Semnoni
I Semnoni erano una grande e antica popolazione germanica degli Herminones (spesso indicati con il nome generico di Suebi o Svevi[1]), a cui appartenevano insieme a Marcomanni, Quadi, Ermunduri e Longobardi[2] Abitarono lungo il corso del medio Elba almeno fino al III secolo (nell'attuale Marca del Brandeburgo[3]), avendo come vicini ad ovest i Cherusci, a nord i Longobardi, ad est i Vandali ed a sud gli Ermunduri. Erano considerati, come ci ricorda Tacito, i più nobili ed antichi tra le popolazioni dei Suebi,[4] e forse i più importanti.[5]
Semnoni | ||||
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Il popolo dei Semnoni lungo il medio corso dell'Elba attorno al 98, al tempo dello storico Tacito che scrisse De origine et situ Germanorum | ||||
Sottogruppi | faceva parte dei Germani occidentali degli Herminones | |||
Luogo d'origine | abitarono nell'attuale Marca del Brandeburgo | |||
Periodo | dal I millennio a.C. | |||
Lingua | Lingue germaniche | |||
Distribuzione | ||||
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Storia
modificaAll'epoca della dinastia giulio-claudia
modifica«Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, con le quali erano confinanti popolazioni che non erano sottoposte al nostro potere. Pacificai le provincie delle Gallie e delle Spagne, come anche la Germania nel tratto che confina con l'Oceano, da Cadice alla foce del fiume Elba[6]. [...] La mia flotta navigò l'Oceano dalla foce del Reno verso le regioni orientali fino al territorio dei Cimbri, dove né per terra né per mare giunse alcun romano prima di allora[7], e i Cimbri e i Caridi e i Sennoni e altri popoli germani della medesima regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo romano.»
«La Germania intera fu attraversata dai nostri eserciti [ndr. dei Romani]. Furono vinti popoli di cui si conosceva a mala pena il nome, vennero nuovamente sottomesse le tribù dei Cauci. [...] Furono vinti i Longobardi, gente addirittura più feroce della ferocia germanica. Da ultimo [...] l'esercito romano con le insegne fu condotto a 400 miglia dal Reno, fino al fiume Elba, che scorre tra le terre dei Semnoni e degli Ermunduri.»
Al termine di quasi un ventennio di campagne militari in Germania, Augusto dopo aver conquistato ed occupato in modo permanente nel 6 tutti i territori compresi tra il Reno e l'Elba, ad esclusione della sola Boemia dei Marcomanni, venne in contatto per la prima volta con il popolo dei Semnoni, che si trovava ad est del grande fiume germanico.[8] La successiva sconfitta subita nel 9 nella foresta di Teutoburgo, dove persero la vita ben tre legioni romane, ad opera di Arminio, costrinsero Augusto a rivedere i suoi piani espansionistici e riportare i confini imperiali al fiume Reno, più ad ovest.[9] I Semnoni tornavano così ad essere dei lontani interlocutori, nuovamente distanti dalle mire espansionistiche dell'Impero romano.
Pochi anni più tardi, nel 18, Arminio, principe dei Cherusci, dopo aver raggruppato sotto il suo comando numerose tribù germaniche (come Longobardi, gli stessi Semnoni ed altre tribù suebiche del regno di Maroboduo), mosse guerra ai Marcomanni.[10] Lo scontro a cui si arrivò tra le due fazioni (nel 18 o 19), è così raccontato da Tacito:
«Tacito racconta (Annales, II, 46) che In nessun altro luogo mai avvenne scontro tra forze di maggior mole, né più incerto fu l'esito. Da entrambe le parti, sbaragliata l'ala destra, la battaglia si sarebbe forse combattuta di nuovo se Maroboduo non avesse posto l'accampamento in alto sui colli. Questo fu il segnale della sua disgrazia. Sguarnito l'esercito lentamente, a causa delle diserzioni continue, egli dovette rifugiarsi presso i Marcomanni, e mandò a Tiberio ambasciatori per chiedere l'intervento romano.»
Questa volta Tiberio decise di non intervenire nelle faccende interne alle popolazioni germaniche, ed i Semnoni rimasero all'interno della coalizione di Arminio, fino a quando quest'ultimo non fu ucciso da una congiura nel 21.
All'epoca di Tacito
modificaPoco prima dell'inizio della seconda fase della guerra suebo-sarmatica (del 92), sembra che Domiziano, abbia tentato di isolare le due tribù suebe di Quadi e Marcomanni, cercando nuove alleanze nelle vicine popolazioni germaniche settentrionali di Lugi e Semnoni.[11]
Ciò però provocò un'immediata reazione tra i Quadi, i quali a loro volta cercarono alleanze con i vicini Sarmati Iazigi, tanto da prepararsi ad attraversare il Danubio ghiacciato al principio del 92.[12]
Durante le guerre marcomanniche
modificaLa guerra che scoppiò nella seconda parte del II secolo contro l'Impero romano da parte di una coalizione di natura militare, composta da una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche (dai Marcomanni della Moravia, ai Quadi della Slovacchia, alle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del Tisza, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato), era la naturale conseguenza di una serie di forti agitazioni interne e di continui movimenti migratori che avevano ormai modificato gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi, per il crescente aumento demografico della popolazione nell'antica Germania, erano, inoltre, attratti dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[13]
Nel 166/167, avvenne il primo scontro lungo le frontiere della Pannonia ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii, che, grazie al pronto intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio furono gestite direttamente dagli stessi imperatori, Marco Aurelio e Lucio Vero, ormai diffidenti nei confronti dei barbari aggressori e recatisi per questi motivi fino nella lontana Carnuntum (nel 168). La morte prematura del fratello, Lucio (nel 169 poco distante da Aquileia), ed il venir meno ai patti da parte dei barbari, portò una massa mai vista prima d'ora, a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia, il cuore della Venetia, e provocando un'enorme impressione: era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava dei centri del nord Italia.
Marco Aurelio combatté una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche, prima respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia cisalpina, Norico e Rezia (170-171), poi contrattaccando con una massiccia offensiva in territorio germanico, che impiegò diversi anni di scontri, fino al 175. Questi accadimenti costrinsero lo stesso imperatore a risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai far ritorno a Roma. L'apparente tregua sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi durò però solo un paio d'anni. Alla fine del 178 l'imperatore Marco Aurelio era costretto a fare ritorno nel castra di Brigetio da dove, fu condotta l'ultima campagna nella primavera successiva del 179. Si racconta infatti che:
«I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio [...] tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori, decise di chiudere loro tutte le vie di fuga, impedendone la loro partenza.»
La successiva morte dell'imperatore romano nel 180 pose fine ai piani espansionistici romani ed alle preoccupazioni degli stessi Semnoni, che con l'occupazione della Marcomanni da parte di Marco si sarebbero trovati "vicini" ad un impero così potente, ed a rischio di essere anch'essi inglobati.
La crisi del III secolo
modificaCon l'inizio del III secolo, alcune tribù dei Semnoni, andarono a costituirsi nel nucleo originario della federazione di tribù nota come Alemanni (o Alamanni), insieme alle tribù di Catti, Ermunduri, Naristi e Iutungi, in parte andandosi a stanziare fino alla valle del Neckar, dopo l'abbandono degli Agri decumates da parte dei Romani (260 circa).[2]
Nel 260 i territori che formavano una rientranza tra Reno e Danubio, a sud del cosiddetto limes germano-retico (o Agri decumates) furono, infatti, abbandonati a vantaggio delle popolazioni sveve degli Alamanni, tra cui parte degli stessi Semnoni. A quest'anno sembra, infatti, appartengano i numerosi segni di distruzione lungo questo tratto di Limes a Kempten, Bregenz, Grenoble e Losanna e la riapertura della fortezza legionaria di Vindonissa e dei forti ausiliari di Augusta Raurica, Castrum Rauracense e la moderna Basilea.[14] Non a caso l'iscrizione rinvenuta ad Augusta Vindelicorum ricorda una vittoria contro le genti germaniche di Semnoni e Iutungi, nell'anno in cui Postumo era già Augusto e console insieme ad un certo Honoratiano.[15]
Il V secolo
modificaE se una parte di loro era confluita nella federazione degli Alemanni, altri costituirono parte di quelle popolazioni suebiche che nel V secolo, insieme a Vandali ed Alani, fece breccia nella frontiera romana a Magonza e da lì invase la Gallia (una parte dei Suebi, chiamati Suebi del nord, sono menzionati nel 569 sotto il re franco Siegbert I, nell'attuale Sassonia-Anhalt). E Suebi, coalleati a Sassoni e Longobardi, sono menzionati anche in Italia per l'anno 573.
Mentre i Vandali e gli Alani si scontravano con i Franchi alleati di Roma per il dominio sulla Gallia, i Suebi di re Ermerico si diressero a sud, attraversando i Pireneie il paese dei Baschi, penetrarono in Spagna, che era fuori dal controllo imperiale sin dal tempo della ribellione di Geronzio e Massimo nel 409, devastando per due anni le province occidentali e meridionali.
Dopo aver adottato un atteggiamento più pacifico, i conquistatori che erano un piccolo numero, non più di 30.000, ottennero da Roma lo status di foederati, in cambio del giuramento di fedeltà all'imperatore Onorio (410).
Nel 411, l'imperatore assegnò loro delle terre, tramite sorteggio; ai Suebi ed ai Vandali asdingi toccò la Gallaecia, regione nord-occidentale della penisola iberica, ai Vandali silingi la Betica ed agli Alani, la fazione più numerosa, la Lusitania e la Chartaginensis (con capitale Cartagena).
In contemporanea con la provincia autonoma della Britannia, il reame dei Suebi in Galizia fu il primo di quei sub-regni romani che si formarono dalla disintegrazione dell'Impero Romano d'Occidente e fu il primo ad avere una propria zecca.
Società
modifica«La prosperità dei Semnoni porta a loro autorità. Essi abitano in cento paesi e grazie a questa enorme moltitudine, essi credono di essere la più importante stirpe dei Suebi.»
Religione
modificaTacito racconta di un rito sacro dei Semnoni che avveniva:
«In un periodo determinato che regolarmente ricorre si raccolgono gli inviati di tutti i popoli congiunti da legami di sangue, in una foresta sacra che dagli antenati, per antico e religioso terrore. Qui essi cominciavano a celebrarne il rito, con l'uccisione di un uomo in nome della tribù, un rito barbaro ed orrendo. Vi è anche un altro modo per celebrare il culto del bosco sacro: nessuno vi può entrare se non completamente legato, dimostrando la propria inferiorità ed il dominio del nume sopra di lui. se per caso qualcuno cade, nessuno può aiutarlo a risollevarsi, deve farlo risollevandosi da terra. Questo rito superstizioso vuole rappresentare che da là ebbe origine la stirpe, che là regna il dio di tutte le cose, che tutto gli deve obbedienza e ne è suddito.»
Note
modifica- ^ Strabone, VII, 1.3.
- ^ a b Villar, cit., p. 438.
- ^ S.Fischer-Fabian, I Germani, Milano, 1985, p.94.
- ^ Tacito, De origine et situ Germanorum, XXXIX, 1.
- ^ Tacito, De origine et situ Germanorum, XXXIX, 4.
- ^ Augusto si riferisce alle due campagne di Druso degli anni 12-9 a.C. (Cassio Dione, Storia romana, LIV, 32; LIV, 33; LIV 36.3; LV, 1.5; LV, 2.1-2) e di Tiberio dell'8-7 a.C. (Cassio Dione, Storia romana, LV, 6.1-3; LV, 8.3.) vanificate, come noto, dalla disfatta di Teutoburgo dove 3 legioni, sotto il comando di Publio Quintilio Varo, vennero distrutte dai Germani nel 9 d.C. (Cassio Dione, Storia romana, LVI, 18-24.1-2.), Roma mantenne un controllo sulla zona costiera fino all'Elba.
- ^ La spedizione marittima nel mare del Nord avvenne nel 5 durante la campagna germanica di Tiberio (Velleio Patercolo, Storia di Roma, II, 106).
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LVI, 28.5-7.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LVI, 18-24.1-2.
- ^ Strabone, VII (Germania), 1.3.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LXVII, 5.3; Brian W.Jones, The emperor Domitian, Londra e New York, 1993, pp. 151-152.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LVII, 5, 2.
- ^ Southern, pp. 206-207.
- ^ Southern, pp.212-213.
- ^ AE 1993, 1231.
Bibliografia
modifica- Fonti antiche
- (GRC) Dione Cassio, Storia romana. (testo greco e traduzione inglese).
- (GRC) Strabone, Geografia. (traduzione inglese libri 1-9, libri 6-14 e traduzione italiana ).
- (LA) Tacito, De origine et situ Germanorum. (testo latino , traduzione italiana del Progetto Ovidio).
- (LA) Tacito, Annales. (testo latino , traduzione italiana e traduzione inglese).
- (GRC) Tolomeo, Geografia. (traduzione inglese).
- (LA) Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo. (testo latino e traduzione inglese qui e qui ).
- Fonti storiografiche moderne
- Brian W.Jones, The emperor Domitian, Londra e New York 1993.
- Fischer-Fabian, S., I Germani, Milano, Garzanti, 1985.
- (EN) Colin Michael Wells, The german policy of Augustus: an examination of the archaeological evidence, Oxford, Oxford University Press, 1972, ISBN 978-0-19-813162-5.
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- (EN) Semnones, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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