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Il Friùli [friˈuːli][3] (Friûl in friulano, Furlanija in sloveno, Furlanìa in bisiaco, Friaul o Vriaul in tedesco, Friul in veneto e ladino) è una regione storico-geografica posizionata nell'Italia nord-orientale, che comprende gran parte della pianura veneto-friulana ad est del fiume Livenza, e parte delle Alpi Carniche e delle Alpi Giulie. Il toponimo deriva dal nome latino Forum Iulii[4], ovvero Cividale del Friuli, ove ebbe centro il Ducato del Friuli, istituito dai Longobardi nel 569. Erroneamente si confonde il Friuli con il più esteso Patriarcato di Aquileia, il quale durante la sua esistenza comprendeva anche parti dell'Istria o il Cadore.

Friuli
(IT) Friuli
(FUR) Friûl
(SL) Furlanija
(DE) Friaul
(VEC) e (LAD) Friul
StatiBandiera dell'Italia Italia
Bandiera della Slovenia Slovenia
RegioniBandiera del Friuli-Venezia Giulia Friuli-Venezia Giulia (esclusa la UTI Giuliana)
Bandiera del Veneto Veneto (alcuni comuni)
Litorale sloveno
TerritorioProvince di Pordenone, Udine e Gorizia[1]. Anche l'ex mandamento di Portogruaro (VE) ed il Cadore vengono considerati da alcuni autori come appartenente al Friuli storico[2];
CapoluogoAquileia e successivamente Cividale del Friuli in periodo patriarcale, Udine dal periodo della Repubblica di Venezia (1420)
SuperficieErrore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. con il mandamento di Portogruaro e il comune di Sappada; senza le aree menzionate: 7 549 km²
Abitanticirca 1 060 000 con il mandamento di Portogruaro e il comune di Sappada; 966 000 senza le aree menzionate (2005)
Densitàcirca 128 ab./km²
Linguefriulano, italiano, sloveno, tedesco, veneto
Fusi orariUTC+1
Nome abitantifriulani
Collocazione del Friuli
Mappa geografica del Friuli del 1650, in giallo i confini dell'epoca

Successivamente alla campagna in Italia di Carlo Magno contro i Longobardi, a partire dal 781, la Marca del Friuli fece parte del Regnum Italiae fino al 1014. Istituita nel 1077 dall'imperatore Enrico IV, la Patria del Friuli, guidata dal Patriarca di Aquileia, ebbe sede nominalmente ad Aquileia, ma il patriarca risiedette prima a Cividale e poi a Udine (che fu anche sede del Parlamento del Friuli), fino all'annessione alla Repubblica di Venezia nel 1420

Gorizia fu Contea autonoma dagli inizi del XII secolo al 1500, quando venne quindi assorbita dagli Asburgo. Dal Congresso di Vienna del 1815, la Provincia del Friuli entrò a far parte del Regno Lombardo-Veneto, e successivamente venne annessa al Regno d'Italia nel 1866 (dopo la terza guerra d'indipendenza), mentre Gorizia fu capitale della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e parte dell'Impero austriaco fino al 1919. A partire dal secondo dopoguerra, la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia comprende buona parte della regione storico-geografica del Friuli.

Geografia antropica

«[...] il Friuli è un piccolo compendio dell'universo, alpestre piano e lagunoso in sessanta miglia da tramontana a mezzodì»

La regione storica del Friuli è il territorio che geograficamente trova limiti naturali nelle Alpi Carniche e Alpi Giulie a nord e ad est e nel mare Adriatico a sud. A ovest è delimitato dal fiume Livenza, mentre a sud-est si estende fino alla foce del fiume Timavo[4][5], mentre per alcuni si fermerebbe all'Isonzo.

Ancora a inizio novecento talvolta si intendeva in senso più ampio come Friuli l'intero bacino idrografico del fiume Isonzo, comprendendovi l'intera provincia di Gorizia e parte di territorio oggi sloveno. In tal caso la delimitazione orientale correva dal "passo di Piro" (Hrušica, importante punto di accesso da nordest) alle sorgenti del Timavo, presso Duino, lungo il confine storico dell'ex-contea di Gorizia.[5]

Altro criterio talvolta utilizzato, ma più restrittivo, è quello dei confini entro i quali è diffusa la lingua friulana,[5] che resta comunque associata all'identità culturale friulana.[6][7]

Talvolta si distingue dal Friuli vero e proprio la regione montana della Carnia.

Il Friuli può venir ulteriormente differenziato in tre aree geografiche, separate dal corso del Tagliamento e dall'ex confine austro-italiano presente fino al 1918: quello cosiddetto occidentale (di là da l'aghe), quello centrale (appellato di cà da l'aghe, cioè "di qua dal fiume" rispetto a Udine) e quello orientale (di là dal clap, cioè "di là del confine", riferito alla zona di Gorizia).[5]

Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Friuli.

Le origini e l'epoca romana

 
Il foro di Aquileia, sullo sfondo il campanile della basilica

Interessata in età protostorica dalla Cultura dei castellieri, la regione fu popolata, sul finire del V secolo a.C., da genti di origine celtica ed in particolare dai Carni (che introdussero, nei territori da loro occupati ed in quelli limitrofi, nuove ed avanzate tecniche di lavorazione del ferro e dell'argento), facendo dunque parte della Carnorum regio citata da Plinio.[8]

Conquistato e colonizzato dai Romani fin dal II secolo a.C., il Friuli Meridionale venne profondamente influenzato dalla civiltà latina, grazie anche alla presenza dell'importante centro di Aquileia, quarta città d'Italia e fra le principali dell'impero, capitale della X Regione augustea Venetia et Histria. La città, importante porto fluviale sull'allora fiume Natissa e snodo dei traffici adriatici verso l'Europa settentrionale (la così chiamata "Via Iulia Augusta") e verso l'Illiria, doveva la sua importanza ad una posizione strategicamente favorevole: sorgeva infatti sul mare Adriatico in prossimità delle Alpi e Prealpi orientali, permettendo in tal modo a Roma di contrastare più efficacemente le invasioni dei celti e dei barbari provenienti da oriente.

Il greco Strabone, geografo di età augustea, in un passo della sua opera annota che il porto di Aquileia, colonia romana «...fortificata a baluardo dei barbari dell'entroterra... si raggiunge... risalendo il fiume Natisone per sessanta stadi... e serve come emporio per i popoli illirici stanziati lungo l'Istro»[9]. Va al riguardo segnalato che mentre al giorno d'oggi il Natisone è tributario dell'Isonzo, all'epoca sfociava direttamente in mare. Lo sviluppo di altri centri oltre ad Aquileia, quali Forum Iulii (Cividale del Friuli) e Iulium Carnicum (Zuglio) contribuì ad assicurare alla regione un notevole benessere economico che riuscì a mantenere, nonostante le prime incursioni barbariche, fino agli inizi del V secolo. Negli ultimi decenni del III secolo Aquileia divenne la sede di uno dei vescovati più prestigiosi dell'Impero, contendendo in Italia il secondo posto per importanza, dopo Roma, alle capitali imperiali di Milano e, successivamente, Ravenna. Nel 381 vi si tenne un importante concilio, presieduto dal vescovo Valeriano e voluto da sant'Ambrogio, che aveva preferito Aquileia alla sua sede episcopale di Milano per far condannare pubblicamente l'eresia ariana e i suoi seguaci.

L'invasione unna segnò la rovina della città: Aquileia, protetta da forze esigue, venne espugnata e rasa al suolo da Attila nel 452 (in alcune fondamenta sono state ritrovate le tracce lasciate dagli incendi). Dopo il passaggio dell'orda unna, i superstiti, che avevano trovato rifugio nella laguna di Grado, fecero ritorno in città, ma la trovarono completamente distrutta. Tramontati gli antichi splendori (la sua ricostruzione, più volte vagheggiata, non fu mai portata a compimento), Aquileia rimase tuttavia un punto di riferimento ideale di eccezionale importanza anche dopo il crollo dell'Impero, grazie alla costituzione del Patriarcato (VI secolo), naturale successore del vescovato omonimo che lo aveva preceduto e sede di una fra le più prestigiose autorità cristiane del tempo.

Età medievale

Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente il Friuli entrò a far parte del Regno di Odoacre e successivamente di quello ostrogoto di Teodorico. La riconquista bizantina voluta dal grande Giustiniano (535-553) fu, per la Regione, di breve durata: nel 568 i Longobardi la occuparono creando un importante ducato che ebbe come capitale Forum Iulii. Il centro si impose ben presto come l'agglomerazione urbana più importante e popolosa della Regione e, nei secoli successivi, mutò il suo nome in quello di Cividale del Friuli. Prima ancora di perdere definitivamente la sua denominazione latina, la città diede a sua volta il proprio nome all'intero territorio. Con successivi passaggi linguistici infatti, il nome di Forum Iulii, sulla bocca delle popolazioni friulane di allora, si trasformò in Friûl e si estese fino ad indicare la totalità del ducato longobardo friulano.

Il Ducato del Friuli rivestì una funzione militare e politica di primo piano nell'ambito del regno longobardo. Durante tutta la sua esistenza, si configurò infatti come avamposto e barriera contro le minacce degli Avari e degli Slavi nei confronti dell'Italia settentrionale. Tale funzione strategica e militare fu intuita fin dagli inizi del dominio longobardo: il Ducato del Friuli fu infatti il primo ad essere costituito in Italia e lo stesso Alboino volle affidarlo al nobile Gisulfo, suo parente e collaboratore. Non a caso, molti duchi del Friuli divennero anche re dei Longobardi (fra questi, Rachis, che regnò nella prima metà dell'VIII secolo).

A partire dalla seconda metà del VII secolo e per buona parte del secolo successivo, venne portato a compimento, sia in Friuli che nel resto dell'Italia longobarda, il processo di fusione fra l'elemento romano e quello germanico. Quest'ultimo aveva già adottato, seguendo l'esempio dei propri sovrani, la religione cattolica, mentre il latino (e le parlate romanze che da esso derivavano) si andava sempre più generalizzando all'interno del gruppo etnico longobardo come idioma d'uso e di comunicazione orale, non solo come unica lingua scritta e di cultura del tempo. In tal modo i Longobardi poterono integrasi con le popolazioni autoctone e partecipare attivamente allo sviluppo, anche civile e culturale, del territorio. Longobardi del Friuli furono anche Astolfo, successore di Rachis, prima come duca del Friuli, poi come re d'Italia, e infine lo storico Paolo Diacono, autore della Historia Langobardorum e professore di grammatica latina presso la corte di Carlo Magno.

Alla dominazione Longobarda seguì quella franca (774). I Franchi riorganizzarono il Ducato del Friuli su base comitale e lo inserirono nel loro Stato come parte integrante del Regnum Italiae. Trasformato in Marca del Friuli (846) fu coinvolto, a seguito dello smembramento dello Stato carolingio, nella lotta per il potere in Italia (ultimi decenni del IX secolo e inizi del X), allorquando il marchese Berengario si fece incoronare prima re d'Italia nell'888 e poi imperatore del Sacro Romano Impero nel 915. Nel 951 Il Friuli passò a costituire, con gran parte del Veneto, la Marca di Verona e Aquileia, estesa fra le Alpi Giulie e il Lago di Garda e che aveva come capitale la città di Verona. Nel X secolo la marca entrò nell'orbita ottoniana e rafforzò i suoi legami con l'Impero.

Il 3 aprile del 1077 l'imperatore Enrico IV concesse al patriarca Sigeardo, per la sua fedeltà al potere imperiale, la contea del Friuli con prerogative ducali. Si era in tal modo costituito il primo nucleo del principato ecclesiastico di Aquileia (denominato a partire dal XIII secolo Patria del Friuli), che avrebbe esteso la propria sfera di influenza, anche se in periodi storici diversi, su Trieste, l'Istria, la Carinzia, la Stiria, il Cadore. Tale entità statuale si impose ben presto come una delle più importanti e potenti formazioni politiche dell'Italia del tempo, dotandosi, fin dal XII secolo, anche di un Parlamento, espressione massima della civiltà friulana sotto il profilo istituzionale. Tale organismo prevedeva una rappresentanza assembleare anche dei comuni e non solo dei nobili e del clero. La vita di questa grande istituzione si protrasse per oltre sei secoli, mantenuta persino sotto la dominazione veneziana, anche se in parte svuotata di potere (il Parlamento, convocato per l'ultima volta nel 1805, fu, poco più tardi, abolito da Napoleone). Il patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381) raccolse tutte le leggi emanate in precedenza nelle Constitutiones Patriae Foriiulii, ossia le Costituzioni della Patria del Friuli, le disposizioni principali del principato ecclesiastico . Cividale del Friuli sarà sede del Patriarcato di Aquileia fino al 1238, anno in cui il patriarca si trasferirà a Udine, dove farà costruire un superbo palazzo, per sé e per i propri successori. Udine assumerà in tal modo sempre maggiore importanza divenendo col tempo la capitale istituzionale del Friuli.

L'esperienza del Patriarcato come entità statuale autonoma, seppur vincolata al Sacro Romano Impero, si concluse nel 1420 (mentre come entità ecclesiastica sopravviverà fino al 1751), con l'annessione della maggior parte del Friuli alla Repubblica di Venezia, una delle grandi potenze dell'epoca.

Età moderna

Il dibattito storico sul rapporto fra Venezia e i suoi territori coloniali è tuttora aperto e ha dato luogo a valutazioni e giudizi non univoci. Tale dibattito esula, in parte, da motivazioni propriamente storiche per collegarsi al mito della città lagunare. Come ha rilevato Elisabeth Crouzet-Pavan «per lungo tempo non è stato possibile dissociare la realtà (di Venezia) dall'immagine, straordinariamente lusinghiera e deformata [di Venezia]...il mito politico veneziano ha per secoli distorto l'approccio e le analisi. Almeno fino al XIX secolo, esso [il mito di Venezia] ha pesato sulla scrittura della storia, poiché la storia aveva come fine principale di confortare il mito»[10]. A tale proposito è comunque necessario sottolineare che «la quiete civile e lo stato pacifico della sua classe dominante sarebbero stati i principi su cui si sarebbe fondato il mito di Venezia»[11].

D'altro canto, la rappresentazione del dominio veneziano sul Friuli ha creato una serie di «geremiadi antivenete sulla base di un gran numero di pregiudizi e luoghi comuni»[12].

Va subito precisato che il Friuli, da nucleo centrale dello Stato patriarcale di Aquileia si convertì in un territorio di confine della Repubblica veneta, a ridosso del mondo germanico, che era egemonizzato, all'epoca, dalla potente famiglia degli Asburgo, nella sua doppia veste di detentrice del titolo imperiale e di quello di duchi d'Austria, cui si aggiunse, dal 1516, anche quello reale di sovrani di Spagna. Venezia, interessata a contenere le mire espansionistiche sia degli Asburgo che della monarchia francese, si trovò coinvolta, fra i primi del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo, in due conflitti che si combatterono anche in Friuli e che si andarono ad aggiungere alle incursioni turche, che avevano devastato la regione negli ultimi decenni del Quattrocento (in particolare fra il 1472 e il 1499). Il pericolo di nuove guerre e di ulteriori incursioni ottomane costrinsero la Serenissima a mantenere sul territorio guarnigioni militari di una certa consistenza e quadri amministrativi adeguati che, in parte, gravavano sulla popolazione locale[13]. Quest'ultima era inoltre soggetta a una pressione fiscale sempre più onerosa. La contrazione del reddito (particolarmente forte nel corso del XVII secolo)[14] unitamente alla necessità di finanziare un debito pubblico di vaste proporzioni e in costante crescita a causa soprattutto delle esigenze belliche[15], costrinsero infatti Venezia ad applicare ripetutamente una politica fiscale gravosa (non circoscritta naturalmente al solo Friuli, ma all'intero Stato veneto)[16][17]

Effetti ben più nefasti ebbero tuttavia, sulla popolazione friulana, le frequenti carestie, un tasso di mortalità infantile particolarmente elevato (come nella massima parte dell'Europa del tempo), e, soprattutto, due devastanti epidemie che non favorirono una crescita demografica organica in età moderna. In alcuni periodi anzi, si registrarono flessioni non irrilevanti[18].

D'altra parte, fin dal terzo decennio del XVII secolo, la Repubblica Veneta entrò in un processo di crisi progressiva dovuto alla perdita di molti dei suoi mercati tradizionali, alla canalizzazione del risparmio e di importanti risorse finanziarie in investimenti improduttivi (soprattutto di carattere fondiario), e alla perdita di competitività delle sue industrie e dei suoi servizi[19]. Anche i territori posti sotto la sovranità della Serenissima, fra cui il Friuli, e, in linea più in generale, la totalità degli Stati italiani e gran parte di quelli dell'Europa mediterranea, furono colpiti da una crisi di lunga durata che in alcuni casi si protrasse fin quasi alla metà del Settecento.

Va comunque riconosciuto che Venezia, nei territori da essa amministrati (non solo quindi nel solo Friuli), cercò in ogni modo di «limitare gli effetti più oppressivi ed anacronistici della società feudale»[20]. La necessità di offrire maggior protezione alle classi più disagiate, in particolare rurali (creando nel contempo un contrappeso alle spinte centrifughe dell'aristocrazia locale), spinse la Serenissima a dar vita a degli organi di rappresentanza popolare, (le cosiddette "contadinanze"), che però «...non risolsero i problemi di fondo dei contadini, sembra anche a causa della turbolenta nobiltà friulana[21]». Secondo fonti di alto profilo, invece, tali istituzioni, e, più in generale, la politica di Venezia a favore degli strati sociali più umili, furono coronate da successo[22].

In effetti non si ebbero rivolte di particolare gravità durante il periodo veneziano, se si eccettua una cruenta insurrezione popolare, conosciuta come Joibe grasse 1511 (giovedì grasso 1511) che scoppiò ad Udine il 27 febbraio 1511, in un momento estremamente difficile per la Repubblica Veneta, all'indomani della sconfitta di Agnadello (1509) e dell'occupazione di Gorizia da parte degli eserciti asburgici (1510). Il moto si estese ben presto da Udine all'intero territorio friulano coinvolgendo anche le campagne e si protrasse per tutto il 27 ed il 28 febbraio, fino a quando, il 1º marzo, fu soffocato da Venezia, che inviò alcune centinaia di cavalieri per sedarlo. In quei giorni si rafforzarono i rapporti fra le classi aristocratiche venete e quelle friulane, naturali custodi dell'ordine costituito. In seguito (nel Cinquecento e ancor più nei due secoli successivi), il patriziato friulano si ampliò con l'apporto di nobili veneti e il veneto si diffuse, insieme all'italiano, fra gli strati più alti della società friulana. Un fenomeno analogo si produsse, a partire dal XVII secolo, anche nel Friuli orientale sotto sovranità austriaca (dove l'italiano divenne lingua veicolare di insegnamento nei prestigiosi Istituti gesuitici di Gorizia, insieme al latino).

Con i patti di Noyon ( 1516) i confini tra la Repubblica Veneta e la Contea di Gorizia e Gradisca vennero ridefiniti. Venezia perdeva l'alto bacino dell'Isonzo (cioè la gastaldia di Tolmino con Plezzo ed Idria), ma conservava il possesso di Monfalcone. L'arciduca d'Austria incorporò nei suoi domini Marano (fino al 1543) ed una serie di possedimenti feudali sparsi nel Friuli Occidentale[23].

Nel 1593 la Serenissima volle rafforzare i propri confini orientali e decise di costruire in Friuli, a ridosso dei domini d'Austria, una poderosa fortezza, capolavoro dell'architettura militare del tempo: Palma (oggi Palmanova). Gli Asburgo protestarono vivacemente, temendo che Venezia se ne potesse servire come base avanzata per occupare la contea di Gorizia. In effetti, fra il 1615 ed il 1617 la Repubblica veneta e l'Austria si affrontarono di nuovo militarmente nel Friuli orientale per il possesso della fortezza di Gradisca d'Isonzo. La cosiddetta guerra di Gradisca si concluse con il ritorno allo status quo precedente.

Tornati in possesso del Friuli orientale, gli Asburgo ne conservarono il controllo fino ad età napoleonica, mentre il Friuli occidentale e centrale rimase veneziano fino al 1797, anno del trattato di Campoformido, mediante il quale tale territorio venne ceduto dalla Francia all'Austria, che lo perse per un breve periodo in cui fece parte del Regno italico, dal 1805 fino alla Restaurazione (ma parte del Friuli orientale, con Gorizia, fu distaccata nel 1809 e inserita nelle Province illiriche appena costituite)[24].

Età contemporanea

Nel 1815 il Congresso di Vienna sancì la definitiva unione di Veneto e Friuli con la Lombardia austriaca, venendosi in tal modo a costituire il Regno Lombardo-Veneto. Una ventina d'anni più tardi, il Mandamento di Portogruaro, da sempre friulano per storia, cultura, geografia e a lungo anche per lingua, fu scorporato per volontà austriaca dalla Provincia del Friuli (parte integrante, come già si è detto, del Regno Lombardo-Veneto austriaco) e assegnato alla Provincia di Venezia (1838).

Nel 1848, durante la Prima Guerra d'Indipendenza, il Friuli conobbe una breve stagione indipendente nel tentativo di passare allo Stato Italiano. Nel marzo 1848 venne costituito un Governo Provvisorio del Friuli guidato da Antonio Caimo Dragoni, il conte Antonini ed altri, che crearono un comitato di difesa a capo del quale vi furono Giovanni Battista Cavedalis, Antonio Conti e Luigi Duodo. Le fortezze di Osoppo e Palmanova, comandata dal generale Carlo Zucchi , costituirono i punti di difesa per l'insurrezione.[senza fonte] Il Friuli centrale (provincia di Udine) e il Friuli occidentale (provincia di Pordenone) furono annessi all'Italia nel 1866 assieme al Veneto subito dopo la terza guerra di indipendenza, mentre il Friuli orientale (la cosiddetta Contea di Gorizia e Gradisca) rimase soggetto all'Austria fino al termine della prima guerra mondiale.

Durante la prima guerra mondiale il Friuli, che all'epoca si trovava diviso tra Regno d'Italia e Austria-Ungheria (Provincia di Udine per il Regno d'Italia; gran parte della Contea di Gorizia e Gradisca per l'Impero d'Austria-Ungheria), fu teatro delle operazioni belliche, che ebbero conseguenze gravose per la popolazione civile, in particolare nel periodo della battaglia di Caporetto.

Durante il periodo del fascismo il Friuli dovette subire un processo di assimilazione culturale, di cui furono vittime soprattutto la popolazione slovena e quella tedesca. Forte fu anche la pressione sulla comunità friulana, che il fascismo tentò di usare in funzione anti-slava. L'assimilazione comportava anche la proibizione dell'uso delle lingue slovena, tedesca , nonché l'italianizzazione forzata di cognomi e nomi sloveni, tedeschi e friulani.

A partire dal mese di giugno del 1940 il Friuli fu coinvolto, come il resto d'Italia, nella seconda guerra mondiale e durante la caduta del fascismo fece parte di quei territori che vennero annessi direttamente dal Terzo Reich.

Al termine della seconda guerra mondiale si propose il problema della definizione dei confini tra la Jugoslavia e l'Italia, che riguardava anche la fascia orientale del Friuli, da Tarvisio a Monfalcone.

Uno dei fenomeni demografici più imponenti che coinvolsero il Friuli fu l'emigrazione. Essa iniziò negli ultimi decenni dell'Ottocento e si esaurì negli anni settanta del Novecento. Si calcola che più di un milione di friulani siano emigrati definitivamente nei circa cento anni in questione. Secondo l'ultimo censimento AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) (2005) i friulani residenti all'estero sono 134.936. Di questi il 56,0% risiede in Europa, il 24,0% in Sud America, il 10,3% in Nord America ed il 4,7% in Oceania. Si deve tuttavia tenere presente che i dati dell'AIRE riguardano solo i friulani ed i loro discendenti che abbiano cittadinanza italiana. Risultano pertanto esclusi tutti i discendenti di friulani che non siano cittadini italiani. I friulani nel mondo hanno dato vita a associazioni culturali denominate Fogolârs furlans, che sono 46 in Italia e 156 nel resto del mondo.

Nel 1947, dieci mesi dopo la firma del Trattato di pace di Parigi, nella costituzione italiana fu creata la regione Friuli-Venezia Giulia, a statuto speciale. Tale scelta creò delle fortissime frizioni all'interno della stessa opinione pubblica friulana, che compresero pure un attentato dinamitardo contro il deputato friulano Tiziano Tessitori, che aveva proposto l'autonomia regionale del Friuli-Venezia Giulia, tanto che l'Assemblea costituente votò in seguito la X disposizione transitoria della Costituzione, che sospese l'autonomia regionale ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche.

Nel secondo dopoguerra la regione è stato sconvolta da due eventi naturali particolarmente tragici: il disastro del Vajont (1963) e il terremoto del Friuli (1976).

Onorificenze

«Fedele alle tradizioni dei padri, il Friuli, dopo l'8 settembre 1943, sorgeva compatto contro il tedesco oppressore, sostenendo per diciannove mesi una lotta che sa di leggenda. A domarne la resistenza il nemico guidava e lanciava, in disperati sforzi, orde fameliche di mercenari stranieri animati da furore barbarico, ma l'indomito valore e la fede ardente delle genti friulane vincevano sulle rappresaglie, sulla fame, sul terrore. Nelle giornate radiose dell'insurrezione i suoi ventimila partigiani, schierati dai monti al mare, scattavano con epico eroismo per ridonare a vita e a libertà la loro terra, su cui, per la seconda volta nella storia dell'italia unita, era passata la furia devastatrice del barbaro nemico. Tremilasettecento morti e feriti, settemila deportati, ventimila perseguitati che sentono ancora nello spirito le ansie e i patemi e nelle carni il bruciore delle ferite e delle torture, testimoniano il cruento e glorioso sacrificio offerto dal popolo alla Madre comune, e dai roghi ardenti dei paesi distrutti si alza al cielo, purificatrice oltre ogni orrore, la sacra fiamma dell'amore per l'Italia. settembre 1943 - maggio 1945.»

Cultura

Lingue

 
Un cartello in italiano e friulano su una strada provinciale

Quasi tutti gli abitanti della regione conoscono l'italiano come prima lingua.

Il friulano è la principale lingua minoritaria della regione (dalla quale ne prende il nome) ed è prevalentemente utilizzato in ambito domestico, a volte lavorativo, e nei circoli culturali. Per quanto riguarda l'uso scritto, esistono diversi giornali locali interamente in lingua friulana[25][26]. Anche internet ha influito sull'uso della lingua, ed oggi esistono molte pagine (per esempio sui social network) che fanno uso di questo idioma.

Ai sensi della L.482/99, il friulano (nelle sue varianti locali), lo sloveno e il tedesco sono riconosciute e tutelate come lingue minoritarie storiche. Queste sono le zone dove vengono parlate le lingue minoritarie diverse dal friulano: 1) il tedesco nelle sue varianti pronunce bavaresi locali (nella Val Canale, a Sappada e nella frazione di Timau, al confine con l'Austria, e Sauris); 2) lo sloveno nelle sue varianti locali (nella Val Canale, nella Slavia Friulana, nel Collio e sul Carso goriziano, in alcuni comuni della Bisiacaria e nella Val di Resia).

Nella regione storico-geografica della Carnia viene parlato storicamente il friulano carnico, che comprende vari dialetti più arcaici e con caratteristiche più conservative che rappresentano il probabile idioma più antico e meno innovativo parlato nel Friuli storico.

Sono presenti anche altri idiomi, riconosciuti e tutelati dalla L.R. 17 febbraio 2010 n. 5 come "patrimonio tradizionale della comunità regionale", tra cui si annoverano le parlate venete al confine occidentale (Provincia di Pordenone e Mandamento di Portogruaro), nella Laguna di Marano e Grado, nella città di Udine col dialetto udinese, nonché in Bisiacaria[27][28].

Vanno inoltre ricordate le parlate di Erto e Casso e Cimolais (al confine con il Veneto).

Diversi comuni e località del Friuli presentano toponimi di origine friulana terminanti in 'ars', 'ons', 'ins' e simili; tali nomi vanno pronunciati con l'accento lungo sull'ultima vocale, non sulla prima come spesso capita di sentire. Avremo dunque Gonàrs, Cormòns e così via.

Associazioni dei friulani all'estero

Esistono diverse associacioni create dai corregionali emigrati nel mondo, la Regione Friuli-Venezia Giulia ne riconosce ufficialmente sei, di cui quattro raggruppano i friulani sparsi nel mondo.

  • Ente Friulano di Assistenza Sociale e Culturale Emigranti (EFASCE), si creò in seno all'Unione diocesana nel 1907 quando ancora erano inesistenti le strutture pubbliche per l'assistenza e la protezione di oltre 30 000 operai nei distretti di Pordenone, San Vito al Tagliamento, Spilimbergo, Maniago, Sacile, che lavoravano in diversi paesi dell'Europa. Il governo fascista ne impose la chiusura e il sequestro dei registri, carteggi, schedari e archivio. Dopo il secondo conflitto mondiale riprese a funzionare il Segretariato dell'emigrazione. Successivamente, adeguandosi alle nuove realtà istituzionali della Regione, assumerà la nuova denominazione nel 1982. Ha sede a Pordenone.
  • Ente Friuli nel Mondo, fu fondato nel 1953 per assistere i friulani all'estero e per coordinare le attività dei Fogolârs Furlans. Esso pubblica un mensile, Friuli nel mondo, che supera le 25.000 copie distribuite in 78 stati. Le attività dell'Ente sono informative, di collegamento e di mantenimento dell'identità friulana soprattutto tra le nuove generazioni. Ha sede a Udine, in via del sale.
  • Associazione Lavoratori Emigrati del Friuli-Venezia Giulia (ALEF), nata nel 1968 a sostegno ed organizzazione degli emigranti originari del Friuli-Venezia Giulia, residenti in Italia o all'estero, rientrati in Regione e dei loro discendenti, ovunque residenti. All'estero hanno i propri Circoli. La sua sede è a Udine.
  • Ente Regionale Acli per i Problemi dei Lavoratori Emigrati (ERAPLE)

In Francia "Association France-Frioul" (AFF), nata nel 1983.Ha sede a Parigi 18. Esiste il Ducato dei vini friulani che si riunisce a Udine presso la Voila Manin di Passariano Le due rappresentanze del Ducato fuori dalla Regione Friuli V.G sono la Contea di Toronto (Canada) La Contea del Ducato dei Vini Friulani che opera a Roma ed è stata fondata nel 1981

Ricorrenze

Il 3 aprile è la "fieste de Patrie dal Friûl", la festa del popolo friulano. Il 3 aprile 1077, come citato nella sessione storica, a Pavia, l'imperatore Enrico IV concedeva al Patriarca Sigerardo l'investitura feudale.

Musica

La forma più conosciuta della musica popolare friulana è la villotta. A partire dall'Ottocento si sviluppò un filone colto della musica popolare, ben rappresentato da Rodolfo Lipizer, Arturo Zardini e Orlando Dipiazza. Tra i brani più famosi troviamo O ce biel cjstjel a Udin la ormai popolare Stelutis Alpinis di Zardini.

S'ciaraciule maraciule è un ballo tipico del Friuli che si ritiene risalente a prima del 1500, con origini che risalgono a un'epoca medievale, di cui è pervenuta versione scritta nel volume Il primo libro dei balli accomodati per cantar et sonar d'ogni sorte de instromenti di Giorgio Mainerio. S'ciaraciule maraciule fu anche usato da Angelo Branduardi come tema principale per il suo brano Ballo in fa diesis minore. Fa parte del patrimonio musicale friulano anche il canto patriarchino.

Nel panorama musicale si distinguono le figure di Beppino Lodolo (cantante noto anche nei Fogolârs furlans), Elisa, Lodovica Comello, Tre Allegri Ragazzi Morti, Prozac+, Giorgio Ferigo, gli FLK, gli Arbe Garbe, Dj Tubet, R.esistence in dub, Luigi Maieron, Lino Straulino, Fabian Riz, il trio Frizzi Comini Tonazzi, i Kosovni Odpadki, gli ´Zuf de Žur, GlaucoVenier, Dario Zampa, Aldo Rossi, Toni Merlot, i Beat Les, Sdrindule, i Madrac, i Carantan, i Carnicats, Emma Montanari Grop e il compositore Sommarti.

Arte

 
Mosaico del Buon pastore, particolare del pavimento della Basilica di Aquileia

L'arte in Friuli fa la sua comparsa con i manufatti delle civiltà preromane (in particolare quella dei castellieri, quella venetica e quella celtica). Tuttavia è solo con l'età romana che si raggiunge un livello elevato nelle arti, tra le quali spiccano quelle minori della lavorazione delle pietre dure e del vetro ad Aquileia, nonché l'arte musiva.

Del periodo paleocristiano rimangono testimonianze imponenti nella basilica di Aquileia, in quelle di Grado e in quella di Concordia Sagittaria.

 
Maiestas Domini, rilievo dell'Altare del duca Rachis

Durante l'età barbarica fiorì l'oreficeria longobarda, di cui sono testimonianza le collezioni del Museo Storico nazionale di Cividale del Friuli. Allo spesso periodo vanno ascritti gli altorilievi in stucco del tempietto longobardo di Cividale del Friuli, nonché l'Ara di Ratchis ed il Battistero di Callisto conservati nel duomo della stessa città.

Dell'età romanica sono testimonianza la basilica ed il campanile di Aquileia, nonché altri edifici religiosi minori (come la chiesa di Santa Maria in Castello di Udine). Nel periodo gotico il Friuli conobbe una certa vitalità artistica, che si tradusse nella costruzione dei duomi di Udine, Spilimbergo, Venzone, Gemona, Sacile e Pordenone. Scarse sono le testimonianze superstiti dell'architettura gotica civile; tra queste si segnalano i municipi di Pordenone e di Venzone nonché la Loggia del Lionello a Udine. In quel periodo fu attivo in Friuli il pittore Vitale da Bologna, che lasciò una testimonianza negli affreschi del duomo di Udine.

Con il Rinascimento si inizia a registrare il nome di pittori locali di un certo rilievo, come Pomponio Amalteo, Il Pordenone o Pietro Fuluto. In quel periodo il Friuli si inserì definitivamente nell'orbita artistica di Venezia, staccandosi dal tradizionale vincolo con l'arte d'Oltralpe che aveva trovato le sue ultime espressioni nelle sculture lignee di Domenico da Tolmezzo e della bottega dei Comuzzo. Per quanto riguarda l'architettura civile, si segnalano il castello di Udine (residenza del Luogotenente della Repubblica di Venezia), Villa Manin di Passariano e una serie di edifici minori. In quel periodo culturale fu anche iniziata la costruzione della città stellata di Palmanova.

 
Apparizione dell'angelo a Sara, Udine, Palazzo Patriarcale.

Con il passaggio al barocco il Friuli rivela le conseguenze in campo artistico della sua divisione politica. Nel Friuli occidentale, infatti, predominano le tendenze artistiche diffuse da Venezia, che si concretano nella presenza di artisti come Giambattista Tiepolo (che affrescò, a Udine, il Palazzo Patriarcale, il Duomo, la Chiesa della Purità e diverse abitazioni nobiliari udinesi, tanto che Udine è conosciuta come la città del Tiepolo) e nella costruzione di ville nobiliari di campagna (delle quali la più nota è Villa Manin). Nel Friuli orientale, invece, si afferma il barocco austriaco, evidente nel duomo di Gorizia e nella Chiesa di Sant'Ignazio nella stessa città.

Il neoclassicismo attecchisce solo in parte in Friuli, che vede l'attività del pittore goriziano Giuseppe Tominz.

Tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento fa capolino l'Historizismus d'Oltralpe, che si esprime nella costruzione del Seminario Minore di Gorizia, in stile neoromanico.

Più di recente spiccano nel panorama artistico friulano nomi come quelli di Afro Basaldella, di Italico Brass e di Tina Modotti[29] l'architetto Raimondo D'Aronco, il pittore Giuseppe Zigaina, la pittrice Dora Bassi.

Folclore

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia delle sagre in Friuli.

Il folclore friulano comprende una serie di manifestazioni che variano da zona a zona e sono particolarmente vive e diversificate nei territori di montagna.

In Carnia si segnalano il tîr des cidulis, il carnevale di Resia (caratterizzato dalle maschere dai copricapi coloratissimi), ed i carnevali delle zone di lingua tedesca (caratterizzati dalla presenza di maschere che assumono nomi diversi a seconda della località: Röller a Sauris, Krampus nella Val Canale, Maschkars e Jutalan a Timau).

 
Krampus

Nel periodo compreso tra l'ultimo dell'anno e l'Epifania si svolgono anche delle questue rituali, che in alcuni villaggi sono effettuate da bambini travestiti da Re Magi. Caratteristico il rito della Femenate che per caratteristiche si differenzia da tutti gli altri fuochi di origine pagana; esso si svolge la sera del 5 gennaio solamente nel comune di Paularo.

Sempre nell'area alpina della Carnia si svolge la benedizione del Mac di sant Zuan, un mazzo di fiori raccolti il giorno di san Giovanni. I fiori, una volta essiccati, vengono conservati e bruciati per scongiurare il mal tempo.

Per la festa dell'Ascensione a Zuglio si svolge il rito del Bacio delle Croci. La stessa cerimonia si svolge anche nel territorio della Pieve di Gorto e nelle valli del Natisone.

Nelle aree collinari e pianeggianti si accendono, in occasione dell'Epifania, dei falò (in friulano pignarûl) da cui si traggono presagi per l'anno nuovo. Il più importante o almeno il più famoso è quello di Tarcento, che durante il 6 gennaio dà il via ad una gara tra i vari pignarûl della zona. A Grado si celebra la processione di barche conosciuta con il nome di Perdon de Barbana.

In tutto il Friuli sono diffusi gruppi corali o di ballo che eseguono canti o danze del repertorio tradizionale.

Gastronomia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina friulana.
 
Grissini col Prosciutto di San Daniele

La cucina friulana è il risultato del contatto della cucina dell'area padana con quella mitteleuropea. In generale abbondano le minestre, i piatti a base di carne di maiale e gli abbinamenti di dolce e salato. I piatti più conosciuti della cucina friulana sono i cjarsons della Carnia (ravioli ripieni di cun farcia dolce-salata), il frico (piatto a base di formaggio fuso e patate e cipolle), la brovada (piatto a base di rape inacidite sotto vinaccia e consumato assieme al muset), la gubana (dolce ripieno di frutta secca), il prosciutto di San Daniele e il prosciutto di Sauris, la pitina della Val Tramontina. Tra i formaggi spicca il Montasio. Tra i vini sono famosi soprattutto i bianchi della zona del Collio come il Friulano[30] e il Verduzzo. Di ottima qualità sono anche le produzioni di Merlot, Cabernet, Sauvignon e dei vitigni autoctoni poco diffusi come il Ramandolo, il Pignolo, lo Schiopettino, il Tazzelenghe e il Picolit.

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Per quanto riguarda la provincia di Gorizia, pur essendo unanimemente considerata parte del Friuli storico, viene ascritta da taluni alla Venezia Giulia (in particolare la sua parte venetofona costituita dalla Bisiacaria e dalla città di Grado)
  2. ^ Fra il 2005 e il 2006 in cinque degli undici comuni del mandamento (San Michele al Tagliamento, Pramaggiore, Gruaro, Teglio Veneto e Cinto Caomaggiore) si è tenuto un referendum per il passaggio del relativo territorio alla regione Friuli-Venezia Giulia. L'unico comune nel quale il referendum raggiunse il quorum e la popolazione fu favorevole al passaggio fu Cinto Caomaggiore.
  3. ^ Si pronuncia Friùli con iato tra i e u. La pronuncia Frìuli, così come la variante Frìoli, sono antiquate e non autoctone, non più accettate neanche in italiano. Voce Friuli del Dizionario d'ortografia e di pronunzia.
  4. ^ a b Friuli, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  5. ^ a b c d Arrigo LORENZI, Michele GORTANI, Carlo BATTISTI, Bindo CHIURLO, Francesco Balilla PRATELLA, Pier Silverio LEICHT, Friuli, su treccani.it, Treccani, 1932. URL consultato il 13 maggio 2015.
  6. ^ Fabiana Fusco, Il Friuli-Venezia Giulia: mosaico di lingue, lingue di minoranza e dialetti, su treccani.it, Treccani.
  7. ^ La Società Filologica Friulana, su filologicafriulana.it.
  8. ^ Guido Rosada, Storia di Venezia, su treccani.it, 1992.
  9. ^ Citazione tratta da Strabone, Geografia, V libro, 1-8. (il fiume Istro corrisponde al Danubio)
  10. ^ Citazione tratta da Elisabeth Crouzet-Pavan, Venezia trionfante. Gli orizzonti di un mito, pag. 212, Editore Giulio Einaudi, Torino 2001 (il testo fra parentesi quadre è nostro)
  11. ^ Citazione tratta da AA.VV, Storia d'Italia, Libro I, (cap. scritto da Antonio Vivanti, La Storia politica e sociale, dall'avvento delle Signorie all'Italia spagnola), pag. 374, Milano, Ed. speciale Il Sole 24 Ore, 2005 (I ed., Torino, Einaudi, 1974)
  12. ^ Così in Tito Maniacco, Breve Storia del Friuli, Newton Compton 1996. Il libro è consultabile in internet. Il passaggio è contenuto in questo link[collegamento interrotto].
  13. ^ In Friuli, come nella terraferma veneta, una porzione considerevole dei costi amministrativi era sostenuta dalle comunità locali (città e comuni rurali). Cfr. a tale proposito: AA.VV, Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. VI, a cura di Gaetano Cozzi e Paolo Prodi, pag. 718, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, 1994
  14. ^ Guido Quazza, La decadenza italiana nella Storia europea, pag. 42, Einaudi, Torino 1971
  15. ^ Fra il 1641 e il 1714 il debito pubblico a lungo termine passò dagli 8 milioni agli oltre 50 milioni di ducati. Cfr. Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Torino, Einaudi Tascabili, 1991
  16. ^ «Sfarzo e opulenza, quelli di Venezia, che sembravano contrastare con la pesante pressione fiscale che i contribuenti dovettero sostenere pressoché lungo tutto il Seicento e il primo Settecento. Gli onerosi impegni bellici...infatti, misero a dura prova le finanze pubbliche e le tasche dei sudditi, sia di Venezia che della Terraferma.» Cit. da: AA.VV, Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. VII, a cura di Gino Benzoni e Gaetano Cozzi, pag. 410, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, 1997
  17. ^ Nell'ambito di tale politica, secondo un recente studio, sembra vada inquadrata anche l'appropriazione, da parte della Serenissima, di un numero non quantificabile di proprietà agricole friulane che, secolarmente, appartenevano alle collettività locali (le cosiddette "comugne"). Le comunità colpite avrebbero pertanto subito un rapido depauperamento. Cfr. Stefano Barbacetto, Tanto del ricco quanto del povero, proprietà collettive ed usi civici in Carnia tra Antico Regime ed età contemporanea, pag. 80-85, Cercivento, Coordinamento Circoli Culturali della Carnia, 2000
  18. ^ Tito Maniacco, Storia del Friuli, pag. 110, Editore Newton & Compton, Roma, 2002
  19. ^ Guido Quazza, La decadenza italiana nella Storia europea, pag. 35-51 Einaudi, Torino 1971
  20. ^ Cit. tratta da: Antonio Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del '400 e '500, Bari 1964, riportata da: AA.VV., Storia d'Italia, Libro I (all'interno del cap. scritto da Antonio Vivanti, La Storia politica e sociale, dall'avvento delle Signorie all'Italia spagnola), pag. 373, Milano, Ed. speciale Il Sole 24 Ore, 2005 (I ed., Torino, Einaudi, 1974). Di differente avviso è Giorgio Valussi che afferma che il governo aristocratico veneto tollerava in Friuli la sopravvivenza dei più pesanti diritti feudali. Cfr. a tale proposito: Giorgio Valussi, Il Confine nordorientale d'Italia, pag.85, Edizioni Lint, Trieste, 1972
  21. ^ Cit. tratta da AA.VV.: Conoscere l'Italia, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, pag.182 (la parte storica del volume è curata da Giacomo Devoto, Nereo Salvi e Giulio Cervani), Novara, Istituto Geografico de Agostini, 1979. Sempre secondo tale fonte «...nel Friuli gli organi fiscali e giudiziari erano in mano a uomini inetti, corrotti e talora disumani, lo stato delle plebi era sceso a livelli insopportabili, mentre la nobiltà vecchia e nuova trascorreva la vita nell'ozio e nelle violenze...». Da op. cit. pag. 185
  22. ^ «La dominazione veneziana in Friuli si cattivò l'animo delle popolazioni: la Repubblica seppe proteggere i contadini contro le eccessive pretese dei signori feudali così da organizzare una particolare rappresentanza sia presso il luogotenente del Friuli che presso Venezia...». Cit. da: Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Vol. XVI pag. 99 (voce: Friuli), Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Ed. 1949 (ristampa integrale fotolitica dei 35 volumi pubblicati fra il 1929 e il 1936)
  23. ^ Pio Paschini, Storia del Friuli, pag.784, Arti Grafiche Friulane, Udine, edizione 1975
  24. ^ Secondo Tito Maniacco la contiguità tra il Friuli veneto e il Friuli austriaco permetteva confronti e questi non erano affatto lusinghieri per la Serenissima. Cfr. Tito Maniacco, Storia del Friuli, pag. 110 e seg., Editore Newton & Compton, Roma, 2002
  25. ^ Ladins dal Friûl (Union Scritôrs Furlans)
  26. ^ La Patrie dal Friûl | par un Friûl plui furlan
  27. ^ L.R. 17 febbraio 2010 n.5, su lexview-int.regione.fvg.it.
  28. ^ L.R. 17 febbraio 2010 n.5, su regione.fvg.it (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2013).
  29. ^ Tina Modotti's ballad - YouTube
  30. ^ Il nome Tocai è stato al centro di un contenzioso con l'Unione Europea, per la sua similarità di denominazione con il Tokaji ungherese, nonostante la chiara differenza tra i due vini. Dal 31 marzo 2007 è proibito l'uso della denominazione Tocai per il vitigno friulano.

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