Simboli dei campi di concentramento nazisti
I simboli dei campi di concentramento nazisti, principalmente colori, lettere, numeri, facevano parte di un sistema semiologico di identificazione dei prigionieri dei lager[1].
Sistema di codifica dei contrassegni
modificaIl sistema di codifica dei contrassegni serviva a classificare i prigionieri, generalmente in base a gruppi creati sulla base dei motivi dell'arresto. I simboli erano in stoffa, affibbiati sulla divisa, definita dai prigionieri con divisa a motivo Zebra,a causa delle strisce chiare e scure alternate.[3]: sulla casacca, all'altezza del petto, sulla sinistra, e sui pantaloni, all'altezza della coscia destra[4]. I criteri per l'identificazione degli internati variavano però a seconda dei luoghi di detenzione, e del trascorrere del tempo. L'assegnazione di un prigioniero a una categoria dipendeva in ogni caso dall'arbitrio della Gestapo; le suddivisioni si confusero e persero poi di valore con l'aumentare dei deportati da molti paesi[1][5], e con il progressivo sgretolamento del Terzo Reich[6].
Triangoli colorati
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un triangolo di colore marrone identificava i prigionieri rom[1][10]. Erano denominati Brauner secondo la lingua del lager di Mauthausen[3]
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un triangolo di colore viola identificava i testimoni di Geova, i "ricercatori della Bibbia", Bibelforscher[1][11][12][13], detti anche "i viola", die Violetten[14]
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un triangolo di colore nero identificava gli Asociali[15], detti Aso secondo la lingua del lager di Mauthausen[3]. Fra gli altri, i vagabondi, gli etilisti, i disabili[16] i malati di mente[17], le donne omosessuali[18], le prostitute, i rom[19]. Alcuni prigionieri contrassegnati dal triangolo nero svolsero il ruolo di Kapo[20].
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un triangolo di colore rosa identificava gli omosessuali, bisessuali maschi[18][21], internati sulla base del Paragrafo 175. Erano denominati Rosaroter, secondo la lingua del lager di Mauthausen[3].
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un triangolo di colore rosso, rot[1][22], identificava i prigionieri politici, politischer Vorbeugungshäftling[23], arrestati per "fermo protettivo", Schutzhaft[24], un pretesto per internare gli oppositori al nazionalsocialismo[25]. Erano denominati Roter secondo la lingua del lager di Mauthausen[3]. Identificava, fra gli altri, i massoni[26] e gli oppositori antinazisti o considerati tali[27][28][29].
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un triangolo di colore blu identificava gli emigrati, Emigranten[1]. Si trattava di fuoriusciti dalla Germania in quanto oppositori antinazisti, rientrati perché richiamati con la frode, o per la minaccia di ritorsioni nei confronti dei loro familiari[5][30]. Nel lager di Mauthausen i triangoli blu erano attribuiti ai prigionieri politici spagnoli[2][31].
Triangoli doppi
modifica- Un triangolo invertito sovrapposto a un triangolo di colore giallo indicava che il prigioniero era un ebreo; ad esempio, un triangolo nero sovrapposto a un triangolo giallo indicava un prigioniero "asociale" ebreo, oppure un triangolo giallo sovrapposto a un triangolo rosa indicava un prigioniero omosessuale ebreo;
- la sagoma di un triangolo, bordata di nero, sovrapposta a un triangolo giallo, indicava un ebreo "profanatore della razza", Rassenschänder[33][34], ossia accusato di violare la "legge per la protezione del sangue", Blutschutzgesetz[35], poiché aveva avuto una relazione con una donna "ariana"[4];
- un triangolo giallo sovrapposto a un triangolo nero, indicava una donna "ariana", "profanatrice della razza", Rasseschänderin, ossia accusata di avere una relazione con un uomo ebreo.
Simboli particolari
modifica- Determinate lettere utilizzate all'interno dei triangoli indicavano il paese di origine:
B (Belgier, belga), F (Franzosen, francese), I oppure IT (Italiener, italiano), J (Jugoslawen, jugoslavo), N (Niederländer, olandese), P (Polen, polacco), S (Spaniern, spagnolo) T (Tschechen, ceco), U (Ungarn, ungherese)[4]. Tedeschi, austriaci, lussemburghesi non avevano alcuna lettera riferita alla nazionalità[2]; - un rettangolo posto al di sopra del triangolo indicava i prigionieri recidivi, Ruckfällige[4];
- nel lager di Auschwitz verso la fine del 1944 gli ebrei erano contrassegnati con un triangolo rosso sopra il quale vi era un rettangolo giallo[36];
- nel lager di Mauthausen gli ebrei erano identificati con una Stella di David formata da due triangoli, uno giallo e uno rosso, appositamente sovrapposti[2];
- un disco nero, posto tra il vertice inferiore del triangolo e il numero di matricola, contrassegnava i prigionieri assegnati alle compagnie di disciplina, Strafkompanie, condannati a una colonia penale per aver commesso infrazioni disciplinari[37];
- un disco bianco-rosso, weiss-rote Zielscheibe[38], posto sotto il numero di matricola e sulla divisa all'altezza della schiena[2], contrassegnava i prigionieri sospetti di fuga, Fluchtverdacht[39];
- una lettera Z, che precedeva il numero di matricola dei prigionieri, identificava Rom e Sinti[40];
- un triangolo nero recante la lettera A al centro indicava il prigioniero condannato al "lavoro rieducativo", Arbeitserziehungshäftling[41];
- un triangolo verde recante la lettera S al centro indicava il delinquente abituale detenuto per misura di sicurezza, Sicherungsverwahrte Häftlinge. Si trattava dei carcerati che avrebbero dovuto essere assegnati ai lager giudiziari, Justizlager, inviati invece ai campi di concentramento per "fermo protettivo"[42];
- la sigla SU contrassegnava i prigionieri di guerra sovietici[2][43];
- la lettera E posta prima del numero di matricola contrassegnava i prigionieri "da rieducare", Erziehungshäftling[43];
- la lettera X di colore rosso, tracciata all'altezza della schiena sugli abiti civili indossati da alcuni prigionieri, poiché era un evidente simbolo identificativo degli internati, serviva a scoraggiare i tentativi di fuga[31][44];
- i Kapo generalmente portavano al braccio sinistro una fascia particolare, erano perciò detti "quelli che portano la fascia", Bindenträger[45];
- un disco rosso sotto il quale vi era la sigla IL (Im Lager, nel campo) contrassegnava i prigionieri sospetti di pianificare una fuga.
- un triangolo bianco con il contorno nero e la scritta IMI per gli Internati Militari Italiani (coloro che dopo l'8 settembre 1943 rifiutarono di giurare fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana o rifiutavano il lavoro obbligatorio)
- un triangolo bianco con il contorno nero e l'iniziale dello Stato di appartenenza nel triangolo per i Prigionieri di Guerra
- un bracciale con la scritta TODT per coloro che venivano arruolati per i lavori forzati nel caso non fosse disponibile un Trasporto o per esigenze difensive lungo le coste o per coloro che non erano internati ma avevano ottenuto la possibilità di lavorare fuori dai lager.
L'utilizzo dei triangoli nel lager di Bolzano
modificaNel Campo di transito di Bolzano, Polizei- und Durchgangslager Bozen, o Dulag Bozen, vigeva un utilizzo dei simboli diverso rispetto a quello comune a molti lager[46][47][48]:
- un triangolo blu indicava i prigionieri di guerra;
- un triangolo bianco indicava gli ostaggi;
- un triangolo giallo indicava gli ebrei;
- un triangolo rosso indicava gli oppositori politici;
- un triangolo rosa indicava i rastrellati;
- un triangolo verde indicava gli ostaggi.
Numeri di matricola
modificaI numeri di matricola attribuiti ai prigionieri, Häftlingsnummer, che sostituivano il nominativo degli internati, erano affibbiati sulla divisa, scritti in nero su stoffa bianca, posti all'altezza del cuore e al centro della coscia destra, talvolta riportati su una placchetta di latta da portare al collo o al polso[2], oppure tatuati sull'avambraccio.
Schemi riassuntivi dei simboli
modificaSeguono alcuni schemi riassuntivi dei simboli.
TRIANGOLI | Politici | Criminali | Emigrati | Testimoni di Geova |
Omosessuali | Asociali | Rom/Sinti |
Normale | |||||||
Recidivo | |||||||
Prigioniero di compagnia di disciplina | |||||||
Ebreo | |
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Nota[49] |
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Galleria dei simboli dei campi di concentramento nazisti
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La divisa a strisce detta Zebra
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Triangolo viola
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Triangoli viola
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Triangolo e numero posti sui pantaloni all'altezza della coscia destra
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Prigioniero ebreo nel lager di Auschwitz
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Stella di David
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Prigioniero politico belga del lager di Dachau
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Prigioniero politico francese
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Prigionieri disabili nel lager di Buchenwald portano un triangolo nero posto sopra a uno giallo
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Bracciale di un Kapo superiore ebreo
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Un Kapo, dotato di una fascia al braccio, sorveglia prigionieri tormentati con inutili esercizi ginnici
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Sigla SU posta all'altezza del petto
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X rossa tracciata su abito civile all'altezza della schiena
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Una striscia di capelli più corti in mezzo alla testa era un simbolo identificativo del prigionierio utilizzato per scoraggiare tentativi di fuga
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Numero affibbiato sulla divisa
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Numeri riportati sulle placchette di latta
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Numero tatuato sull'avambraccio
Note
modifica- ^ a b c d e f g Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Farbe
- ^ a b c d e f g Hans Maršálek, Storia del campo di concentramento di Mauthausen. Documentazione, edition Mauthausen, Vienna, 2008, cap. 5. I contrassegni dei detenuti
- ^ a b c d e Hans Maršálek, Storia del campo di concentramento di Mauthausen. Documentazione, edition Mauthausen, Vienna, 2008, Allegato Espressioni del lager (glossario)
- ^ a b c d Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Dreieckswinkel
- ^ a b Vincenzo Pappalettera, Tu passerai per il camino, Milano, Mursia, 1982, p. 282.
- ^ Enzo Collotti, I campi di concentramento in Otto lezioni sulla deportazione. Dall'Italia ai Lager, Milano, 2007, pag. 55
- ^ Bekleidung und Kennzeichnung der Häftlinge, su mauthausen-memorial.at.
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Judenstern
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Dreieck, gelber
- ^ Classification System in Nazi Concentration Camps
- ^ Triangolo Viola
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Bibelforscher
- ^ Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino, 2004, alla voce Testimoni di Geova
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Violetten, die
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Asoziale, der
- ^ Black triangle campaign in difesa dei diritti dei disabili (in inglese)
- ^ Strous, R.D. Psychiatry during the Nazi era: ethical lessons for the modern professional. Ann Gen Psychiatry 6, 8 (2007). https://doi.org/10.1186/1744-859X-6-8
- ^ a b Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino, 2004, alla voce Omosessuali
- ^ Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino, 2004, alla voce Zingari
- ^ Vincenzo Pappalettera, Tu passerai per il camino. Vita e morte a Mauthausen, Ugo Mursia Editore.
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Homosexualität
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce rot
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce PVH
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Schutzhaft
- ^ Enzo Collotti, I campi di concentramento in Otto lezioni sulla deportazione. Dall'Italia ai Lager, Milano, 2007, pag. 46
- ^ Shoah, il dovere della memoria, in Erasmo, notiziario del GOI, Anno II, numero 1.
- ^ Paolo Liggeri, Triangolo rosso : dalle carceri di S. Vittore ai campi di concentramento e di eliminazione di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen, Dachau, marzo 1944-maggio 1945, Milano : La casa, stampa 1946
- ^ Testimonianza di don Domenico Girardi, su lageredeportazione.org. URL consultato il 20 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
- ^ Testimonianza di don Angelo Dalmasso
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Emigrant
- ^ a b Les Républicains espagnols déportés de France, su lekti-ecriture.com. URL consultato il 20 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2016).
- ^ a b A. Devoto, M. Martini, La violenza nei lager, Franco Angeli Editore, 1981, Glossario
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Rassenschänder
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Rassenschande
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Blutschutzgesetz
- ^ NATIONAL GROUPS AND PRISONER CATEGORIES - PRISONERS' MARKINGS, su en.auschwitz.org. URL consultato il 19 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 14 aprile 2015).
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Strafkompanie
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce weiss-rote Zielscheibe
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce Fluchtverdacht
- ^ Sinti and Roma (Gypsies) in Auschwitz, su en.auschwitz.org. URL consultato il 3 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2012).
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce A
- ^ Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971, alla voce S
- ^ a b Prisoner classification system in Auschwitz 4, su en.auschwitz.org. URL consultato il 26 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 6 ottobre 2014).
- ^ Arminio Wachsberger, L'interprete. Dalle leggi razziali alla Shoah, storia di un italiano sopravvissuto alla bufera, Proedi Editore, 2009
- ^ Hermann Langbein, Uomini ad Auschwitz, Prefazione di Primo Levi, Mursia, p. 19.
- ^ Vincenzo Pappalettera (a cura di), Nei lager c'ero anch'io, Mursia, 1973.
- ^ il campo di concentramento di Bolzano (DURCHGANGSLAGER BOZEN)
- ^ Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano (PDF), su deportati.it.
- ^ La classificazione "ebreo-testimone di Geova" appare contraddittoria, ma la definizione nazista di "ebreo", in base alla politica "razziale" nazista, includeva persone che avevano antenati ebrei; era dunque possibile che tali persone appartenessero ad altre religioni. L'esistenza di un ebreo-testimone di Geova, dunque, benché forse poco comune, non era in ogni caso impossibile.
Bibliografia
modifica- Aldo Enzi, Il lessico della violenza nella Germania nazista, Patron, 1971
- Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino, 2004, ISBN 9788806164355
- Hans Maršálek, Storia del campo di concentramento di Mauthausen. Documentazione, edition Mauthausen, Vienna, 2008, ISBN 978-3902605108
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Simboli dei campi di concentramento nazisti
Collegamenti esterni
modifica- (EN) Inmate categories, su en.mauthausen-memorial.at.
- (DE) Häftlingskategorien, su mauthausen-memorial.at.
- (EN) Prisoner classification system in Auschwitz, su en.auschwitz.org. URL consultato il 26 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).