Dio ha bisogno degli uomini

film del 1950 diretto da Jean Delannoy

Dio ha bisogno degli uomini (Dieu a besoin des hommes) è un film del 1950 diretto da Jean Delannoy, tratto dal romanzo di Henri Quéffelec Un Recteur de l'île de Sein ispirato da un episodio reale avvenuto nel 1850.

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Paese di produzioneFrancia
Durata100 min
Generedrammatico
RegiaJean Delannoy
SceneggiaturaJean Aurenche, Pierre Bost, Henri Queffelec autore del tomanzo "Un recteur de l'île de Sein"
ProduttorePaul Graetz, Louis Wipf
FotografiaRobert Lefebvre
MontaggioJames Cuenet
MusicheRené Cloërec
ScenografiaRené Renoux
CostumiMarcel Escoffier
Interpreti e personaggi
  • Antoine Balpêtré ... Il padre Gourvennec, un pescatore
  • Lucienne Bogaert ... Anaïs Le Berre
  • Charles Bouillaud ... Il gendarme
  • Jean Brochard ... L'abbé Kerhervé, il rettore di Lescoff
  • Jean Carmet ... Yvon
  • Andrée Clément ... Scholastique Kerneis
  • Marcel Delaître ... M. Kerneis
  • Jean d'Yd ... Corentin Gourvennec
  • Pierre Fresnay ... Thomas Gourvennec
  • Daniel Gélin ... Joseph le Berre
  • Marcelle Géniat ... La madre Gourvennec
  • René Génin ... Il padre d'Yvon
  • Jérôme Goulven ... Il brigadiere
  • Daniel Ivernel ... François Guillen
  • Germaine Kerjean ... Sig.ra Kerneis
  • Cécyl Marcyl ... La vecchia
  • Jean-Pierre Mocky ... Pierre
  • Pierre Moncorbier ... Un pescatore
  • Raphaël Patorni ... Jules
  • Fernand René ... Yves Lannuzel
  • Madeleine Robinson ... Jeanne Gourvennec
  • Sylvie ... Coise Karbacen

La trama

Il film narra di una comunità di poveri pescatori che vivono sulla piccola e sperduta isola di Sein, battuta dalle tempeste dell'Atlantico, situata al largo della costa della Bretagna. Gli isolani sono selvaggi e primitivi come la loro isola, non si curano delle leggi morali pur aderendo formalmente ai riti e ai culti della loro religione. I pescatori sono quindi considerati dal loro parroco dei pagani peccatori tanto più perché provocano durante le tempeste il naufragio delle navi di passaggio per depredarle. Il curato quindi non sopportando di vivere assieme a dei malvagi, lascia l'isola affidando la chiesa al suo sagrestano Tommaso, un ignorante analfabeta che viene quasi costretto dagli abitanti a sostituirsi al prete e a celebrare le cerimonie religiose.

Tommaso cede poiché capisce il bisogno del sacro degli isolani ma anche perché è convinto che ciò che fa non sia sgradito a Dio. Il sagrestano che si sente chiamato da Dio sta apprestandosi a compiere un grave sacrilegio celebrando la messa quando giunge sull'isola un nuovo prete scortato dai gendarmi. Gli isolani accolgono male il prete della terraferma che li giudica severamente, essi preferiscono il buon sacrestano che non li condanna e che dà loro la religione come essi la vogliono.

Il conflitto tra il prete e il popolo dell'isola scoppia quando questi si rifiuta di accogliere in terra consacrata un suicida. Sarà ancora Tommaso, violando le leggi della Chiesa, a sostituirsi al prete celebrando un suggestivo funerale e seppellendo il corpo in mare. Tutto tornerà alla normalità quando il sagrestano convincerà i ribelli isolani a tornare devotamente alla "vera" Chiesa.

Recensioni

«È molto più interessante nel cinema suscitare l'invisibile partendo dal visibile piuttosto che tentare, invano, di visualizzare l'invisibile. Un tentativo che è una menzogna e un trucco.»

Il film è veramente il tentativo di rendere l'invisibile tramite il visibile come afferma Eric Rohmer [1] ma la critica cinematografica si è divisa nel giudicare se questo tentativo sia riuscito al regista Delannoy. Apprezzato dalla critica cinematografica cattolica che ha premiato a suo tempo il film al festival di Venezia del 1950, è stato ritenuto da altri critici un'opera «sopravvalutata, confusa sul piano dei problemi, contraddittoria su quello della forma» e non pienamente riuscita proprio per «i temi religiosi ... indicati, ma non approfonditi, forse anche perché è una tematica cattolica affrontata da protestanti (Delannoy, Bost, Fresnay).» [2].

Ennio Flaiano recensendo la pellicola nel 1951, scriveva che con questo film Delannoy si riscattava, anche se il merito era soprattutto della buona sceneggiatura del romanzo originale, da brutti film precedenti, mentre «quest'ultimo film ha fatto di Delannoy un regista più semplice e audace. Il tono della recitazione resta ancora un po' melodrammatico, ma la macchina si muove con maggiore opportunità, evitando il superfluo: e gli effetti sono quasi sempre raggiunti.» [3].

Massimo Macri condivide il giudizio di Guido Aristarco che scriveva che Dio ha bisogno degli uomini era «un film religioso con impostazione protestante e conclusione cattolica» aggiungendo che «Questo dramma della fede, ingenuo e violento, si identifica con un linguaggio e una narrazione solenni che ricordano, anche per altri motivi, e sia pure da lontano, lo stile del Dreyer di "Dies Irae"; la natura primitiva di questi uomini viene invece suggerita con movenze e gesti amplificati, volutamente alla base anche della recitazione di Pierre Fresnay, che compone la figura del "rettore" con la sicurezza espressiva a lui consueta».[4]

Critica questa ripresa da Luisa Cotta Ramosino (in [1]) che ritiene la pellicola assimilabile a certi film di Bergman dove la ricerca disperata della presenza di Dio spesso si rivela in piccoli insignificanti episodi della nostra vita. Così accade nel film di Delannoy quando il pio sagrestano Tommaso percepisce la presenza e l'approvazione di Dio per quanto sta facendo «dopo tanto umano affannarsi...nella fragile visibilità di un raggio di sole su un'acquasantiera.»

In conclusione si può affermare che il tentativo di rendere l'invisibile con il visibile sia riuscito a Delannoy che in un'intervista spiegava il senso del titolo del film affermando che: «È una frase un po' curiosa, lo ammetto. Ma vi credo sinceramente, credo che il Vangelo è soprattutto Dio che cerca di suscitare negli uomini una responsabilità personale». Il suo diceva il regista francese «... è un film che rappresenta il Cristianesimo puro, quello delle catacombe, che cercava la persona più adatta per prendere in mano gli uomini e rappresentarli, e aiutarli.» Per rendere l'invisibile Delannoy racconta nella stessa intervista che «... tutto il villaggio che avete visto nel quale si svolge l'essenziale del film, è stato costruito su una piattaforma alla periferia di Parigi perché io potessi avere attorno a questa costruzione il cielo.» ed egli inoltre si dichiara convinto che coloro che avevano lavorato alla realizzazione del film trovandosi rinchiuse in quel villaggio artificiale durante l'intera durata della lavorazione «...non posso dirvi che abbiamo avuto delle vere e proprie conversioni, ma posso dirvi che io ho trovato...un'atmosfera di raccoglimento e quelli che credevano sono stati confermati nella loro fede, mentre gli altri sono rimasti stupefatti, annientati dalla loro mancanza di fede.» [5]

Dunque un film, sembra dire Delannoy il cui messaggio religioso vale per chi crede e percepisce la reale presenza di Dio nelle piccole e insignificanti cose della nostra vita, come nell'acquasantiera del film dove l'acqua piovana venuta dal Cielo è illuminata dallo Spirito con un raggio di sole, e per chi non crede e che tuttavia talora avverte la presenza divina senza scoprirla.

Note

  1. ^ Giancarlo Zappoli, Eric Rohmer, ed. Il Castoro, 1998, p.5
  2. ^ in Morandini, 2007
  3. ^ E.Flaiano, Da Il Mondo, n. 3, 20 gennaio 1951
  4. ^ In Mymovies.it
  5. ^ Meeting di Rimini di CL Intervista di Emma Neri

Collegamenti esterni

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