Diritto regionale

parte del diritto pubblico italiano
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Il diritto regionale, anche definito diritto pubblico regionale, è una branca del diritto pubblico italiano. Gli studiosi di questo diritto si occupano di tutte le funzioni affidate alle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Fonti

La fonte di diritto fondamentale è la Costituzione e in particolare il Titolo V, che si occupa appunto delle regioni, delle province e dei comuni e delle leggi costituzionali.

Oltre che dagli articoli della Costituzione il diritto regionale si avvale come fonti della giurisprudenza della Corte costituzionale, degli Statuti ordinari e speciali, delle leggi regionali emanate dalle regioni stesse, delle norme di attuazione degli statuti speciali e degli atti normativi inerenti gli enti locali.

Riforma del Titolo V della Costituzione

  • Con la legge costituzionale n. 1/1999 viene modificata la forma di governo delle regioni, in particolare gli articoli 121, 122, 123 della Costituzione.
  • Dopo anni di discussione nelle sedi parlamentari si giunge poi all'approvazione della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001[1], che modifica sostanzialmente il riparto delle funzioni legislative, regolamentari e amministrative tra Stato e regioni.

In particolare, sono stati modificati gli articoli:

  • articolo 114, il quale afferma che: <<La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione (...)>>, ponendo quindi sullo stesso piano (equiordinazione) regione e Stato (entrambi sono dotati del potere di legiferare secondo);
  • articolo 117, in cui, tra l'altro, si riparte la potestà legislativa equiparata tra Stato e regioni (potestà esclusiva, concorrente e residuale) nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
  • articolo 118, che attribuisce le funzioni amministrative ai comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
  • articolo 119, che definisce per gli enti locali l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa (la prima in particolare implica la possibilità di imporre una tassazione aggiuntiva a quella nazionale con scopo di autofinanziamento da parte degli enti locali).

Critiche e problematiche della riforma del Titolo V

Tale riforma ha però portato a numerosi ricorsi, sia da parte dello Stato che da parte delle regioni, in merito alla ripartizione delle competenze tra i due livelli gerarchici. Ampie critiche sono state fatte in particolare in merito all'articolo 19, a proposito del controllo sulla spesa (e le copertura della stessa) degli enti locali.

L'efficacia di tale riforma è stata oggetto di critiche anche da diversi giuristi[2] a riguardo della capacità organizzativa e finanziaria delle Regioni (in particolare, delle spese sanitarie, che ne costituiscono la quota maggiore), anche a causa di una pianificazione non adeguatamente dettagliata nelle tempistiche e nelle procedure[3].

Bibliografia

  • S.Bartole, R.Bin, G.Falcon, R.Tosi, Diritto regionale, Il Mulino, Bologna, 2005, ISBN 88-15-10542-5
  • Massimiliano Della Torre, Graziella Simonati, Carlo E. Traverso, Elementi di diritto pubblico regionale, Hoepli, 1988,
  • Cuocolo, Fausto. Le leggi cornice nei rapporti fra Stato e Regioni. A. Giuffrè, 1967.

Voci correlate

Collegamenti esterni

Note