Giovanni Leone: differenze tra le versioni
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|nome = Giovanni Leone
|immagine = Giovanni Leone Official.jpg
|didascalia = Ritratto ufficiale,
|carica = 6º [[Presidente della Repubblica Italiana]]
|mandatoinizio = 29 dicembre 1971
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|predecessore4 = [[Aldo Moro]]
|successore4 = [[Mariano Rumor]]
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▲|carica6 = [[Senatore a vita (ordinamento italiano)|Senatore a vita della Repubblica Italiana]]
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|gruppo parlamentare7 = [[Democrazia Cristiana]]
▲|carica8 = [[Camera dei deputati (Italia)|Deputato della Repubblica Italiana]]
▲|legislatura8 = [[Assemblea Costituente (Italia)|AC]], [[I legislatura della Repubblica Italiana|I]], [[II legislatura della Repubblica Italiana|II]], [[III legislatura della Repubblica Italiana|III]], [[IV legislatura della Repubblica Italiana|IV]]
▲|circoscrizione8 = [[Campania]]
▲|collegio8 = XXII ([[Napoli]])
|partito = [[Democrazia Cristiana]]
|titolo di studio = Laurea in giurisprudenza<br/>Laurea in scienze politiche
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|professione = Docente universitario, avvocato, giurista
|firma = Giovanni Leone signature.svg
|tipo
|incarichi5 =
|tipo
|incarichi6 =
▲|tipo nomina7 = [[Senatore a vita (ordinamento italiano)#Nominati da Giuseppe Saragat|Nomina presidenziale di Giuseppe Saragat]]
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|incarichi7 = '''I legislatura''':
▲|sito7 = http://www.senato.it/leg/14/BGT/Schede/Attsen/00001319.htm
* Vicepresidente della Camera dei Deputati <small>(1950-1953)</small><br/>
'''II legislatura''':
* Vicepresidente della Camera dei Deputati <small>(1953-1955)</small>
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}}
{{Bio
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|PostNazionalità = , 6º [[Presidente della Repubblica Italiana]] dal 1971 al 1978
}}
Insegnante di [[procedura penale]] dal 1936, entrò in politica nel 1944 aderendo alla [[Democrazia Cristiana]]. Eletto all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]] nel 1946, fu [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera dei deputati]] dal 1955 al 1963. Presiedette due brevi governi nel 1963 ([[Governo Leone I]]) e nel 1968 ([[Governo Leone II]]). Nominato [[senatore a vita (ordinamento italiano)|senatore a vita]] nel 1967 dal presidente [[Giuseppe Saragat|Saragat]], il 24 dicembre 1971 fu [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1971|eletto]] presidente della Repubblica.
Come capo dello Stato
== Biografia ==
=== Giovinezza
Giovanni Leone nacque a [[Napoli]] il 3 novembre 1908, figlio di Mauro Leone, facoltoso [[avvocato]] del foro di Napoli, oltreché fondatore del [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare Italiano]] in [[Campania]], e di Maria Gioffredi, originari entrambi di [[Pomigliano d'Arco]], nell'allora [[provincia di Napoli]]. Frequenta il liceo classico Vescovile di Nola. Fu fratello maggiore di [[Carlo Leone]], che come lui, fu attivo politicamente nella DC, fino
=== Carriera universitaria ===
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=== Matrimonio ===
Nel 1945 conosce la [[caserta]]na [[Vittoria Michitto]], figlia di un noto medico e discendente di uno dei progettisti dei [[Giardino all'inglese|giardini all'inglese]] della [[Reggia di Caserta]]<ref name="Rep">{{cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/07/16/donna-vittoria-ricorda-amore-figli.html|titolo=Donna Vittoria ricorda: l'amore, i figli, il Colle|autore=Silvana Mazzocchi|sito=la Repubblica|data=16 luglio 1996|accesso=6 ottobre 2019|urlarchivio=https://archive.
=== Attività forense ===
Svolge un'intensa attività di avvocato, tranne che nel periodo della Presidenza della Repubblica. Nel 1956 difende [[Bruno Milanesi]], futuro [[Sindaci di Napoli|sindaco di Napoli]], accusato di [[alto tradimento]] per aver venduto materiale militare inefficiente; Leone riesce a far dichiarare incompetente il [[tribunale militare]] e a trasferire la causa al [[Tribunale ordinario|tribunale civile]], che assolve il suo cliente.
Nel 1963 è il capo del collegio degli avvocati di difesa della società [[Società Adriatica di Elettricità|SADE]], facente parte del gruppo [[Enel]], responsabile del [[disastro del Vajont]], che si conclude con l'assoluzione di cinque imputati e di sole tre condanne con il minimo della pena. Con dieci miliardi di lire dell'Enel per i risarcimenti, tenta un accordo perché la questione passi da penale a civile, ma il [[giudice istruttore]] di [[Belluno]], [[Mario Fabbri (magistrato)|Mario Fabbri]], evita ogni tipo di compromesso. Nei confronti dei superstiti, costituitisi parte civile e ai quali, in precedenza, aveva promesso giustizia, in veste di presidente del Consiglio, riesce a far accogliere dal tribunale la tesi della [[commorienza]] e fa risparmiare all'Enel miliardi di lire<ref>Ai parenti fu offerto un milione e mezzo per i genitori morti (se il figlio era minorenne, altrimenti un milione), ottocento mila lire per i fratelli conviventi, seicento mila per quelli non conviventi. Cfr. [http://www.brianzapopolare.it/sezioni/territorio/20021009_vajont_tragedia.htm Lucia Vastano, ''Liberazione'', 9 ottobre 2002] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080307095305/http://www.brianzapopolare.it/sezioni/territorio/20021009_vajont_tragedia.htm|data=7 marzo 2008}}</ref>. La catastrofe fu attribuita solo a cause naturali e alla volontà di [[Dio (cristianesimo)|Dio]], {{Senza fonte|tanto che il giornale del suo partito, ''[[La Discussione]]'', la chiamò "un misterioso atto di amore di Dio"}}.
Nello stesso anno assiste il ministro [[Bernardo Mattarella]] nella querela per diffamazione contro [[Danilo Dolci]] e [[Franco Alasia]], che lo avevano accusato di coinvolgimento con la [[Mafia in Italia|mafia]]; il processo si conclude con la condanna dei diffamatori, rispettivamente a due anni e a un anno e sette mesi<ref>Camilla Cederna, ''cit.'', p. 128-131</ref>. Nel 1964 Leone rinuncia a difendere Claire Bebawi, implicata nell'[[Giuseppe Sotgiu#Il caso Bebawi: Sotgiu principe del foro|omicidio di Via Lazio]]. Difende l'industriale [[Felice Riva]], accusato del fallimento del [[cotonificio Vallesusa]] e riesce a far
Nel frattempo, Leone prosegue la carriera universitaria all'[[Università Federico II di Napoli|ateneo di Napoli]] (1948-1956) e poi alla [[Università la Sapienza|Sapienza]] di [[Roma]] (1956), concludendo nel 1972, con la cattedra di [[procedura penale]] e insegnando anche in altre università straniere. La sua produzione giuridica conta un numero imponente di pubblicazioni, tra le quali un trattato di diritto processuale penale in tre volumi e un manuale di diritto processuale penale su cui hanno studiato generazioni di studenti: l'ultima edizione risale al 1985.
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=== Carriera politica ===
==== Esordi e primi incarichi parlamentari ====
[[File:Giovanni Leone, Angelo Vicari.jpg|miniatura|sinistra|Leone e [[Angelo Vicari]] nel 1960
In gioventù, per poter esercitare la professione di docente universitario, Leone s'iscrisse al [[Partito Nazionale Fascista]]<ref>Indro Montanelli, Mario Cervi, ''L'Italia degli anni di piombo'', 1991.</ref>. Con la liberazione nel 1944, s'iscrisse alla [[Democrazia Cristiana]] e, nel 1945, fu eletto segretario politico del Comitato napoletano del partito. Il 2 giugno 1946 fu eletto all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]] per il XXII collegio Napoli-Caserta. Fu chiamato a far parte della "[[Commissione per la Costituzione|commissione dei Settantacinque]]" che redasse il testo preliminare della [[Costituzione italiana|Costituzione]], contribuendo in modo incisivo alla formulazione delle norme in materia di libertà personale e di [[azione penale]].
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==== Presidente del Consiglio dei ministri ====
[[File:Leone Vajont.jpg|thumb|Giovanni Leone, allora presidente del Consiglio, visita i luoghi colpiti dal disastro del Vajont, il 10 ottobre 1963
Il 16 maggio 1963, il presidente del Consiglio [[Amintore Fanfani]], in seguito all'insuccesso del suo partito, la DC, alle [[elezioni politiche in Italia del 1963|elezioni politiche]], rassegnò le dimissioni. L'incarico venne affidato al segretario democristiano Aldo Moro, intenzionato a varare un nuovo governo DC-[[Partito Repubblicano Italiano|PRI]]-[[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]] appoggiato esternamente dal [[Partito Socialista Italiano|PSI]], ma gli organi direttivi del Partito Socialista fecero mancare la ratifica dell'accordo programmatico già concordato con [[Pietro Nenni|Nenni]] e lo statista pugliese fu costretto a rinunciare<ref>Indro Montanelli, ''Storia d'Italia. Vol. 10'', RCS Quotidiani, Milano, 2004, pp. 367-368.</ref>.
Il presidente [[Antonio Segni|Segni]], allora, conferì l'incarico di formare il nuovo governo a Giovanni Leone, specificando che, in caso di ulteriore fallimento, avrebbe sciolto il neoeletto Parlamento e indetto altre elezioni<ref>Indro Montanelli, ''cit.'', p. 369.</ref>. Leone riuscì a costituire un [[Governo Leone I|monocolore DC]] di respiro transitorio, per tale motivo detto dalla stampa "[[Governo balneare|balneare]]", con l'appoggio esterno di PRI, PSDI e PSI. Il [[Governo Leone I|primo governo Leone]] durò dal 21 giugno al 4 dicembre 1963, quando, con l'approvazione della legge di bilancio, che all'epoca era prevista il 31 ottobre di ogni anno, l'uomo politico napoletano rassegnò le dimissioni, ritenendo che il suo compito, come indicato nelle dichiarazioni programmatiche di sei mesi prima, si fosse esaurito<ref>Francesco Bartolotta, ''Parlamenti e Governi d'Italia'', vol. II, Vito Bianco Editore, Roma, 1971, p. 285.</ref>.
Alle [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1964|elezioni del Presidente della Repubblica del 1964]], Leone fu il candidato ufficiale della DC fino al quattordicesimo scrutinio, pur concorrendo contro una candidatura democristiana alternativa, quella di [[Amintore Fanfani]], sempre più consistente. Preso atto di ciò il giurista napoletano
Anche le [[Elezioni politiche in Italia del 1968|elezioni politiche del 1968]] si rivelarono un insuccesso per la Democrazia Cristiana e, soprattutto, per il [[PSI-PSDI Unificati|Partito Socialista Unificato]]. Saragat incaricò dapprima il segretario democristiano [[Mariano Rumor]] di effettuare un sondaggio esplorativo sulla possibilità di ricostituzione di un governo di [[centro-sinistra]]. Preso poi atto della decisione del PSU di non partecipare a una futura compagine governativa, il 24 giugno 1968, il Presidente conferì nuovamente a Giovanni Leone l'incarico di formare un [[Governo Leone II|governo monocolore]], con la partecipazione dei soli democristiani. Leone accettò, ancora una volta per puro spirito di servizio, in attesa delle determinazioni del congresso del PSU, convocato per il mese di ottobre<ref>Francesco Bartolotta, ''cit.'', p. 298.</ref>.
Il 1º luglio, in occasione del semestre italiano, Giovanni Leone, in qualità di capo del governo, assunse anche la [[Presidenza del Consiglio dell'Unione europea|Presidenza del Consiglio delle Comunità
Il 19 novembre successivo, in considerazione che i deliberati dei congressi del PSU e del PRI e degli organi direttivi della DC lasciavano intravedere buone possibilità di ritorno a una formula parlamentare di centro-sinistra per la formazione di un nuovo governo, Leone rassegnò le dimissioni nelle mani del presidente Saragat che, in seguitò, conferì l'incarico a Mariano Rumor, il quale riuscì a ricomporre una maggioranza di centro-sinistra<ref>Francesco Bartolotta, ''cit.'', p. 302.</ref>.
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==== Presidente della Repubblica ====
{{vedi anche|Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1971}}
[[File:Giuramento Leone.jpg|miniatura|sinistra|Giuramento e insediamento del presidente della Repubblica Giovanni Leone, 29 dicembre 1971
Alle [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1971|elezioni del 1971]], il candidato ufficiale della DC era, stavolta, il [[presidente del Senato]] Fanfani. Tale candidatura resse solo sei votazioni, nelle quali l'uomo politico toscano rimase sempre al di sotto, nei suffragi, a quelli del socialista [[Francesco De Martino|De Martino]]. All'11º scrutinio, la DC ripropose nuovamente Fanfani, per poi prendere atto della debolezza della sua candidatura, per l'azione dei cosiddetti "[[franchi tiratori]]" del partito stesso, e ritirarla definitivamente. La situazione di stallo andò avanti sino al 22º scrutinio, quando fu trovato un accordo tra Democrazia Cristiana, PSDI, PLI e PRI per portare Leone al Quirinale. Tale accordo preludeva la formazione di una maggioranza alternativa a quella di [[centro-sinistra]] che sorreggeva il [[Governo Colombo|governo in carica]] di [[Emilio Colombo]]. Fu quindi una candidatura in chiave conservatrice, anche perché, nell'assemblea dei grandi elettori DC, prevalse di stretta misura su quella di Aldo Moro, che avrebbe rappresentato la continuità con la politica governativa dell'ultimo decennio.<ref>[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=596 In un'intervista televisiva], {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20111106042021/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=596|data=6 novembre 2011}} Francesco Cossiga sostiene che in quella circostanza la candidatura di Leone prevalse su quella di Aldo Moro per un solo voto. Ma tale ricostruzione è smentita dalle dichiarazioni di Giulio Andreotti nel corso della stessa trasmissione e dai diari di Leone.</ref> Anche Leone, tuttavia, non rimase immune dall'azione dei "franchi tiratori" e, infatti, mancò l'elezione al primo tentativo per un solo voto: 503, contro i 504 del ''quorum'' richiesto. Leone fu comunque eletto Capo dello Stato il 24 dicembre 1971 al ventitreesimo scrutinio, con 518 voti su 1008 "grandi elettori". Per il raggiungimento del ''quorum'', furono determinanti i voti del [[Movimento Sociale Italiano]]<ref>{{cita web|url=http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/corsa_al_colle/2015/01/12/quirinale-1971-natale-amaro-per-fanfani-arriva-leone_edba5ccf-ef4b-44df-b78c-0f0d12d8f1f9.html|titolo=ANSA: "Natale amaro per Fanfani. Leone al Quirinale"|accesso=28 novembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151208064128/http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/corsa_al_colle/2015/01/12/quirinale-1971-natale-amaro-per-fanfani-arriva-leone_edba5ccf-ef4b-44df-b78c-0f0d12d8f1f9.html|urlmorto=no}}</ref>.
Secondo autorevoli costituzionalisti, la presidenza Leone fu caratterizzata da una linea improntata all'indipendenza piena dai partiti e al rispetto scrupoloso delle istituzioni<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2001/novembre/10/morto_Leone_presidente_spodestato_co_0_0111107333.shtml Necrologio di Giovanni Leone sul ''Corriere della Sera'' del 10 novembre] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121223025700/http://archiviostorico.corriere.it/2001/novembre/10/morto_Leone_presidente_spodestato_co_0_0111107333.shtml|data=23 dicembre 2012}} 2001</ref>. Leone fu sempre rispettoso del dettato costituzionale e, nell'avvalersi delle sue prerogative, effettuò delle scelte del tutto aliene da impostazioni ideologiche (ad esempio, nella nomina dei giudici costituzionali optò per giuristi insigni di area politica del tutto antitetica a quella della DC come il romanista [[Edoardo Volterra]] e il costituzionalista [[Antonio La Pergola]]), talvolta in contrasto con la maggioranza parlamentare, come quando rinviò alle Camere la legge sul nuovo sistema elettorale del [[Consiglio superiore della magistratura|CSM]], che il Parlamento riapprovò tal quale costringendolo alla promulgazione<ref>Michele Ainis, ''Il rispetto della Costituzione e il cappotto del Presidente'', ed. Il Sole 24 ore, 8 aprile 2010.</ref>.
L'[[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1971|elezione di Leone]], oltre
Le [[elezioni politiche in Italia del 1972|elezioni politiche del 1972]] confermarono la consistenza dei partiti principali in Parlamento, salvo un incremento del PRI e del MSI e l'uscita di scena del [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1964)|PSIUP]]. Di conseguenza, Leone reiterò l'incarico a Giulio Andreotti che riuscì a comporre un [[Governo Andreotti II|nuovo governo]] appoggiato, per la prima volta dal 1957, da una [[Centrismo in Italia|maggioranza di centro]], la stessa che, sei mesi prima, aveva portato all'elezione di Leone. Tale esperienza durò soltanto un anno, sino alle dimissioni rassegnate dal presidente del Consiglio nel giugno del 1973 a causa, ufficialmente, del ritiro dell'appoggio esterno da parte del Partito Repubblicano. In realtà, a seguito
[[File:Leone Ford 1974.jpg|thumb|left|Giovanni Leone, allora presidente della Repubblica italiana, con il presidente USA [[Gerald Ford]] nel 1974
La seconda fase dell'esperienza di centro-sinistra in Italia durò circa tre anni (1973-1976), durante i quali il presidente Leone conferì l'incarico per la formazione di ben quattro compagini governative: [[Governo Rumor IV|quarto]] e [[Governo Rumor V|quinto governo Rumor]], [[Governo Moro IV|quarto]] e [[Governo Moro V|quinto governo Moro]]. Nelle ultime due, tuttavia, i due partiti socialisti accordarono soltanto l'appoggio esterno.
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L'elezione di Leone era stato il frutto di precari equilibri politici anche interni al suo stesso partito e, comunque, espressione di una maggioranza di centro appoggiata dalla destra che, a metà degli anni settanta, era stata accantonata e considerata ormai improponibile. Per cui si scatenò presto contro di lui una diffusa ostilità da parte della sinistra e anche la stessa DC fu assai flebile nel difenderlo dinanzi alle critiche virulente che gli vennero rivolte.
In una prima fase, gli furono rimproverate cadute di stile e fu tacciato d'inadeguatezza al ruolo presidenziale. In seguito, si passò al tentativo di coinvolgere Leone nel discredito e nel malgoverno della cosa pubblica: sul periodico ''OP'' di [[Mino Pecorelli]], giornalista d'assalto poi risultato
[[File:
Nella primavera del 1976, il presidente della Repubblica Giovanni Leone fu accusato di essere lui stesso il personaggio chiave attorno al quale ruotava lo [[scandalo Lockheed]], illeciti nell'acquisto da parte dello Stato italiano di velivoli dagli USA, con il nome in codice ''Antelope Cobbler'', insieme all'ex presidente del Consiglio [[Mariano Rumor]]. In un primo momento, Leone pensò di presentare spontaneamente le dimissioni, anche in coerenza con quanto rappresentato dal suo [[messaggio alle Camere]]: erano, infatti, già trascorsi cinque anni dalla sua elezione<ref>Intervista a Nino Valentino in: Giorgio Bocca, ''Storia della Repubblica Italiana'', Rizzoli, 1983.</ref>. In seguito, non essendo state provate le accuse<ref name="autogenerato1" />, preferì soprassedere ma non poté impedire le dimissioni del governo monocolore guidato da Aldo Moro. Valutata, allora, l'inesistenza di una maggioranza parlamentare, il Presidente sciolse le Camere, per la seconda volta anticipatamente.
Le [[elezioni politiche in Italia del 1976|elezioni politiche del 20 giugno 1976]] decretarono una forte avanzata del [[Partito Comunista Italiano|PCI]], un arretramento del PSI ma anche un recupero della DC che continuò
Il 14 gennaio 1978, a seguito degli esiti di una riunione con i capigruppo parlamentari dei sei partiti della maggioranza, il terzo governo Andreotti si dimise. Dopo una lunga trattativa programmatica, condotta personalmente dal presidente del Consiglio Nazionale della DC, Aldo Moro, l'11 marzo successivo si costituì un nuovo monocolore democristiano ([[Governo Andreotti IV|quarto governo Andreotti]]), con l'appoggio esterno e non l'astensione di PSI, PSDI, PRI e del PCI che entrò quindi pienamente nella maggioranza. Cinque giorni dopo, in coincidenza con le dichiarazioni alle Camere del nuovo governo, le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro, uccidendone gli uomini della scorta.
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Immediatamente dopo il rapimento e l'assassinio del presidente della DC, le polemiche contro il Capo dello Stato ripresero in maniera più virulenta. Leone e i suoi familiari si trovarono al centro di attacchi violentissimi e insistenti, mossi soprattutto dal [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] di [[Marco Pannella]] e dal settimanale ''[[L'Espresso]]''. Essi erano stati riversati nel libro ''Giovanni Leone: la carriera di un Presidente'', che la giornalista [[Camilla Cederna]], nei primi mesi del 1978, pubblicò per [[Feltrinelli]]. Ancora una volta, a questo ''pamphlet'' su presunte irregolarità commesse dal presidente e dai suoi familiari, la Democrazia Cristiana non seppe reagire<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2008/novembre/02/Giovanni_Leone_complotto_Pci_volle_co_9_081102044.shtml M. Breda, "Giovanni Leone e il complotto. Il PCI volle le mie dimissioni, ma fu la DC ad abbandonarmi", ''Corriere della Sera'', 2 novembre] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121223025712/http://archiviostorico.corriere.it/2008/novembre/02/Giovanni_Leone_complotto_Pci_volle_co_9_081102044.shtml|data=23 dicembre 2012}} 2008</ref> né consentì di reagire allo stesso Presidente della Repubblica: il [[guardasigilli]] del [[Governo Andreotti IV|quarto governo Andreotti]], [[Francesco Paolo Bonifacio]], più volte sollecitato dal Quirinale, rifiutò di accordare la necessaria autorizzazione a procedere penalmente contro l'autrice per oltraggio al Capo dello Stato. L'ultimo atto fu la richiesta di dimissioni presentata dalla Direzione dell'allora PCI.
Giovanni Leone "cercò di difendersi dalle accuse che montavano contro di lui e la mattina del 15 giugno 1978, il giorno delle dimissioni, predispose un'intervista da diramare tramite l'[[ANSA]]. Il segretario della DC Zaccagnini e il presidente del Consiglio Andreotti sarebbero stati messi a conoscenza del testo dell'intervista prima di renderlo pubblico. (...) Una copia del testo venne recapitata anche alla sede del PCI a Berlinguer. La reazione pressoché unanime emersa dalla lettura dell'intervista fu di desolazione. Sia i comunisti
Le dimissioni avvennero 14 giorni prima dell'inizio del cosiddetto "[[semestre bianco]]", ossia il periodo durante il quale il
Ne
==== Attività parlamentare di senatore a vita e riabilitazione ====
[[File:Giovanni Leone 1996.jpg|thumb|Giovanni Leone nel 1996]]
Fino al giorno delle sue dimissioni, Leone preferì non rispondere pubblicamente di tutto quello che era successo. Furono soltanto i suoi figli a sporgere querela, per i fatti a loro ascritti. La Cederna perse in tutti e tre i gradi di giudizio: fu condannata per diffamazione e a lei e al suo giornale, ''L'Espresso'', fu
A seguito delle dimissioni Leone fece ritorno al Senato in quanto [[senatore a vita (ordinamento italiano)|senatore di diritto e a vita]], iscrivendosi al gruppo misto.
Line 190 ⟶ 186:
Il 25 novembre 2006 il [[presidente della Repubblica Italiana]] [[Giorgio Napolitano]] affermò che, otto anni prima, dal Senato era stato espresso "il pieno riconoscimento della correttezza del suo operato"<ref>{{cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/giovanni-leone/848/default.aspx|titolo=RAI - La Storia Siamo Noi - Puntata del 20 giugno 2009|accesso=30 ottobre 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130118083404/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/giovanni-leone/848/default.aspx|urlmorto=sì}}</ref>.
Poche settimane prima di spegnersi all'età di 93 anni, a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 settembre 2001, fu attribuito a Giovanni Leone il titolo onorifico di [[Presidente emerito della Repubblica Italiana|Presidente
È morto a [[Roma]] il 9 novembre 2001 nella sua villa sulla [[Via Cassia]], in località "Le Rughe"<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/politica/leone/leone/leone.html|titolo=Copia archiviata|accesso=9 novembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151208083615/http://www.repubblica.it/online/politica/leone/leone/leone.html|urlmorto=no}}</ref>, ed è sepolto nel [[Cimitero di Poggioreale]], a [[Napoli]].
== Discendenza ==
[[File:Famiglia Leone.jpg|thumb|Giovanni Leone con la moglie [[Vittoria Michitto]] e il figlio Mauro, 1955
Il presidente Giovanni Leone e [[Vittoria Michitto]] ebbero quattro figli:
* Giulio, morto di [[difterite]] all'età di 5 anni<ref>{{cita web|url=https://www.corriere.it/cronache/19_ottobre_05/vittoria-leone-un-anonimo-mi-scrisse-dov-era-covo-moro-lettera-fu-ignorata-ee22a24c-e7a0-11e9-a50b-b68918ff7623.shtml|titolo=Vittoria Leone: "Un anonimo mi scrisse dov'era il covo di Moro, la lettera fu ignorata"|autore=Aldo Cazzullo|wkautore=Aldo Cazzullo|sito=Corriere della Sera|data=5 ottobre 2019|citazione=Aveva perso un figlio, Giulio, a 5 anni, per la difterite|accesso=5 giugno 2020|urlarchivio=https://archive.
* Mauro;
* Paolo;
Line 204 ⟶ 200:
== Riferimenti nella cultura di massa ==
* Napoletano superstizioso, Leone fu immortalato dai fotografi mentre atteggiava le dita nel gesto delle corna, sia il 7 settembre 1973, durante la visita presidenziale all'[[Ospedale Antonio Cardarelli|ospedale di Napoli]] dove erano ricoverati i contagiati dell'[[epidemia]] di [[colera]]<ref>Federico Gennaccari, Massimo Maffei, ''Al voto, al voto! L'Italia delle elezioni, 1946-2008'', 2008, p. 175.</ref>
* Nelle uscite ufficiali, il presidente Leone appariva sempre con al fianco la moglie [[Vittoria Michitto|Vittoria]], più giovane e di bell'aspetto.
* Il cantautore napoletano [[Edoardo Bennato]] dedicò una canzone a Giovanni Leone, suo concittadino. La canzone s'intitola ''Uno buono'' ed è tratta dall'album ''[[I buoni e i cattivi]]'', pubblicato nel 1974. Il testo assume un significato ironico.
* Nel 1977 Leone nominò cavaliere del lavoro [[Silvio Berlusconi]], futuro presidente del Consiglio e fondatore di [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]].
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{{Onorificenze
|immagine = Ord.Lion.Nassau.jpg
|nome_onorificenza = Cavaliere
|collegamento_onorificenza = Ordine del Leone d'oro di Nassau
|data = ottobre 1973<ref name="archivio.quirinale.it" />
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== Bibliografia ==
* [[Vittorio Gorresio]], ''Il sesto presidente'', 1973.
* [[Camilla Cederna]], ''Giovanni Leone. La carriera di un presidente'', Feltrinelli, 1978.
* [[Guido Campopiano]], ''Memoria di accusa contro l'onorevole Giovanni Leone (ed altri scritti sull'Affare Lockheed)'', Milano, SugarCo, 1978.
* [[Piero Chiara]], ''Il caso Leone'', Sperling & Kupfer, 1985.
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|tipologia = incarico parlamentare
|carica = [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]
|immagine =
|periodo = 10 maggio [[1955]] - 21 giugno [[1963]]
|precedente = [[Giovanni Gronchi]]
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[[Categoria:Deputati della IV legislatura della Repubblica Italiana]]
[[Categoria:Decorati con la Legion d'onore]]
[[Categoria:Professori
[[Categoria:Persone legate all'Università degli Studi di Camerino]]
[[Categoria:Presidenti della Camera dei deputati (Italia)]]
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[[Categoria:Studiosi di diritto penale del XX secolo]]
[[Categoria:Studiosi di diritto processuale penale]]
[[Categoria:Vicepresidenti della Camera dei deputati]]
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