Diritto divino dei re: differenze tra le versioni
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Il concetto del "diritto divino dei re" è differente dal più ampio "diritto reale concesso da Dio". Contrariamente al concetto cinese di "[[mandato celeste]]", che legittima il rovesciamento di un monarca oppressivo o incompetente, un re europeo non poteva perdere il diritto divino a causa del suo malgoverno. Nel [[Giappone|Sol Levante]], fino alla [[Dichiarazione della natura umana dell'imperatore|dichiarazione del 1946]], la legittimazione dell'[[Imperatore del Giappone]] era basata sulla credenza della sua discendenza da [[Amaterasu]], la [[Kami|dea]] del [[Sole (divinità)|Sole]] nella religione [[Shintoismo|shintoista]]. Comunque, contrariamente al caso europeo, questa discendenza dalla divinità non si traduceva automaticamente in potere politico.
Nel [[mondo occidentale]] la nozione di "diritto divino dei re" sicuramente esisteva già precedentemente al periodo [[medioevale]], avendo il ruolo del re sin dall'antichità un significato [[Re sacro|sacrale]] presso le religioni [[
Comunque, fu nel [[XVI secolo]] che venne usata intensamente come principale meccanismo politico per incrementare il potere dei re all'interno delle monarchie centralizzate, relativamente ai nobili e ai sudditi. La sua formulazione più esauriente venne data dal [[vescovo]] francese [[Jacques-Bénigne Bossuet]] e dal sovrano protestante inglese [[Giacomo I d'Inghilterra|Giacomo I]], ma la dottrina dei [[monarcomachi]] deve molto agli antichi scritti di [[Agostino d'Ippona]] e [[Paolo di Tarso]].
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