Pietro Parente (cardinale): differenze tra le versioni
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Compì gli studi al [[seminario]] arcivescovile di [[Benevento]] dal [[1906]] al [[1909]], quindi al seminario Pio di [[Roma]] e al [[Pontificia Università Lateranense|Pontificio Ateneo Sant'Apollinare]], dove conseguì il dottorato in [[filosofia]]. Conseguì poi il [[dottorato in teologia]] alla [[Pontificia Università Lateranense]] e studiò anche all'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]].
Fu ordinato presbitero il 18 marzo [[1916]] a Roma per l'[[Arcidiocesi di Benevento]] ed ebbe immediatamente l'incarico di rettore del seminario arcivescovile di [[Benevento]], che mantenne fino al [[1926]], quando si trasferì nuovamente a Roma in veste di docente della Pontificia Università Lateranense. Dal [[1934]] al [[1938]] fu rettore della [[Pontificia
Nel 1942 commenta per l'Osservatore Romano la messa all'Indice dei libri proibiti dell'opuscolo di D. Chenu sulla scuola di Saulchoir, indicando che si tratta di una pericolosa «nuova teologia» (nouvelle théologie).
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Considerato il massimo esponente della [[Scuola romana (teologia)|Scuola Romana]] di teologia del [[XX secolo]]<ref>Dizionario dei teologi di Battista Mondin, pag. 461</ref>, a tale linea di pensiero diede una diffusione mondiale grazie ai manuali della ''Collectio theologica romana''. In particolare, utilizzò la [[metodologia]] della scuola e la lezione del [[neotomismo]] al campo della riflessione teologica moderna, mettendo più volte in dubbio il pensiero post-conciliare, di cui mise in evidenza la fragilità. Seguace delle dottrine di [[Tommaso d'Aquino|San Tommaso d'Aquino]], intese però la dottrina del ''Doctor Communis'' "''non come un dogma intangibile, ma come una laboriosa conquista che lascia aperta agli sviluppi, anzi invita noi a percorrerla seguendo il suo metodo''"<ref>B. Matteucci, voce ''Mons. Pietro Parente'' in ''La Pontificia Università lateranense: profilo della sua storia, dei suoi maestri e dei suoi discepoli'' a cura di Antonio Piolanti, Roma 1963</ref>.
Si dedicò soprattutto a studi [[Cristologia|cristologici]] ed [[Ecclesiologia|ecclesiologici]] e le sue opere principali rimangono ''Teologia di Cristo'' e ''L'Io di Cristo''. In queste ed altre opere teorizza in Cristo una coscienza umana come proprietà della sua natura umana, che ha come oggetto proprio l'[[Homo
In ecclesiologia fu uno dei principali assertori della [[Collegialità episcopale|collegialità dei vescovi]], portando le sue tesi al [[Concilio Vaticano II]], dove fu tra quei padri conciliari e teologi che si distinsero perché declinarono la dottrina della collegialità intrecciandola sempre con la dottrina del [[Corpo mistico]] come concetto chiave per definire la natura della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] (dottrina del Corpo Mistico di cui il Parente fu uno dei primi elaboratori).
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