Equazione di Drake

equazione usata per stimare il numero di civiltà aliene nella Via Lattea

L'equazione di Drake (nota anche come equazione o formula di Green Bank) è una formula matematica utilizzata per stimare il numero di civiltà extraterrestri in grado di comunicare esistenti nella nostra galassia.

Frank Drake nel 2008.

Venne formulata nel 1961 dall'astronomo e astrofisico statunitense Frank Drake, ed è usata nei campi dell'esobiologia e della ricerca di forme di vita intelligente extraterrestri (Search for Extra-Terrestrial Intelligence, SETI)[1].

Storia

Nel 1960, Frank Drake condusse la prima ricerca di segnali radio provenienti da civiltà extraterrestri presso il National Radio Astronomy Observatory di Green Bank, in West Virginia. Poco più tardi l'Accademia nazionale delle scienze statunitense invitò Drake a partecipare ad un incontro sul tema della rilevazione di possibili intelligenze extraterrestri. L'incontro si tenne a Green Bank nel 1961, e l'equazione che porta il nome di Drake nacque dalla fase preparatoria dell'incontro stesso. Drake scrisse[2]:

«Pianificando l'incontro, mi resi conto con qualche giorno d'anticipo che avevamo bisogno un programma. E così mi scrissi tutte le cose che avevamo bisogno di sapere per capire quanto difficile si sarebbe rivelato entrare in contatto con delle forme di vita extraterrestri. E guardando quell'elenco diventò piuttosto evidente che moltiplicando tutti quei fattori si otteneva un numero, N, che è il numero di civiltà rilevabili nella nostra galassia. Questo, ovviamente, mirando alla ricerca radio, e non alla ricerca di esseri primordiali o primitivi.»

Quell'incontro conferì dignità scientifica alla ricerca di intelligenze extraterrestri (SETI). La dozzina di partecipanti – astronomi, fisici, biologi, industriali e studiosi di scienze sociali – divennero noti come l'"Ordine del Delfino". L'incontro di Green Bank è commemorato sul posto da una targa.

Carl Sagan, un grande sostenitore dei progetti SETI, ha citato molto spesso la formula, tanto che essa a volte è chiamata erroneamente "equazione di Sagan".

L'equazione

La formula dell'equazione di Drake è la seguente[3]:

 

dove:

N   è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra Galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione
R*   è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle nella Via Lattea
fp    è la frazione di stelle che possiedono pianeti
ne   è il numero medio di pianeti per sistema solare in condizione di ospitare forme di vita
fl    è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita
fi    è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti
fc    è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare
L    è la stima della durata di queste civiltà evolute

Può non risultare immediatamente chiaro perché nell'equazione compaia il fattore R, cioè perché il numero di civiltà intelligenti esistenti in un dato momento nella galassia debba essere direttamente proporzionale al tasso con cui si formano nuove stelle: in effetti, il prodotto dei primi sei fattori (escluso cioè L) dà il numero di civiltà extraterrestri che nascono ogni anno; moltiplicando poi per la loro durata si ottiene il numero di tali civiltà esistenti in un momento qualsiasi (ad esempio, se si formano in media 0,01 civiltà all'anno e ciascuna dura in media 500 anni, allora in ogni momento ne esisteranno in media 5).

La formula originale di Drake può essere riscritta più realisticamente sostituendo al tasso di formazione stellare odierno un parametro corrispondente al tasso con cui le stelle si formavano diversi miliardi di anni fa, cioè nell'epoca in cui si suppone che si siano sviluppate le stelle intorno alle quali oggi potrebbe esistere la vita (se il Sole fosse un esempio tipico, questo significherebbe circa 5 miliardi di anni fa).

Elaborazioni

Come molti esperti hanno evidenziato, l'equazione di Drake è un modello molto semplice, che non tiene conto di alcuni parametri potenzialmente rilevanti. Lo scienziato e autore di fantascienza statunitense David Brin ha affermato[4]:

«[L'equazione di Drake] si esprime solo a proposito del numero di siti in cui intelligenze extraterrestri sorgono spontaneamente. Essa non dice niente di diretto sulla possibilità di un contatto tra un'intelligenza extraterrestre e la società umana contemporanea.»

Poiché è proprio la possibilità di un contatto che interessa la comunità dei progetti SETI, sono stati proposti molti fattori e modifiche addizionali della formula originaria. Tra di essi, per esempio, parametri come il numero di sistemi planetari che una specie intelligente potrebbe colonizzare, sviluppando così nuove civiltà, o il numero di volte che una civiltà potrebbe ricomparire sullo stesso pianeta, eccetera.

Colonizzazioni

Brin stesso in particolare ha proposto una generalizzazione dell'equazione di Drake che includa gli effetti aggiuntivi della colonizzazione di altri pianeti da parte di civiltà aliene. Se ogni sito originale si espande con una velocità v, e stabilisce nuovi siti che hanno una durata L', allora il risultato in termini di comunicabilità con la specie umana viene espresso con un più complesso sistema di tre equazioni[5].

Fattori di ricomparsa

Ai fattori dell'equazione di Drake potrebbe poi essere aggiunto un parametro che moltiplica per il numero di volte che una civiltà intelligente potrebbe riproporsi sullo stesso pianeta. Infatti, anche se una civiltà dovesse giungere alla fine della sua esistenza dopo, ad esempio, 10 000 anni, la vita potrebbe continuare a esistere sul pianeta per altri miliardi di anni, consentendo a un'altra civiltà di evolversi. In altre parole diverse civiltà, ma anche diverse specie intelligenti, potrebbero succedersi su un pianeta nell'arco della sua esistenza.

Se nr è il numero di volte che una nuova civiltà ricompare sullo stesso pianeta sul quale una civiltà precedente si è sviluppata ed è finita, allora il numero totale di civiltà su quel pianeta corrisponde a (1+nr), che è il vero "fattore di ricomparsa" da aggiungere all'equazione.

Tale fattore, che indirettamente quantifica il lasso di tempo che trascorre tra la fine di una civiltà e la comparsa di quella seguente (nonché la somiglianza biologica tra le due), dipende dal tipo di cause che hanno portato alla fine della civiltà precedente e dalla misura dei danni subiti dalla vita sul pianeta in questione. In generale, se l'estinzione fosse dovuta a condizioni di inabitabilità temporanea, ad esempio un inverno nucleare, allora nr potrebbe essere relativamente alto. Se, invece, essa fosse dovuta a un'inabitabilità permanente o molto prolungata, causata ad esempio dall'evoluzione stellare del sole del sistema, allora nr sarebbe praticamente zero.

Nel caso di una estinzione totale della vita potrebbe essere preso in considerazione un fattore simile, nl, corrispondente al numero di volte che la vita stessa può comparire su un pianeta sul quale si era già sviluppata una volta. (Tuttavia, tenendo conto del fatto che sulla Terra la vita intelligente ha richiesto circa quattro miliardi di anni per evolversi, e che un sistema planetario come quello del Sole dura circa dieci miliardi di anni, risulta difficile che quest'ultimo fattore possa scostarsi molto dall'unità)[6].

 
Il messaggio di Arecibo rappresenta uno dei pochissimi tentativi dell'uomo di entrare in contatto con esseri extraterrestri.

Fattore METI

  Lo stesso argomento in dettaglio: SETI attivo.

Il radioastronomo russo Alexander Zaitsev ha sottolineato che essere in una fase comunicativa non è la stessa cosa che emettere messaggi finalizzati a un contatto alieno. Gli umani ad esempio, pur essendo in una fase comunicativa, non sono una civiltà comunicativa in senso interplanetario: noi non trasmettiamo regolarmente e di proposito messaggi destinati ad altri sistemi stellari. Per questo motivo ha suggerito di includere nell'equazione classica un "fattore METI" (dove METI sta per Messaging to Extra-Terrestrial Intelligence, "Invio di messaggi a intelligenze extraterrestri"). Tale fattore è definito come "la frazione di civiltà in grado di comunicare con una consapevolezza planetaria chiara e non paranoica", cioè che si impegnano deliberatamente e attivamente in trasmissioni interstellari[7].

Stime storiche dei parametri

Naturalmente il problema più impegnativo per la ricerca è quello di determinare il valore dei fattori che figurano nell'equazione; esistono considerevoli divergenze sul valore da attribuire a ciascun parametro, le quali si traducono in un profondo disaccordo sul valore finale di N.

In questa sezione sono riportati i valori usati da Drake e dai suoi colleghi nel 1961.

R* – tasso di formazione stellare nella Via Lattea

Il valore di R* si ricava da dati sperimentali astronomici noti con ragionevole precisione, ed è il termine dell'equazione meno discusso. Drake e i suoi colleghi scelsero un valore R* di 10 stelle nuove all'anno (come media sull'arco di vita della nostra galassia).

fp – la frazione di tali stelle che possiede pianeti

Il termine fp è meno sicuro, ma è comunque molto meno dubbio dei parametri seguenti. Si decise di inserire fp = 0,5 (ipotizzando cioè che metà delle stelle possieda pianeti).

ne – il numero medio di pianeti (o satelliti) per sistema stellare che presentano condizioni potenzialmente compatibili con la vita

Il valore di ne venne basato sulle caratteristiche del nostro sistema solare, dato che negli anni sessanta era quasi impossibile rilevare pianeti terrestri extrasolari, a causa delle loro ridotte dimensioni. Venne usato ne = 2 (ogni stella con un sistema planetario possiede due pianeti capaci di supportare la vita).

fl – la frazione di essi che effettivamente sviluppa la vita

Per fl Drake usò il valore 1 (il che significherebbe che tutti i pianeti in grado di farlo sviluppano la vita); ma questa scelta risulta problematica, sempre in relazione al nostro sistema solare, perché è in contraddizione con il valore di ne (a meno di non scoprire che anche Marte ospita o ha ospitato vita intelligente). Inoltre, la scoperta di numerosi pianeti gioviani (giganti gassosi) in orbite vicine alle loro stelle ha fatto nascere dei dubbi sul fatto che sia comune che i pianeti terrestri sopravvivano alla nascita del loro sistema solare. Infine, la maggior parte delle stelle della nostra galassia sono nane rosse, intorno alle quali risulta improbabile che si sviluppi la vita. D'altro canto, la possibilità che la vita nasca anche sui satelliti e non solo sui pianeti può compensare questi fattori, anche se rende più complessa la questione.
Prove geologiche ricavate dallo studio della Terra suggeriscono che fl potrebbe essere molto alto; la vita sulla Terra sembra essere iniziata quasi nello stesso periodo in cui si sono presentate le condizioni favorevoli, suggerendo che l'abiogenesi potrebbe essere relativamente comune laddove le condizioni la rendono possibile. La stessa idea sembra essere supportata anche dai risultati di esperimenti come quello di Miller-Urey, che dimostrano che in condizioni adeguate le molecole organiche possono formarsi spontaneamente a partire da elementi semplici. Tuttavia queste prove si basano esclusivamente su dati relativi alla Terra, cosicché la base statistica è estremamente ridotta; e inoltre sono influenzate dal principio antropico, nel senso che la Terra può non essere un campione perfettamente tipico, visto che siamo obbligati a sceglierla come modello perché su di essa la vita si è effettivamente sviluppata.

fi – la frazione di essi che effettivamente sviluppa vita intelligente e fc – la frazione di essi che è in grado e decide di comunicare

Difficoltà legate al principio antropico si pongono anche nella stima di fi e fc quando si considera la Terra come modello. Un'intelligenza capace di comunicare si è sviluppata su questo pianeta solo una volta in 4 miliardi di anni di storia della vita sulla Terra: se generalizzata, questa considerazione implica che solo pianeti piuttosto vecchi possono supportare vita intelligente in grado di tentare comunicazioni interplanetarie. D'altronde, per quanto riguarda l'uomo, la capacità di intraprendere tentativi di comunicazione extraterrestre si è sviluppata piuttosto in fretta, appena 100 000 anni dopo la nascita della specie Homo sapiens, e appena 100 anni dopo lo sviluppo delle capacità tecnologiche necessarie. Si scelse di valutare entrambi i fattori come 0,01 (il che significa che su un centesimo dei pianeti in cui si sviluppa la vita tale vita è intelligente, e che un centesimo delle forme di vita intelligenti sviluppa la capacità di comunicare su distanze interplanetarie).

L – la durata media della fase comunicativa di ognuna di queste civiltà

Anche il fattore L è estremamente difficile da valutare, ma infine si decise che 10 000 anni poteva essere un valore verosimile. Carl Sagan ha sostenuto che è proprio l'estensione della vita di una civiltà il fattore più importante che determina quanto grande sia il numero di civiltà nella galassia: egli cioè ha posto con forza l'accento sull'importanza e sulla difficoltà per le specie tecnologicamente avanzate di evitare l'autodistruzione. Nel caso di Sagan, l'equazione di Drake è stata un importante fattore motivante per il suo interesse nei problemi ambientali e per i suoi sforzi di sensibilizzazione contro la proliferazione nucleare.

I valori di Drake producono un valore N = 10 × 0,5 × 2 × 1 × 0,01 × 0,01 × 10 000 = 10.

Ogni variazione dei parametri, anche rimanendo nei limiti della verosimiglianza scientifica, causa notevoli variazioni nel risultato N, portando a aspre contrapposizioni tra "ottimisti" e "pessimisti". I valori di N tipicamente proposti dagli "ottimisti" si aggirano intorno a 600 000, mentre quelli proposti dai "pessimisti" sono nell'ordine di 0,0000001[8].

Stime correnti dei parametri

In questa sezione si tenta di fornire una lista delle stime più attendibili dei parametri che compaiono nell'equazione di Drake.

R* – tasso di formazione stellare nella Via Lattea

I calcoli più recenti della NASA e dell'ESA indicano che il tasso di formazione stellare attuale nella nostra galassia è di 7 stelle all'anno[9].

fp – la frazione di tali stelle che possiede pianeti

Da recenti ricerche di pianeti extrasolari risulta che il 40% di stelle simili al Sole possiedono pianeti[10], e la frazione reale potrebbe essere molto maggiore, poiché solo pianeti considerevolmente più massivi della Terra possono essere rilevati con la tecnologia attuale[11]. Osservazioni all'infrarosso dei dischi di polvere intorno a stelle giovani suggeriscono che il 20-60% delle stelle paragonabili al Sole debbano possedere pianeti terrestri[12]. Osservazioni di fenomeni di microlenti gravitazionali, abbastanza sensibili da rilevare pianeti piuttosto lontani dalle loro stelle, vedono pianeti in circa un terzo dei sistemi esaminati (valore approssimato per difetto, visto che questo sistema è in grado di rilevare solo una parte dei pianeti)[13]. La missione Kepler, dai dati iniziali, stima che circa il 34% dei sistemi ospiti almeno un pianeta[14].

ne – il numero medio di pianeti (o satelliti) per sistema stellare che presentano condizioni potenzialmente compatibili con la vita

La maggior parte dei pianeti osservati ha orbite molto eccentriche, o troppo vicine al sole per garantire temperature adatte alla vita. Comunque sono noti diversi sistemi planetari che assomigliano maggiormente a quello solare, come HD 70642, HD 154345, Gliese 849 e Gliese 581. Nelle zone abitabili intorno a queste stelle potrebbero anche esserci altri pianeti paragonabili alla Terra ancora da scoprire. Inoltre, la varietà di sistemi stellari che possono presentare zone di abitabilità non è limitata esclusivamente alle stelle simili al Sole e ai pianeti simili alla Terra; attualmente si ritiene che anche pianeti vincolati a nane rosse in modo da rivolgere alla stella sempre la stessa faccia potrebbero avere zone abitabili, e alcuni dei grandi pianeti già scoperti potrebbe, potenzialmente, supportare la vita[15].
All'inizio del 2008, due gruppi di ricerca indipendenti hanno concluso che Gliese 581 d potrebbe essere abitabile[16][17]. Poiché sono noti circa 200 sistemi planetari, si può stimare in modo abbastanza approssimativo che ne > 0,005. Nel 2010, i ricercatori hanno annunciato la scoperta di Gliese 581 g, un pianeta di 3,1 volte la massa della Terra quasi nel centro della zona abitabile di Gliese 581, un valido candidato per essere il primo pianeta extraterrestre abitabile mai scoperto[18]. Data la vicinanza di Gliese 581 e il numero di stelle esaminate con un livello di dettaglio sufficiente a rilevare pianeti terrestri, la percentuale di stelle che possiedono pianeti simili alla Terra dovrebbe essere del 10-20%.
La missione Kepler della NASA, partita il 6 marzo 2009, dovrebbe fornire una stima molto più accurata del numero di pianeti per stella situati in una zona abitabile. Essa infatti può contare su strumenti assai più sensibili che in passato, in grado di rilevare pianeti grandi quanto la Terra con periodi orbitali fino a un anno.
Anche noto il numero di pianeti che si trovano in una zona abitabile, comunque, determinare quanti di essi presentano la giusta combinazione di fattori può essere difficile. Inoltre, se l'ipotesi della rarità della Terra è valida, l'insieme di caratteristiche verificate sulla Terra potrebbe non essere per niente comune, e il numero ne potrebbe essere estremamente basso, fino a tendere a zero.

fl – la frazione di essi che effettivamente sviluppa la vita

Nel 2002, Charles H. Lineweaver e Tamara M. Davis (dell'Università del Nuovo Galles Del Sud e dell'Australian Centre for Astrobiology) hanno usato un ragionamento statistico basato sul tempo impiegato per svilupparsi dalla vita terrestre per stimare fl, ottenendo che esso deve essere maggiore di 0,13 sui pianeti più vecchi di un miliardo di anni[19].

fi – la frazione di essi che effettivamente sviluppa vita intelligente

Questo valore rimane particolarmente controverso. Coloro che si esprimono in favore di un valore basso, come il biologo Ernst Mayr, evidenziano che dei miliardi di specie che sono esistite sulla Terra solo una è diventata intelligente[20]. Coloro che sono in favore di valori più alti sottolineano invece che la complessità degli esseri viventi tende ad aumentare lungo il corso dell'evoluzione[21], e ne concludono che l'apparizione di vita intelligente, prima o poi, sia quasi inevitabile.

fc – la frazione di essi che è in grado e decide di comunicare

Anche se si sono fatte molte speculazioni, su questo parametro non sono disponibili dati concreti.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Paradosso di Fermi.

L – la durata media della fase comunicativa di ognuna di queste civiltà

In un articolo comparso su Scientific American, lo scrittore scientifico Michael Shermer ha proposto per L il valore di 420 anni, basando la sua stima sulla durata media di sessanta civiltà storiche[22]. Utilizzando ventotto civiltà più recenti (successive all'Impero romano) il valore sarebbe, per le "civiltà moderne", 304 anni. Va però notato che ai fini dell'equazione di Drake questi valori non sono del tutto soddisfacenti, perché nella storia dell'umanità in generale si è avuto un progresso tecnologico abbastanza lineare – cioè ogni civiltà subentrata a una precedente ha conservato e migliorato le realizzazioni già ottenute. Perciò il valore in anni deve tener conto non di una singola civiltà nel senso storico e culturale del termine, ma di una specie nella prospettiva del suo livello di sviluppo tecnologico globale. Nella versione ampliata dell'equazione che tiene conto dei fattori di ricomparsa, questa mancanza di specificità nella definzione di "civiltà" non influenza il risultato finale, poiché il succedersi di diverse culture può essere descritto come un aumento del fattore di ricomparsa anzi che come un aumento di L: una civiltà si conserva come una successione di culture.
Altri, come l'astrobiologo David Grinspoon, hanno suggerito che una volta che una civiltà si è sviluppata essa potrebbe superare tutte le minacce poste alla sua sopravvivenza, e poi sopravvivere per un periodo indefinito, portando L all'ordine dei miliardi di anni[23].

Valori basati sulle stime citate,

R* = 7/anno, fp = 0,5, ne = 2, fl = 0,33, fi = 0,01, fc = 0,1, e L = 10 000 anni

danno come risultato

N = 7 × 0,5 × 2 × 0,33 × 0,01 × 0,1 × 10 000 = 23,1

Critiche

Le critiche all'equazione di Drake seguono per la maggior parte dall'osservazione che molti termini della formula sono in gran parte o completamente congetturali. Perciò l'equazione non può portare a nessun tipo di conclusione. T.J. Nelson sostiene[24]:

«L'equazione di Drake consiste in un gran numero di fattori probabilistici moltiplicati tra loro. Poiché ogni fattore è sicuramente compreso tra 0 e 1, il risultato è anch'esso un numero apparentemente ragionevole sicuramente compreso tra 0 e 1. Sfortunatamente, tutti i valori sono ignoti, rendendo il risultato meno che inutile.»

Questa critica, e quelle di questo tipo, non sono in realtà rivolte contro la validità dell'equazione in sé; piuttosto evidenziano che i valori da inserire nella formula ci sono noti in gran parte con un margine di incertezza inaccettabile. Il valore teorico dell'equazione di Drake comunque rimane indiscusso; inoltre, tenendo presente che Drake la formulò come indicazione di massima in vista di future discussioni su civiltà extraterrestri, il suo valore come punto di partenza per il dibattito è notevole: solo in seguito si pone il problema di come procedere sperimentalmente[25][26].

Un'altra limitazione dell'equazione, che pone le basi di tutt'altro tipo di critiche, consiste nel fatto che i parametri che compaiono nella formula fanno riferimento alla vita intesa in termini strettamente terrestri, cioè a un tipo di esseri approssimativamente umanoidi. Ad esempio il modo in cui generalmente si calcola il valore di fe (se non la stessa presenza nella formula di un termine di questo tipo) sembra dare per scontato che la vita possa esistere solo in forme sostanzialmente simili a quelle a cui siamo abituati sulla Terra; mentre in linea di principio non è possibile escludere completamente che forme di vita intelligente radicalmente diverse dagli umani possano svilupparsi, ad esempio, su pianeti di tipo gioviano. Evitando, come molti ritengono opportuno fare, le posizioni antropocentriche o carbonio-scioviniste, il numero di specie intelligenti nella galassia in teoria potrebbe aumentare sensibilmente.

Equazione di Drake e paradosso di Fermi

Il fisico italiano Enrico Fermi propose nel 1950 un problema, che oggi dal suo nome è comunemente noto come paradosso di Fermi, che può essere formulato così: se nell'universo esiste un gran numero di civiltà aliene, perché la loro presenza non si è mai manifestata?[28]

Dal momento che nel 1950 l'equazione di Drake non era ancora stata formulata, Fermi dovette inferire l'esistenza di un gran numero di civiltà extraterrestri dal principio copernicano e da un tipo di ragionamento speculativo che apparentemente gli era abituale, e che è esemplificato dal problema degli accordadori di pianoforte di Chicago. In questo senso, Fermi fu probabilmente un precursore di Drake nello stimare la probabilità di un contatto con intelligenze aliene[29].

Comunque, l'osservazione di Fermi risulta davvero paradossale solo partendo dal presupposto che esista un gran numero di civiltà extraterrestri in grado di comunicare, cioè che l'N dell'equazione di Drake sia alto. Se le civiltà tecnologiche nella nostra galassia sono rare, il fatto che non siano mai entrate in contatto con noi non è sorprendente. Al contrario, il fatto che non sia mai avvenuto nessun tipo di contatto può costituire una dimostrazione del fatto che N è piuttosto basso, se non uguale a uno.

Se il paradosso di Fermi costituisce un argomento che tende a ridimensionare le stime troppo ottimistiche del valore di N, tuttavia bisogna considerare il fatto che esiste anche un limite inferiore per il valore di N, posto dall'esistenza della nostra stessa specie. Indipendentemente dal principio antropico infatti nella nostra galassia esiste almeno una specie intelligente in grado di comunicare (la nostra), il che significa che N deve essere maggiore o uguale a uno. Le stime che vertono su ordini di grandezza di molto inferiori all'unità sono quindi da giudicare eccessivamente restrittive.

Note

  1. ^ Stephen Webb, Se l'universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti?, Milano, Sironi, 2004. ISBN 978-88-518-0041-3. P. 38.
  2. ^ The Drake Equation Revisited: Part I
  3. ^ Stephen Webb, Se l'universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti?, Milano, Sironi, 2004. ISBN 978-88-518-0041-3. P. 38.
  4. ^ G. D. Brin, The Great Silence - the Controversy Concerning Extraterrestrial Intelligent Life, in "Quarterly Journal of the Royal Astronomical Society", 1983. Vol. 24, pagg. 283–309.
  5. ^ G. D. Brin, The Great Silence - the Controversy Concerning Extraterrestrial Intelligent Life, in "Quarterly Journal of the Royal Astronomical Society", 1983. Vol. 24, pagg. 283–309.
  6. ^ La questione della comparsa di una civiltà su un pianeta in seguito alla degenerazione di una civiltà precedente è il tema centrale di diverse opere di fantascienza, come ad esempio Il pianeta delle scimmie (sia del romanzo, sia della versione cinematografica).
  7. ^ The Drake Equation: Adding a METI Factor By Dr. Alexander Zaitsev, IRE, Russia
  8. ^ Piero e Alberto Angela, Viaggio nel cosmo, Milano, Mondadori, 1997. P. 211. ISBN 88-04-46886-6
  9. ^ Christopher Wanjek, Milky Way Churns Out Seven New Stars Per Year, Scientists Say, Goddard Space Flight Center, NASA (08-05-2008)
  10. ^ Jonathan Amos, Scientists announce planet bounty, BBC News (19 October 2009)
  11. ^ Piero e Alberto Angela, Viaggio nel cosmo, Milano, Mondadori, 1997. P. 211. ISBN 88-04-46886-6
  12. ^ Many, Perhaps Most, Nearby Sun-Like Stars May Form Rocky Planets, NASA, 02-17-2008
  13. ^ John Chambers, Extrasolar planets: More giants in focus, in "Nature", 467 (23-09-2010). P. 405-406.
  14. ^ William J. Borucki, David G. Koch; Gibor Basri; Natalie Batalha; Timothy M. Brown e altri, Characteristics of planetary candidates observed by Kepler, II: Analysis of the first four months of data (PDF). arXiv (01-02-2011). Anche se vengono chiamati "candidates" nel testo, altre fonti mostrano che la maggior parte di questi candidati si riveleranno veri pianeti.
  15. ^ Geoffrey Marcy, R. Paul Butler, Debra Fischer, Steven Vogt, Jason T. Wright, Chris G. Tinney and Hugh R. A. Jones, Observed Properties of Exoplanets: Masses, Orbits, and Metallicities
  16. ^ W. von Bloh, C. Bounama, M. Cuntz, and S. Franck, The habitability of super-Earths in Gliese 581, in "Astronomy & Astrophysics", 476, (2007). P. 1365.
  17. ^ F. Selsis, J.F. Kasting, B. Levrard, J. Paillet, I. Ribas, and X. Delfosse, Habitable planets around the star Gliese 581?, in "Astronomy & Astrophysics", 476 (2007). P. 1373
  18. ^ Steven S. Vogt, R. Paul Butler, Eugenio J. Rivera, Nader Haghighipour, Gregory W. Henry, Michael H. Williamson, The Lick-Carnegie Exoplanet Survey: A 3.1 M_Earth Planet in the Habitable Zone of the Nearby M3V Star Gliese 581
  19. ^ C.H. Lineweaver e T.M. Davis, Does the rapid appearance of life on Earth suggest that life is common in the universe?, in "Astrobiology", 2 (2002). P. 293-304
  20. ^ Ernst Mayr, Can SETI Succeed? Not Likely
  21. ^ J.T. Bonner, The evolution of complexity by means of natural selection, Princeton University Press, 1988. ISBN 0691084947
  22. ^ Michael Shermer, Why ET Hasn’t Called, Scientific American, agosto 2002.
  23. ^ David Grinspoon, Lonely Planets – The Natural Philosophy of Alien Life, 2004.
  24. ^ T.J. Nelson, recensione di Gerald L. Schroeder, The Science of God: The Convergence of Scientific and Biblical Wisdom, Oxford University Press, 1996.
  25. ^ Jill Tarter, The Cosmic Haystack Is Large, in "Skeptical Inquirer", maggio 2006.
  26. ^ Amir Alexander, The Search for Extraterrestrial Intelligence: A Short History - Part 7: The Birth of the Drake Equation
  27. ^ Stephen Webb, Se l'universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti?, Milano, Sironi, 2004. ISBN 978-88-518-0041-3. P. 27.
  28. ^ Stephen Webb, Se l'universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti?, Milano, Sironi, 2004. ISBN 978-88-518-0041-3. P. 38.
  29. ^ Stephen Webb, Se l'universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti?, Milano, Sironi, 2004. ISBN 978-88-518-0041-3. P. 38.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni