Mitridate VI del Ponto: differenze tra le versioni

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=== Ultimi anni ===
Nel [[63 a.C.]], dopo che Pompeo aveva condotto una serie di [[terza guerra mitridatica|guerre vittoriose]], sia contro gli [[Nabatei|arabi Nabatei]], sia contro i [[Giudea|Giudei]], sia in [[Cilicia]], sia in [[Seleucidi|Siria]], ponendo sotto il dominio romano molti dei territori ad est dell'[[Eufrate]] (compresa la regione della ''Coele'', della ''Phoenicia'', ''[[Palestina]]'', [[Idumea]] e ''[[Iturea]]''),<ref name="AppianoMitridatiche106">{{Cita|Appiano|106}}.</ref>, Mitridate completava il suo percorso attorno al [[Ponto Eusino]] e occupava la città di ''[[Panticapaeum]]''. Poco dopo mise a morte il più giovane dei suoi figli, [[Sifare]], a causa di un litigio con la madre del ragazzo, la quale voleva proteggerlo, poiché aveva barattato con lo stesso Pompeo i tesori di Mitridate in cambio della salvezza del figlio.<ref name="AppianoMitridatiche107"/>
 
Il sovrano del Ponto decise, poi, d'inviare degli ambasciatori a Pompeo, che si trovava ancora in Siria e non immaginava dove fosse il re. Mitridate prometteva dei regali ai Romani, qualora gli fosse permesso di tornare nel [[Regno del Ponto|regno paterno]]. Pompeo allora chiese che fosse lo stesso re a recarsi di persona dal [[Proconsole|proconsole romano]] a farne richiesta, come in precedenza aveva fatto Tigrane. Mitridate rispose che avrebbe inviato al suo posto, figli ed amici. E mentre rispondeva in questo modo, continuava ad arruolare ed armare un nuovo esercito, persino con schiavi e [[Liberto|liberti]], producendo nuove armi, proiettili e le macchine d'assedio, e riscuotendo tributi anche con la forza.