019).

Ad Antrodoco si è cominciato a parlare di via Caecilia dopo il convegno sulla Salaria del 1997 quando Barbetta avanzò l'ipotesi di riconoscere la via da Interocrium ad Amiternum come un tratto della via Caecilia[24] e dopo l'articolo di Coarelli del 2016[29].

Da allora la cittadinanza ha ripreso coscienza dell'esistenza nel proprio territorio, già attraversato dalla via Salaria, di un altro tracciato di strada consolare romana, nella sua corretta denominazione la via Caecilia, lungo l'antico percorso che da Antrodoco portava al Santuario della Madonna delle Grotte e alla frazione di Vignola passando per le località Rapelle.

Un'associazione culturale intitolata alla via Cecilia ha preso forma[83] e, tra il 2016 ed il 2020[84] sono state intraprese iniziative di valorizzazione turistica legate agli itinerari escursionistici[85].

Nell'estate del 2018, a seguito dello scavo per la sostituzione di una condotta della rete Snam in località Rapelle[86], un lavoro di archeologia preventiva ha permesso l'interessamento dell'archeologo Carlo Virili[87] che ha coinvolto la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle provincie di Frosinone; Latina e Rieti e quindi il Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università la Sapienza di Roma. Sono stati liberati dalla vegetazione che li aveva ricoperti ed indagati i resti di opere murarie monumentali inerenti la via Caecilia presenti lungo il fosso del Rio Rapelle da Antrodoco alla frazione di Vignola[88]. Quei resti erano sfuggiti all'indagine meticolosa del Persichetti all'inizio del novecento nelle sue ricerche sulla via Salaria[64].

Nel teramano
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Iniziative analoghe a quelle di Antrodoco, legate alla riscoperta e valorizzazione di antichi percorsi negli itinerari escursionistici, hanno avuto luogo negli anni recenti anche nel territorio teramano.[89]

Via Caecilia cicloturistica: un progetto

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La via Cecilia lungo la Strada maestra del Parco in prossimità del bivio per il Lago di Campotosto e nei pressi del Passo delle Capannelle, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Nel 2010, all'epoca della progettazione da parte di BicItalia dell'itinerario cicloturistico tirreno-adriatico dal nome Ciclovia Salaria, tra Porto d’Ascoli e Roma, l'ing. Lucio De Marcellis, a capo del Coordinamento per le piste Ciclabili nell'Abruzzo Teramano (CCiclAT), propose d’integrare quel percorso con un ramo aggiuntivo, da chiamarsi "via Cecilia cicloturistica", nel tratto tra Antrodoco (l’antica Interocrium) e Giulianova (Castrum Novum), con un’auspicabile diramazione lungo il Vomano fino a Scerne di Pineto-Roseto degli Abruzzi.[90][91]

L'intuizione dell'ing. De Marcellis nacque dal notare l'apprezzamento riservato dagli appassionati di ciclismo alla SS.80 in particolare per la frazione del percorso che collega Amiternum a Montorio al Vomano[92]. Noto come "Strada maestra del Parco", il tratto di strada ricalca, grosso modo, il tracciato orientale dell'antica via Caecilia.

  1. ^ a b cfr. Hülsen.
  2. ^ Lucio Cecilio Metello Diademato era figlio di Quinto Cecilio Metello Macedonico, che, con la quarta guerra macedonica, nel 148 a.C. ridusse la Macedonia a provincia romana e condusse, fino al 146 a.C. le prime fasi della guerra acaica prima di consegnare il comando al console Lucio Mummio Acaico che, successivamente, sconfisse la lega achea, saccheggiò e rase al suolo Corinto.
  3. ^ a b cfr. Barbetta, Coarelli.
  4. ^ Lucio Cecilio Metello Dentro era il padre di Lucio Cecilio Metello, console nel 251 a.C., vincitore nella battaglia di Palermo del 251 a.C. su Asdrubale e i cartaginesi nella prima guerra punica per la conquista della Sicilia.
  5. ^ cfr. Wiseman, Barbetta, Coarelli.
  6. ^ Coarelli nel suo articolo del 2016 propone la via Caecilia come costituita da due tratti: il primo una variante della via Salaria tra Eretum, al miglio XVIII, e il Ponte Buida, al miglio XXXV. In epoca precedente, infatti, la Salaria da Eretum raggiungeva Cures, quindi la valle del Farfa aggirando il monte Acuziano per poi raggiungere il Ponte Buida risalendo il corso del Farfa. Il secondo tratto della via Caecilia, poi, sarebbe stato quello che si dipartiva da Interocrium (Antrodoco) per raggiungere il mare Adriatico attraverso Amiternum. Di fatto la via Caecilia condivideva il percorso con la via Salaria per buona parte e con questa le indicazioni della distanza che si dipartivano da Roma costituendo di fatto una diramazione della Salaria. Questo potrebbe essere il motivo per cui la via Caecilia non compare negli itinerari antichi, compilati quando ormai la via Salaria aveva fagocitato la via Caecilia che non era vista altro che come la via Salaria con le sue diramazioni.
  7. ^ cfr. Barbetta, Guidobaldi, Coarelli.
  8. ^ a b c cfr. Hülsen, pag. 87.
  9. ^ Epigrafe di Porta Collina (CIL, VI 31603) - (Corpus Inscriptionum Latinarum VI, pars III, p.3137, n.31603): su Eagle (Epigraphic Database Heidelberg lettura di Géza Alföldy (2000) confermata da Dr. Francisca Feraudi-Gruénais di Heidelberg, (2016)) - Theodor Mommsen, Corpus Inscriptionum Latinarum VI, 31603.
    «1 [haec] opera loc(ata)

    2 [in refic(ienda) v]ia Caecilia de HS
    3 [--- ad refic(iendum?) a]d mil(liarium) XXXV pontem in flu(v)io
    4 [Farfaro pecuni]a adtributa est populo const(at)
    5 [HS --- Q(uinto?) ---]s(io) Q(uinti) Pamphilo mancupi(!) et ope[r(is)]
    6 [magistro(?) cur(atore)] viar(um) T(ito) Vibio Temuudino(!) q(uaestore) urb(ano)
    7 [item via gla]rea sternenda af mil(liario) [--- ad]
    8 [mil(liarum) --- et per Ap]pennium muunien[da! est af]
    9 [mil(liario) --- ad mil(liarium) ---]XX pecunia adtributa
    10 [est populo c]onst(at) HS n(ummum) CL(milibus) L(ucio) Rufilio L(uci) L(uci) l(iberto)
    11 [---]sti man[cu]pi(!) cur(atore) viar(um) T(ito) Vib[io]
    12 [Temuudino! q(uaestore) urb(ano) af] mil(liario) LXX[XX]VIII ad mil(liarium) CXV[---]
    13 [item per deverticu]la Interamnium vo[rsus]
    14 [via sternenda est ad mil(liarium) ---]XX pecunia adtri[buta est]
    15 [--- pop]ulo const(at) HS LX[---]
    16 [mancupib(us!) et oper(is) magistris(?)] T(ito) Sepunio T(iti) f(ilio) [---]
    17 [et --- cur(atore) via]r(um) T(ito) Vibio Tem[uudino!]
    18 [q(uaestore) urb(ano) ad mil(iarium) --- ad refic(iendos)] arcus dela[psos pec(unia)]
    19 [adtr(ibuta) est pop(ulo) const(at) --- eisdem] mancupi[bus(?)]
    20 [cur(atore) viar(um) T(ito) Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano)
    21 [---] abroga
    22 [---]IV[---]AM[---]
    23 [---]O[---]iquis [---]
    24 iam recitetur

    25 [---]todro[»
  10. ^ Il Mommsen aveva integrato il secondo rigo dell'iscrizione sulla lapide come [in censu]ra Caecili cfr. Zenodocchio, pag.120.
  11. ^ Coarelli, pag.217.
    «Questi (ndr. Hülsen) aveva basato la sua interpretazione del testo, di difficilissima lettura, partendo essenzialmente da due osservazioni: la conservazione quasi integrale del margine destro della lapide e l’esiguità della parte perduta sulla sinistra, da lui calcolata in sei o sette lettere.»
  12. ^ cfr. Hülsen, pag.89.
    «Ma, dopo stabilita la vera lezione della riga 2, è chiaro che la lapide non si riferisce alla prima costruzione della strada, ma invece ad una serie di restauri eseguiti in epoca posteriore»
  13. ^ Per Coarelli, pag.219 «Non si tratterebbe quindi della riparazione di un ponte, ma di un’ulteriore precisazione topografica» adverso alla versione di G. Alföldi nell'aggiornamento al CIL del 2000. Hulsen proponeva invece che in appalto fosse la realizzazione di un ponte sul fiume al miglio XXV (cfr.Hülsen, pag.91 e pag.94) e Coarelli è convinto che egli prendesse il ponte come inizio, anziché come termine, del primo tratto su cui effettuare i lavori sulla via Caecilia. Hulsen sembrerebbe proporre il ponte sul fiume Farfa come termine puntuale e non come inizio o fine di un tratto.
  14. ^ cfr. Hülsen, pag.91.
    «[...] nè si può credere che la costruzione di un ponte sopra un fiumicello abbia costato mezzo milione di sesterzi.»
    e Hülsen, pag.94.
    «La distanza di 35 miglia dalla capitale corrisponde quasi al punto ove la via Salaria passava il fiume Farfa: il ponte menzionato nella riga 3 sarà stato costruito sopra esso [...]»
    .
  15. ^ Per la traduzione della locuzione «pecunia adtributa est, populo, T. constat HS» cfr. Kolb che intende pecunia adtributa est come "the sum assigned" (it. la somma assegnata) e populo constat come "at the cost to the people of" (it. a carico del popolo per..). Nel linguaggio degli appalti moderni, trattandosi di "lotti" assegnati si parlerebbe di fondi stanziati e il populo constat sembra più opportuno tradurlo come "Il popolo approva", "L'assemblea pubblica è a conoscenza" oppure "È reso noto al popolo". Si opta per la formula "È reso noto al pubblico". Sulla facoltà del questor urbanus quale curator viarum di disporre di fondi pubblici cfr. Dillon & Garland.
  16. ^ cfr. Hülsen, pag.90-92, Zenodocchio, pag.120.
  17. ^ È il miliario di Sant'Omero o di Vallorina riguardante un Cecilio Metello (L. Caecil. Q. f /Metel. cos. / CXIX/ Roma, CIL IX, 5953) cfr. Palma, pag.210.
  18. ^ Hülsen, pag.90.
    «In somma, l'aspetto totale dell'epigrafe converrebbe bene all'epoca Sillana.»
  19. ^ cfr. Guidobaldi.
  20. ^ cfr. Coarelli, pagg. 217-219.
  21. ^ Circa la lettura di Alföldy nel database Eagle:
    (LA)

    «1 [Haec] opera loc(ata)
    2 [reficienda v]ia Caecilia de (sestertium)
    3 [nummum---(milibus) af mil(iario)--- a]d mil(iarium) XXXV pontem in fluio
    4 [Farfaro pecuni]a ad.tributa est populo const(at)
    5 [(sestertium) n(ummum)---]sq Pamphilo mancupi et ope(rario)
    6 [---cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino q(uaestore) urb(ano)
    7 [item gla]rea sternenda af mil(iario) [---ad ]
    8 [mil(iarium) --- et per Ap]penninum muunien[da af mil(iario)]
    9 [--- ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tributa [est]
    10 [populo c]onst(at) (sestertium) n(ummum) (centum quinquaginta milibus) L.Rufilio L.l.
    11 [ --- Ore]sti man[cu]pi cur(atore) viar(um) T. Vib[io]
    12 [Temuudino q(uaestore) urb(ano) af] mil(iario LXX[XXV]III ad mil(iarium) CXV[--]
    13 [et per deverticu]la Interamnium vo[rsus af]
    14 [mil(iario)---ad mil(iarium)---]XX pecunia ad.tri[buta]
    15 [est pop]ulo const(at) (sestertium sescentis)---(milibus) [n(ummum)]
    16 [---] T. Sepunio T.fo[---]
    17 [mancupi cur(atore) via]r(um) T. Vibio Tem[uudino q(uaestore) urb(ano)]
    18 [ad mil(iarium) --- restituendus] arcus de.la[psus pecunia]
    19 [adtributa est populo const(at) (sestertium)---(milibus) n(ummum)] mancupi [---cur(atore) viar(um]
    20 [T. Vibio Temuudino] q(uaestore) urb(ano) [---].

    (LA)

    «1 [Haec] opera loc(ata)
    2 [in refic(ienda) v]ia Caecilia de ((sestertium))
    3 [n(ummum) --- milibus. Ad refic(iendum)? a]d mil(iarium) XXXV ponteṃ in fluio
    4 [Farfaro pecuni]a adtributa est populo const(at)
    5 [((sestertium)) n(ummum) --- Q(uinto?) ---]ṣ(io) Q(uinti) 〈:liberto〉 Pamphilo mancupi et ope[r(is)]
    6 [magistro?; cur(atore)] viar(um) T(ito) Vibio Tẹmuudino, q(uaestore) urb(ano).
    7 [Item via gla]rea sternenda af mil(iario) [--- ad]
    8 [mil(iarium) --- et per Ap]p̣ẹnninum muunien[da est af]
    9 [mil(iario) --- ad mil(iarium) ---]XX; pecunia adtribuṭa
    10 [est: populo c]onst(at) ((sestertium)) n(ummum) ((%100000))((%50000)) L(ucio) Rufilio L(uci) l(iberto)
    11 [+13/14?+]sti ṃan[cu]pi; cur(atore) viar(um) T(ito) Vịḅ[io]
    12 [Temuudino, q(uaestore) urb(ano). Af] mil(iario) LXX[XX]VIII ad mil(iarium) CXV[---]
    13 [item per deverticu]la Interamnium vọ[rsus]
    14 [via sternenda est ad mil(iarium) -]X̣X pecunia adtri[buta est]
    15 [+16/18?+; --- pop]ụlo const(at) ((sestertium)) ((%500000))((%100000)) [--- n(ummum)]
    16 [mancupib(us) et oper(is) magistris?] T(ito) Sepunio T(iti) f(ilio) +[---]
    17 [et +13/14?+; --- cur(atore) via]r(um) T(ito) Vibio Tẹm[uudino]
    18 [q(uaestore) urb(ano). Ad mil(iarium) --- ad refic(iendos)] arcus dela[psos pec(unia)]
    19 [adtr(ibuta) est; pop(ulo) const(at) ((sestertium)) n(ummum) --- eisdem] mancupi[bus?];
    20 [cur(atore) viar(um) T(ito) Vibio Temuudino,] q(uaestore) urb(ano).
    »

    cfr. Coarelli, pagg. 219-220.
    «In ogni caso, l’acquisizione fondamentale che discende dalla nuova lettura è l’indicazione, ripetuta ogni volta, del luogo iniziale e di quello finale dei lavori, la cui assenza rendeva poco perspicua la restituzione di Hülsen: da ciò risulta anche la possibilità di identificare meglio i luoghi indicati. Per questo non mi sembra accettabile la lettura proposta di recente (ndr. Géza Alföldy (2000)), con, alle linee 2-3, la ricostruzione: «[Ad refic(iendum) (?) a]d mil(iarium)XXXV pontem in fluio». Il motivo che ne viene dato è che «verba [ad fac.] aut fortasse potius [ad refic.] certe supplenda sunt, cum accusativus pontem alio modo non intellegatur» (ndr. it. Le parole "[ad fac.]" o forse piuttosto "[ad refic.]" devono certamente essere aggiunte, poiché l'accusativo "pontem" non può essere compreso in altro modo.). In realtà, così diventa incomprensibile la ratio sottesa all’intero testo, e cioè l’indicazione dei vari tratti di via da restaurare, che impongono di inserire (con Guidobaldi), analogamente a quanto avviene nel resto dell’iscrizione, [af mil(iario)---] prima dell’a]d mil(iarium) XXXV. L’accusativo pontem che segue si potrebbe spiegare sottintendendo un ad o un et prima di esso, evitando così una ripetizione: «a]d mil(iarium) XXXV, (ad) pontem in fluio». Non si tratterebbe quindi della riparazione di un ponte, ma di un’ulteriore precisazione topografica.»
    .

  22. ^ cfr. Dillon & Garland.
    «Contract for repairs to the Via Caecilia - ILS 5799 (ILRRP 465; ROL IV.180; CIL 12, 808.): A tablet of stone, dating to approximately 90-80 BC., found in a wall at Rome, and recording a public document dealing with repairs to the (unidentified) Via Caecilia. 1000 paces equals a Roman mile, or 1,480 metres. Note the city quaestor's respondability for supervising road construction: Wiseman 1987: 138-41; Laurence 1999:40.»
    .
  23. ^ cfr. Kolb.
  24. ^ a b cfr. Barbetta.
  25. ^ cfr. Wiseman, pag.136.
  26. ^ La realizzazione ad opera di Lucio Cecilio Metello Diademato era già stata proposta da Wiesemann nel 1970 cfr. Coarelli, pag.216.
  27. ^ La costruzione della via Caecilia sarebbe stata quindi iniziata da Lucio Cecilio Metello Dentro nel 284 a.C. mentre, essendo la lapide di Porta Collina di età Sillana, il restauro della via sarebbe avvenuto in epoca Sillana.
  28. ^ Il miliario di Sant'Omero, riferibile a Lucio Cecilio Metello Diademato , console nel 117 a.C., sarebbe posteriore all'iscrizione di Porta Collina cfr. Zenodocchio, pag.143.
  29. ^ a b c cfr. Coarelli.
  30. ^ cfr. Coarelli, pag.117.
    «La data del documento è di solito fissata, genericamente, in età sillana, ma una cronologia più alta, negli ultimi decenni del II secolo a.C., sembra probabile, in base ad alcune particolarità morfologiche: principale tra tutte, il raddoppiamento delle vocali lunghe, introdotto da Accio verso la metà del II secolo a.C., che scompare all’inizio del I secolo a.C.. I dati paleografici, come è noto, non consentono di fissare un discrimine preciso tra gli ultimi decenni del II e i primi del I secolo a.C., ma non si vede perché, all’interno di questa forchetta, si debba necessariamente preferire la data più tarda: in tali casi, in assenza di altri elementi, è più prudente non precisare. Comunque, anche se non sappiamo nulla di T. Vibius Temudinus, il questore urbano e curator viarum autore del restauro della via, menzionato nell’iscrizione, si è pensato, plausibilmente, di identificarlo con l’unico Vibius noto in un’epoca compatibile con l’epigrafe, il pretore o promagistrato che appare in un’iscrizione proveniente da Messene, databile intorno al 103. In questo caso, il tempo intercorso tra questura e pretura, calcolabile in circa dieci anni, permetterebbe di riportare il nostro documento al 113 a.C. circa, data perfettamente compatibile con le sue caratteristiche.»
  31. ^ La carriera politica di Silla si pone tra il 107 a.C. fino alla sua morte avvenuta nel 78 a.C.
  32. ^ a b cfr. Coarelli, pag.217.
  33. ^
    (EN)

    «The late fourth and early third centuries were also the period of the first great road-building programmes, which were closely linked to colo-nisation programmes. The two earliest initiatives, the first stage of the Via Appia, linking Rome and Capua, and the Via Valeria, linking Tibur with Cerfennia, date to 312 and 307 respectively and were clearly part of a move to improve connections with Campania and the Apennine areas. The Via Appia was extended to Venusia in 285, shortly after the foundation of the colony there, and another road, the Via Caecilia, linking Cures Sabini with Castrum Novum in 283, coincides with a period of colonial settlement in Umbria. In addition, two roads called the Via Clodia were built in the 280s, although there is uncertainty about their route. These six projects may seem small-scale, but they were the beginning of Rome’s impressive network of roads which permitted the rapid transmission of troops and – just as importantly – information around Italy, and which proved to be a powerful instrument of Roman control. These two features – col-onisation and road-building – also had a transformative effect on Italy. Colonies changed the social, cultural and demographic character of an area or community, while proximity to (and conversely, distance from) the road system could enhance or undermine a community’s economic perfor-mance and political and administrative status. By the end of the Pyrrhic war, Rome had not just achieved military dominance but was beginning to transform Italy in much more profound ways.»

    (IT)

    «La fine del IV e l'inizio del III secolo furono anche il periodo dei primi grandi programmi di costruzione stradale, strettamente legati ai programmi di colonizzazione. Le due iniziative più antiche, la prima fase della Via Appia, che collegava Roma a Capua, e la Via Valeria, che collegava Tibur a Cerfennia, risalgono rispettivamente al 312 e al 307 e facevano chiaramente parte di un movimento per migliorare i collegamenti con la Campania e le zone appenniniche. La Via Appia fu estesa fino a Venusia nel 285, poco dopo la fondazione della colonia lì, e un'altra strada, la Via Caecilia, che collegava Cures Sabini con Castrum Novum nel 283, coincide con un periodo di insediamento coloniale in Umbria. Inoltre, negli anni 280 furono costruite due strade chiamate Via Clodia, anche se c'è incertezza sul loro percorso. Questi sei progetti possono sembrare di piccola scala, ma rappresentarono l'inizio dell'impressionante rete stradale di Roma che permise la rapida trasmissione di truppe e – altrettanto importante – di informazioni in tutta Italia, rivelandosi uno strumento potente di controllo romano. Queste due caratteristiche – colonizzazione e costruzione stradale – ebbero anche un effetto trasformativo sull'Italia. Le colonie cambiarono il carattere sociale, culturale e demografico di un'area o di una comunità, mentre la vicinanza (e, al contrario, la distanza) al sistema stradale poteva migliorare o compromettere le prestazioni economiche e lo status politico e amministrativo di una comunità. Alla fine della guerra pirrica, Roma non aveva solo raggiunto la dominanza militare, ma stava iniziando a trasformare l'Italia in modi molto più profondi.»

  34. ^ Tito Livio racconta come Annibale, una volta che i romani avevano assediato la sua roccaforte di Capua, decise di sorprendere i suoi nemici portando la guerra a Roma, attraversando il Sannio e la Sabina attraverso Amiternum, Fisternae, Aquae Cutiliae e Reate cfr. Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXVI.
  35. ^ Sull'importanza della via di accesso al territorio piceno durante la guerra sociale cfr. Zenodocchio, pag.143.
    «Questi lavori, credo, vadano inquadrati in un piano di riorganizzazione e di ampliamento della rete stradale romana, conseguenza della guerra sociale, che tanto si rivelò gravosa per Roma, rappresentando un serio pericolo.»
    (nota 468 cit. Appiano) e pag. 145.
  36. ^ cfr. Atlante storico Shepard (1911) ed il Barrington Atlas (1990).
  37. ^ cfr. Persichetti.
  38. ^ a b cfr. Zenodocchio.
  39. ^ Il primo a proporre un'ipotesi intermedia tra Radke e Hülsen fu Wiseman nel 1970 cfr.Wiseman.
  40. ^ a b cfr. Radke.
  41. ^ cfr. Hülsen, pag.94.
    «Sul corso di questa via la nostra epigrafe ci dice tre cose soltanto: 1) che al miglio XXXV la detta via attraversava un fiume; 2) che il passaggio dell'Appennino (vale a dire della catena orientale) avveniva prima del miglio 98; 3) che dal tronco compreso fra le miglia 98 e 120 (o 125 ovvero 130 ) si distaccava una via laterale diretta ad Interamnia. Il miglio XXXV, secondo ogni probabilità, sarà stato quello dove la via Caecilia si separava dalla Salaria, la quale per arrivare ad Amiternum, faceva un gran giro.»
  42. ^ Hulsen, pag.94-97.
    «Da Vicus Novus presso Trebula (ab urbe m. p. XXXIII) la Salaria saliva a Reate (ab urbe m. p. XLIX) e ad Interocrium (m. p. LXIV) . Là si spartiva in due rami: l'uno passando per le valli dell'Avens e Truentus, andava ad Ascoli e al Mare Superum; l'altro rivolgendosi verso oriente, passava per Fisternae (Vigliano) e Foruli (Civita Tomassa) per raggiungere, alla distanza di 81 miglia da Roma, la città di Amiternum. La distanza di 35 miglia dalla capitale corrisponde quasi al punto ove la via Salaria passava il fiume Farfa il ponte menzionato nella riga 3 sarà stato costruito sopra esso, e la via Caecilia, dopo aver toccato Trebula Mutuesca (Montelione), avrà probabilmente scavalcato le montagne per arrivare nella vallata del Torano, corrispondendo approssimativamente alla strada moderna che si stacca dalla Salaria presso Montelione, e discende nella valle del Torano presso Rocca Sinibalda. Le regioni aspre e montagnose del Cicolano fra i fiumi Torano e Salto sono ancora troppo poco esplorate per segnare con qualche certezza l'andamento ulteriore della strada fino ad Amiternum: però mi sembra molto probabile che il tronco di strada da Cliternia (Capradosso) a Fisternae (Vigliano) segnato dal ch. Persichetti sulla carta annessa alla sua pregevole monografia Viaggio archeologico della via Salaria ( Roma, 1890 ) stia in relazione con essa. Che la via Caecilia passasse per Amiternum, non viene detto espressamente nell'epigrafe, ma è da per sé piuttosto probabile. La via Salaria impiegava, come abbiamo veduto, 81 miglia per arrivarvi: il numero di miglia della Via Caecilia probabilmente sarà stato inferiore; ma il suo corso è troppo incerto per metterci in grado di arrischiare una congettura. Più certo è l'andamento dalla strada al di là di Amiternum. Il paragrafo terzo dell'epigrafe ci attesta che la via al miglio 98 già aveva valicato la catena centrale dell'Appennino: il passaggio scelto non può avere corrisposto che alla valle del Vomano, di modo che la via in generale coincidesse con l'attuale strada provinciale, che da s. Vittorino passando per Arischia sale verso le alture del Monte s. Franco. L'esistenza di una grande strada antica in questo sito fu già affermata da scrittori locali. Il Palma (Compendio della storia civile del Pretuzio, Teramo, 1850, p. 36) dice di averne trovato non pochi vestigi. Il paragrafo quarto c'insegna che dalla via Caecilia si staccava un tronco laterale verso Interamnia: dunque il tratto principale continuava nella valle del Vomano.»
  43. ^ Stesso discorso vale per la lapide di Sesto Tadio che all'epoca della visita di Persichetti doveva certamante trovarsi presso l'abbazia ma della quale Persichetti non fa menzione. Essendo la lapide parte di un sarcofago in marmo pario e quindi sicuramente proveniente da altrove, doveva essere stata portata in quel luogo attraverso una strada carrabile al pari dei rocchi di colonna presenti all'abbazia e ravvisati dal Persichetti nel suo articolo del 1898.
  44. ^ Coarelli, pag.230.
  45. ^ cfr.Guidobaldi, 282.
  46. ^ cfr. Barbetta, pag.48.
  47. ^ cfr. Zenodocchio, pagg.124-125.
    «Parimenti in un recente lavoro Barbetta non concorda con la tesi sostenuta da Hulsen e da Persichetti, per il tratto Roma-Amiternum, evidenziando le reali dificoltà legate all'orografia nel voler raggiungere Amiternum, partendo dal ponte Buida: "attraverso le vallate dei fiumi Torano (che guadava nei pressi di Rocca Sinibalda) e Salto (presso Capradosso). Ritiene, invece, che il percorso della via Cecilia sia da identificare nell'antico diverticulum che dalla Salaria, in corrispondenza di Interocrium (Antrodoco), si dingeva verso Amiternum, passando per Fisternas, Forulos, Pitinum e Prifernum, come Indicato dalla Tabula Peutingeriana (segm. V, 4-5). Giunge quindi alla conclusione che: «la via Caecilia, partendo da Roma, raggiungeva l'Adriatico comcidendo inizialmente, fino ad Amiternum, con il tracciato che, a buon diritto, sarà chiamato via Salaria»»
    .
  48. ^ cfr. Coarelli (2018).
  49. ^ A supporto del fatto che la via Salaria antica passasse per la valle del Farfa alcuni addurrebbero un rinvenimento avvenuto nel 1956, nel Comune di Mompeo (Rieti). Nel terreno Vocabolo Campo, venne trovata una pietra miliare dell’imperatore Augusto risalente al 16-15 a.C. del XXXV miglio da Roma (circa 52 km). Il cippo miliare, conservato presso il Castello Baronale di Mompeo, è alto 1,75 m e ha una circonferenza di 2 m. È stato ricavato dalla pietra locale e presenta affinità con gli esemplari rinvenuti lungo la Via Salaria. Reca l’iscrizione:
    (LA)

    «IMP(erator) CAESAR DIVI F(ilius) AUGUSTUS COS(nsul) XI (undecim) TRIBUN(iciae) POTEST(atis) VI (sex) EX S(enatus) C(onsulto) XXXV (triginta quinque)»

    (IT)

    «Augusto Cesare imperatore Figlio del Divo (ndr. Giulio Cesare) Anno XI del consolato Anno VI della potestà tribunizia. Per decreto del Senato (al) XXXV miglio da Roma.»

    Se si trattasse di un miliario della via Salaria che in epoca augustea percorreva ancora la valle del Farfa, bisognerebbe supporre che il XXXV miglio della Salaria che avrebbe percorso la valle del Farfa, ancora in epoca augustea, nei pressi di Mompeo, si estendesse dal luogo del ritrovamento al Ponte Buida, fatto difficilmente coniugabile con le distanze in gioco. La pietra potrebbe essere stata spostata dalla sua collocazione originale lungo il raccordo della via Caecilia da Eretum (XVIII miglio della via Salaria) a Vicus Novus (miglio XXXIII della via Salaria). Più facile spiegazione sarebbe che il miliario appartenesse ad un'altra via che collegava il territorio di Mompeo alla piana reatina attraverso la Val Canera.
  50. ^ Per il percorso della Salaria antica in Sabina cfr. la presentazione Coarelli (2022).
  51. ^ Il tratto tra Interocrium e Amiternum, era noto in antichità, secondo Coarelli, come via Poplica Campana (via Pubblica Campana per via di un'iscrizione rinvenuta nei pressi di Scoppito). Il nome via Campana doveva ricordare che si trattava di un raccordo per raggiungere il prolungamento della via Salaria che, originariamante, portava alle saline del Tirreno così come, da Roma, un raccordo detto la via Campana collegava la Salaria al Campus Salinarum. Si trattava, dunque, di una sorta di simmetria topologica tra i nomi dei due raccordi alla via Salaria verso il Tirreno e verso Amiternum.
  52. ^ Per il riferimento ai resti di un ponte romano sul Vomano presso il Ponte Paladini cfr. Persichetti II, pagg.279-280 da Palma, pag.206.
  53. ^ cfr. Coarelli, pag.228.
  54. ^ Sul percorso "orientale" della Via Caecilia, da Amiternum, come le argomentazioni della Barbetta che accolgono la ricostruzione di Hülsen e Persichetti per la via Caecilia cfr. Zenodocchio, pag.125.
    «Secondo Guidobladi, è da rigettare l'ipotesi di Radke (ndr. circa il percorso della via Caecilia dopo Interocrium o in toto), mentre accoglie, pur definendole difficili 'per spiegare il controverso documento', quelle dell'Hülsen e del Persichetti. Motiva la sua scelta considerando che la distanza da Teramo a Roma, lungo la via Cecilia, sia pari a 119 miglia, e che ben si raccorda sia con il miliario di Poggio Umbricchio (CIII), che con quello di Valle San Giovanni (CXIV). Identifica, inoltre, nel bivio che da Montorio raggiunge la città di Teramo, il diverticolo Interamni vorsus, considerando il miliario di S. Omero (CXIX), in origine collocato nei pressi di Interamnia
    .
  55. ^ cfr. Coarelli, pag.226-227.
  56. ^ cfr. Zenodocchio, pagg. 175-177.
  57. ^ cfr. Coarelli, pag. 216.
  58. ^ Per le più recenti indagini sulla corretta ubicazione del miliario di Sant'Omero nella rete stradale dell'Abruzzo settentrionale cfr.Antonelli.
  59. ^ Vincenzo Torrieri, Il tempio sulla ‘Via Sacra’ di Interamnia Praetut(t)iorum in Bollettino di Numismatica n. 46-47 2006, pp.293-305.
  60. ^ Il cippo miliario CIIII con le dediche agli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano che consentono di datarlo intorno al 370 d.C. La presenza dell'iscrizione potrebbe testimoniare il ripristino del tracciato a seguito del devastante terremoto del 346 d.C.
  61. ^ cfr. Persichetti, pag.283.
  62. ^ cfr. Antonelli.
  63. ^ cfr. Betori e Virili.
  64. ^ a b cfr. Persichetti, Salaria (1909), 233 e segg.
  65. ^ Sul c.d. miliario di Monte Giove, pietra squadrata, cfr. Hülsen, pag.97.
    «[...] il cippo è quadrato, e non una colonna, come tutte le vere iscrizioni miliarie di queste contrade. In secondo luogo è inusitata l'indicazione di [milia] p(assuum) , invece del semplice numero CXXV, come lo hanno tutte le lapidi miliari dell'Italia (il M P si trova soltanto sulle colonne Sarde, CIL X, p.839 e segg.).»
  66. ^ Francesco Mosca, Chiesa di S.Maria Lauretana a Poggio Umbricchio, su http://www.paesiteramani.it/, 2011.
  67. ^ Soprintendenza per i beni ambientali architettonici artistici e storici dell'Abruzzo, Cippo - Ambito abruzzese (sec. IV), su https://catalogo.beniculturali.it/.
  68. ^ In Zenodocchio è indicato come "CXIV".
  69. ^ cfr. Sgattoni.
  70. ^ L'appartenenza della strada alla via Caecilia è stata messa in dubbio da Sandro Zenodocchio, mettendola invece in relazione con la "via del Batino" che valicando i monti della Laga passando per Comignano e Macchia Tornella, collegava con minor distanza Teramo alla via Salaria presso Amatrice e quindi a Roma. cfr. Zenodocchio.
  71. ^ Teramo Culturale: In epoca romana nelle immediate vicinanze dell'attuale Valle San Giovanni passava l'Interamnium Vorsus, il tratto cioè della via Cecilia che, proveniente da Amiternum, all'altezza dell'attuale Montorio deviava verso Interamna, costeggiando l'attuale abitato di Travazzano e attraversando il Tordino (Batinus), nei pressi dell'attuale antica chiesa di Santa Maria di Ponte a Porto, per poi giungere a Giulianova (Castrum Novum) nei pressi del mare, seguendo il corso sinistro del fiume Tordino.
  72. ^ a b "Via Metella" per via dell'iscrizione incisa sul cippo rinvenuto nel 1823 in Vallorina di Sant'Omero: CAECILIUS METELLUS/ CXIX/ ROMA.
  73. ^ cfr. Palma (1833) e Palma (1836), pag.210 e segg..
  74. ^ Elvira Migliario, Viabilità antica e Alto Medioevale - La rete stradale del Cicolano e i suoi collegamenti con la valle del Turano e con l'Amiternino, in Uomini, terre e strade: aspetti dell'Italia centroappenninica fra antichità e alto Medioevo, vol. 1, 1995, pp. 74-87.
    «E' stato invece recentemente dimostrato (da A. R. Staffa, cfr. Staffa (1983)) che una notevole strada antica si diramava dalla Salaria poco a Nord di Monteleone, giungeva al quadrivio del Convento sotto Rocca Sinibalda e di lì, invece di piegare a Sud-Est verso San Giustino, come ipotizzato dal Persichetti, saliva a Nord per varcare il Turano e dirigersi verso Magnalardo; qui deviava a Est in direzione di San Silvestro e giungeva nei pressi di Concerviano, donde proseguiva per Capradosso e il Cicolano. Forse, senza peccare di eccessiva imprudenza, è possibile proporre l'identificazione di questo tracciato con quello cercato invano dal Persichetti e da lui ipoteticamente ricostruito tra Oliveto, San Giustino e il Turano. Il Persichetti pensava che la via passasse da San Giustino perché là aveva trovato dei resti di sostruzioni stradali: lo Staffa ne ha invece dimostrato l'appartenenza a una strada che a Nord, verso Rieti, correndo lungo la riva sinistra del Turano si immetteva nella Salaria, all'altezza della confluenza tra il fosso Ariana e il fosso delle Rotte, mentre a Sud proseguiva fino alla piana di Carsoli. Al di là delle divergenze sulla ricostruzione dettagliata del tracciato principale e dei suoi diverticoli, le ultime indagini sembrano inequivocabilmente confermare l'esistenza di una strada antica che, attraverso il territorio trebulano, collegava la Salaria con le valli del Turano e del Salto; come è stato recentemente sottolineato, tale via e le sue diramazioni locali probabilmente ricalcavano o rettificavano dei naturali percorsi in uso da tempi remoti.»
  75. ^ (ITLA) Gregorio da Catino, Exemplaria cartularum I (AA 792-966) - doc.105, dec. 949, in Giuseppe Zucchetti (a cura di), Liber largitorius vel notarius Monasterii Pharphensis, Roma, Loescher, 1913, p. 86.
  76. ^ Elvira Migliario, I. Dal fisco ducale ai Farfensi. Processi di acquisizione fondiaria in età longobarda, in Uomini, terre e strade: aspetti dell'Italia centroappenninica fra antichità e alto Medioevo, vol. 1, 1995, pp. 21 e segg..
    «Come sopra si è detto la massa Nautona si estendeva in un'area della quale si possono indicare approssimativamente come confini a Ovest la via Salaria, a Nord i dintorni dell'odierno Belmonte, a Est il Turano e a Sud l'antica strada che da Ginestra Sabina portava, attraversando il sito di Trebula, a Posticciola sul Turano (il toponimo Contrada Natone è ancora riportato dalla cartografia moderna della zona, tra Agnano e il Turano, a Est del paese di Oliveto). La sua ubicazione risulta confermata da una carta del 949. mediante la quale l'abate Campone cede la curtis di San Giustino nella massa Nautona indicandone così i confini: usque viam Salariam (nota 45) quae venit a monasterio Domni Salvatoris [di Concerviano] et pergit ad Romam de alio latere via Salaria quae venit a civitate Reatina ad Romam de alio latere rivus Arrianus (LL I, d. 105).
    Nota 45 - Si tratta della strada che si staccava dalla Salaria a Monteleone e attraverso Magnalardo e il territorio di Concerviano proseguiva verso il Cicolano: corrispondeva al primo tratto della via antica da alcuni identificata con la Cecilia (si veda oltre. pag. 74 e ss.). Con la via Salaria che va dalla città di Rieti a Roma, citata subito dopo, la carta allude invece alla Salaria vera e propria.»
  77. ^ Sulle pertinenze del monastero del Salvatore vedi abbazia di San Salvatore Maggiore#Nell'Abruzzo.
  78. ^ Sui resti della via Caecilia ad est di Antrodoco, percorso e foto: Ruggero Fainelli, La via Cecilia ad Antrodoco, su https://umap.openstreetmap.fr, 2020.
  79. ^ fab.i., Ponte "Nascuci", area ripulita dai volontari, in Il Centro, 5 ottobre 2018.
  80. ^ Persichetti II, pag. 283.
    «Di là la via antica si ricorda dai vecchi che passava a valle della nuova, facendo un gomito col quale da un'altezza di circa 80 m. dal livello del fiume, andava a scendere al fiume stesso che, poco innanzi, avanti al molino di Poggio Umbricchio, cavalcava con un robustissimo ponte. Di questo ponte, sulla medesima ripa destra del Vomano, avanza un piccolo resto della platea della pila, veramente meravigliosa, che rimane ad un metro e mezzo sul pelo dell'acqua. Tra macigni, in parte caduti dalla costa superiore ed in parte trasportativi dal fiume che, lungo tutto il suo corso, ha quasi sempre il letto ingombro da grossi massi, con difficoltà si riesce a ritrovare ed a vedere quel resto del ponte, costituito da due fila di conci enormi. La prima fila si compone di due soli blocchi, uno dei quali, nella faccia a vista, è largo nientemeno che m. 2,50; La seconda fila è di cinque blocchi, alti m. 0,55. Tutti essi hanno uno spessore di m. 1,60. Il ponte poi era largo in tutto m. 3,70. Ed invero di quanti antichi ponti io abbia visti, non ne ho mai veduto alcuno costruito con massi più enormi di questo, che molto si ravvicina alla vetustissima architettura ciclopica e pelasgica; ed il piccolo avanzo che ne rimane basta per far argomentare che nella sua integrità doveva essere di una bellezza e di una robustezza straordinaria; onde pare impossibile che con tanta solidità sia crollato, mentre, appunto in fatto di solidità, in confronto delle antiche, le opere moderne fanno ridere. Quel ponte, costruito con massi colossali, distrutto dalla natura ch' è più forte dell'uomo, è stato sostituito da un ponticello in legno abbastanza sconnesso, pel quale ora si valica il fiume per accedere prima al molino e poscia al paese di Poggio Umbricchio.»
    .
  81. ^ Virgilio menziona nell'Eneide Trebula Mutuesca tra le città sabine alleate contro Enea.(Verg. Aen. VII.711)
  82. ^ cfr. Palma (1833), Palma (1836) .
  83. ^ "Gli Amici della Via Caecilia" cfr. Stocchi, Fainelli.
  84. ^ In particolare il 19 agosto 2019 si è tenuta una conferenza presso il Teatro S.Agostino di Antrodoco dal titolo "Interocrium e la Via Caecilia" in cui il Dott.Carlo Virili ha presentato alla cittadinanza, accorsa numerosa, la rilevanza del ritrovamento del 2018. cfr. Clarice Serrani, Conferenza del 19 Agosto al Teatro S. Agostino di Antrodoco. "Interocrium e la Via Caecilia.", in RM, ottobre 2018, pp. 52-53.
  85. ^ Due appuntamenti con la via Caecilia, su https://archeoclublaquila.it, 20 luglio 2016.
  86. ^ A seguito di alcuni lavori per la sostituzione di una condotta della rete del gas naturale Snam nel 2018 venne avviato un lavoro di archeologia preventiva lungo il Rio Rapelle nel comune di Antrodoco.
  87. ^ Carlo Virili (La Sapienza, Università di Roma), SIMBAS (Sistema territoriale Integrato Musei Biblioteche Archivi della Sabina e del Cicolano), Tra selve e orridi: le gole di Antrodoco e la diritta via verso l’Adriatico, Ciclo di Conferenze sul paesaggio, Antrodoco, 15 gennaio 2022.
  88. ^ Alessandro Betori, Carlo Virili, Per Appenninum munienda. La via Salaria/Caecilia alla luce delle nuove evidenze di archeologia preventiva nel territorio di Antrodoco (PDF), Padova, Università degli Studi, Convegno "Landscapes 5", 23-24 Maggio 2024.
    «La strozzatura delle gole di Antrodoco rappresenta un punto nodale della viabilità nel raccordo tra l’alta valle del Velino e quella dell’Aterno e dunque tra la Sabina interna e il traguardo adriatico. Lo snodo interocrino si articola sfruttando le potenzialità strategiche del quadro geomorfologico che obbliga, direziona e condiziona quello che fin da età antichissima si è dimostrato essere come uno dei percorsi più veloci per raggiungere dalle montagne reatine il litorale abruzzese e viceversa. A partire dagli inizi del III sec. a.C. questo percorso fu codificato attraverso la creazione della prefettura intermedia di Amiternum e del suo terminale costiero, posto al confine meridionale dell’agro pretuzio conquistato, rappresentato dalla più antica colonia in prossimità dell’Adriatico che da quel mare prende il nome: Hatria. I problemi storiografici relativi al riconoscimento della strada che attraversava i territori conquistati sabini ed adriatici sembrano far convergere più Autori nella denominazione di detta via in Caecilia, menzionata nella famosa epigrafe di Porta Collina, che almeno con certezza odonomastica, corrispondeva alla tratta Amiternum-Hatria di cui rappresenterebbe il prolungamento orientale della via Salaria. La via Salaria, dunque, dopo Reate, seguiva la valle del Velino fino ad Interocrium per poi deviare verso oriente fino alla piana di Amiternum e da lì, con la denominazione di Caecilia, valicando la parte meridionale dei Monti della Laga, giungeva fino ad Hatria. Recenti acquisizioni di dati archeologici, relativi ad opere infrastrutturali di carattere viario, messe in luce attraverso attività di archeologia preventiva nel territorio di Antrodoco, permettono di mettere topograficamente a sistema tutta una serie di evidenze mal note censite a partire dall’Ottocento. Nel quadro di un’analisi globale del territorio che permetta la traduzione storica del bacino topografico in esame, il tradizionale dato archeologico proveniente da scavo è stato interpolato con altri livelli informativi quali le ricerche archeologiche di superficie, la cartografia storica, i percorsi secondari, la geomorfologia, l’idrologia, l’uso dei suoli, i dati ambientali, ecc., inseriti poi in una piattaforma GIS capace di gestirli per favorire la sintesi interpretativa. Inoltre, attraverso l’utilizzo del drone, è stato possibile, per le evidenze monumentali messe in luce, realizzare rilievi fotogrammetrici di precisione e immagini aerorilevate di territorio sottoposte poi a fotointerpretazione archeologica. Si prospetta in futuro un uso più specifico e tecnologico delle immagini ottenute da voli con droni in riferimento ad analisi territoriali effettuate con supporti quali camere termiche e multispettrali per una migliore interpretazione del contesto archeologico capace di proporre anche modelli predittivi. Si auspica che questa massa di dati elaborati e sintetizzati potrà essere utilizzata anche come strumento di gestione e pianificazione territoriale ad uso degli enti locali e con valore di tutela ad uso delle Soprintendenze.»
  89. ^ Giorgio D’Egidio, In Cammino sui Sentieri Dimenticati: Lungo la via Caecilia, su CAI, Sezione di Teramo (a cura di), caiteramo.it, 18 febbraio 2024.
  90. ^ Lucio De Marcellis, La Via Cecilia - Valorizzazione di un percorso cicloturistico tra l’Adriatico e il Tirreno (PDF), su http://www.abruzzoinbici.it/, Coordinamento per le piste Ciclabili nell'Abruzzo Teramano.
  91. ^ Lucio De Marcellis, La Via Cecilia cicloturistica, su http://www.abruzzoinbici.it.
  92. ^ Una chicca per ciclisti e centauri - Il Sole 24 Ore, su mobile.ilsole24ore.com. URL consultato il 7 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 7 agosto 2018).

Bibliografia

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Monografie sulla via Caecilia

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Studi Ottocenteschi sulla via Caecilia

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Studi Moderni sulla via Caecilia

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  • (DE) Gehrard Radke, Viae Publicae Romanae: Via Salaria, in August Pauly e Georg Wissowa, Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, a cura di Wilhelm Kroll, Paulys Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft: neue Bearbeitung, Stuttgart, J. B. Metzler, 1973, pp. 1643-1656.
  • Silvia Barbetta, La via Caecilia da Roma ad Amiternum, in G. Paci. e E. Catani (a cura di), La Salaria in età antica, Atti del convegno, Ascoli Piceno - Offida - Rieti 2-4 ottobre 1997, Roma, 2000, pp. 47-64.
  • Maria P. Guidobaldi, La via Caecilia: riflessioni sulla cronologia e sul percorso di una via publica romana, in G. Paci. e E. Catani (a cura di), La Salaria in età antica, Atti del convegno, Ascoli Piceno - Offida - Rieti 2-4 ottobre 1997, Roma, 2000, pp. 227-291.
  • Valentina Savini e Vincenzo Torrieri, La Via Sacra d'Interamnia alla luce dei recenti scavi, Teramo, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, 2002.
  • Sandro Zenodocchio, Via Salaria (Via Caecilia), in Antica viabilità in Abruzzo, Classici d'Abruzzo, L'Aquila, Rea, 2008, pp. 117-149.
  • Sandro Zenodocchio, Via Interocrium - Amiternum - Beregra - Hadria, in Antica viabilità in Abruzzo, Classici d'Abruzzo, L'Aquila, Rea, 2008, pp. 164-174.
  • Sandro Zenodocchio, Via Interamnia - Castrum Novum, in Antica viabilità in Abruzzo, Classici d'Abruzzo, L'Aquila, Rea, 2008, pp. 175-193.
  • Filippo Coarelli, Via Caecilia e Via Salaria. Una proposta, in Archeologia Classica, Vol. 67, L’Erma di Bretschneider, 2016, pp. 215-232.
  • Sonia Antonelli, Ancora sulla via Caecilia... ripercorrendo le strade del territorio di Aprutium, in SPOLIA Annual Journal of Medieval Studies, Anno XVIII, n. 8, SPOLIA edizioni, 2022, pp. 363-392.
    «Il contributo intende fornire una revisione dei dati disponibili sulla viabilità antica nel territorio di Aprutium, l’area settentrionale dell’attuale regione Abruzzo, con particolare riferimento alla celebre via Cecilia. In passato l’argomento ha beneficiato di numerosi studi di carattere storico-epigrafico; tuttavia, questi studi spesso non hanno tenuto sufficientemente conto della relazione delle strade con gli insediamenti e con le caratteristiche del territorio. Soprattutto la ricostruzione fornita finora per il tracciato della via Cecilia e la sua identificazione hanno risentito di un “equivoco” di fondo circa il luogo e le circostanze del rinvenimento del miliare di Vallorina (Sant’Omero, TE). Si cercherà di chiarire questo equivoco e di fornire una prospettiva diversa.»
  • Alessandro Betori e Carlo Virili, Per Appenninum munienda. La via Salaria/Caecilia alla luce delle nuove evidenze di archeologia preventiva nel territorio di Antrodoco (PDF), in Landscape5, Una sintesi di elementi diacronici - Giustapposizione e contrapposizione nelle ricerche interdisciplinari sul paesaggio antico, Atti del convegno, Padova - 23 maggio 2024, Borgoricco, 24 maggio 2024, Padova, in fase di pubblicazione.

Ulteriori letture

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Sulle strade romane e la loro costruzione

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Sulle magistrature romane e le loro competenze nella costruzione delle strade

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  • Andrea Trisciuoglio, Cap.3 - Opus Publicum Faciendum Locare - La fornitura dei materiali e della manodopera. (PDF), in "Sarta tecta, ultrotributa, opus publicum faciendum locare". Sugli appalti relativi alle opere pubbliche nell'età repubblicana e augustea, Napoli, Jovene Editore, 1998, pp. 91-93.
    «Il De Ruggiero, per venire al punto che qui interessa, ha integrato l’«ope.» della linea relativa alla prima adtributio a Q. Panfilo («[pecuni]a adtributa est, populo const./ [HS...] Q. Pamphilo mancupi et ope.») con un «operis», e ha congetturato che vi fosse nel contratto d’appalto, cui allude l’epigrafe, una clausola che regolava in qualche modo il pagamento e publico degli operai. L’integrazione proposta dal De Ruggiero, tuttavia, non mi pare condivisibile. Essa, in particolare, lascerebbe da chiarire per quale motivo l'adtributio anche a favore degli operai avesse riguardato uno solo dei mancipes che avevano preso in conduzione i lavori (Q. Panfilo), e non anche gli altri. Mi sembra pertanto più verosimile credere, insieme al Nicolet, che «ope.» sia un appellativo (i.e. «operario» o «operis magistro») di Q. Panfilo, che richiama una sua effettiva partecipazione — che, di per sé, il termine manceps non pare evocare — ai lavori di riparazione.»
  • (EN) Matthew Dillon e Lynda Garland, The Public Face of Rome - Comunications and Public Works, in Ancient Rome: A Sourcebook, London, Routledge, 2013, pp. 60, ISBN 8836532950.
  • (EN) Anne Kolb, Communications and Mobility in the Roman Empire, in C. Bruun e J. Edmondson (a cura di), Oxford Handbook of Roman Epigraphy, Oxford, Oxford Press, 2014, pp. 649-670.
  • (EN) Francisco Pina Polo e Alejandro Díaz Fernández, Conservation of roads, in The Quaestorship in the Roman Republic, Berlin, Walter de Gruyter GmbH & Co KG, 2019, pp. 105-107.

Sulla viabilità romana nel Centro Italia

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Viabilità nella Sabina antica
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Viabilità antica nelle valli del Salto e del Turano
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Viabilità nelle valli del Salto e del Turano nell'alto medioevo
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Viabilità antica in Abruzzo
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  • Robert Gardner, The Via Claudia Nova, in The Journal of Roman Studies, vol. 3, Cambridge, Cambridge University Press, November 1913, pp. 205 - 232.
  • Robert Gardner, The Via Claudia Valeria, in Papers of the British School at Rome, vol. 9, Cambridge, Cambridge University Press, 1920, pp. 75-106.
  • Sandro Zenodocchio, Via Salaria (Via Caecilia), in Antica viabilità in Abruzzo, Classici d'Abruzzo, L'Aquila, Rea, 2008, pp. 117-149.
Viabilità antica nella valle del Vomano
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  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Scoperto a Valle San Giovanni un "miliario" della "Via del Batino", in Notizie dell'Economia, n. 3-4, Teramo, Camera di Commercio, 1993, pp. 60–66.
  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Roma attraversò le montagne per i traffici con Hatria e Interamnia, in Notizie dell'Economia, n. 5-6, Teramo, Camera di Commercio, 1993, pp. 97–106.

Il contesto storico nella realizzazione della via Caecilia

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Atlanti Storici

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Sulla lapide di Porta Collina

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Strumenti cartografici online sulla viabilità antica

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Geografia del mondo antico

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Fonti Letterarie

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Sugli itinerari antichi

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Sulla riscoperta delle strade romane

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Stampa locale sulle strade romane

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In Sabina

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  • Clarice Serrani, Conferenza del 19 Agosto al Teatro S. Agostino di Antrodoco. "Interocrium e la Via Caecilia.", in RM., ottobre 2018, pp. 52-53.

Nel teramano

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Siti turistici e divulgativi sulla via Cecilia

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Ad Antrodoco

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Nel teramano

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Sulla via Salaria origine della via Caecilia

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