Astrazione (arte)

concetto artistico
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Astrazione è un termine dal significato indubbiamente complesso. L'etimo latino abstrahere (allontanare) ci aiuta solo in parte a comprenderne l'uso attuale. Citiamo dal dizionario della lingua italiana diretto da T. de Mauro: <<procedimento mediante il quale si ricavano concetti generali traendoli da oggetti ed elementi particolari>>.

Il problema del significato da attribuire al ns termine è più evidente se si pensa all'uomo che crea, non un pensiero, ma un segno astratto.

In questo caso, per "astrazione" si suole intendere un processo mentale mediante il quale si allontana, si estrae, una parte da un tutto visivamente percepito. La percezione visiva dell'angolo tra il ramo e il tronco di una pianta, può diventare la matrice esterna dell'idea astratta dell'angolo.

Tuttavia, l'esistenza di segni astratti che non è possibile ricondurre alla realtà esterna ci costringe ad ulteriore ricerca. Ad esempio, il primo uomo che inventò e dipinse il primo <<trapezio rettangolo>> su di un vaso iranico (cfr. A. Hertz). In base a quanto detto, quell'uomo dovette prima percepire quel segno da qualche parte all'esterno di sé. Ad es., un gruppo di alberi su di una collina o un gruppo di stelle che casualmente formavano un trapezio rettangolo. L'ipotesi, per quanto improbabile, non può essere esclusa a priori anche se la concettualizzazione interna del trapezio rettangolo sarebbe sempre una prerogativa della mente umana. Il fatto è che ogni segno astratto inventato dall'uomo negli ultimi 100.000 anni (dalle rocce e caverne del paleolitico ai vasi neolitici) viene spiegato innanzitutto come stilizzazione e geometrizzazione del percepito visivo (cfr. A. Leroi-Gourhan).

Oppure, come sentenziato da W. Worringer fin dal 1908 <<...lo stile geometrico rappresenta la legge strutturale della materia inanimata>>.

Altri autori ritengono che trattasi di <<scarabocchi privi di senso>> (cfr. H. Müller-Karpe)oppure, pensando al neolitico, che <<…disegni e ornamenti della ceramica (…) hanno tutti una funzione e un valore magico-religiosi>> (cfr. M. Eliade). Non siamo cioé di fronte ad una ricerca e ad uno "scoprire e sapere quel che è" bensì ad un ideologico "volere che sia".

Tutte le ideologie citate hanno una caratteristica comune: non riconoscono mai alla mente umana la capacità di inventare segni astratti non esistenti in natura. Ragion per cui punti, linee e figure geometriche (si pensi alle migliaia di scacchiere incise nell'area franco-cantabrica) sarebbero sempre e soltanto la ricreazione di una parte di un già visto all'esterno di sé (la linea dell'orizzonte, la circonferenza del sole, ecc.). E' questa la ragione per cui si continua a sostenere che l'arte paleolitica nacque per un processo mimetico-naturale, pur sapendo che ... <<... se c’è un punto sul quale abbiamo raggiunto ormai l’assoluta certezza, è che il grafismo inizia non nella rappresentazione ingenua della realtà bensì nell’astratto>> (Leroi-Gourhan A.)

E' questa è anche la ragione per cui si è convenuto che anche la scrittura nacque nel segno della pittografia. In altre parole, si afferma che gli ideogrammi di Uruk (fondamentalmente astratti, v. scrittura) sono dei pittogrammi non perché essi assomiglino alle cose viste (nessuno riconoscebbe una pecora nel segno sumerico UDU, un cerchio con due diagonali) ma perché si è assunto, in totale sintonia con gli esegeti dell'arte paleolitica, che un segno astratto è, per definizione, la ricreazione all'esterno di sé della memoria cosciente di un già visto e giammai la rappresentazione di una realtà mentale interiore (una immagine, nel caso, senza figura), mai pervenuta alla coscienza.

A questo proposito val la pena ricordare la sostanziale miopia dei primi mesi di vita; ragion per cui le immagini mentali di un lattante non possono essere costituite da immagini definite "catturate" alla realtà esterna. Dunque, nei primi mesi di vita, le immagini mentali derivanti dal senso della vista saranno necessariamente una fusione di luci, ombre e bizzarri geometrismi. In conclusione, la ricerca sul processo di astrazione dovrebbe distinguere:

  • un astratto "pieno" (tipico di tanta arte preistorica, cfr. M. Gimbutas), che esprime un senso perché ha un'immagine primordiale anche se indefinita: la memoria di sensazioni vissute nel rapporto interumano e mai pervenute alla coscienza;
  • un astratto "vuoto", perché dissociato e privo di un senso collegabile in primis alle immagini neonatali e primordiali;
  • un astratto "simbolico", cioé cosciente e dal significato noto alla collettività (il segnale dello stop, i colori del semaforo, la bandiera, la croce cristiana, ecc.).

Bibliografia

  • Hertz A., Die Kultur un den persischen Golf und ihre Ausbreitung (“La Civiltà dell’Area del Golfo Persico e la sua espansione”). Klio Beiheft XX, Lipsia 1930; p. 130.
  • Leroi-Gourhan A., Il gesto e la parola. Einaudi, Torino 1977; pp. 221-254,421-472 e 224.
  • Worringer W., Astrazione e empatia. Einaudi, Torino 1975; p. 76.
  • Müller-Karpe H., Storia dell’età della pietra, Roma-Bari 1984; p. 210.
  • Eliade M., Trattato di storia delle religioni,Torino 1999; p. 408.
  • Gimbutas M., Il linguaggio della Dea. Longanesi & C., Milano 1989.