Vite dei Cesari

opera di Svetonio

Le Vite dei Cesari o Vite dei dodici Cesari (in latino De vita Caesarum) sono un'opera storiografica di Svetonio (ca. 69 -ca. 126 d.C.). Essa comprende la biografia di Gaio Giulio Cesare (101 a.C.- 44 a.C.), Pontifex maximus dal 63 a. C. e dittatore dal 49 al 44 a.C., e undici imperatori romani a cominciare da Ottaviano Augusto, nipote, figlio adottivo ed erede designato da Cesare stesso nel proprio testamento, che fu il primo imperatore; si conclude con la morte di Domiziano (Roma, 24 ottobre 51 – Roma, 18 settembre 96; imperatore dal settembre dell'81), coprendo così un arco temporale di quasi due secoli.

Vite dei Cesari
Titolo originaleDe vita caesarum
Busto di Gaio Giulio Cesare, il primo dei Cesari nelle Vite di Svetonio
AutoreGaio Svetonio Tranquillo
1ª ed. originaletra il 119 e il 122
Editio princepsRoma, Giovanni Filippo De Lignamine, 1470
Generetrattato
Sottogenerebiografico
Lingua originalelatino

Le fonti a cui l'opera attinge sono i materiali contenuti negli archivi di stato, cui Svetonio aveva accesso nella sua qualità, prima, di segretario "Procurator a studiis" sotto Traiano (imperatore dal 98 al 117), poi "Procurator a bibliothecis" e infine "Procurator ab epistulis", sotto Adriano (imperatore dal 117 al 138).

Struttura

Le vite , scritte durante il regno dell'imperatore Adriano[1], furono dedicate al prefetto del pretorio C. Setticio Claro[2] e comprendono:

Nell'analisi di ciascun imperatore, Svetonio segue uno schema che, anche se modificabile a seconda delle esigenze dell'autore, rimane sempre lo stesso: descrizione delle origini familiari, carriera prima dell'assunzione del potere, vita pubblica e provvedimenti relativi a Roma, vita privata, aspetto fisico e ultimi giorni prima della morte.
Come membro della corte imperiale, Svetonio utilizzò gli archivi imperiali per ricercare le testimonianze oculari e non, decreti, senatus consulta, verbali del Senato, le perdute opere di Gaio Asinio Pollione e Cremuzio Cordo e le Res Gestae Divi Augusti. Ebbe, quindi, a disposizione fonti di prima mano, anche se si servì anche di fonti non ufficiali, come scritti propagandistici e diffamatori e anche testimonianze orali, al fine di alimentare quel gusto per l'aneddoto e il curioso a cui egli dedica ampio spazio e che alcuni gli ascrivono come difetto e altri come pregio.
Sebbene, inoltre, non fosse mai stato un senatore, Svetonio sposò il punto di vista del Senato romano che aveva avuto molti conflitti con i primi imperatori. Ciononostante la sua opera riveste un ruolo importante: ad esempio, è la fonte principale per la vita di Caligola e su altri aspetti in cui mancano altre fonti, come Tito Livio o Tacito.
La sua opera funse anche da modello per le biografie imperiali scritte nel II secolo da Mario Massimo, che, sebbene sia andata perduta, sembra essere stata una delle principali fonti per la successiva Historia Augusta, che è considerata una sorta di continuazione delle Vite di Svetonio, in quanto narra degli imperatori e degli usurpatori romani del II e III secolo.
Ancora, nel IX secolo Eginardo prese a modello proprio Svetonio per la sua Vita di Carlo Magno.

Tradizione manoscritta

 
Pagina di un'edizione del 1540

Secondo quanto riportato da Giovanni Lido, nel VI secolo circolavano versioni di Vite dei Cesari ancora complete di prefazione con dedica a C. Setticio Claro, prefetto del pretorio, e dell'inizio della Vita di Cesare.[6] Tre secoli dopo, quando Servato Lupo, abate del monastero di Ferrières in Francia, sapendo che nel monastero di San Bonifacio a Fulda in Germania era conservato un esemplare dei Cesari, chiese che gliene venisse inviata una copia trascritta, l'opera era già mutila del principio. Gli storici ritengono che da questa copia trascritta inviata a Lupo circa nell'anno 884, poi andata perduta insieme al modello di Fulda, discendano tutte le successive copie manoscritte dell'opera.

Note

  1. ^ Forse iniziate già sotto Traiano, se ad esse si riferisce Plinio il Giovane, V 10, 3, in cui chiede a Svetonio di pubblicare una buona volta l'opera a cui si stava dedicando.
  2. ^ Come noto dal trattato De magistratibus di Giovanni Lido.
  3. ^ Mutila dell'inizio, che comprendeva, probabilmente, anche la dedica a Claro.
  4. ^ La più ampia ed articolata, in circa 100 capitoli.
  5. ^ Secondo E. Noseda, Svetonio, la vita e l'opera, in Svetonio, Vita dei Cesari, Milano, Garzanti, 1977, pp. III ss. i due ultimi libri furono terminati dopo l'allontanamento dal palazzo, nel 122, in quanto la loro brevità e la quasi totale mancanza di citazioni da fonti archivistiche mostrano come Svetonio non avesse più accesso agli archivi palatini.
  6. ^ Lanciotti, Settimio. Prefazione a Vite dei Cesari, edizione BUR (Biblioteca Universale Rizzoli), Milano, 1982, pag. 23

Bibliografia

  • Le vite di dodici Cesari, testo latino a fronte, trad. di Guido Vitali, 2 voll., Zanichelli, Bologna, I ed. 1958-1986, II ed.
  • Vite dei Cesari, trad. di F. Dessì, introduzione di Settimio Lanciotti, Collana Classici greci e latini, 2 voll., BUR, Milano, 1982-2012, ISBN 978-88-17-12382-2.
  • Vita dei Cesari, trad. di Edoardo Noseda, Collana I grandi libri, Garzanti Libri, Milano, 1977-2008 ISBN 978-88-11-36187-9.
  • Vite dei dodici Cesari, introd. e cura di G. Gaggero, Rusconi, Milano, 1994 ISBN 978-88-18-70081-7
  • Vita dei Cesari. A cura di Francesco Casorati. Introduzione di Lietta De Salvo. Testo latino a fronte, Newton Compton, Roma, 1995-2010 ISBN 978-88-541-1948-2.

8492-785-9.

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