Desiderio (re): differenze tra le versioni
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|successore1 = [[Gisulfo di Spoleto|Gisulfo]]
|consorte = [[Ansa (regina)|Ansa]]
|figli = [[Adelchi (principe)|Adelchi]]<br />[[
|casa reale =
|dinastia =
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== L'ascesa al trono ==
[[File:Re Desiderio arengario piazza vittoria Brescia.jpg|miniatura|270x270px|Re Desiderio arengario, [[Piazza della Vittoria (Brescia)|piazza Vittoria]], [[Brescia]]]]
Originario di [[Brescia]], appartenente all'aristocrazia, fu un seguace di [[Astolfo (re longobardo)|Astolfo]] [[Ducato di Tuscia|duca di Tuscia]], probabilmente con la funzione di [[comes stabuli]]. Alla morte di Astolfo aspirò al trono longobardo in opposizione al fratello e predecessore del defunto, [[Rachis]], che aveva abbandonato il [[Abbazia di Montecassino|monastero di Montecassino]] dove si era ritirato ed era ritornato a [[Pavia]], occupando il palazzo regio. Rachis raccolse inizialmente vasti consensi nell'[[Italia settentrionale]], mentre tutti gli oppositori del casato [[Ducato del Friuli|friulano]] di Rachis e Astolfo sostennero Desiderio, che si guadagnò anche l'appoggio di [[papa Stefano II]] e del re dei [[Franchi]], [[Pipino il Breve]], grazie alla promessa di rispettare le condizioni di pace accettate da Astolfo dopo la sua sconfitta e di ritirarsi dai territori [[Impero bizantino|bizantini]] occupati da [[Liutprando]] (alcune città dell'[[Esarcato d'Italia|Esarcato]] e della [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]]). Il papa esercitò pressioni dirette sul "re monaco", che si mostrava esitante ed era ulteriormente indebolito dalla defezione di quanti, tra i suoi sostenitori, temevano un nuovo intervento franco. Nel marzo del [[757]] Rachis rientrò in monastero, spianando la strada all'incoronazione di Desiderio.
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=== La politica dinastica ===
Desiderio dopo la morte di [[Pipino il Breve]] nel [[768]] riuscì ad imparentarsi con uno dei figli, [[Carlo Magno]], dandogli in sposa la figlia, di cui non conosciamo il nome; il
Nel [[769]] Desiderio, con la scusa di un pellegrinaggio a Roma, entrò nei territori della Chiesa accompagnato da un esercito. Accampatosi nei pressi di [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]], appoggiò il partito longobardo capeggiato da [[Paolo Afiarta]] e condannò a morte il capo del partito opposto (pro-Franchi), il primicerio Cristoforo, pare con la tacita approvazione di [[papa Stefano III]] che si era visto abbandonato dal suo antico sostenitore.<ref>{{Cita libro |autore=Claudio Rendina |titolo=I papi |città=Roma |editore=Newton & Compton |anno=1990 |pagine=232-233}}</ref> Grazie anche alle divisioni interne del regno dei [[Franchi]], Desiderio riuscì così ad assurgere a un ruolo di primo piano nella politica europea del tempo ma, in reazione alla sua politica aggressiva, Carlo Magno, rimasto unico re dei Franchi, ripudiò
=== La guerra contro i Franchi ===
Nel gennaio del [[772]] morì [[papa Stefano III]], cui succedette [[Papa Adriano I|Adriano I]], che si sbarazzò del capo del partito filo-longobardo, [[Paolo Afiarta]], e appoggiò quello di Cristoforo, cui doveva la sua elezione. Desiderio colse il pericolo di una nuova alleanza tra il papa e i [[Franchi]] e tentò di sventarla per via diplomatica. Adriano rimase però irremovibile nella sua richiesta di completa esecuzione degli accordi precedenti, con la cessione al papato di tutti i territori che reclamava; Desiderio passò quindi all'offensiva, tornando a invadere l'[[Esarcato d'Italia|Esarcato]], riconquistando [[Faenza]], [[Ferrara]] e [[Comacchio]] e minacciando [[Ravenna]]. La pressione militare mirava a convincere il papa a conferire l'unzione regale ai figli di [[Carlomanno (Pipino III)|Carlomanno]], che avrebbe spezzato il legame tra Adriano e [[Carlo Magno]] e creato disordini nel regno franco. Adriano non solo non si piegò, ma procedette all'eliminazione dei capi del partito longobardo a [[Roma]].
Alla fine del [[772]], Desiderio intensificò la pressione militare occupando [[Senigallia]], [[Jesi]] e [[Gubbio]], entrando nel [[Ducato romano]] e minacciando la stessa [[Roma]]. Adriano scomunicò il re longobardo e chiese l'aiuto di Carlo Magno. Il re franco era all'epoca impegnato nelle guerre contro i [[Sassoni]], ma si risolse comunque a rispondere all'appello perché non poteva permettere che fosse appannato il suo prestigio come protettore del papato. Nella primavera del [[773]] Carlo radunò il proprio esercito presso [[Ginevra]] e lo ripartì in due tronconi: uno avrebbe disceso la [[Valle d'Aosta]], difesa da [[Adelchi (principe)|Adelchi]], l'altro, condotto dallo stesso Carlo, avrebbe seguito la tradizionale via attraverso il [[Moncenisio]]. Là, alle [[Chiuse longobarde|Chiuse]] presso [[Susa (Italia)|Susa]], Desiderio riuscì a frenare i [[Franchi]], ma il fronte presidiato da Adelchi cedette sotto l'urto dell'esercito guidato dallo zio di Carlo, [[Bernardo (figlio di Carlo Martello)|Bernardo]]. Come recentemente osservato, il rapido successo franco fu facilitato anche dalle divisioni che erano sorte tra i Longobardi, tanto che l'esercito schierato da Desiderio era formato solo da contingenti giunti dall'[[Italia nord-occidentale]], dall'[[Emilia]] e dai [[Ducato di Tuscia|ducati di Tuscia]] e di [[Ducato di Spoleto|Spoleto]], mentre i ducati di [[Ducato di Benevento|Benevento]], [[Ducato di Vicenza|Vicenza]], [[Ducato di Treviso|Treviso]] e quello del [[Ducato del Friuli|Friuli]] non inviarono armati al sovrano<ref>{{Cita libro|autore=Stefano Gasparri|curatore=Simone Caldano|curatore2=Gianmarco De Angelis|curatore3=Cristina La Rocca|titolo=La composizione dell'esercito longobardo: un modello orizzontale?|anno=2023|editore=SAGEP|città=Genova|lingua=it|pp=117-120|opera=«Castrum paene in mundo singulare». Scritti per Aldo Settia in occasione del novantesimo compleanno|ISBN=9791255900153}}</ref>.
Colte dal panico, le schiere longobarde si ritirarono disordinatamente in [[Val Padana]]. Adelchi con i figli di [[Carlomanno (Pipino III)|Carlomanno]] si rinserrò a [[Verona]], Desiderio e la moglie si chiusero invece nella capitale, [[Pavia]], mentre i contingenti provenienti dai vari ducati fecero ritorno alle proprie sedi. I Longobardi non erano stati compatti nell'opporsi all'attacco franco; già prima della battaglia diversi non avevano appoggiato Desiderio, alcuni spingendosi fino al tradimento e alla fuga nel regno franco, e dopo la sconfitta del re le spinte centrifughe si intensificarono. I notabili spoletini scesero a [[Roma]], si fecero rasare secondo l'uso romano e chiesero al [[papa Adriano I]] la nomina di un nuovo duca; il pontefice scelse [[Ildebrando di Spoleto|Ildebrando]], che riprese il controllo del [[Ducato di Spoleto|Ducato]] e lo consegnò a [[Ducato romano|San Pietro]]. Analogamente, si sottomisero a [[Roma]] anche i Longobardi di [[Fermo (Italia)|Fermo]], [[Osimo]] e [[Ancona]].
[[Carlo Magno]] continuò la sua campagna in [[Italia]], conquistando altre città e riuscendo a far prigionieri i figli di [[Carlomanno I|Carlomanno]], ma [[Assedio di Pavia (773-774)|Pavia]] continuava a resistere. Soltanto all'inizio del [[774]] la città, stremata, [[Assedio di Pavia (773-774)|cadde]]. Desiderio fu mandato assieme alla moglie Ansa in [[Francia]], e imprigionati in un monastero, a [[Liegi]] o forse a [[Corbie]]; Adelchi riparò a [[Bisanzio]],
== Matrimonio e discendenza ==
Desiderio sposò [[Ansa (regina)|Ansa]] (o Ansia), dalla quale ebbe un figlio e cinque figlie:
* [[
* [[Adelchi (principe)|Adalgiso (o Adelchi)]], associato al [[re d'Italia|trono]] dal [[759]] al [[774]] dal padre Desiderio, fu sconfitto da Carlo Magno nel [[774]] e si rifugiò a [[Costantinopoli]];
* [[
* [[Anselperga]], badessa del [[Monastero di Santa Giulia|monastero di San Salvatore]];
* [[Adelperga]], che andò sposa ad [[Arechi II]], [[duca di Benevento]]
== Influenze nella cultura ==
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