Nelle poleis greche, l'esimnèta (in greco antico: αἰσυμνήτης?, aisymnètes) era un magistrato supremo a cui nei momenti di periodi di instabilità sociale e politica, venivano affidati pieni poteri.

Caratteristiche

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Aristotele, trattando nella Politica delle forme di potere regio, fa seguire alla descrizione dei re e dei tiranni un breve accenno sugli esimneti: li descrive come tiranni elettivi (a differenza della tirannide dei popoli non greci, che era ereditaria), il cui potere poteva durare a vita oppure poteva essere a tempo o limitato al raggiungimento di un certo risultato[1]. Il suo compito era quello di arbitro e di pacificatore tra i vari gruppi in lotta.

Esimneti famosi

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Un esempio di esimneta può essere considerato Pittaco di Lesbo, che detenne il potere a Mitilene nei dieci anni successivi alla morte di Mirsilo[2].

Un altro esempio è Pisistrato di Atene, nella prima fase della tirannide (561/560 a.C.-556/555 a.C.).

Secondo Lorenzo Braccesi, che definisce gli esimneti dei "tiranni a termine", anche la tirannide di Falaride ad Akragas potrebbe aver avuto le caratteristiche della temporaneità.[3]

  1. ^ Politica 3, 1285a.
  2. ^ Aristotele, Politica 3, 1285a-b, che cita un passo del poeta Alceo (fr. 348 Voigt).
  3. ^ Lorenzo Braccesi e Giovanni Millino, La Sicilia greca, Carocci editore, 2000, ISBN 88-430-1702-0, p. 54.

Collegamenti esterni

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  • Esimneta, in Dizionario di storia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.