Teoria dei due Soli

Concezione medievale dei poteri spirituale e temporale

La teoria dei due Soli era una concezione politica medievale e scolastica che considerava l'autorità papale e quella imperiale dotate di pari dignità, ma riferite ad ambiti diversi. Contrapponendosi alla teoria del Sole e della Luna che voleva l'una suddita dell'altra, essa sosteneva che il Papa e l'Imperatore si dovessero occupare in maniera indipendente di due diverse sfere di potere, la prima di quello spirituale, mentre la seconda di quello temporale.

Raffigurazione di due Soli che illuminano il mondo.

«Soleva Roma, che 'l buon mondo feo,
due Soli aver, che l'una e l'altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo».[1]
(Divina Commedia, Purgatorio, XVI, 106-108)

L'analogia con i due Soli stava a significare che entrambi brillavano di luce propria, avendo il loro potere un'origine divina.[2]

Formulata dalla scuola di Bologna,[3] si trattava di una posizione intermedia tra le pretese teocratiche papali e quelle egemoni imperiali nella lotta tra i poteri universali nel Medioevo, che si rifletté nelle contese tra guelfi e ghibellini.[4]

L'autonomia del potere imperiale

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Dante Alighieri, sostenitore della teoria

Secondo questa concezione, il potere imperiale e quello papale, simboli della suddivisione biblica tra investitura regale e sacerdotale,[5] avrebbero dovuto convivere in armonia, secondo uno spirito di cooperazione anziché in antagonismo, come i due serpenti nel caduceo ermetico.[2]

Nella sua disputa con l'impero, la pretesa papale di essere l'unico tramite per mezzo del quale Dio potesse concedere ad un sovrano il potere su uno Stato sarebbe stata errata, in quanto l'autorità dei sovrani sarebbe già stata legittima per se stessa.

Ciò trovava anche riscontro nelle ultime tesi elaborate dagli scolastici, secondo le quali un monarca, per essere riconosciuto, non avrebbe necessariamente avuto il bisogno di investiture papali, a patto che egli governasse sulle proprie terre.[6] Tale era la condizione del Sacro Romano Impero, erede dell'Impero Romano, e perciò autorizzato a governare tutta l'Europa.

Le due spade

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Già papa Gelasio del resto, in una lettera ad Anastasio I, aveva parlato di «due spade»,[7] riconoscendo due giurisdizioni separate al papa e all'imperatore.[8]

 
Cristo consegna le due spade al papa e all'imperatore (dipinto di Hans Bornemann, da una copia del 1442 del Sachsenspiegel)

La teoria riscontrò notevole successo negli ambienti ghibellini e antipapali italiani, seppure tra i più moderati dato che riconoscevano dignità anche alla Chiesa. Lo stesso Dante, che era guelfo, se ne fece portavoce nel Monarchia (precisamente nel terzo libro dell'opera), e nella Divina Commedia:

«'l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l'unghie fesse.»

Secondo Dante cioè, il «pastore che procede» (ovvero il pontefice) può «ruminare» (interpretare le scritture), ma non ha le «unghie separate», ovvero, nella simbologia usata, non è adatto a governare.

In questa concezione politica, ripresa tra gli altri da Pietro d'Abano, Giovanni di Jandun, Marsilio da Padova,[8] nella sua pretesa di ottenere una sovranità autonoma dalle ingerenze clericali si è vista un'anticipazione ideale delle monarchie nazionali moderne in cui gli Stati si sarebbero considerati sempre più indipendenti e liberi da qualsiasi dettame papale.

Si tratta però di una forzatura quella che ha condotto a interpretarla come una rivendicazione di indipendenza della sfera profana da quella sacra, mentre in realtà le due forme di potere si ritenevano entrambe di origine divina.[9] L'Impero, infatti, secondo la concezione storica del ghibellinismo più radicale, si considerava simbolo stesso del potere di Cristo sul mondo, la cui autorità politica-regale assommava in sé quella spirituale,[10] ambendo ad assumere un ruolo egemone sovranazionale, capace di subordinare tutte le realtà istituzionali particolari, di appartenenza cristiana.[11]

Quel ruolo sovranazionale, non a caso, iniziò a declinare agli inizi del Trecento, quando papa Bonifacio VIII, rifacendosi alla dottrina di Bernardo di Chiaravalle che aveva reinterpretato una metafora del vangelo di Luca («Signore, ecco qui due spade», Lc 22,38[12]) per rivendicare a sé la capacità di disporre di entrambe le spade, materiale e spirituale,[14] indicò come rappresentante del potere temporale non più l'Imperatore tedesco, bensì il re di Francia Filippo il Bello.[15]

  1. ^ Sono parole che Dante fa dire a Marco Lombardo, cfr. Purgatorio, canto 16: parafrasi, su library.weschool.com.
  2. ^ a b Edy Minguzzi, La struttura occulta della Divina commedia, pag. 83, cap. IV, § 4.1.4, Il caduceo: Impero e Chiesa, Libri Scheiwiller, 2007.
  3. ^ Francesco Ruffini, Relazioni tra Stato e Chiesa: lineamenti storici e sistematici, pp. 182-183, Il Mulino, 1974 (cit. in Lorenza Forni, La laicità nel pensiero dei giuristi italiani: tra tradizione e innovazione, pag. 135, Giuffrè Editore, 2010).
  4. ^ Edy Minguzzi, La struttura occulta della Divina commedia, pag. 194, cap. XIII, L'archetipo Giove, op. cit.
  5. ^ Regalità e sacerdozio secondo Guénon furono incarnati rispettivamente da Melchisedec e Aronne (L'esoterismo cristiano, cap. X, Cristo Sacerdote e Re, pp. 36-38).
  6. ^ Sulle concezioni politiche della scolastica, vedere qui Archiviato il 18 agosto 2007 in Internet Archive.
  7. ^ «Duo sunt, imperator Auguste, quibus principaliter mundus hic regitur: auctoritas sacra pontificum, et regalis potestas» (Gelasio, Epistola VIII, Ad Anastasium imperatorem, PL 59, col. 42), cit. in Stefano Simonetta, Un Dio, due vicari. La dottrina del dualismo dei poteri nell'Europa latina, in "Bisanzio e l'Occidente", II, Università degli Studi di Milano, 2019, p. 4, ISSN 2611-9870 (WC · ACNP).
  8. ^ a b Fabio Bortolotti, Spiritualia et Realia, pag. 29, Gruppo Albatros, 2022.
  9. ^ Julius Evola, Il mistero del Graal , § 29, Roma, Mediterranee, 1994 ISBN 978-8827205020.
  10. ^ Giovanni Sessa, Evola e Dante. Esoterismo ed Impero, su centrostudilaruna.it, 2015.
  11. ^ Alfred Kohler, Das Reich im Kampf um die Hegemonie in Europa 1521–1648, pag. 5 e segg., Monaco, Oldenbourg Wissenschaftsverlag, 2010 ISBN 978-3-486-59782-0.
  12. ^ Lc 22,38, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  13. ^ Cfr. Mariano Fazio, Due rivoluzionari, pag. 56, nota 17, Armando Editore, 1998.
  14. ^ Cfr. Egidio Romano, Il potere della Chiesa, pag. 262, nota 7, a cura di Gianni Dotto e Giovanni Battista M. Marcoaldi, Città Nuova, 2000. La concezione teocratica di Bernardo era stata poi ripresa e sviluppata da Ugo di San Vittore.[13]
  15. ^ Dante Alighieri vs Bonifacio VIII, su baracchesempreverdi.blogspot.com, 2014.

Bibliografia

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  • Dante Alighieri, De Monarchia.
  • Dante Alighieri, Divina Commedia.
  • Girolamo Arnaldi, L'Italia e i suoi invasori, Bari-Roma, Laterza, 2002.
  • Claudia Di Fonzo, Albedo iustitiae. Il peccato ermafrodito e altre questioni di diritto e letteratura, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2023.
  • Ludovico Gatto, Storia universale del Medioevo, Roma, Newton & Compton, 2003.
  • C. Di Fonzo, Il rovesciamento della metafora del sole e della luna: Agostino, Giovanni di Parigi e Dante, in «Rivista Internazionale di Diritto Comune» 32 (2021), pp. 275-297.
  • Julius Evola, Il mistero del Graal, 1937.
  • Edy Minguzzi, La struttura occulta della Divina commedia, Libri Scheiwiller, 2007.

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